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Pontecorvo

Il quaderno segreto ha una copertina rosso antico ed è composto da tanti fogli. Caratteri cirillici, un po' in inglese, in una calligrafia ordinata, precisa. Il quaderno è un inedito che è stato esposto per la prima volta alla mostra "Bruno Pontecorvo. Da Pisa a Mosca il lungo viaggio attraverso Scienza e Storia" allestita alla Limonaia di Palazzo Ruschi a Pisa. Pubblichiamo qui di seguito la relazione che il professor Rino Castaldi, docente di Fisica dell'Università di Pisa ed ex direttore dell'INFN pisano, ha presentata al Convegno di Roma "The Legacy of Bruno Pontecorvo: the Scientist and the Man", in cui ha ripercorso i primi anni della sua attività di scienziato in Russia, avendo avuto la possibilità di leggere e studiare questo documento inedito, estremamente interessante dal punto di vista storico e scientifico per la vita di questo grande scienziato.


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Nel quadro delle manifestazioni in onore di Bruno Pontecorvo nell'anno del centenario dalla sua nascita, sono stato invitato, in rappresentanza di Pisa, a presentare al Convegno che si è svolto a Roma una relazione su i primi anni della sua attività di scienziato in Russia. Nel preparare questa presentazione ho avuto la possibilità di leggere e studiare un documento inedito, estremamente interessante sia da un punto di vista storico che scientifico sulla vita di questo grande scienziato.

Tale documento è stato consegnato per essere esposto alla mostra di Pisa dal figlio maggiore di Bruno, Gil Pontecorvo, a Gloria Spandre ed Elena Volterrani in occasione di una loro visita, qualche mese fa, al Laboratorio di Dubna.

Copertina quaderno PontecorvoIl documento è un voluminioso quaderno (figura a sinistra) di appunti, idee e considerazioni che Bruno Pontecorvo scrive di proprio pugno, prevalentemente in inglese, durante il primo anno e mezzo della sua attività di scienziato presso lo "Institute of Nuclear Problems" di Dubna.

Questo documento inedito è particolarmente interessante perché anche oggi poco si sa dell'attività scientifica di Bruno Pontecorvo nei primi cinque anni della sua permanenza in Russia.

Pontecorvo infatti ai primi di settembre del 1950 fa perdere le sue tracce dopo una breve vacanza con la famiglia in Italia. Di lui, della moglie e dei suoi tre figli non si sa più niente fino al 4 marzo del 1955 quando nella sede dell'Accademia Delle Scienze di Mosca tiene una conferenza stampa spiegando ai molti giornalisti esteri presenti i motivi che l'avevano portato a prendere la decisione di vivere nell'Unione Sovietica e di diventare cittadino russo.

Il giorno dopo la stampa internazionale dà grande risalto alla notizia. Si parla con grande enfasi dello scienziato italiano che ha trafugato in Russia i segreti della bomba atomica americana e che sta collaborando alla realizzazione russa della bomba all'idrogeno.

Niente di più falso, come lui stesso ripeterà più volte in molte altre occasioni.

In questo documento credo ci sia la conferma più evidente che Bruno Pontecorvo non ha mai lavorato né contribuito alla realizzazione della bomba atomica russa ma che in Russia ha solo fatto ricerca di base in fisica delle particelle elementari.

Ma procediamo con ordine.

Bruno arriva a Mosca nell'agosto del 1950 all'età di 37 anni e a fine ottobre dello stesso anno si trasferisce con la famiglia a Dubna presso lo "Institute of Nuclear Problems" dove dal dicembre del 1949 è in funzione un sincrociclotrone che all'epoca era il più potente acceleratore di particelle esistente al mondo.

Chi è Bruno Pontecorvo come uomo e come scienziato quando decide di abbandonare tutto per andare a vivere in Russia? e quali sono i motivi per cui prende questa drastica decisione? decisione che cambierà irrevocabilmente non solo tutta la sua vita ma anche quella della moglie e dei figli.

È certamente un fisico sperimentale con una grande esperienza su i più avanzati rivelatori di particelle dell'epoca ed è al tempo stesso un fisico teorico con una conoscenza profonda delle idee teoriche che si stanno sviluppando a quel tempo sulla fisica delle particelle elementari.

