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The remains of the oldest known baleen whale have risen from the coastal desert of Peru, already known for its extraordinary fossils as the Leviathan. The skeleton have been found inside 36 million years old rocks, and it will help to shed light on the origin and evolution of the mysticete group, which includes the blue whale, the humpback whale, and the right whale. The discovery has been made by an international research group of paleontologists and geologists from the Universities of Pisa and Camerino and the Natural History Museums of Paris, Brussels and Lima and recently published in the international journal Current Biology (DOI: 10.1016 / j. cub.2017.04.026).

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Mystacodon reconstruction A Gennari: This illustration shows two Mystacodon selenensis individuals diving down to catch eagle rays along the seafloor of a shallow cove off the coast of present-day Peru. Reconstruction by Alberto Gennari.

"What we have found is a whale very different from those that now swim in our seas - says Giovanni Bianucci, paleontologist of the Department of Earth Sciences of the Pisa University who participated in the digging and study of the fossil – Our Peruvian whale shows primitive characters as the presence of the hind limbs, even if extremely small (we found a tiny innominate bone), and robust teeth which gave this whale the name "Mystacodon", which means "mysticete with teeth". The name of the species "selenensis" evokes Selene, the goddess of the moon, for Media Luna, the locality where the fossil was discovered. Moreover, this baleen whale, as most of those lived in the past, was much smaller than the living ones: only about 4 meters, few if compared to the 30 and more meters achieved by the blue whale. By studying this skeleton we have come to the conclusion that Mystacodon selenensis probably fed by sucking small preys on sandy bottoms. This type of feeding is supported by the peculiar tooth wear due to the accidental swallowing of sand when catching the prey. Even pectoral fins show a peculiar mobility, probably useful to direct and balance the body when the whale was moving near the bottom. "


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This photo shows members of the excavation team (from the Museo de Historia Natural, Lima and the Muséum National d’Histoire Naturelle, Paris) gathered around a plaster jacket surrounding part of the skeleton of Mystacodon selenensis at the Media Luna locality in the Pisco Basin, Peru. Photo by Giovanni Bianucci.

To understand the real importance of this discovery we must trace back to the origins of the two large, still living, groups of cetaceans: the odontocetes (dolphins, killer whale and sperm whale) and the mysticetes. The odontocetes (toothed whales) have developed a biosonar that allows them to detect prey, such as fishes and squids, even in low light conditions, while mysticetes (baleen whales) have replaced their teeth with baleen to filter small organisms from the water mass or sandy bottoms. These two important 'innovations' have allowed cetaceans to diversify and colonize all marine environments. But at what specific moment of the evolutionary history of whales these two large groups originated is still a mystery. Genetic studies carried out on extant cetaceans suggest that this important event occurred around 40 million years ago, but fossil finds in rocks of this age are very rare and, in fact, the oldest fossil toothed whale known is 'only' 29 million years old, and the oldest baleen whale was, up to our discovery, 34 million years old. Therefore, Mystacodon selenesis, with its 36 million years of age and its primitive characters, such as the presence of teeth and hind limbs, it is very important to fill the gap in the knowledge of the early whale history of this fascinating group of marine mammals.

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This photo shows members of the excavation team digging around the skeleton of Mystacodon selenensis at the Media Luna locality in the Pisco Basin, Peru. Photo by Giovanni Bianucci.

"One of the most important aspects of this research - explains Claudio Di Celma, geologist of the School of Science and Technology of Camerino University, who has been involved in the stratigraphic study of this fossil - was to provide an age as accurate as possible of the specimen. For this reason, many rock samples were collected in the various outcropping layers, including the one containing the whale skeleton. In these samples we found the microfossils which allowed our colleague Etienne Steurbaut to date the whale remains to 36 million years ago".

"This research and others we have been carrying on in the last 10 years and more, always in collaboration with several foreign institutions - concludes Giovanni Bianucci - confirm the extraordinary paleontological importance of the Peru coastal desert and its outstanding fossils. It is a fossil deposit unique at a worldwide scale, that documents in great detail 40 million years of evolution of marine vertebrates".


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Media Luna locality in the Pisco Basin, Peru.

