Conclusa in Kenya la prima Design School del Progetto UBORA
Si è appena conclusa la prima Design School del progetto europeo UBORA, coordinato dal Centro di Ricerca dell'Università di Pisa "E. Piaggio" che coinvolge partner europei e africani. Lo scopo di UBORA è di creare una piattaforma virtuale dove progettare e condividere progetti di dispositivi medici open source studiati secondo gli standard di sicurezza europei, messi a disposizione dei bioingegneri e dei medici di tutti i paesi che ne avranno la necessità. La scorsa settimana presso la Kenyatta University di Nairobi in Kenya, quaranta studenti provenienti da vari paesi africani ed europei, hanno seguito una settimana intensiva di corsi di progettazione e prototipazione di dispositivi medici.
"Gli studenti - afferma la professoressa Arti Ahluwalia, direttrice del Centro “E. Piaggio” e coordinatrice del progetto - hanno lavorato su casi reali per imparare a progettare e prototipare in maniera conforme all’attuale regolamentazione europea sui dispositivi medici, alternando le attività di laboratorio con lezioni tenute da esperti di fama internazionale". Tutti i progetti sono stati sviluppati sulla piattaforma UBORA, presentata in anteprima durante la scuola, e che la cui release pubblica è prevista nel corso del 2018. La selezione dei partecipanti è avvenuta attraverso un concorso rivolto agli studenti di tutte le università partner del progetto, lanciato a febbraio 2017, che aveva come tema la riduzione della mortalità infantile.
Ventisei borse di studio sono state messe in palio da UBORA e quattro sono state vinte da studenti dell'Università di Pisa. I progetti premiati sono stati: un ciuccio per monitorare il respiro del bambino e ridurre i casi di morte improvvisa in culla e uno per somministrare dei farmaci, un sistema di conservazione del latte materno senza l'utilizzo di energia elettrica e un metodo per curare la sindrome del piede torto attraverso gessi stampati in 3D.
Il team UBORA di Unipi.
Durante la cerimonia di chiusura, a cui hanno partecipato delegati delle ambasciate italiana e spagnola in Kenya, docenti, ricercatori e funzionari delle varie istituzioni presenti hanno firmato una dichiarazione per promuovere l'accessibilità ai dispositivi medici. Il documento, chiamato "Dichiarazione di Kahawa" (nome della zona in cui sorge la Kenyatta University), esprime il comune intento di promuovere la più ampia condivisione degli strumenti di progettazione dei dispositivi medici, come gli standard e la piattaforma UBORA, al fine di garantire una sanità sostenibile e una formazione universitaria più solida.
Da sinistra: Carmelo De Maria del Centro Piaggio, Angela Loi, delegata dell’ambasciata italiana, e la professoressa Arti Ahluwalia.
L'appuntamento per il 2018 è a Pisa. Il tema della scuola sarà la disabilità, i criteri di partecipazione saranno disponibili nei primi giorni di gennaio sul sito del progetto. "Scuole di questo tipo - conclude la professoressa Ahluwalia - rappresentano una grande opportunità per i nostri studenti, sia africani che europei, che hanno avuto a disposizione conoscenze e nuovi strumenti di progettazione, e sono indispensabili per creare una comunità di studiosi che condivida un nuovo approccio alla progettazione di dispositivi medici basati sui bisogni reali delle persone”.
Geofisica: due studenti dell’Università di Pisa vincono l’Italian Challenge Bowl
Rosalia Lo Bue e Francesco Rappisi, studenti del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa hanno vinto le finali dell'Italian Challenge Bowl 2017, la gara a quiz di Geofisica che si si è svolta a Trieste in occasione del Convegno Nazionale di Geofisica della Terra Solida (GNGTS).
"La competizione è stata lunga e faticosa, in lizza c’erano sette squadre composte da dottorandi di altre università italiane - racconta Francesco Rappisi - nello scontro finale abbiamo vinto contro l'Università di Napoli praticamente all'ultima domanda". Come premio la Society of Exploration Geophysicists (SEG), principale sponsor della manifestazione, sosterrà le spese di partecipazione Rosalia e Francesco al prossimo congresso mondiale che si terrà a Los Angeles nell'ottobre 2018.
