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bibliostudenti web 8Raccogliendo l’invito della CRUI, con una delibera del Consiglio di Amministrazione approvata a voto unanime, l’Università di Pisa garantisce per l’anno accademico 2016/17 l’esenzione totale dalle tasse universitarie agli studenti residenti nei comuni del Lazio, delle Marche, dell’Umbria e dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 24 agosto scorso.

In particolare il provvedimento è rivolto agli studenti provenienti dai seguenti comuni: Accumoli (RI), Amatrice (RI), Arquata del Tronto (AP), Acquasanta Terme (AP), Montegallo (AP), Montefortino (FM), Montemonaco (AP), Preci (PG), Norcia (PG), Cascia (PG), Monteleone di Spoleto (PG), Montereale (AQ), Capitignano (AQ), Campotosto (AQ), Valle Castellana (TE), Rocca Santa Maria (TE).

L’esonero dalla contribuzione è riconosciuto anche agli studenti residenti nei comuni limitrofi ai suddetti, che certifichino di aver subito danni patrimoniali e personali con apposita documentazione.

Si sono concluse in questi giorni, presso il Polo fieristico di Lucca (in località Sorbano del Giudice), le prove di ammissione ai corsi ad accesso programmato che, nell’ambito dell’offerta formativa dell’Università di Pisa, vede il coinvolgimento del maggior numero di candidati. Per gli amanti della statistica, sono 5.491 i ragazzi che si sono presentati ai cinque concorsi svolti a Lucca: il 5 settembre, per Farmacia e Chimica e tecnologie farmaceutiche, i candidati iscritti erano 479; il 6 settembre, per Medicina e chirurgia, 1640; il 7 settembre, per Medicina Veterinaria, 561; il 9 settembre, per Biologia e Biotecnologie, 884; infine, il 13 settembre, per le Professioni sanitarie, si sono presentati 1927 candidati.

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Come è noto, già dallo scorso anno, l’Ateneo pisano ha deciso di trasferire le prove concorsuali al Polo fieristico lucchese perché particolarmente idoneo per accogliere e gestire un numero elevato di candidati in una struttura facilmente raggiungibile (per vicinanza all’uscita autostradale e alla stazione ferroviaria) e dotata di ampio parcheggio. La stretta collaborazione e le azioni sinergiche messe in campo dall’Ateneo e dagli organizzatori del Lucca Comics, che gestiscono il Polo, hanno consentito di far funzionare in maniera impeccabile la complessa macchina organizzativa.

«Tutto si è svolto in modo regolare e corretto – ha commentato la professoressa Rosalba Tognetti, prorettore per gli studenti e il diritto allo studio– L’afflusso ai locali e lo svolgimento dei test sono avvenuti in maniera snella e nel pieno rispetto delle regole dettate dalle disposizioni ministeriali, e i ragazzi hanno potuto affrontare le prove con procedure che hanno garantito piena trasparenza e rispetto della privacy». «Ringraziamo l'Università – sottolineano il presidente di Lucca Comics & Games Francesco Caredio - per l'importante collaborazione che ci ha fornito in ogni istante della fase organizzativa, cosa che ci ha permesso di esprimere al meglio le grandi potenzialità della struttura fieristica di Lucca, altamente versatile e adatta a questi eventi».

Tutto questo è stato possibile anche grazie a una importante innovazione tecnologica, ideata da Unipi, nelle procedure di identificazione dei candidati. Infatti, a differenza del passato in cui le attività di identificazione venivano gestite in maniera completamente manuale, quest’anno è stato realizzato un software ad hoc che consente di acquisire i dati del candidato – compreso il documento di identità – mediante la lettura di un codice a barre su una scheda che ogni singolo studente ha ricevuto nella propria casella di posta elettronica al momento dell’iscrizione, insieme a un “colore”. L’area del Polo fieristico, infatti, è stata suddivisa in settori contraddistinti da colori diversi: il giorno della prova, ai candidati è stato consegnato un braccialetto del colore a loro assegnato e, in piena sicurezza, hanno potuto svolgere il test nel loro settore.

«Questo nuovo sistema, forse per la prima volta adottato in Italia per una procedura concorsuale, ci ha permesso di perseguire quattro importanti obiettivi – ha aggiunto il dottor Luigi Rivetti, responsabile del Settore Studenti – Siamo infatti riusciti a ridurre i tempi di attesa, e quindi il livello di stress, dei candidati, abbiamo semplificato e monitorato in tempo reale le attività di identificazione, abbiamo ridotto i costi, sia in termini economici che di risorse umane, nella gestione delle attività concorsuali e, principalmente, abbiamo garantito il corretto svolgimento delle prove in un’ottica di trasparenza e nel pieno rispetto delle disposizioni ministeriali».

È scomparso a Roma Carlo Azeglio Ciampi, già decimo Presidente della Repubblica, che è stato studente del nostro Ateneo prima alla Facoltà di Lettere, conseguendo la laurea nel 1941 come allievo della Scuola Normale, e poi alla Facoltà di Giurisprudenza, dove ha preso la seconda laurea nel 1946 discutendo una tesi dal titolo “La libertà delle minoranze religiose”.