Dal deserto costiero del Perù, già noto per aver restituito fossili straordinari come quello del Leviatano, affiorano i resti della più antica balena fino ad oggi ritrovata: all’interno di rocce più antiche di 36 milioni di anni, è stato rinvenuto lo scheletro di un misticeto che aiuterà a far luce sull’origine e sull’evoluzione degli antenati delle balene e delle balenottere. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricerca internazionale di paleontologi e geologi delle università di Pisa e di Camerino e dei musei di storia naturale di Parigi, Bruxelles e Lima ed è stata pubblicata sulla rivista internazionale Current Biology (DOI: 10.1016/j.cub.2017.04.026).

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Ricostruzione artistica di Mystacodon selenesis (disegno di Alberto Gennari).

“Quella che abbiamo trovato è una balena molto diversa da quelle che nuotano nei nostri mari - afferma Giovanni Bianucci, paleontologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa che ha partecipato allo scavo e allo studio del fossile - che conserva caratteri primitivi, come la presenza delle zampe posteriori, seppure estremamente ridotte (è stato trovato il bacino molto piccolo), e denti robusti che le sono valsi il nome di “Mystacodon”, che sta a significare “misticeto con i denti”. Il nome della specie “selenensis” evoca invece Selene, la dea della Luna, in riferimento a Media Luna, la località in cui è stato scoperto il fossile. Inoltre questa balena, come la maggior parte di quelle vissute nel passato, era molto più piccola di quelle di oggi: solo 4 metri, pochi se confrontati con gli oltre 30 raggiunti dalla balenottera azzurra. Dallo studio del suo scheletro siamo arrivati alla conclusione che Mystacodon selenensis probabilmente si nutriva su fondali sabbiosi aspirando piccole prede. Questo tipo di alimentazione è supportato dalla peculiare usura dei denti dovuta all’accidentale ingestione di sabbia durante la cattura delle prede. Anche la pinna pettorale mostra una particolare mobilità utile a dirigere e bilanciare il corpo quando l’animale si spostava in prossimità del fondo”.

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Foto di gruppo dopo lo scavo di Mystacodon selenesis a Media Luna, nel deserto costiero del Perù. Da sinistra: Eusebio Diaz, Rodolfo Salas-Gismondi, Walter Aguirre, Mario Urbina, Giovanni Bianucci, Rafael Varas-Malca, Christian de Muizon e Manuel Marinez-Cáceres (il cranio è in primo piano, fasciato con il gesso). (Foto O. Lambert)

Per capire l’importanza di questo ritrovamento bisogna risalire all’origine dei due grandi gruppi ancora viventi di cetacei: gli odontoceti (delfini, orche e capodogli) e i misticeti (balene e balenottere). Gli odontoceti hanno sviluppato un biosonar che permette loro di individuare le prede, come pesci e calamari, anche con poca luce, mentre i misticeti hanno sostituito i denti con i fanoni per filtrare piccoli organismi nella massa d’acqua o nei fondali sabbiosi. Queste due importanti ‘innovazioni’ hanno permesso ai cetacei di diversificarsi e di colonizzare tutti gli ambienti marini. Ma in quale preciso momento della storia evolutiva dei cetacei abbiano avuto origine questi due grandi gruppi è ancora un mistero: gli studi genetici condotti sui cetacei attuali suggeriscono che questo importante evento si sia verificato intorno a 40 milioni di anni fa, ma i reperti fossili in rocce di età simile sono molto rari e, di fatto, il più antico odontoceto fossile conosciuto ha ‘solo’ 29 milioni di anni mentre il più antico misticeto aveva, fino ad oggi, ‘solo’ 34 milioni di anni. Pertanto Mystacodon selenesis, con i suoi 36 milioni di anni e con caratteri ancora primitivi, come la presenza di denti e di zampe posteriori, rappresenta un importante tassello che va a colmare un vuoto nella conoscenza di questo importante gruppo di mammiferi marini.

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Scavo dello scheletro fossile di Mystacodon selenesis a Media Luna, nel deserto costiero del Perù (foto G. Bianucci).

