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Numero 14
Dicembre 2005

Editoriale
Approfondimenti
Notizie

Articoli

Le fabbriche del credere
di Andrea Camilleri

Biografia di Andrea Camilleri

Un sogno per fermare l'Aids in Africa
di Claudia Baldo, Irene Bertolucci,
Stefano Lusso, Giovanna Morelli, Francesco Sbrana

Sant’Egidio e il progetto DREAM

Tre anni di cooperazione

Il piatto piange!

Il laboratorio di Galileo Galilei
di Claudio Luperini

La missione di pace di Pierino
di Andrea Addobbati

Le relazioni di Pedro

L'Università di Pisa e la situazione italiana ed europea
di Luigi Russo

La percezione della tecnologia: il caso dell'energia nucleare
di Walter Ambrosini, Giuseppe Forasassi, Marino Mazzini, Francesco Oriolo, Giuseppe Pilonei

Ingegneria nucleare a Pisa
di Walter Ambrosini, Giuseppe Forasassi, Marino Mazzini, Francesco Oriolo, Giuseppe Pilonei

Energia nucleare e pace

Il nucleare è un problema politico

L’umanista e il bit
di Giuliana Guidotti

STmoderna.it
Intervista a Elena Guarini Fasano
di Barbara Grossi


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Sant’Egidio e il progetto DREAM

La Comunità di Sant’Egidio è un prodotto del ’68, nata a Roma per aiutare i poveri e i diseredati della capitale e ora presente in gran parte delle nazioni. L’interesse per l’Africa risale a meno di 20 anni fa, quando la Comunità si imbarcò in un ambizioso tentativo di pacificare il Mozambico, teatro di una lunga e sanguinosa guerra civile, diventando protagonista di un ormai storico accordo fra i due partiti contendenti, firmato a Roma, a Sant’Egidio, il 4 Ottobre del ’92. L’enorme soddisfazione del risultato diplomatico, purtroppo, lasciò il posto allo sgomento. In un Paese ormai in pace, la gente continuava a morire per l’aids, le infezioni, la fame: un’aspettativa di vita di 40 anni, la rapida diminuzione dei medici (che non arrivano a 500 in un paese di circa 20 milioni di persone) e dei maestri (le classi delle elementari hanno 80-90 bambini), un alto numero di bambini nati con l’infezione trasmessa loro dalla madre. La Comunità decise allora di cercare di ripetere il “miracolo”: dopo essere riusciti a far cessare una guerra lunga 14 anni, proviamo a combattere l’aids, e magari a vincerlo? Nacque così DREAM, Drug Resource Enhancement against aids and Malnutrition, iniziato pochi anni fa in Mozambico e già in espansione negli altri Paesi dell’Africa sub-sahariana. Gli eccellenti risultati ne hanno fatto rapidamente un modello di organizzazione sanitaria per i Paesi in via di sviluppo, che riceve attenzione da tutti gli organismi internazionali e riscuote riconoscimenti sempre più importanti. Un esempio prestigioso è il Premio “Balzan”, consegnato a Roma nel 2005 dal presidente della Repubblica in una solenne cerimonia all’Accademia dei Lincei.
DREAM si basa su una rete di ambulatori e laboratori che la Comunità organizza presso le strutture sanitarie locali o presso altre organizzazioni di volontariato. In genere si parte da ambienti fatiscenti, in cui si comincia con generatori di elettricità (la “corrente” non è molto comune) e che poi si procede a ristrutturare. Il risultato è che uno apre la porta e si ritrova in Europa: aria condizionata, arredi adeguati, computer, laboratori ben attrezzati. E poi medici, biologi, tecnici, tutti con ottima professionalità e tutti rigorosamente locali. Il programma ha anche un serio risvolto scientifico, sotto la supervisione dei colleghi dell’Università di Tor Vergata, Leonardo Palombi, Carlo Federico Perno e Giuseppe Liotta. Uno dei risultati più entusiasmanti è stato l’aver chiaramente dimostrato che la terapia delle madri in gravidanza è uno strumento estremamente efficace per la buona salute dei neonati! Tutto questo, ed in più la terapia domiciliare e l’assistenza negli ospedali, che sono per lo più luoghi dove si va a morire, funziona grazie ai volontari della Comunità: a Maputo, per esempio, ogni mese ne arriva una decina, non solo italiani; uno di questi fa il coordinatore (che significa occuparsi delle infinite beghe con le autorità locali, con i funzionari del Servizio Sanitario, con gli operai), gli altri dirigono ognuno un diverso settore di attività, in cui lavora il personale locale, assunto e stipendiato dalla Comunità dopo accurata selezione.
I costi di DREAM sono sempre più alti, a fronte dell’espansione del programma. Fortunatamente grandi istituzioni finanziarie italiane e internazionali mettono a disposizione cifre sempre più consistenti. D’altra parte, il risparmio è obbligatorio: i farmaci vengono comprati a prezzi molto bassi da industrie che non si curano dei brevetti delle multinazionali; i volontari lo sono davvero, nel senso che vanno a lavorare un mese laggiù pagandosi anche il viaggio. Il risultato è che le spese di gestione sono quasi inesistenti, intorno al 3%.

Generoso Bevilacqua
Docente di Anatomia e istologia patologica
g.bevilacqua@do.med.unipi.it



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