"L'Università di Pisa - ha dichiarato il rettore Massimo Augello - si stringe alla signora Franca e alla sua famiglia nel ricordare con affetto, commozione e gratitudine la figura di Carlo Azeglio Ciampi, che fin da giovane aveva sviluppato un legame forte e intenso con il nostro Ateneo, la Scuola Normale e la città di Pisa".

Anche nei periodi successivi Carlo Azeglio Ciampi è tornato spesso a Pisa e nella "sua" Università. Nel 2006 è intervenuto alla cerimonia di conferimento del "Campano d'Oro" al suo grande amico, l'ex rabbino capo Elio Toaff, partecipando con la moglie Franca a una cerimonia intensa e sentita.

Nel 2010 la ripubblicazione della sua tesi di Giurisprudenza, da parte de “Il Mulino”, ha offerto l’occasione per tornare sulla formazione economico-giuridica dell’ex presidente della Repubblica con un convegno che si è svolto nel Palazzo della Sapienza, al quale Ciampi non ha potuto partecipare di persona per problemi di salute. In quell'occasione ha voluto inviare un messaggio di saluto, nel quale ricordava "la città e i luoghi dove si è compiuta in massima parte la mia formazione culturale e umana'".

Ripubblichiamo di seguito alcune immagini relative alla cerimonia del 2006 e l'intervento dell'allora preside di Giurisprudenza, Eugenio Ripepe.

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Carlo Azeglio Ciampi, dottore in Giurisprudenza a Pisa


ciampi1Sarebbe stato davvero imperdonabile se alla pubblicazione in volume - a oltre sessanta anni di distanza - della tesi di laurea di uno studente destinato a diventare Presidente della Repubblica, non fosse stato dato adeguato rilievo nella Facoltà nella quale quella tesi fu discussa. È per questo che al saluto e al ringraziamento che rivolgo agli studiosi che hanno accettato l’invito a prendere parte a questo incontro, dedicato appunto alla presentazione di quel volume, tengo ad aggiungere un ringraziamento particolare al nostro Pier Luigi Consorti, che dell’iniziativa si è fatto carico conducendola in porto con la consueta bravura.

Inutile sottolineare che la laurea in giurisprudenza conseguita nella nostra Facoltà da Carlo Azeglio Ciampi costituisce per noi motivo d’orgoglio; anche se nessuno ignora che i vincoli di affetto e di gratitudine che legano Ciampi a Pisa riguardano in primo luogo la Scuola Normale e la Facoltà di Lettere, delle quali fu allievo a cavallo tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40, quando si laureò, appunto, in lettere. Poi la guerra, l’immane tragedia della guerra, e le vicissitudini personali ad essa legate, la scelta di campo coraggiosa - e dalla parte giusta - e infine la decisione di iscriversi alla Facoltà di giurisprudenza del giovane Ciampi, per il quale forse proprio così cominciava l’età della prosa.

Ma anche di quest’altro periodo “pisano” della sua vita, e non solo di quello della Normale e degli studi letterari, il livornese Ciampi avrebbe conservato un affettuoso ricordo, come ha dichiarato più volte, e da ultimo nel corso dell’incontro avuto qualche anno fa con i giovani della Scuola Superiore S. Anna, del quale è rimasta traccia nel “Sant’Anna News”, il bel periodico pubblicato dall’Associazione degli ex allievi della Scuola. In quell’occasione il presidente Ciampi tenne a sottolineare il debito di gratitudine che sentiva di avere nei confronti della Facoltà di Giurisprudenza di Pisa; cosa del resto perfettamente comprensibile, perché proprio agli studi compiuti per ottenere la sua seconda laurea fu in gran parte dovuta la formazione iniziale di quel mirabile bagaglio di competenze economico-giuridiche, incessantemente arricchitosi negli anni, che gli ha consentito di ricoprire in modo esemplare le altissime cariche alle quali è stato via via chiamato.

Oltre tutto, i giorni dell’immediato dopoguerra che lo videro frequentare la nostra Facoltà qui in Sapienza costituirono anche per ragioni private un periodo cruciale per il giovane ufficiale in congedo, che proprio in quel periodo “mette famiglia”, come allora si usava dire (anche se nella vita da civil servant - quale è sempre stato - di questo italiano atipico - quale pure è sempre stato - invano si cercherebbe una qualche traccia dell’italico “avere famiglia”). Un panorama di macerie, non solo materiali, alle spalle; un orizzonte fatto più di speranze che di certezze: questa l’Italia di quegli anni. E a distanza di tempo, appare quasi sorprendente che, nonostante tutto, in quell’Italia un giovane come Carlo Azeglio Ciampi abbia potuto imboccare la sua strada in salita - come sono, o dovrebbero essere, tutte le strade che portano in alto - e percorrerla fino in fondo, o meglio fino in cima, con nessun altro sostegno che quello delle sue qualità e dei suoi meriti.