“Uno degli aspetti cruciali di questa ricerca – spiega Claudio Di Celma, geologo della Scuola di scienze e tecnologie dell’Università di Camerino che ha curato lo studio stratigrafico dell’area di ritrovamento del fossile – è stato quello di fornire un’età più precisa possibile del reperto. Per questo motivo sono stati raccolti numerosi campioni di roccia nei diversi strati affioranti, compreso quello che conteneva lo scheletro della balena. In questi campioni sono stati trovati dei microfossili che hanno permesso al collega Etienne Steurbaut di datare a 36 milioni di anni fa i resti del cetaceo”.

“Questa ricerca come altre che stiamo portando avanti da oltre 10 anni, tutte in collaborazione con diverse istituzioni straniere – conclude Giovanni Bianucci – conferma la straordinaria importanza del deserto costiero del Perù per i suoi eccezionali fossili. Si tratta di un giacimento unico a livello mondiale che documenta in dettaglio 40 milioni di anni di evoluzione dei vertebrati marini”.

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Media Luna, la località del deserto costiero del Perù dove è stato trovato lo scheletro fossile di Mystacodon selenesis (foto G. Bianucci).

Ne hanno parlato:
National geographic 
Focus
Corriere.it
Tirreno
gonews.it 
ADNkronos 
PisaToday.it 
InToscana.it 
Scienze Notizie 
Nazione Pisa

They are guests of the University of Pisa for a week, and they will be able to become familiar with various structures of the university and visit the city. They are participants in one of the staff training week organized in the framework of the International Credit Mobility KA 107, a programme which can be defined “Erasmus outside Europe” or, better, outside the European Union and the other countries normally admitted to Erasmus+: one of our guests comes from Serbia. The programme allows academic staff, professors and technical-administrative personnel, as well as university students enrolled in institutions of higher education in ‘partner countries’ to participate in mobility to European institutions, and vice versa.

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In the photo above; the international mobility participants being welcomed to the Rectorate by professor Lisandro Benedetti Cecchi, Pro-Rector for European and International Research, by professor Katherine Isaacs and by the staff of the European Programmes Office.

International Credit Mobility KA 107 is one of the important new action lines introduced by the Erasmus+ Programme; and in this respect the University of Pisa is one of the pioneers in Italy. Thanks to the ICM initiative individual mobility is now possible with non-EU countries in the Balkans, and with non-European countries from Southeast Asia, to Central Asia, to China, the Near East and North Africa. The participants in the staff training week are Thanyaxay Kankong (Savannakhet University – Lao), Guo Guannan (Guangxi University - China), Janara Baitugolova (Naryn State University - Kyrgyzstan), Bolortuya Myagmarsuren (MUST - Mongolia), Zahra Ait Malek e Asma El Hachadi (Université Cadi Ayyad, Marrakech - Morocco).

This week teaching staff are also visiting the University of Pisa thanks to the KA 107 framework: professors Biljana Šimunović Bešlin (University of Novi Sad - Serbia) and Bayarsaikhan Dashdondog (NUM - Mongolia) are teaching in the Department of Civilizations and Forms of Knowledge; and Lai Thi Ngoc (Vietnam National University of Agriculture), Rustam Daniyarov (Tashkent Pediatric Medical Institute - Uzbekistan), Shaimaa Sahmoud (Suez Canal University, Egypt) and Doaa Ghareeb (Alexandria University, Egypt), are carrying out research in various university laboratories.

Interest in mobility to these countries is growing among University of Pisa staff too. Teachers, researchers, administrative staff and doctoral students who are interested in participating can consult this page or write to: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

The countries with which the University of Pisa has already opened the new opportunities for mobility are Cambodia, China, Lao, Mongolia, Vietnam, Kazakstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Egypt, Israel, Morocco and Serbia.

il bozzetto vincitore del concorsoE’ arrivata alla conclusione la tappa toscana dei Giochi della Chimica, una manifestazione che da quest’anno vede la partecipazione attiva del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, con la presidente della Società chimica italiana Toscana, professoressa Maria Rosaria Tinè, e la delegata dei giochi per la Toscana, professoressa Valentina Domenici.