È inoltre un comunista convinto che crede fermamente nella possibilità di realizzare una vera società socialista fondata su un profondo senso di giustizia e di uguaglianza.

Non deve pertanto meravigliare questa sua decisione; anzi Pontecorvo deve essere stato entusiasta di avere la possibilità di fare le sue ricerche al più potente acceleratore di particelle esistente al mondo e, per di più, di andare a vivere in una società che proclamava di voler realizzare il vero comunismo.

La sua fama di geniale discepolo di Fermi lo precede e suscita grande entusiamo tra i fisici del Laboratorio. È abitudine tra colleghi del laboratorio di chiamarsi col nome seguito dal patronimico e risulta quindi a tutti molto imbarazzante chiamarlo semplicemente Bruno, con il suo solo nome di battesimo. Il padre di Bruno si chiamava Massimo per cui decisero di chiamarlo Bruno Maximovich, nome che gli rimase per sempre.

Pagina quaderno PontecorvoInizia a lavorare al laboratorio di Dubna il primo novembre del 1950, e nella prima pagina del quaderno (figura a destra) sotto la data scritta in russo scrive in inglese una sua prima considerazione su come potrebbe essere possible valutare l'energia del fascio di neutroni che si ottiene con il ciclotrone di Dubna (Neutron production by cyclotron particles).

Nelle successive otto pagine continua a scrivere le sue idee su quali siano gli esperimenti interessanti che possono essere fatti con quell'acceleratore e quali possano essere i rivelatori di particelle da utilizzare per realizzarli.

figura3webPochi giorni dopo smette di scrivere su questo quaderno e solo alcuni mesi più tardi, il 14 settembre 1951, riprende a scrivervi capovolgendo il quaderno ed iniziando a scrivere dall'ultima pagina, la pagina numero 100 (figura a sinistra).

Ha ora finalmente deciso quale esperimento vuol fare; ora è diventato uno stimato "group leader" di un piccolo gruppo di giovani fisici e ingegneri del laboratorio con la cui collaborazione può iniziare a fare gli esperimenti che ritiene più interessanti con l'acceleratore.

Con questo primo esperimento intende studiare la produzione di mesoni pi-greco con fasci di neutroni: "Experiment on production of mesons by neutrons" titola la pagina sotto la data del 14 settembre scritta in russo e continua descrivendo in dettaglio l'apparato sperimentale necessario per realizzarlo.

Nelle pagine successive, e fino alla fine del quaderno senza ulteriori interruzioni, descrive l'attività scientifica sua e del suo gruppo riportando giornalmente i progressi di questo e di altri successivi esperimenti, annotando i conteggi della presa dati e delle misure effettuate, commentando i risultati delle analisi dei dati raccolti e scrivendo infine le bozze dei relativi articoli che verranno poi pubblicati in russo come report interni del laboratorio.

L'ultima data che si trova sul quaderno è quella del 24 marzo 1952, poche pagine prima che termini il quaderno completando di scrivere la pagina numero 9 che, come abbiamo detto, aveva parzialmente scritto nel novembre del 1950.

Con l'acceleratore di Dubna, che può accelerare protoni fino a 460 MeV e particelle alpha (un nucleo costituito da due protoni e due neutroni) fino a 560 MeV, si possono ottenere fasci accelerati sia di protoni che di neutroni coi quali è possibile studiare le proprietà dell'interazione pione–nucleone nella produzione di pioni neutri e carichi nelle collisioni nucleone-nucleone sia su bersagli di idrogeno che di nuclei complessi. L'interesse per l'epoca nella produzione di pioni con fasci di neutroni risiedeva nel fatto che, come Pontecorvo stesso sottolinea nell'articolo di questo suo primo esperimento, fino ad allora molti esperimenti erano stati fatti sulla produzione di pioni con fasci di protoni mentre poco o nulla era stato fatto con fasci di neutroni.