Purtroppo il presidente Ciampi non può essere oggi con noi, come fino all’ultimo aveva sperato, perché i piccoli acciacchi dell’età lo hanno trattenuto a Roma. Ma ci chiede di considerarlo idealmente presente, e ha voluto rivolgerci l’indirizzo di saluto che ora vi leggo, che è assai più di un semplice indirizzo di saluto:

ciampi2Desidero innanzitutto esprimere il mio più vivo ringraziamento alle tre istituzioni accademiche pisane che hanno promosso un incontro dedicato al tema della libertà delle minoranze religiose, tema oggetto della mia tesi di laurea in giurisprudenza nel lontano 1946. L’attenzione che in questa occasione la città e i luoghi dove si è compiuta in massima parte la mia formazione culturale e umana riservano a quel mio giovanile lavoro mi onora e mi emoziona. È, per me, un riannodare legami mai spezzati; una trama in cui memorie e sentimenti si intrecciano con volti e personaggi, molti dai tratti ancora nitidissimi, altri resi più sfocati dal tempo. Popolano tutti il mondo dei ricordi che custodisco più gelosamente. A Pisa, negli anni della Normale, come ho più volte ricordato, ho appreso l’alfabeto della libertà, attraverso la lezione che Croce impartiva con le sue opere e con l’azione. A una più matura consapevolezza degli ideali di libertà e democrazia avrebbe provveduto il contatto diretto, quotidiano con i Maestri della mia stagione pisana. Lavoravo alla tesi di laurea in giurisprudenza, mentre si accendeva la discussione sui contenuti di quello che sarebbe stato l’articolo 7 della Costituzione. In proposito, più di una volta mi tornavano in mente la violenza e la villania con cui Mussolini aveva reagito, nel maggio del 1929, all’intervento del senatore Croce contro il Concordato, annoverandolo tra “gli imboscati della storia”; tra coloro che “per impotenza creatrice, non potendo cioè fare la storia prima di scriverla, si vendicano dopo diminuendola senza pudore”.Da quando mi ero avvicinato per la prima volta alla Storia d’Europa di Croce – alla sua “religione della libertà” erano passati meno di dieci anni: un tempo non lunghissimo, ma quasi un’era geologica, per gli eventi, le esperienze attraverso i quali ero passato, e con me milioni di italiani, giovani e meno giovani. Gli anni di guerra, il tempo confuso e atroce seguito all’8 settembre 1943 avevano impresso per sempre nelle nostre coscienze il sigillo della libertà, del rifiuto di ogni discriminazione, del primato della persona umana e della sua dignità sempre e dovunque. Con questi pensieri, con questi sentimenti consideratemi tra di voi, con voi, a questo incontro per il quale rinnovo ancora il mio grazie ai promotori, agli organizzatori, ai relatori e ai presenti tutti. E a tutti giunga il mio saluto più affettuoso”.

Quasi a rimarcare il carattere affettuoso del suo messaggio, il Presidente si firma informalmente Carlo Ciampi. “Consideratemi tra di voi, con voi, a questo incontro per il quale rinnovo ancora il mio grazie ai promotori, agli organizzatori, ai relatori e ai presenti tutti...”.

No, caro Presidente: siamo noi a doverle dire grazie per quello che ha fatto in tutti questi anni, per come ha rappresentato l’Italia, per quello che ha rappresentato e rappresenta per l’Italia. E grazie, da ultimo, anche per queste sue parole: per quello che ha voluto dirci, naturalmente, ma anche, appunto, per le parole adoperate per dirlo. “...La violenza e la villania con cui Mussolini aveva reagito all’intervento del senatore Croce...”: ecco, queste parole forti sono in realtà parole che danno conforto perché sono le parole di un uomo che è rimasto evidentemente immune da quella rapida mitridatizzazione che ha finito col privare molti italiani della capacità di indignarsi di fronte a ciò che non può non indignare, a cominciare dall’arroganza e dalla volgarità che sembrano diventate pane quotidiano nella vita politica e istituzionale di oggi. Grazie per aver riproposto un termine forse non a caso desueto: villania.

Ecco, anche chiamare villania la villania può essere una lezione preziosa; e così pure sottolineare implicitamente che la villania (come del resto la tracotanza, la pacchianeria, l’improntitudine) non cessa di essere tale solo perché riconducibile a un Capo di Governo che magari si era munito di ghette e cilindro al momento dell’investitura. Non solo per questo, naturalmente, ma anche per questo, grazie al presidente Ciampi. Nel leggere il suo messaggio quando lo ho ricevuto, e nel rileggerlo ora per voi, confesso che mi sono tornate alla mente certe parole dell’epigrafe dettata per i partigiani di Valenza da un poeta forse sopravvalutato ieri, ma certo sottovalutato oggi, Salvatore Quasimodo: Di questi uomini / non resti mai povera l’Italia.

Ma, se devo essere sincero, mi sono tornate alla mente con una variante: Di questi uomini / resta sempre più povera l’Italia.
 