Alla finale hanno partecipato 365 studenti provenienti da una da una cinquantina di scuole superiori di tutta la regione e la premiazione dei vincitori avverrà sabato 13 maggio all’Istituto “Bernardino Lotti” di Massa Marittima. La cerimonia sarà introdotta una conferenza divulgativa del professor Andrea Pucci dell’Ateneo pisano intitolata “Polimeri che giocano con la luce”.

Ma ecco i nomi dei ragazzi e delle ragazze che saliranno sul podio. Per la classe di concorso A (studenti del biennio) al primo posto c’è Enrico Bolognesi dell’ITIS “Buzzi” di Prato, al secondo Vlad Vadim e al terzo Matteo Fascetto Sivillo, entrambi del “Galilei” di Arezzo. Per la classe di concorso B (studenti del triennio di scuole a indirizzo non chimico) il primo posto va a Xhanej Olgerti dell'istituto "Filippo Pacini" di Pistoia, il secondo Damiano Lucarelli del Liceo “Amedeo Di Savoia” di Pistoia e il terzo Liu Zhengming del Liceo “Ulisse Dini” di Pisa. Per la classe di concorso C (studenti del triennio di scuole a indirizzo chimico) primo classificato è Dario Papi, secondo Stefano Agardi e terzo Marco Morganti, tutti dell’ITIS “Buzzi” di Prato.

Verranno inoltre premiate le studentesse che hanno raggiunto il migliore piazzamento: Giulia Paggini del Liceo 'Città di Piero' di Sansepolcro per la categoria A, Silvia Oliveti dell'istituto "Anna Maria Enriques Agnoletti" di Sesto Fiorentino per la categoria B e Carolina Rosadini della scuola superiore “Galilei” di Arezzo per la categoria C.

Nella stessa occasione saranno premiati anche i vincitori del concorso grafico indetto dalla sezione SCI Toscana sul tema “Chimica e Sensazioni”, che sono Nicoletta Giosa al primo posto e Rebecca Mariotti al secondo del Liceo Artistico "Tito Sarrocchi" di Siena.

“I Giochi rappresentano già da qualche anno un vero e proprio appuntamento per i ragazzi delle scuole superiori – spiegano Maria Rosaria Tinè e Valentina Domenici – dopo le selezioni regionali una squadra nazionale verrà scelta in rappresentanza dell’Italia per le Olimpiadi della Chimica, che quest’anno si svolgeranno in Tailandia dal 6 al 15 luglio 2017”.

Un ringraziamento da parte degli organizzatori va infine agli enti e alle aziende che hanno sostenuto l’iniziativa: due spin-off dell'Ateneo pisano, SpinPET e Chema, Solvay, Huntsman, Nuova Solmine, Bioconsult, Labo2000, l'Ordine dei Chimici della Toscana, Federchimica nazionale e Zanichelli-scienze, che ogni anno prepara per i ragazzi le cartelline con i test.

Nella figura, il bozzetto vincitore del concorso grafico.

Sono ospiti dell’Università di Pisa per una settimana e avranno l’opportunità di conoscere da vicino le varie strutture dell’Ateneo e visitare la città. Sono i partecipanti alla staff training week dell’International Credit Mobility KA 107, il programma che può essere definito “l’Erasmus extra-europeo” o, meglio, l'Erasmus nei Paesi al di fuori dell'Unione Europea o di quelli normalmente ammessi all'Erasmus+ (come la Serbia). Il programma consente sia al personale accademico (docenti e tecnici) sia agli studenti afferenti al settore dell’istruzione superiore di paesi “oltre l’Europa” di partecipare a una esperienza di mobilità verso l’Europa, e vice versa.

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Nella foto sopra: gli ospiti internazionali accolti in rettorato da Lisandro Benedetti Cecchi, prorettore per la ricerca in ambito europeo e internazionale, dalla professoressa Katherine Isaacs e dallo staff dell'Ufficio internazionale dell'Ateneo.