Questo esperimento, e altri esperimenti simili condotti tra il 1951 e 1955, confermarono che il protone e il neutrone, che ovviamente sono due particelle diverse per quello che riguarda le loro interazioni elettromagnetiche data la diversità della loro carica elettrica, non sono due particelle diverse per le interazioni forti (quelle interazioni responsabili delle forze che tengono legati i neutroni e i protoni nel nucleo nonostante la presenza della forza elettrica repulsiva delle cariche positive dei protoni) ma sono invece la stessa particella in due stati diversi di un nuovo numero quantico chiamato spin isotopico.

Pagina quaderno PontecorvoDalle pagine di questo quaderno emerge la figura di un giovane scienziato che coordina questi esperimenti e le attività del suo gruppo con competenza e grande rigore scientifico. In frequenti riunioni definisce i programmi sperimentali e assegna i compiti a tutti i membri del gruppo (figura a destra). Vladimir + Anatol. e Alex. devono finire il lavoro sull'esperimento H4 nella versione attuale e scrivere un report; Adolph deve finire il lavoro sui mesoni con metodo degli indicatori radioattivi; George deve finire il lavoro sul "duty factor" del ciclotrone... etc. etc. Spesso descrive i test e le misure da fare e come farle per verificare l'efficienza dei vari rivelatori; riporta le richieste delle ore di lavoro e le ore ottenute nell'officina meccanica del laboratorio per costruire i supporti meccanici dei rivelatori; riporta tutti i conteggi presi nell'esperimento e le tabelle dei risultati finali; e infine scrive il draft del report sull'esperimento "Production of neutral mesons by neutrons " che in questo caso riguarda lo studio della produzione con fascio di neutroni di mesoni pi-greco neutri (π0) sia su idrogeno che su nuclei complessi. È questo il draft di un report scritto in russo datato 25 settembre 1952 anch'esso fornitoci per la mostra dal figlio Gil Pontecorvo (B.M.Pontecorvo, G.I.Selivanov, RINP,1952) e che verrà poi pubblicato di nuovo, così come altri simili report interni, nel 1955 (B.M.Pontecorvo, G.I.Selivanov, Dokl.Acad. Nauk SSSR,102,253 (1955)).

Pagina quaderno PontecorvoParticolarmente interessante per capire come il giovane "group leader" Pontecorvo coordina il lavoro del gruppo è quello che scrive nel preparare quanto dirà nella riunione del 6 marzo 1952 (figura a sinistra). "In my opinion personal relations inside our group were not satisfactory" (a mio avviso le relazioni personali nel nostro gruppo non sono state soddisfacienti) scrive Pontecorvo in modo gentile ma perentorio redarguendo severamente i suoi bravi ma ambiziosi collaboratori che non collaborano in modo corretto tra loro. Era capitato molte volte che alcuni membri del gruppo avessero chiesto aiuto su problemi di elettronica a persone di altri gruppi mentre c'era all'interno del loro gruppo G.I., persona molto competente in elettronica ("There were many examples where members of our group, for example, went for advice in electronics to other group, while there exists in our group a very well qualified man in electronics G.I."). Conclude pertanto in modo deciso che questo stato di cose non è accettabile e deve cambiare radicalmente per l'interesse di tutta la produzione scientifica del gruppo("the situation was not satisfactory and we must change it radically for the interest of the total scientific production of the group").

Questo problema di garantire una buona collaborazione tra i membri del gruppo ed in particolare tra l'esperto in elettronica e gli altri fisici del gruppo è considerato da Pontecorvo un problema molto importante e pertanto scrive un documento su come pensa sia possible risolvere il problema.

Il draft di questo documento è scritto in un foglio separato e inserito tra le pagine del quaderno. Sostiene che è ormai necessario, data la complessità degli esperimenti, che lo scienziato si specializzi su particolari aspetti tecnici per quanto spiacevole questo fatto possa essere: "The specialization in science and techniques todays is a necessity, however unpleasent it may be". Propone poi la creazione di un gruppo di elettronici che sviluppino l'elettronica per tutti i gruppi sperimentali del laboratorio, ma, aggiunge poi, perché questa soluzione funzioni è necessario che sia garantito lo stesso stato sociale e lo stesso sviluppo di carriera tra le due diverse figure di ricercatori: "....absolute equality of "status" between the profession in "electronics" and the profession on "nuclear physics".