Eugenio Ripepe

Matematici da tutto il mondo si ritroveranno a Pisa per discutere del lascito intellettuale e scientifico di Ennio De Giorgi uno dei più grandi matematici del Novecento scomparso 20 anni fa. ”A Mathematical tribute to Ennio De Giorgi” è il titolo del convegno organizzato da Luigi Ambrosio (Scuola Normale Superiore) Gianni Dal Maso (SISSA, Trieste), Marco Forti (Università di Pisa), Antonio Leaci (Università del Salento) e Sergio Spagnolo (Università di Pisa) per il Centro di Ricerca Matematica De Giorgi. I lavori si svolgeranno al Palazzo Congressi da lunedì 19 fino a venerdì 23 settembre.

Nato a Lecce nel 1928, laureatosi in matematica a Roma, dopo un breve soggiorno a Messina, nel 1959 De Giorgi fu chiamato alla Scuola Normale, dove rimase fino alla sua morte, avvenuta il 25 ottobre 1996. De Giorgi ha lasciato una traccia profonda sulla matematica del suo tempo ed in particolare è conosciuto per aver risolto uno dei problemi formulati da Hilbert agli inizi del Novecento al quale si erano dedicati per oltre mezzo secolo numerosi studiosi (fra cui anche il futuro Nobel per l'economia John Nash che lo risolse in modo indipendente e con altro metodo).

In onore del grande matematico pubblichiamo di seguito un ricordo del suo allievo e professore dell'Università di Pisa Sergio Spagnolo. Il testo fa parte di un articolo apparso su "Lettera Matematica", Springer, marzo 2016.

 

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Un ricordo degli anni ’60

La sua venuta a Pisa alla fine del 1959 era stato preceduta dalla fama del prestigiosissimo Teorema di De Giorgi - Nash (1957). Noi studenti non vedevamo l’ora che ce ne parlasse ma rimanemmo presto delusi: Ennio era già totalmente proteso verso nuove ricerche.

De Giorgi Nash 01 col

Anche le sue lezioni ci apparivano all’inizio un po’ deludenti. Non se le preparava, né si basava su libri od appunti (cosa che ha continuato a fare anche in seguito per tutti i suoi seminari) limitandosi a pensarle durante il tragitto dal palazzo del Timpano a piazza dei Cavalieri e a rifinirle nei momenti in cui, senza fretta, cancellava la lavagna. Ma attraverso quelle lezioni, al tempo stesso informali e rigorose, dove non erano infrequenti delle sviste che ci autorizzavano a guardarlo con una certa indulgente complicità, Ennio era capace di infondere la passione per la ricerca.

La Normale di quegli anni era molto diversa da quella attuale. Pur rappresentando un polo di attrazione per giovani di ogni regione, assomigliava più a un collegio che a un “centro d’eccellenza”. Gli studenti e i perfezionandi erano un centinaio; le ragazze abitavano al Timpano mentre i ragazzi erano alloggiati nel palazzo della Carovana dove trovavano posto anche la biblioteca, la mensa e gli uffici amministrativi, oltre agli studi e alcune camere dei professori.

De Giorgi montagna

All’inizio De Giorgi alloggiava alla Carovana, in una camera-studio del terzo piano affacciata su piazza dei Cavalieri; pochi anno dopo si trasferì al Timpano. Gli piaceva enormemente intrattenersi con noi studenti, nel suo studio, al tavolo di un ristorante o per le vie di Pisa, disquisendo fino a notte inoltrata su qualunque argomento.
Ci appariva un po’ strambo, con i suoi tic e quella buffa cadenza verbale, ma lo avevamo in grande simpatia. Più che un genio della matematica era per noi un piacevole compagno di gite sulle Apuane, una fonte inesauribile di ragionamenti logici e di congetture storiche.

Nel giro di pochi anni aveva raccolto intorno a sé un folto gruppo di allievi. Il suo studio in Normale era il continuo approdo di studenti, ma anche di illustri studiosi italiani, francesi o americani. Questi riversavano sulla lavagna i loro problemi mentre Ennio, seduto nella sua poltrona di cuoio con l’immancabile sigaretta in bocca, li stava ad ascoltare con un’aria che sembrava più distratta che assorta. A un certo punto si alzava di scatto, si portava alla lavagna, la cancellava minuziosamente e iniziava a riempirla delle sue ampie formule.

De Giorgi lavagna 1990 02

Era a disposizione di tutti senza distinzioni, prestando la stessa attenzione allo studente del primo anno e al matematico affermato, sempre felice di enunciare le sue congetture e le sue teorie ma anche di cogliere dagli altri qualche spunto o qualche informazione bibliografica.

Il suo studio traboccava letteralmente di carte: corrispondenza spesso mai aperta e lavori matematici che gli arrivavano quotidianamente da ogni parte del mondo. Quando le pile di carte diventavano troppo alte, qualche volonterosa segretaria prendeva l’iniziativa di trasferirle in un ripostiglio, l’anticamera del macero. Fedele al falso aforisma Scripta volant, verba manent, Ennio non consultava quasi mai libri o articoli di matematica, limitandosi a recepire le poche informazioni essenziali dalla viva voce dei suoi interlocutori. Sembrava quasi che nell’affrontare un problema egli preferisse non conoscere il confine fra le cose già note e quelle da scoprire per non porre limiti alla sua libertà di ricerca. Il ritrovare un bel teorema, anche se poi risultava già noto, rappresentava per lui una scoperta importante.