"Siamo molto emozionati all’idea di andare negli Stati Uniti - dice Rosalia Lo Bue – perché potremo toccare con mano i risultati della ricerca di alto livello e anche conoscere molte società leader nel campo della Geofisica”.
Rosalia e Francesco, entrambi ventiseienni, dopo il corso triennale all’Università di Palermo sono venuti a Pisa per iscriversi alla magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata e proprio venerdì 15 dicembre hanno conseguito la laurea con una tesi in sismologia discussa con il professore Alfredo Mazzotti. La loro aspirazione futura è di lavorare per una grande azienda di esplorazione geofisica, anche se non escludono di poter fare un dottorato.
"Durante i nostri studi abbiamo frequentemente avuto contatti diretti o indiretti con aziende geofisiche, e penso che quello sarebbe il mio mondo" dice Francesco Rappisi. "Ma mi piacerebbe anche provare a fare un dottorato", ha aggiunto Rosalia Lo Bue.
“Il risultato di Rosalia e Francesco segue quello di altri due studenti dell’Ateneo pisano, Francesco Grigoli e Angelo Sajeva, che nel 2008 vinsero la competizione nazionale e poi si classificarono terzi in quella mondiale – commenta il professore Adriano Ribolini professore di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Ateneo pisano –naturalmente la soddisfazione per i dipartimenti di Scienze della Terra e di Fisica, che gestiscono la Laurea Magistrale in Geofisica è molto alta”.
Due studenti dell’Ateneo vincono l’Italian Challenge Bowl 2017
Rosalia Lo Bue e Francesco Rappisi, studenti del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa hanno vinto le finali dell'Italian Challenge Bowl 2017, la gara a quiz di Geofisica che si si è svolta a Trieste in occasione del Convegno Nazionale di Geofisica della Terra Solida (GNGTS). "La competizione è stata lunga e faticosa, in lizza c’erano sette squadre composte da dottorandi di altre università italiane - racconta Francesco Rappisi - nello scontro finale abbiamo vinto contro l'Università di Napoli praticamente all'ultima domanda".
Come premio la Society of Exploration Geophysicists (SEG), principale sponsor della manifestazione, sosterrà le spese di partecipazione Rosalia e Francesco al prossimo congresso mondiale che si terrà a Los Angeles nell'ottobre 2018.
Rosalia Lo Bue e Francesco Rappisi vincitori del Challenge Bowl 2017
"Siamo molto emozionati all’idea di andare negli Stati Uniti - dice Rosalia Lo Bue – perché potremo toccare con mano i risultati della ricerca di alto livello e anche conoscere molte società leader nel campo della Geofisica”.
Rosalia e Francesco, entrambi ventiseienni, dopo il corso triennale all’Università di Palermo sono venuti a Pisa per iscriversi alla magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata e proprio venerdì 15 dicembre hanno conseguito la laurea con una tesi in sismologia discussa con il professore Alfredo Mazzotti. La loro aspirazione futura è di lavorare per una grande azienda di esplorazione geofisica, anche se non escludono di poter fare un dottorato.
"Durante i nostri studi abbiamo frequentemente avuto contatti diretti o indiretti con aziende geofisiche, e penso che quello sarebbe il mio mondo" dice Francesco Rappisi. "Ma mi piacerebbe anche provare a fare un dottorato", ha aggiunto Rosalia Lo Bue.
“Il risultato di Rosalia e Francesco segue quello di altri due studenti dell’Ateneo pisano, Francesco Grigoli e Angelo Sajeva, che nel 2008 vinsero la competizione nazionale e poi si classificarono terzi in quella mondiale – commenta il professore Adriano Ribolini professore di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Ateneo pisano – naturalmente la soddisfazione per i dipartimenti di Scienze della Terra e di Fisica che gestiscono la Laurea Magistrale in Geofisica è molto alta”.