È questo un problema tutt'altro che risolto anche ai giorni nostri, anzi è un problema ancor più serio a causa della sempre maggior complessità tecnica degli esperimenti di fisica e dell'elettronica necessaria a realizzarli; anzi il problema si è esteso anche a chi nel gruppo è esperto di hardware e a chi è esperto di software. Anche in questo aspetto sociale e psicologico Pontecorvo vedeva lontano nel futuro.

pagina quaderno POntecorvoUn'altra pagina interessante, scritta addirittura in italiano, è quella in cui Pontecorvo si appunta la lista delle formule e dei calcoli che vuol discutere probabilmente in una lezione di fisica da fare ai suoi giovani collaboratori (figura a destra): "Dare formule approssimate per: 1) Masse in MeV (per) e (elettrone), mesone π, mesone μ, p (protone), D (deutone). 2) Relazione tra momento (MeV/c), Total energy (in MeV), Kinetic energy (in MeV), β (v/c). 3) Istruzioni per trovare β , momento, KE, Total energy quando si sa la massa di una particella e una di queste quantità. etc. etc." Infatti nelle tre pagine successive scrive una lista di formule di cinematica relativistica e riporta i risultati del calcolo del cammino libero medio per protoni e deutoni in rame ed alluminio per vari valori dell'energia di queste particelle.

Fin da subito si manifesta la vocazione didattica di Pontecorvo che lo porterà ad essere titolare della cattedra di fisica delle particelle elementari all'Università di Mosca e ad essere un professore tra i più amati e rispettati dai suoi studenti. Molti di loro sono oggi affermati fisici a livello internazionale e parlano di lui come di un maestro e di un didatta ineguagliabile.

Tuttavia l'interesse scientifico di Pontecorvo va ben oltre questi, seppur importanti esperimenti di diffusione di nucleoni e mesoni pi-greco su nuclei, e molte delle sue riflessioni di questi anni riguardano ancora le interazioni deboli e lo studio delle così dette particelle strane.

L'interazione debole aveva da sempre affascinato Pontecorvo, alla cui comprensione aveva dato contributi fondamentali. Nel 1947, subito dopo il famoso esperimento di Conversi, Pancini, Piccioni (Phys Rev 71 (1947) 209 ) e la sua interpretazione fatta da Fermi insieme a Teller e Weisskopf, si capisce che il mesotrone prodotto nei raggi cosmici (la nuova particella scoperta da Anderson e Neddermeyer nel 1937 ) e che oggi si chiama muone non è la particella di Yukawa che interagisce forte (il pione) perché interagisce con i nuclei dell'atmosfera in modo molto, ma molto più debole.

Dopo aver letto l'articolo di Fermi e collaboratori "The capture of negative mesotrons in matter" Pontecorvo pubblica l'articolo "Nuclear capture of mesons and mesons decay" su Physical Review (Phys. Rev. 72 (1947) 246). In questo articolo Pontecorvo osserva che le probabilità di cattura nucleare di un elettrone e di un muone sono praticamente identiche (se si tiene conto del pur grande fattore dovuto agli effetti cinematici che la diversità della massa delle due particelle comporta). Pontecorvo conclude poi l'articolo dicendo: "there exists fundamental analogy between β - processes and processes of emission and absorbtion of charged mesons" (esiste una fondamentale analogia tra i processi del decadimento β ed i processi di emissione ed assorbimento dei mesoni carichi, i muoni).

Per primo quindi Pontecorvo concepisce l'idea fondamentale dell'universalità muone-elettrone (μ−e ) nell'interazione debole, idea che è la base fondante di tutta la teoria delle interazioni deboli.

Non stupisce quindi che nei primi anni cinquanta, quando Pontecorvo è a Dubna, sia fortemente interessato al comportamento delle così dette particelle strane. Queste particelle instabili, da poco scoperte in esperimenti con i raggi cosmici (G.D.Rochester,C.C.Butler, Nature 160,855 (1947), vengono prodotte con probabilità elevata tipica delle interazioni forti e decadono invece con vite medie relativamente lunghe (10-8--10-10 sec), il che induce a pensare che le interazioni deboli siano le forze responsabili del loro decadimento. Ma perché, se queste particelle vengono prodotte nell'interazione forte dei raggi cosmici con i nuclei dell'atmosfera e quindi sono soggette all'interazione forte, non decadono con vite medie tipiche dei decadimenti forti?