De Giorgi studio col

Un’altra caratteristica di Ennio De Giorgi era la sua modestia (dote rara nel mondo accademico) e il disinteresse ad inseguire nuovi traguardi scientifici per accrescere il proprio prestigio personale. Il suo atteggiamento verso la ricerca lo avvicina a Pascal, il filosofo da lui amato, che scriveva: Nous ne cherchons jamais les choses, mais la recherche des choses.

Sergio Spagnolo

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Si ringraziano le Edizioni Ets per le foto tratte dal volume Scripta volant, verba manent. Ennio De Giorgi matematico e filosofo.

Nelle immagini, a partire dall'alto: l’incontro tra John F. Nash e Ennio De Giorgi, avvenuto a Povo di Trento il 6 marzo 1996: tra i due, Mario Miranda; De Giorgi sulle Alpi Apuane, insieme a Sergio Spagnolo (a sinistra) e a Ettore Remiddi, seduto; De Giorgi durante una sua lezione a Trento nel 1990 e, infine, una foto che lo ritrae nel suo studio alla Scuola Normale.

Calcolatori superveloci che eseguono le applicazioni in metà tempo ed energia. E’ questo il risultato di REPARA (Reengineering and Enabling Performance and poweR of Applications), un progetto europeo del settimo programma quadro appena giunto a conclusione che ha visto la partecipazione attiva del dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa.

“Nei tre anni del progetto abbiamo sviluppato tecniche automatiche o semi automatiche per trasformare i programmi esistenti scritti in C++ standard in software equivalenti ma che realizzano consistenti risparmi di tempo ed energia quando processati su macchine moderne dotate di schede grafiche e hardware riconfigurabile”, ha spiegato il professore Marco Danelutto coordinatore del gruppo di Calcolo parallelo del dipartimento di Informatica dell’Ateneo pisano.
gruppo pisano repara
I risultati di REPARA sono stati testati sulle applicazioni di diagnostica ferroviaria (monitoraggio delle condizioni dei convogli in viaggio), di controllo industriale (rilevamento dei difetti dei prodotti), di robotica (software per visione stereo e di navigazione) e di biologia (morfologia delle proteine).

“Il risparmio di tempo permette ad esempio una maggiore rapidità di intervento in casi di problemi rilevati mediante il sistema di diagnosi ferroviaria o una miglior qualità del software di navigazione – ha aggiunto Danelutto - e d’altro canto, il dimezzamento dell’energia necessaria a svolgere un certo calcolo taglia i costi della bolletta energetica o, nel caso di dispositivi alimentati a batteria, ne raddoppia la durata”.

Oltre all’Università di Pisa, il progetto REPARA, guidato dall’Università Carlo III di Madrid, ha visto la partecipazione dell’Istituto HSR di Rapperswill in Svizzera, delle Università di Szeged in Ungheria e di Darmstadt in Germania e come industrie della ungherese Evopro e della spagnola Ixion spagnola. Nei tre anni di attività, dal settembre 2013 alla fine di agosto 2016, il progetto ha ricevuto finanziamenti dalla Unione europea per circa 2,6 milioni di euro.
In particolare, nell’ambito del progetto, il gruppo dell’Università di Pisa ha sviluppato la libreria FastFlow che permette di eseguire il codice parallelo REPARA su diversi tipi di calcolatori. Il codice della libreria, sviluppato e mantenuto sotto la direzione del dottor Massimo Torquati, ricercatore al dipartimento di Informatica, in collaborazione con l’Università di Torino, è disponibile sotto licenza open source ed è stato ed è utilizzato in altri due progetti finanziati dalla Comunità europea ai quali partecipa il gruppo di Calcolo parallelo dell’Università di Pisa.

Nella foto il gruppo REPARA pisano, da sinistra verso destra, Marco Danelutto, Massimo Torquati, Daniele De Sensi, Gabriele Mencagli e Tiziano De Matteis

La ricerca italiana in robotica è all’avanguardia e l’industria della robotica e dell’automazione sono anch’esse tra le primissime al mondo, sia nella produzione di robot e macchine automatiche, sia nel loro utilizzo. La Toscana è un polo di eccellenza della robotica. La regione vanta un sistema di ricerca in robotica attivo dai primi anni ’80, caratterizzato da una profonda interdisciplinarità e riconosciuto oggi come di assoluta valenza internazionale.