L’International Credit Mobility KA 107 è una delle grandi novità introdotte dal Programma Erasmus+ in cui l’Università di Pisa risulta uno dei pionieri in Italia. Grazie ad esso si sono aperte le porte di paesi non EU dei Balcani e di altri paesi extra-europei, dal Sud Est Asiatico all’Asia centrale, fino al Nord Africa. I partecipanti alla staff training week pisana sono Thanyaxay Kankong (Savannakhet University – Laos), Guo Guannan (Guangxi University - Cina), Janara Baitugolova (Naryn State University - Kyrgyzstan), Bolortuya Myagmarsuren (MUST - Mongolia), Zahra Ait Malek e Asma El Hachadi (Université Cadi Ayyad, Marrakech - Marocco).

Sempre nell’ambito della mobilità KA 107, sono a Pisa anche la professoressa Biljana Šimunović Bešlin (Novi Sad - Serbia) e la professoressa Bayarsaikhan Dashdondog (NUM - Mongolia) che hanno tenuto lezioni presso il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, e Lai Thi Ngoc (Vietnam National University of Agriculture), Rustam Daniyarov (Tashkent Pediatric Medical Insitute - Uzbekistan), Shaimaa Sahmoud (Suez Canal University, Egitto) e Doaa Ghareeb (Alessandria University), che svolgeranno attività scientifica presso laboratori universitari.

Anche da Pisa l’interesse verso la mobilità in questi paesi sta crescendo: i docenti, lo staff e i dottorandi interessati a partecipare al programma possono consultare questa pagina o scrivere all’indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

I paesi con cui l’Università di Pisa ha già aperto mobilità sono Cambogia, Cina, Laos, Mongolia, Vietnam, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Egitto, Israele, Marocco e Serbia.

Si è tenuta martedì 9 maggio, al Palazzo dei Congressi, una giornata di studio sulla nuova classificazione del rischio sismico degli edifici. All'incontro - a cui sono intervenuti il rettore Paolo Mancarella e il prorettore per l'Edilizia, Walter Salvatore - hanno partecipato rappresentanti del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Toscana, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Settore Sismico della Regione Toscana, del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e degli Ordini Provinciali degli Ingegneri della Toscana, oltre a docenti dell'Università di Pisa e dell'Università "La Sapienza" di Roma.

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I relatori hanno illustrato i contenuti dei più recenti documenti tecnici e normativi sviluppati nell'ambito dei lavori promossi dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del MIT, cui hanno dato un contributo rilevante docenti del dipartimento di Ingegneria civile e industriale del nostro Ateneo. Alla giornata di studio hanno partecipato circa 250 professionisti provenienti da diverse zone della Toscana che hanno dato vista a un approfondito e ampio dibattito sulle problematiche relative alla riduzione del rischio sismico sul territorio nazionale e all'applicazione delle recenti linee guida del MIT sulla classificazione del rischio sismico degli edifici.

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Ha preso ufficialmente il via lunedì 8 maggio la formazione generale obbligatoria per il servizio civile regionale, che quest'anno, per quanto riguarda l'Università di Pisa, coinvolge ben 12 progetti e 66 volontari. I progetti, partiti lo scorso 12 aprile, sono stati presentati e sono gestiti e coordinati dal CISP-Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace.

I giovani, compresi tra i 18 e i 29 anni, sono impegnati nelle seguenti strutture: Sistema Bibliotecario di Ateneo, Sistema Museale di Ateneo, Museo di Storia Naturale di Calci, Orto Botanico, Centro Linguistico di Ateneo, Centro di Ricerche Agro-Ambientali "Enrico Avanzi", USID-Unità di Servizi per l'Integrazione degli Studenti con Disabilità, dipartimenti di Farmacia, di Filologia, Letteratura e Linguistica, di Ingegneria Civile e Industriale, di Scienze della Terra e di Scienze Veterinarie, Direzione Didattica e Direzione Edilizia e Telecomunicazione, Sistema Informatico Dipartimentale, Ufficio Stampa e Comunicazione, Fondazione Arpa.