Per risolvere questo problema A. Pais nel 1952 ipotizza che queste particelle strane quali il mesone K e l' iperone Λ0 debbano essere prodotte in coppia; ciò verrebbe spiegato dall'esistenza di un nuovo numero quantico, successivamente chiamato stranezza, che viene conservato nelle interazioni forti ma non nelle interazioni deboli.

Sappiamo che Pontecorvo in quegli stessi anni, come testimonia V.P. Dzhelepov l'allora direttore del laboratorio di Dubna e come afferma lui stesso in un articolo del 1955 ma con riferimento a report interni precedenti (B.Pontecorvo, JETP, 1955,vol.29,p.140, with quotations on previous papers.), predice sulla base di semplici argomenti e indipendentemente da Pais, che la produzione degli iperoni Λ debba avvenire in coppia con i mesoni pesanti (i K).

pagina quaderno Pontecorvo Nella pagina 8 di questo quaderno (figura a sinistra), scritta poco dopo il primo novembre 1950, e quindi ben due anni prima dell'articolo di Pais, Bruno Pontecorvo asserisce che la contraddizione tra l'esistenza di una particella che interagisce forte e la sua lunga vita media può essere risolta con l'ipotesi che questo tipo di particelle vengano prodotte in coppie "...there is a contradiction between the existence of a strong interacting particle and his long lifetime. This contradiction, of course, is resolved if the strongly interacting particle is produced in pair."

È questa una profonda intuizione che porta Bruno nel 1953 a proporre e realizzare un esperimento all'acceleratore del laboratorio di Dubna per verificare se la sua ipotesi è vera, e cioè che non è possibile produrre iperoni Λ0 singoli in una interazione forte tra protoni e nucleoni non essendo l'energia dell'acceleratore sufficiente a produrli in coppia con i mesoni K. I risultati dell'esperimento "The possibility of the formation of Λ0-particles in collisions of 670 MeV protons with carbon nuclei" (Baladin M.P.,Balashov B.D.,Zhukov V.A.,Pontecorvo B.M.,Selivanov G.I. Report of the Inst.for Nuclear Problem, Acad.Sci. USSR, 1954) confermarono la sua ipotesi.

Successivamente al Cosmotron di Brookhaven e al Bevatrone di Berkeley, grazie alle energie sufficientemente elevate di questi acceleratori, fu possible dimostrare che la produzione di K e di iperoni avviene in coppia, dimostrando così che l'interazione forte conserva la stranezza e che solo l'interazione debole può violare questo numero quantico in decadimenti che pertanto risultano a vita media lunga.

Queste ricerche di Pontecorvo sulle particelle strane non vengono mai, o quasi mai, citate come un suo contributo importante a quelle idee che porteranno poi allo sviluppo del modello a quarks e successivamente del Modello Standard delle particelle elementari.

Come dimostra ora quello che è scritto a pagina 8 di questo quaderno, Bruno è stato il primo ad avere l'intuizione che il comportamento contraddittorio di queste particelle strane può essere spiegato dall'ipotesi che esse vengono prodotte in coppie.

Sfortunatamente questa idea rimase nascosta in questo quaderno e in successivi report interni scritti in russo, non accessibili per molto tempo alla comunità dei fisici al di fuori dell'Unione Sovietica.

Ma c'è un'altro elemento estremamente interessante in questa stessa pagina 8 del quaderno che fa supporre che già nel 1950 Pontecorvo sospettasse che i due neutrini del decadimento del muone in elettrone e due neutrini (μ → e+2ν) fossero due particelle di natura diversa, ben dodici anni prima che questo fatto fosse provato sperimentalmente. Infatti dopo aver scritto che "a consistent picture until now would be: μ → e+2ν "(un quadro consistente fino ad oggi sarebbe che μ → e+2ν), poche righe più in basso, verso la fine della pagina, riscrive il decadimento come μ → e+ν +ν indicando i due distinti neutrini con due segni diversi.