Partendo da queste considerazioni sul valore strategico della robotica e sulla presenza di una solida realtà in Toscana e in particolare a Pisa, il sindaco Marco Filippeschi, il presidente della Fondazione Arpa, Franco Mosca, professore emerito dell'Università di Pisa, e il professor Paolo Dario, direttore dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Sant'Anna, hanno presentato la prima edizione del “Festival Internazionale della Robotica”, una grande manifestazione che si svolgerà a Pisa nella settimana che va dal 7 al 13 settembre 2017.

festival robotL’elemento portante del Festival sarà un’esposizione interattiva di cui saranno protagonisti i robot nei settori della chirurgia, della riabilitazione, dell’assistenza agli anziani fragili e alle persone disabili, delle protesi bioniche, dell’interazione fisica ed emotiva fra persone e robot, della realtà virtuale, della robotica industriale di tipo collaborativo, dell’agricoltura di precisione, della robotica marina, dei droni, dell’economia circolare, della robotica per l’arte e così via. I visitatori saranno attivamente coinvolti in percorsi nei quali potranno vedere i robot in azione, toccarli e interagire con loro. Particolare attenzione sarà dedicata alle scolaresche, che saranno attivamente coinvolte in percorsi nei quali non solo potranno vedere i robot in azione e toccarli, ma potranno interagire con loro secondo protocolli di studio costruiti con criteri scientifici in condivisione/collaborazione con i responsabili scolastici.

Verranno organizzati dibattiti e tavole rotonde con la partecipazione di personalità provenienti da vari ambiti culturali, fra i quali sociologici, psicologi, filosofi, antropologi, economisti, giuristi, studiosi di etica della tecnologia, scrittori, giornalisti, artisti e designer, che discuteranno le grandi sfide etiche, sociali, legali ed economiche che l’avanzamento tecnologico e scientifico della robotica pone. Ampio spazio sarà dato alle applicazioni della robotica in area socio-sanitaria (chirurgia, riabilitazione, domotica, economia, sport e turismo nell’handicap sensoriale e motorio); nella cooperazione umanitaria (cui è dedicata un’intera giornata), in collaborazione con le più importanti organizzazioni nazionali e internazionali operanti nelle aree difficili del globo nella convinzione che il buon uso delle tecnologie e quindi anche della robotica, contribuisca a ridurre la divaricazione tra nord e sud del mondo; nell’arte e nello sport, comprese le applicazioni tecnologiche per l’handicap.

Alle problematiche dell’industria (ricerca, applicazioni, sostenibilità economica e sociale) sarà dedicata un’intera giornata.
Inoltre, saranno organizzati laboratori di robotica educativa per bambini e adulti; competizioni di robot; spettacoli teatrali con attori robot; una rassegna cinematografica; diverse esposizioni sul tema della robotica, dai fumetti ai costumi al design; una mostra fotografica, ecc., ecc.
Particolare attenzione verrà rivolta alle Università, agli enti di ricerca, alle aziende e alle startup, che avranno a disposizione spazi per presentare i propri progetti e le proprie realizzazioni.

Al percorso espositivo si affiancherà un articolato programma di attività culturali ed artistiche ideato per offrire agli ospiti (visitatori, espositori, investitori italiani e stranieri) un’importante offerta musicale con concerto Pucciniano a cura del Maestro Andrea Colombini sabato 9 al Teatro Verdi, concerto di musica etnica con il cantautore argentino Jorge Rojas domenica 10 al Giardino Scotto e concerto con il Maestro Andrea Bocelli, la Soprano Maria Luigia Borsi ed il violinista Brad Repp martedì 12 al Teatro Verdi.

Il Festival, promosso e sostenuto dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e dalla Fondazione Arpa, sarà curato dai professori Paolo Dario e Franco Mosca. L’iniziativa si avvarrà inoltre della co-promozione dall’Andrea Bocelli Foundation, della collaborazione della Fondazione Italia Giappone e del sostegno di istituzioni regionali e locali. Media partner della manifestazione sarà il Gruppo Editoriale L’Espresso, attraverso Finegil.

Il “Festival Internazionale della Robotica” di Pisa sarà un appuntamento biennale, diffuso in tutta la città, ma con sede principale presso gli Arsenali Repubblicani, con la contigua area dei Vecchi Macelli, a vocazione tecnologica, museale ed educativa. Tra le altre sedi del Festival ci saranno la Stazione Leopolda, il Giardino Scotto, il Polo Carmignani, le Logge di Banchi, la Chiesa della Spina, il Teatro Verdi e il Palazzo Lanfranchi. Sono allo studio dimostrazioni di robotica applicata alla nautica ed eventi lungo il corso dell’Arno e nel Porto di Marina.

Entro pochi giorni vi sarà il decreto del Presidente della Repubblica che, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indicherà la data del referendum sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi, fissandola in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione. Avvicinandosi il momento del voto, da più parti si è auspicato un confronto sul merito della riforma e il volume “Tu chiamala, se vuoi, revisione” (Viareggio, Edizioni La Vela, 2016) di Saulle Panizza, docente di Diritto costituzionale dell’Università di Pisa, parte da lì. 

Alcune decine di espressioni, sintetiche ma rigorose, per provare a spiegare il funzionamento delle nostre Istituzioni e i riflessi che ne deriverebbero se il referendum popolare dovesse confermare le modifiche votate dal Parlamento con la legge costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016.