Elenco dei professionisti per affidamento di incarichi tecnici di Ingegneria e Architettura
Inaugurata la nuova area delle degenze del Centro multidisciplinare di chirurgia robotica dell’AOUP
Con la nuova area della degenza del Centro multidisciplinare di Chirurgia robotica mini-invasiva, riservata ai pazienti dell’area vasta nord-ovest e alle pazienti ginecologiche dell’Aoup, arriva a completamento il progetto di potenziamento del settore della robotica per l’Aoup cominciato nel lontano 2001 con l’acquisto del primo sistema robotico “Da Vinci” e ora concretizzatosi in un Centro che è di riferimento europeo per la formazione, con tre sistemi robotici in dotazione, di cui l’ultimo all’avanguardia (il Da Vinci Xi) e una caratterizzazione multidisciplinare e multispecialistica che ne fa il primo centro europeo per numero di interventi effettuati. Solo nel 2016 sono stati infatti 1139 e per l’anno che sta per finire la quota verrà anche superata di qualche decina. Un punto di forza ne ha decretato il successo: la standardizzazione delle procedure e il coordinamento centralizzato dell’utilizzo delle risorse umane e tecnologiche, che è anche la chiave della sostenibilità dei costi.
Adesso i pazienti provenienti dall’area vasta (più le pazienti ginecologiche dell’Aoup) sottoposti a intervento di chirurgia robotica avranno dei letti dedicati (10, in 5 camere doppie) per completare il percorso assistenziale fino alla dimissione, senza più trasferimenti negli altri reparti di degenza dell’ospedale.
“Sono stati tre gli obiettivi nella realizzazione logistica del Centro e di questa nuova area dedicata al ricovero – spiega la professoressa Franca Melfi, chirurgo toracico e direttore del Centro – l’omogeneità di trattamento per tutti i pazienti, il training (la formazione anche attraverso la simulazione) e la ricerca. Pisa è riconosciuto centro di formazione e ogni settimana molti sono i chirurghi provenienti da tutta Europa. Siamo infatti centro di riferimento per la chirurgia robotica toracica e per i trapianti robotici e l’esperienza qui maturata da tutto lo staff, medico, infermieristico e tecnico, ha fatto sì che il centro venisse individuato come piattaforma clinica per la produzione di dati valutati dalla FDA-Food & Drug Administration, l’Agenzia del governo americano che si occupa di regolamentare i prodotti che vengono immessi in commercio, compresi i dispositivi e le attrezzature mediche, per l’applicazione clinica del software Table Motion relativo al tavolo operatorio integrato con i sistemi robotici. Una piattaforma multispecialistica cui guarda con interesse anche l’industria, per l’applicazione e lo sviluppo di nuove tecnologie”.
Ma l’area della degenza non è l’unica nuova acquisizione del Centro multidisciplinare di Chirurgia robotica dell’Aoup, che si trova al piano terra dell’Edificio 30 A e dove i tre robot vengono utilizzati (per interventi di chirurgia generale, ginecologica, toracica, urologica, otorinolaringoiatrica, dell’esofago, bariatrica, endocrinochirurgia e trapianti) anche dai chirurghi provenienti dall’area vasta. Nei nuovi spazi è stata anche allestita, oltre a una saletta soggiorno dedicata per i pazienti, un’area meeting per la didattica e la formazione, direttamente collegata con le tre sale operatorie, in modo da consentire le sedute di training sul “Da Vinci” agli operatori sanitari in addestramento (chirurghi e infermieri). Tutta l’organizzazione del Centro pisano rientra nel contesto del Polo regionale di chirurgia robotica per coordinare il quale la Regione ha creato un tavolo tecnico-scientifico guidato dalla professoressa Melfi, con l’obiettivo di estendere il modello su tutto il territorio regionale. (Fonte Ufficio stamps AOUP).
La zoologia di Aristotele e la sua ricezione, dall'età ellenistica e romana alle culture medioevali
Esce pubblicato dalla Pisa University Press il volume "La zoologia di Aristotele e la sua ricezione, dall'età ellenistica e romana alle culture medioevali" che Maria Michela Sassi, professoressa di Storia della Filosofia Antica al dipartimento di Civilta' e Forme del Sapere, ha curato insieme a Elisa Coda e Giuseppe Feola.
