Prospettive
È notizia del 3 dicembre scorso che la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge proposto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito che introduce nuove limitazioni alle attività legate al tema della sessualità nel contesto scolastico. La legge intende vietare tali iniziative nelle scuole dell’infanzia e nella scuola primaria, dove il curriculum sarà limitato ai soli aspetti biologici dell’apparato riproduttivo. Inoltre, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, il DDL introduce l’obbligo di consenso scritto da parte dei genitori o tutori per la partecipazione ad attività inerenti alla sessualità per studenti e studentesse minorenni.
Diversi membri del governo hanno ripetutamente giustificato questa scelta in favore della tutela del diritto dei genitori di scegliere l’educazione dei figli e come una barriera nei confronti della diffusione dell'”ideologia gender”. Questa visione tende a collocare l’educazione all’affettività e sessualità esclusivamente all’interno della sfera familiare, riducendo il ruolo della scuola come luogo di promozione della salute, dell’equità e dei diritti.
Il dibattito italiano si inserisce in un contesto europeo in cui, in diversi Paesi, movimenti anti-gender esercitano pressioni sulle politiche relative alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi. Anche nel nostro Paese, alcune scelte recenti – come il dirottamento di fondi inizialmente destinati all’educazione alla sessualità inseriti nella legge di bilancio verso altre voci – mostrano una tendenza che potrebbe avere conseguenze rilevanti sul benessere delle nuove generazioni. A questo scenario si aggiunge l’incremento di casi legati alle infezioni sessualmente trasmesse e della violenza di genere tra adolescenti e giovani adulti. Nonostante ciò, la presenza di percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità rimane episodica.
L’introduzione del consenso scritto dei genitori come condizione per la partecipazione rischia inoltre di ampliare le disuguaglianze: a essere esclusi potrebbero essere proprio i ragazzi e le ragazze che vivono in contesti familiari in cui parlare di sessualità è difficile o stigmatizzato, e che potrebbero trarre maggior beneficio da percorsi strutturati e continuativi.
Le raccomandazioni internazionali vanno in tutt’altra direzione. I documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di altre agenzie internazionali indicano la partecipazione attiva degli adolescenti come elemento centrale nella progettazione e nella valutazione dei programmi educativi. Dello stesso avviso sono le evidenze raccolte in Italia. Due indagini condotte nel 2000 e fra il 2017 e 2018 hanno evidenziato che la quasi totalità delle persone giovani ritiene che la scuola sia il luogo più appropriato per affrontare questi temi. In linea con questi risultati sono le evidenze raccolte dal progetto EduForIST, che in due anni ha coinvolto complessivamente più di 3000 studenti e studentesse. Tra gli obiettivi del progetto c’è stato quello di raccogliere in maniera sistematica il punto di vista degli adolescenti: dai questionari somministrati emerge che fra l’85 e il 90% desidera che la scuola affronti i temi della sessualità e dell’affettività.
Alla luce di questi dati, ribadiamo la necessità di adottare programmi di educazione estensiva alla sessualità, scientificamente fondati e accessibili a tutti gli studenti e studentesse, senza barriere aggiuntive che rischiano di ampliare le disuguaglianze. Rinnoviamo un appello alle istituzioni affinché le voci delle persone giovani vengano ascoltate: le loro esigenze devono essere al centro delle politiche educative che riguardano salute, diritti e futuro delle nuove generazioni.
Lara Tavoschi, Alice Chinelli, Gianluca Paparatto
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia
Graziano Di Giuseppe
Dipartimento di Biologia
Caterina Di Pasquale
Dipartimento Civiltà e forme del sapere

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