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Dopo la prima positiva tornata del 2015, in cui ha accolto 29 volontari impegnati in 5 progetti, l'Ateneo pisano consolida così l'esperienza del servizio civile regionale, offrendo una straordinaria occasione formativa e valoriale a più del doppio dei giovani precedentemente coinvolti ed estendendo a nuove strutture e dipartimenti la possibilità di beneficiare delle attività dei volontari.
Questi ultimi saranno impegnati per otto mesi nell'ambito dei progetti approvati dalla Regione Toscana: avranno così l'opportunità di vivere, all’interno dell'Università, un’esperienza di alto valore formativo e di impegno civile, oltre che significativamente professionalizzante, come risulta dal fatto che alcuni giovani volontari della prima esperienza hanno colto, dopo il servizio civile e grazie a questo, delle interessanti occasioni di lavoro tuttora in corso.
Inoltre l’Università di Pisa, grazie all'attività del CISP, da anni si è attestata come polo di riferimento nazionale nell’ambito delle attività di documentazione e studio dei processi di pace, anche in relazione al servizio civile regionale e a quello nazionale.

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"In conclusione - ha commentato la professoressa Enza Pellecchia, direttrice del CISP - possiamo affermare che l'esperienza del servizio civile regionale all'interno dell'Università di Pisa si consolida come un importante punto di riferimento per la promozione dei valori di impegno civile, solidarietà, partecipazione, inclusione e utilità sociale. Inoltre rafforza l'impegno formativo delle giovani generazioni, potenziandone le capacità professionali e di inserimento lavorativo, con importanti ricadute sul territorio. Desidero dunque esprimere un sincero ringraziamento a Flavio Croce, responsabile dell'Ateneo per il servizio civile regionale, e a tutto lo staff del Cisp - Lisa Venzi, Andrea Valdambrini, Teresa Del Bravo, Laura Paoletti, Stefano Landucci - per la dedizione, la professionalità e l'entusiasmo di cui hanno dato prova anche in questa occasione. Un ringraziamento particolare a Pierluigi Consorti - precedente direttore del Cisp, che ha avviato questa esperienza - e al rettore e al direttore generale, che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno."

Danteprima”, avvio d’emozione che anticipa le celebrazioni che nel 2021 ricorderanno Dante Alighieri nell’anniversario dei 700 anni dalla morte, è un progetto ideato da Marco Santagata, docente di Letteratura italiana all'Università di Pisa, e sostenuto dal Comune di Pisa, in collaborazione con Università di Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa, Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, Fondazione Teatro di Pisa, Regione Toscana, Fondazione Blu, Museo della Grafica, Opera della Primaziale Pisana, Cineclub Arsenale. Un’immersione nella vita e nella straordinaria opera del sommo poeta, che arriva dopo il successo di “Dante Posticipato”, la rassegna 2016 pensata in continuità con le celebrazioni del 750° anniversario della nascita di Dante.

Dal 25 al 28 maggio quattro giorni di incontri, mostre, installazioni, spettacoli, passeggiate e film, introdotti dalla lectio magistralis di Luigi Blasucci e interpretati da protagonisti indiscussi della cultura italiana, con la sorpresa del concerto diretto da Nicola Piovani nello scenario della storica Piazza dei Cavalieri, sede della prestigiosa Scuola Normale Superiore e l’attesa e spettacolare esibizione dell’attore Fabrizio Gifuni, narratore di versi del Paradiso dai gironi della torre pendente, che per la prima volta nella sua storia secolare si presta ad essere palcoscenico e scenografia di un evento teatrale. Anche così Pisa si vuol confermare città dantesca.

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Giovedì 18 maggio, alle ore 17, l’evento sarà presentato all’interno del Salone del Libro di Torino, presso lo stand della Toscana, regione ospite di questa edizione, con una testimonianza esclusiva di Peter Greenaway. Interverranno il professor Marco Santagata e Andrea Ferrante, assessore alla cultura della città di Pisa.

“Voglio esprimere un grande ringraziamento a Marco Santagata – ha dichiarato l’assessore Andrea Ferrante in apertura di conferenza stampa martedì 9 maggio presso la Sala Baleari del Comune di Pisa - che oggi non ha potuto essere qui con noi (per problemi di salute) ma che rappresenta la vera anima dell’evento, ideatore di un’iniziativa tutta pisana dedicata a Dante, in grado di coinvolgere, come successe lo scorso anno con Dante Posticipato, l’intera città”.