Pubblichiamo seguito una presentazione del libro tratta dal sito dell'editore.
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Tema di questo volume, che raccoglie le relazioni della decima Settimana di formazione dottorale del Centro Interuniversitario “Incontri di Culture”, è la ricezione dell’opera zoologica di Aristotele dall’età ellenistica al tardo Medioevo.
Stranamente, nella tradizione filosofica greco-romana dopo la morte di Aristotele il corpus dei suoi scritti zoologici sembra occupare un posto marginale, tanto più in quanto la Historia animalium conosce invece straordinaria fortuna nell’ambito della cultura generale (per esempio nella letteratura paradossografica e in quella fisiognomica, o nell’opera di Plinio il Vecchio). Sembra venir meno in ogni caso, dopo Aristotele, il progetto aristotelico di uno studio teorico e sistematico degli animali, che in apparenza rinasce solo nel XII secolo d.C., con il trattato De animalibus di Alberto Magno.
I contributi qui raccolti dimostrano nel loro insieme che la storia non è così semplice. È anzi possibile disegnare una linea di ricezione in cui momenti e spazi innegabili di discontinuità (che nel pensiero greco si spiega con il mutare dell’agenda filosofica, evidente per esempio in area neoplatonica) procedono paralleli a un filo di continuità (solidissimo certo nel mondo arabo, ma tenuto ben teso, nel mondo romano, da un Galeno) che è quello che congiunge di fatto, attraverso l’opera di traduzione di Scoto, Aristotele all’età di Alberto Magno.
Questo volume non intende certo esaurire la questione complessa della trasmissione e ricezione del corpus zoologico aristotelico, ma apre nuove vie di ricerca approfondendo autori, momenti e aspetti non usualmente valorizzati in questo orizzonte problematico.
Per raccontare la scienza ci vuole umorismo
Per divulgare la scienza ci vuole anche un po’ di sano umorismo. E’ questa una delle conclusioni che emerge da uno studio condotto da Elisa Mattiello ricercatrice di Lingua Inglese al dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa che ha analizzato i TED Talks di ambito medico-scientifico tenuti fra il 2010 e il 2015. La ricerca, pubblicata sull’«International Journal of Language Studies», ha indagato le caratteristiche linguistiche dei TED Talks, un genere di comunicazione a metà strada fra una lezione universitaria e una conferenza che riflette anche degli influssi del Web per gli aspetti multimodali e l’ampia fruibilità su una piattaforma globale.
L’indagine si è concentrata in particolare su tre aspetti: la ridotta tecnicità dei contenuti e del lessico, l’utilizzo di un registro informale tipico della conversazione, incluso il tono umoristico, e l’uso della narrazione, attraverso esperienze o aneddoti personali, per introdurre gli argomenti specialistici.
“Nei TED Talks i relatori usano raramente la terminologia medica o scientifica, se non accompagnata da spiegazioni o parafrasi e questo per comunicare anche ai non specialisti e ridurre la distanza con l’ascoltatore – spiega Elisa Mattiello - i TED Talks sono inoltre ricchi di parti narrative che permettono ai relatori di suscitare reazioni di simpatia o empatia da parte dell’audience, una loro peculiarità è poi l’umorismo, che può derivare da elementi di incongruenza, da autoironia e che soprattutto è utilizzato per alleggerire le tensioni derivanti da argomenti seri, delicati, come patologie o malattie”.
“Queste caratteristiche – aggiunge Elisa Mattiello – hanno contribuito ad affermare il successo dei TED Talks sia verso il grande pubblico sia verso gli specialisti e in particolare l’umorismo emerge come uno strumento di attrazione e persuasione, capace di confermare, anche rispetto ad una audience di esperti, la competenza del relatore e la sua familiarità con gli argomenti trattati”.