Otto anni più tardi, nel 1958, a Dubna prende forma il progetto di costruire un ciclotrone di alta intensità capace di accelerare protoni fino a 800 MeV. È questa una buona occasione per Pontecorvo di dimostrare che i due neutrini presenti nel decadimento del μ non sono lo stesso tipo di particella così come il neutrino/anti-neutrino del decadimento dei pioni (π± → μ± + νμ/ anti-νμ ) è di natura diversa dall'anti-neutrino del decadimento β, del decadimento cioè del neutrone in protone + elettrone+ anti-neutrino. Scrive allora l' articolo "Electron and Muon Neutrino" (J.Exptl. Theoret.Phys.37 (1959) p.1751) dove propone una lunga serie di reazioni indotte da neutrini (o antineutrini) che non possono avvenire se i due neutrini sono di natura diversa, uno associato all'elettrone (νe) e l'altro associato al muone (νμ), così come lo sono i corrispondenti anti-neutrini. Sono semplici argomenti di simmetria tra i leptoni carichi (l'elettrone ed il muone che sono particelle ben diverse tra loro) e i corrispondenti leptoni neutri (i neutrini) che spingono Pontecorvo ad intuire che debbano esistere due diversi tipi di neutrini il νe e il νμ. "There are no reasons for asserting that νe and νμ are identical particles" (non c'è nessun motivo per asserire che il νe e il νμ siano due particelle identiche) asserisce nell'articolo e continua poi con una serie di considerazioni che invece favoriscono l'ipotesi della diversità dei due neutrini.

In particolare propone poi di usare un fascio di anti-νμ (ottenuto dai decadimenti dei mesoni π prodotti col nuovo potente acceleratore in progetto) per dimostrare che la reazione anti-νμ + p → e+ + n è proibita mentre la reazione anti-νμ + p → μ+ + n sarebbe possibile.

Purtroppo il progetto di Dubna di costruire un acceleratore di protoni a 800 MeV di alta intensità non andò in porto e quindi Pontecorvo non potè realizzare l'esperimento.

Un simile esperimento fu invece realizzato tre anni più tardi al Brookhaven AGS da G. Danby et al. (Phys. Rev. Lett. 9 (1962) 36) e fu dimostrato che in effetti νe ≠ νμ .

Per questa scoperta L.M.Lederman, M.Schwartz and J.Steinberger furono insegniti del Premio Nobel nel 1988.

Come riconoscimento che fu Bruno Pontecorvo ad avere avuto per primo l'intuizione di questo importante fatto fisico e per aver proposto per primo un esperimento per dimostrarlo, sulla lapide della sua tomba è stata incisa l'epigrafe νμ ≠ νe .

Quando nel 50 arriva in Russia ha già dato contributi decisivi per la comprensione di questa elusiva particella battezzata da Fermi "neutrino". Nel 1945, quando Pontecorvo era in Canada al Chalk River Laboratory aveva proposto un metodo geniale per rivelare i neutrini, cosa che all'epoca si riteneva impossibile.

Nel 1934 Bethe e Peierls (Nature 133, 689, 1934) avevano valutato che i neutrini, a causa della loro bassissima probabilità di interagire con la materia, potevano penetrare ben 10+16 Km (corrispondenti a ~1000 anni luce) di materia solida prima di interagire o, equivalentemente, che solo un neutrino su 10+11 neutrini avrebbe interagito nell'attraversare la terra da una parte all'altra (avevano calcolato un valore della sezione d'urto σ < 10-44 cm2 ). Concludevano poi il loro articolo affermando che è assolutamente impossibile rivelare direttamente i neutrini prodotti in trasmutazioni nucleari: "it is therefore absolutely impossible to observe processes of this kind with neutrinos created in nuclear trasformations".