Pubblichiamo di seguito l’Introduzione al Volume.

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CoverRiformaUn centinaio di espressioni, 95 per la precisione, come le tesi di Lutero, ma il riferimento numerico non è stato voluto ed è puramente casuale (anche se, trattandosi di riforma ...).

Un insieme di parole e locuzioni che costituiscono, dalla A alla Z, una sorta di dizionario istituzionale, con il quale provare a spiegare i concetti chiave della Parte II della Costituzione italiana, dedicata all’ordinamento della Repubblica e dunque all’organizzazione e al funzionamento delle nostre Istituzioni. Il tutto in un momento particolare, in qualche modo a metà strada tra il testo vigente allorché si scrive (agosto 2016) e quello che potrebbe diventare se il referendum popolare dovesse confermare le modifiche votate dal Parlamento con la legge costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016.

Su questo tentativo di riforma, che riguarda 47 articoli dei 139 di cui si compone la nostra Costituzione, 46 dei quali della Parte II, molto si è detto e scritto. Il dibattito è stato acceso, le contrapposizioni spesso laceranti, anche nella categoria cui chi scrive appartiene, quella dei costituzionalisti. Si è anche posto in dubbio, non senza ragioni, che ci si collochi all’interno del concetto di revisione di cui all’articolo 138 della Costituzione.
Da qui il titolo scelto, che non vuole avere accenti inutilmente polemici - ognuno ha diritto di formarsi la propria convinzione, così come di mantenerla o di cambiarla, possibilmente sempre senza infingimenti - ma evocare l’ispirazione in fondo tollerante alla base di quei versi.

Avvicinandosi al momento del voto, da più parti si è auspicato un confronto sul merito della riforma e il presente volume parte da lì.

Ogni concetto è spiegato, in sintesi naturalmente, alla luce dell’esperienza di quasi settant’anni di vita repubblicana. Se su di esso interviene il testo di riforma, si dà conto, evidenziandole, delle modifiche apportate, del loro significato e delle eventuali criticità.

Se il testo di riforma introduce nel tessuto costituzionale concetti nuovi (che è quel che accade per 21 delle 95 espressioni utilizzate), se ne dà conto, sempre evidenziandoli, e provando a integrarli nel corpo normativo in cui si caleranno.
Per non appesantire le spiegazioni, sono abbastanza frequenti i rinvii interni, indicati mediante il simbolo (v.), che segue l’espressione richiamata. Si è preferito, però, non inserire il richiamo in tutti i casi in cui i termini ricorrono, ma solo quando risulti di una qualche utilità nello specifico contesto.

Completano il volume una serie di indici, che permettono al lettore di muoversi rapidamente tra espressioni utilizzate, articoli della Costituzione, fonti del diritto e pronunce costituzionali richiamate.

In chi abbia già basi di educazione civica o costituzionale, il testo vorrebbe consolidarle e offrirsi come una prima interpretazione del cambiamento che potrebbe derivare in caso di prevalenza dei “sì” nel referendum. Ma anche in chi affronti questi temi senza basi pregresse, esso può auspicabilmente contribuire al formarsi di uno spirito critico, consentendo a ciascuno di farsi un’idea, quasi plastica, delle direttrici e dell’impatto del testo di riforma.

Saulle Panizza

Il direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Pisa, Roberto Romboli, e il presidente della Corte costituzionale dell’Ecuador, Alfredo Guzman Ruiz, hanno firmato a fine agosto un accordo quadro di cooperazione in materia costituzionale e di tutela dei diritti umani. La cerimonia si è svolta a Quito, la capitale ecuadoriana, nella sede della Corte Costituzionale.firma patto corte costituzionale ecuador università di pisa

Con questo accordo, che durerà tre anni e potrà essere rinnovato secondo l'interesse delle parti, il Centro di Studi e Diffusione di Diritto Costituzionale della Corte costituzionale (CEDEC) e l’Ateneo pisano mirano a promuovere la ricerca giuridica nei settori della teoria del diritto, del diritto costituzionale e dei diritti umani. La collaborazione inoltre impegna le due istituzioni a sviluppare programmi comuni di formazione e aggiornamento.

Sempre in occasione del suo soggiorno in Ecuador, il professor Romboli ha firmato altre due convenzioni, una con il Centro di studi internazionali di Cuenca, nella persona del suo presidente Stalin Bernal Tapia, l’altra con l’Università Cattolica di Cuenca rappresentata dal rettore Enrique Pozo Cabrera.

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Nella foto la firma presso la sede della Corte costituzionale a Quito, a destra Roberto Romboli, al centro Alfredo Guzman Ruiz

Edifici di età basso medievale, una vasta necropoli che risale all’epoca in cui bizantini e longobardi combattevano per il possesso della nostra penisola e poi ceramiche, monete d’argento e una piccola rarità, parte di un raffinato stampo per produrre anelli in oro o bronzo. Sono questi alcuni dei ritrovamenti emersi durante l’ultima campagna di scavo a San Genesio, borgo medievale in provincia di Pisa che un tempo si trovava lungo la via Francigena e che fu distrutto dai samminiatesi nel 1248.