Elisa Mattiello ricercatrice di Lingua Inglese al dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica
Lo studio della ricercatrice dell’Ateneo pisano, svolto nell’ambito del Programma di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale 2015 ‘Knowledge Dissemination across Media in English’, ha quindi dimostrato come Internet abbia rivoluzionato il discorso specialistico e i suoi partecipanti, passando dalla comunicazione a senso unico dei generi monologici ad una conversazione pubblica con molteplici partecipanti. I TED Talks, infatti, non si rivolgono soltanto ad un pubblico di esperti co-presenti alle conferenze, ma anche ad un pubblico internazionale di partecipanti più vasto e variegato che accede ai talks sul Web.
Riferimenti all’articolo scientifico:
Elisa Mattiello, “The popularisation of specialised knowledge via TED Talks”, in "International Journal of Language Studies", Volume 11, Num. 4., Ottobre 2017, Numero speciale intitolato “English for Specific Purposes: Redefining the State of the Art”, curato da Emilia Di Martino, Gabriella Di Martino e Christopher Williams.
Un accordo con la “He University” cinese per collaborazioni e scambi in ambito medico
L’Università di Pisa ha ricevuto al rettorato il professor Wei He, rettore della “He University” in Cina. L’ospite è stato accolto dal rettore Paolo Mancarella, dal prorettore per l’Internazionalizzazione Francesco Marcelloni e dal professor Marco Nardi, docente di Malattie dell’apparato visivo al dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica.
Da sinistra il professor Wei He, il rettore Paolo Mancarella, il prorettore per l'Internazionalizzazione Francesco Marcelloni e il professor Marco Nardi.
Insieme allo staff dell’Ufficio internazionale, le due università hanno discusso i dettagli di un accordo quadro che prevede lo sviluppo di progetti di collaborazione, in particolare l’organizzazione di una summer school sull’elaborazione di grandi moli di dati provenienti dal settore medico, alternando lo svolgimento un anno a Pisa e un anno in Cina, oltre che scambio docenti e studenti.
Luminare nel campo dell’oftalmologia in Cina e a livello internazionale, il professor Wei He è fondatore del “He Vision Group”, che comprende, oltre all’Università, 11 ospedali specializzati in malattie visive e oltre 60 cliniche di Optometria.
Nella foto, da sinistra: Zhao Ming, direttrice del "He Vision Group", Paola Cappellini, dell'Ufficio internazionale dell'Ateneo, il prorettore Francesco Marcelloni, il professor Marco Nardi.
Per raccontare la scienza ci vuole umorismo
Per divulgare la scienza ci vuole anche un po’ di sano umorismo. E’ questa una delle conclusioni che emerge da uno studio condotto da Elisa Mattiello ricercatrice di Lingua Inglese al dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa che ha analizzato i TED Talks di ambito medico-scientifico tenuti fra il 2010 e il 2015. La ricerca, pubblicata sull’«International Journal of Language Studies», ha indagato le caratteristiche linguistiche dei TED Talks, un genere di comunicazione a metà strada fra una lezione universitaria e una conferenza che riflette anche degli influssi del Web per gli aspetti multimodali e l’ampia fruibilità su una piattaforma globale. L’indagine si è concentrata in particolare su tre aspetti: la ridotta tecnicità dei contenuti e del lessico, l’utilizzo di un registro informale tipico della conversazione, incluso il tono umoristico, e l’uso della narrazione, attraverso esperienze o aneddoti personali, per introdurre gli argomenti specialistici.
“Nei TED Talks i relatori usano raramente la terminologia medica o scientifica, se non accompagnata da spiegazioni o parafrasi e questo per comunicare anche ai non specialisti e ridurre la distanza con l’ascoltatore – spiega Elisa Mattiello - i TED Talks sono inoltre ricchi di parti narrative che permettono ai relatori di suscitare reazioni di simpatia o empatia da parte dell’audience, una loro peculiarità è poi l’umorismo, che può derivare da elementi di incongruenza, da autoironia e che soprattutto è utilizzato per alleggerire le tensioni derivanti da argomenti seri, delicati, come patologie o malattie”.