“Questo evento – ha dichiarato il sindaco Marco Filippeschi - rappresenta un messaggio di vitalità culturale molto forte, rivolto alla sensibilità per la letteratura e per il classico che è una cifra caratterizzante della nostra città. Pisa si dimostra ancora una volta una città che continua a fare investimenti a livello culturale, dando vita ad eventi, come il concerto di Piovani e la lettura di Gifuni dalla Torre, che rimarranno nella memoria della città.”

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“Come Regione Toscana – ha aggiunto la consigliera regionale Alessandra Nardini - offriamo il nostro sostegno per la realizzazione di iniziative culturali come queste che, per la sinergia e per la rete di istituzioni coinvolte, rappresentano un modello per tutta la Toscana, un esempio di vivacità intellettuale che contraddistingue la città di Pisa nel panorama regionale”.

“Saluto con piacere questa iniziativa – ha affermato il rettore Paolo Mancarella - che rappresenta proprio la mia idea di collaborazione tra le tre università cittadine per fare eventi che si aprano al territorio e possano divulgare cultura”, dimostrando che si può fare, come ha aggiunto Emanuele Rossi della Scuola Sant’Anna “cultura spettacolare o spettacolo culturale”.

Presenti alla conferenza stampa di presentazione dell’evento anche gli altri protagonisti dell’iniziativa, Silvano Patacca direttore della programmazione Fondazione Teatro di Pisa, Antonio Capellupo del Cineclub Arsenale, Claudio Ciociola della Scuola Normale Superiore, Alessandro Tosi direttore del Museo della Grafica e Marinella Pasquinucci vicepresidente di Palazzo Blu.

Gli eventi della rassegna sono tutti ad ingresso libero ad eccezione del concerto di Nicola Piovani (per info e biglietti rivolgersi presso Teatro Verdi).

Info evento: www.danteprima.info – pagina facebook “La vita di Dante
L’hashtag scelto per raccontare l’evento è #danteprima

Il programma è scaricabile a questo link.

Cambiamenti nella distribuzione degli organismi nello spazio possono rivelare quando un ecosistema è sull’orlo del collasso. È questa la principale conclusione di uno studio condotto da un’equipe di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e apparso sulla rivista Nature Ecology & Evolution. I ricercatori hanno lavorato insieme nell’ambito del MIT-Unipi Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Ateneo pisano e del MIT di Boston.

Graduali cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l’aumento della temperatura, il sovra-sfruttamento delle risorse e la perdita di habitat, possono portare gli ecosistemi sull’orlo del collasso. Quando un ecosistema si avvicina al punto di non ritorno, diventa maggiormente sensibile a perturbazioni che altrimenti avrebbero effetti trascurabili. L’avvicinarsi di una transizione può quindi essere annunciato dal grado di propagazione di una perturbazione nello spazio, come ad esempio la diffusione di una specie in un habitat dove essa non si dovrebbe trovare; maggiore è il grado di propagazione, maggiore è la vicinanza del sistema alla soglia critica che lo separa dal collasso.

I ricercatori dell’Ateneo Pisano, insieme ad alcuni colleghi del dipartimento di Fisica del MIT, hanno presentato il primo test sperimentale in natura di questa teoria, utilizzando le foreste ‘in miniatura’ di macroalghe dell’Isola di Capraia dell’Arcipelago Toscano come sistema di studio. Lo studio ha mostrato come lo sfoltimento graduale della foresta, imposto sperimentalmente dai ricercatori, aprisse la strada all’invasione da parte di ‘feltri’ algali, specie di piccole dimensioni generalmente assenti quando la foresta è intatta. Lo studio ha mostrato come degradando gradualmente le foreste di alghe esse diventassero gradualmente suscettibili alle perturbazioni (invasione da parte dei ‘feltri’) e che il grado di propagazione di una perturbazione nello spazio aumentava con l’avvicinarsi del sistema alla soglia critica di collasso della foresta. Il punto di non ritorno, stimato in un precedente esperimento, coincide con la perdita di circa il 75% dello strato arborescente della foresta.