La campagna si è svolta questa estate e ha coinvolto il Comune di San Miniato e l’Università di Pisa, con il professore Federico Cantini che ha diretto gli scavi condotti da un gruppo di dottori di ricerca e studenti dei corsi di laurea in scienze dei beni culturali e archeologia (foto sotto). I dati raccolti permetteranno di ricostruire l’impianto urbanistico del borgo di San Genesio nella fase di crescita economica che caratterizzò il periodo a cavallo tra XII e XIII secolo, quando doveva apparire come una serie di grandi edifici affacciati sulla “strada pisana”, che attraversava il Valdarno unendo Pisa a Firenze.scavi san genesio web

“Questa stessa strada in prossimità della pieve di San Genesio, riportata alla luce negli anni precedenti, si allargava sino a diventare una vera e propria piazza, fatta di ghiaia, dove confluiva anche la via Francigena - ha spiegato Federico Cantini - uno spazio pubblico da cui passarono, tra il X e il XIII secolo, imperatori, vescovi e i rappresentanti delle città e delle grandi famiglie signorili della Toscana, che scelsero proprio il borgo di San Genesio come sede di importanti diete e concili”.

In prossimità dell’edificio religioso è emersa poi un’area cimiteriale basso medievale (foto sotto) con decine di sepolture in una zona già utilizzata con funzione funeraria nella seconda metà del VI secolo.cimitero san genesio

“Lo scavo – ha concluso Federico Cantini - è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei proprietari dell’appezzamento di terreno su cui si svolgono le indagini, i signori Giusti e Toni, che lo hanno messo a disposizione degli archeologi, per il secondo anno consecutivo, dimostrando una non comune sensibilità verso la ricerca”.

locandina piuma copy

Per "Piuma”, la nuova opera del regista pisano Roan Johnson laureato e addottorato all’Università di Pisa, è arrivato il giorno del debutto alla 73° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il film, uno dei tre italiani in concorso, sarà proiettato questa mattina alla stampa e in serata al pubblico, con spettacoli previsti alle 19.30 e alle 20.15. L’uscita nelle sale è programmata invece per il 20 ottobre.

"Piuma” è il quarto film di Roan Johnson, scrittore, regista, sceneggiatore e autore del documentario “L’uva migliore” realizzato nel 2012 in collaborazione con l’Università di Pisa, un lavoro che ha poi ispirato film “Fino a qui tutto bene”.

La trama del nuovo film racconta di due diciottenni e una gravidanza inattesa che stravolgerà le loro vite. Il cast del film include Luigi Fedele, Blu Yoshimi, Michela Cescon, Sergio Pierattini, Francesco Colella, Brando Pacitto, Francesca Turrini, Bruno Squeglia, Francesca Antonelli, Maria Clara Alonso e Massimo Reale.

Così Roan Johnson aveva commentato la selezione del film a Venezia. «È inutile girarci intorno: andare in concorso a Venezia è un sogno per chiunque faccia cinema. Andarci con Piuma, però, ha un sapore speciale. Ho scritto questa storia con Ottavia, Davide e Carlotta per esorcizzare una grande paura che condividevamo: fare un figlio. La chiave è stata trovare una storia come quella di due ragazzi come Ferro e Cate: così siamo riusciti a prendere le giuste distanze, rendendo drammaturgico il conflitto che volevamo raccontare. E come loro, anche noi ci salveremo se giocheremo la carta della leggerezza e dell’autoironia, se al pessimismo di questo mondo rilanceremo con l’ottimismo se non della volontà, almeno dell’incoscienza e del sogno».

Roan PiumaLa trama ufficiale:
Quando arrivano le difficoltà il Samurai se ne rallegra. Forse è perché è scemo, direbbe Cate. No, risponderebbe Ferro: è che quando l’acqua sale, la barca fa altrettanto. E per Ferro e Cate saranno i nove mesi più burrascosi delle loro vite, anche se loro non hanno ancora capito la tempesta che sta arrivando: alla bambina ci penseranno quando nasce. E poi comunque devono preparare la maturità insieme al Patema e agli altri amici, il viaggio in Spagna e Marocco, vogliono pensare all’estate più lunga della loro vita, alla casa dove stare insieme, ai loro sogni di diciottenni. E a non essere pronti non sono solo Ferro e Cate ma anche i loro genitori: quelli di Ferro, che prima li aiutano e poi vanno in crisi sfiorando il divorzio; quelli di Cate, più assenti e in difficoltà di lei. Tutti alle prese, loro malgrado, con un nipote e una responsabilità in arrivo con quindici anni di anticipo. Insomma, di solito ci si mette trenta o quarant’anni per essere pronti a diventare genitori, Ferro e Cate hanno solo nove mesi. E purtroppo un figlio non ti aspetta. Tu puoi essere pronto o meno ma lui arriverà. Ma se rimani leggero come una piuma e con il cuore dalla parte giusta, allora forse ce la puoi fare.

Trailer:

 

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