“Queste caratteristiche – aggiunge Elisa Mattiello – hanno contribuito ad affermare il successo dei TED Talks sia verso il grande pubblico sia verso gli specialisti e in particolare l’umorismo emerge come uno strumento di attrazione e persuasione, capace di confermare, anche rispetto ad una audience di esperti, la competenza del relatore e la sua familiarità con gli argomenti trattati”.
Lo studio della ricercatrice dell’Ateneo pisano, svolto nell’ambito del Programma di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale 2015 ‘Knowledge Dissemination across Media in English’, ha quindi dimostrato come Internet abbia rivoluzionato il discorso specialistico e i suoi partecipanti, passando dalla comunicazione a senso unico dei generi monologici ad una conversazione pubblica con molteplici partecipanti. I TED Talks, infatti, non si rivolgono soltanto ad un pubblico di esperti co-presenti alle conferenze, ma anche ad un pubblico internazionale di partecipanti più vasto e variegato che accede ai talks sul Web.
Riferimenti all’articolo scientifico:
Elisa Mattiello, “The popularisation of specialised knowledge via TED Talks”, in International Journal of Language Studies, Volume 11, Num. 4., Ottobre 2017, Numero speciale intitolato “English for Specific Purposes: Redefining the State of the Art”, curato da Emilia Di Martino, Gabriella Di Martino e Christopher Williams.
Sito della rivista: http://www.ijls.net/.
A Lucca e Pisa un convegno su Carlo Ludovico Ragghianti e l’arte in Italia tra le due guerre
Dalla collaborazione tra l’Università di Pisa e la Fondazione Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca nasce il convegno “Carlo Ludovico Ragghianti e l’arte in Italia tra le due guerre. Nuove ricerche intorno e a partire dalla mostra del 1967 Arte moderna in Italia 1915-1935”, che si terrà il 14 dicembre negli spazi del Complesso di San Micheletto a Lucca e il 15 dicembre presso l’auditorium del Centro Congressi Le Benedettine, Pisa.
Le due giornate di studio, che saranno aperte rispettivamente da Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti, e da Mattia Patti, professore associato di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Pisa, saranno scandite da interventi proposti da docenti di diverse università italiane, storici dell’arte affermati e giovani studiosi, che apriranno nuove prospettive di ricerca riguardo all’approccio ragghiantiano allo studio e alla valorizzazione dell’arte contemporanea.
L’attività di Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 18 marzo 1910 - Firenze, 3 agosto 1987), tra i massimi storici, critici e teorici dell’arte del secolo scorso, nonché direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Ateneo pisano, toccò con rigore critico e metodologico, oltre a quello antico, anche l’ambito contemporaneo, come testimonia chiaramente la mostra che costituisce il fulcro del convegno.
Il 26 febbraio 1967 nelle sale di Palazzo Strozzi fu inaugurata la mostra "Arte moderna in Italia 1915-1935", attraverso la quale Carlo Ludovico Ragghianti mise in evidenza la necessità di ripensare in termini nuovi la complessa situazione artistica italiana tra le due guerre. A suo dire, infatti, giudizi ideologici avevano impedito una lettura dell’arte di quel periodo basata su “un’autenticità di significato espressivo o poetico” e su un’analisi obiettiva dei linguaggi e dei processi formali.
A cinquant’anni da allora, questo convegno propone di tornare a riflettere sul contesto che portò all’ideazione della mostra, nonché sui dibattiti da essa scaturiti, sulle scelte operate da Ragghianti e sull’importanza che il suo approccio ebbe nella rivalutazione e nella revisione di un preciso momento storico-artistico. Per altro verso, facendo riferimento in maniera diretta, ma non esclusiva, alle partecipazioni alla mostra, il panorama si amplia ai rapporti intercorsi tra gli artisti e Ragghianti, il quale evidenziò l’importanza di integrare la visione storica dominante con la lezione che le personalità artistiche stesse erano in grado di fornire tramite il loro operato, in modo autonomo e spesso non incasellabile in quella troppo stretta maglia di ‘ismi’ di cui l’arte contemporanea sembrava ormai inevitabilmente intessuta.