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“Le foreste in miniatura di macroalghe costituiscono un sistema di studio ideale - ha spiegato il professor Lisandro Bendetti-Cecchi - in quanto sono facilmente manipolabili sul campo e hanno tempi di risposta rapidi. Questo sistema di studio è costituito da due stati contrastanti e profondamenti diversi l’uno dall’altro: lo stato dominato dall’alga bruna Cystoseira amentacea (la specie che forma lo strato arborescente, 30-40 cm in altezza) e lo stato degradato dominato dai ‘feltri’ algali, costituiti dall’intreccio di alghe di piccole dimensioni per lo più filamentose. Sotto le sue fronde Cystoseira ospita e permette la sopravvivenza di numerose altre specie, in parte alghe, ma soprattutto invertebrati. La scomparsa della Cystoseira, causata dalla persistente antropizzazione, favorisce la colonizzazione da parte del feltro algale, risultando in una perdita complessiva di produttività e di biodiversità del sistema”.

In pratica, l'esperimento dei biologi dell'Ateneo pisano ha indotto una rimozione controllata della macroalga che costituisce lo strato arborescente della foresta da aree circoscritte, adiacenti ad aree precedentemente manipolate per favorire l’insediamento dei feltri. Ciò, ha permesso di valutare l'ipotesi secondo cui la capacità nello spazio di recupero del sistema da perturbazioni (la distanza a cui la foresta riusciva a bloccare la propagazione dei feltri dalla loro area di insediamento) doveva diminuire lungo il gradiente di perturbazione della foresta stessa.

“Questo studio estende il test degli indicatori precoci spaziali dal laboratorio al campo – ha spiegato Luca Rindi dell’Ateneo pisano – Studi precedenti sugli indicatori precoci sono stati condotti in condizioni controllate non permettendone l’utilizzo per ciò per cui sono stati pensati; prevedere transizioni critiche in sistemi reali. Inoltre, il recente aumento della disponibilità di dati satellitari apre nuove possibilità per applicare gli indicatori spaziali al fine di valutare lo stato di salute degli ecosistemi naturali e ottenere importanti informazioni per la gestione e salvaguardia degli ecosistemi minacciati”.

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Ne hanno parlato:
Science
Ansa
Greenreport
Terranuova

 

ImmagineMELEBrutte ma buone, sono le mele di varietà antiche, che malgrado l’aspetto superano le varietà commerciali per proprietà nutritive. È questo quanto emerge da uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna che ha paragonato le proprietà nutraceutiche di sei varietà di mele antiche (Mantovana, Mora, Nesta, Cipolla, Ruggina, Sassola) con una varietà commerciale (Golden Delicious), sia sotto forma di prodotto fresco che essiccato. I risultati della ricerca, pubblicati in un articolo sulla rivista Food Chemistry, hanno evidenziato che, anche dopo l’essiccazione, le mele di varietà antiche sono più ricche di antiossidanti rispetto alla Golden Delicious.

“Come Università di Pisa – spiega la professoressa Valentina Domenici del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale – ci siamo occupati della caratterizzazione molecolare mediante la risonanza magnetica nucleare, una tecnica spettroscopica di cui abbiamo lunga esperienza, e grazie alla quale abbiamo identificato e quantificato alcune sostanze antiossidanti: i polifenoli”.

E così, pur essendoci delle differenze, la Golden è quella che contiene sempre meno polifenoli rispetto alle varietà antiche e fra queste il primato va alla mela ‘Cipolla’. Quest’ultima, sia fresca che essiccata, ha infatti il doppio di polifenoli rispetto alla Golden, mentre le altre varietà ne possiedono una quantità maggiore, ma in modo meno marcato, dal 10% al 20%.

“Un modo per valorizzare queste mele ‘non belle’, che dal punto di vista estetico non sono certo confrontabili con quelle commerciali, potrebbe essere quindi di venderle essiccate, magari come snack o in preparazioni come il muesli”, suggeriscono i ricercatori.

“Considerato che il procedimento di essiccazione che abbiamo utilizzato è adattabile ad uso domestico e per piccole produzioni – conclude il professore Luca Sebastiani Direttore dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – questa idea potrebbe aiutare a salvaguardare i prodotti tipici locali, infatti, le sei varietà di melo che abbiamo studiato sono diffuse in Toscane e in particolare nel Casentino”.

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