Nel 1945 Pontecorvo, con un'idea assolutamente geniale, in un Report Interno dei Laboratori di Chalk River ("On a method for detecting free neutrinos", Chalk River, 1945, P.D.-141) sostiene invece che rivelare direttamente il neutrino è possibile nonostante la sua infinitesimal probabilità di interagire con la materia. Un anno dopo, in un secondo Report ("Inverse β process", Chalk River, 1946, P.D.-205) di nuovo propone di rivelare il neutrino col così detto processo inverso del decadimento beta, il processo cioè in cui un neutrino interagisce con un neutrone di un nucleo di carica Z, il neutrone si trasforma in un protone con l'emissione di un elettrone, e conseguentemente il nucleo diventa radioattivo con carica Z+1. In questo rarissimo processo (di probabilità piccolissima come calcolato da Bethe e Peierls) Pontecorvo stesso asserisce che l'emissione diretta del singolo elettrone in pratica non è rivelabile: "it is true that the actual β transition involved, i.e., the actual emission of a β particle in process ν+Z → β-+Z+1 is certainly not detectable in practice", ma aggiunge anche che è possibile rivelare gli atomi radiattivi prodotti nell'irraggiamento con neutrini di una grande quantità di materiale opportunamente scelto grazie alle differenti proprietà chimiche della nuova sostanza radiattiva che viene prodotta: "However, the nucleus of charge Z+1, which is produced in the reaction may be (and generally will be) radioactive with a decay period well know.....The essential point, in this method, is that radioactive atoms produced by an inverse beta-ray process have different chemical properties from the irradiated atoms. Consequently it may be possible to concentrate the radioactive atoms from a very large irradiated volume."

Pontecorvo nel suo articolo suggerisce poi di usare la reazione ν+37Cl → 37Ar+e-; di irraggiare quindi una grossa quantità di Clorine (un materiale molto comune spesso usato come smacchiatore) con un'intensa sorgente di neutrini, di separare successivamente l'Argon-37 radiattivo prodotto e rivelare poi la cattura di un elettrone da parte del nucleo di Argon-37 che ritorna Cloro-37 (il nucleo da Z+1 ritorna a Z) misurando l'elettrone (o il raggio X) emesso dall'atomo Cloro-37 eccitato che torna allo stato fondamentale.

pagina quaderno PontecorvoÈ a questo metodo di rivelazione diretta dei neutrini a cui chiaramente si riferisce Pontecorvo quando, alla fine del 1951 nella pagina n. 76 del quaderno, commenta alcune delle attività svolte dal suo gruppo durante l'anno che è appena terminato (figura a sinistra).

Inizia la pagina scrivendo in alto a destra proprio la reazione Cloro-Argon (ν+37Cl → 37Ar+e-) che aveva proposto di usare nel suo articolo del '46; subito prima scrive anche quella distanza astronomica di 10+16 Km che i neutrini secondo i calcoli di Bethe e Peierls possono percorrere nella materia prima di interagire. Mi immagino che Pontecorvo nello scrivere questa enorme distanza stia valutando quanto grande debba essere la quantità di Clorine necessaria per rivelare una così elusiva particella come il neutrino.

Scrive poi che durante l'anno, in un seminario, è stato discusso nel gruppo il problema di rivelare direttamente i neutrini e aggiunge che la conclusione è stata che ormai non è più troppo remota la possibilità di avere i mezzi necessari per realizzare l'esperimento; e su questo è stato scritto un breve report: "At the seminaire a method was discussed the problem of the detection of free neutrinos,......... The conclusion is that such possibility is not too far from present day facilities. A short report on this subject was written".

È evidente da questa pagina che già alla fine del 1951 Pontecorvo pensa di essere ormai in grado di rivelare il neutrino. Sarebbe veramente interessante poter trovare lo "short report" a cui si riferisce per capire come e dove ritenesse possibile fare questo esperimento in Russia.

Sfortunatamente questa possibilità per lui non si concretizzò mai, forse perché, come testimonia il fisico russo S.S.Gershtein, gli era perfino negato l'accesso ai reattori nucleari che, come Pontecorvo aveva scritto nel suo articolo, sembravano essere la sorgente di neutrini più promettente per l'esperimento.

Tre anni più tardi, nel 1954, R. Davis cercò di utilizzare per la prima volta questo metodo esponendo 3900 litri di Clorine al reattore nucleare di Brookheven; successivamente espose ben 11.400 litri di Clorine al più potente reattore nucleare di Savannah River senza riuscire a rivelare la reazione Cloro-Argon. Fu questa la prima indicazione sperimentale che i reattori nucleari sono sorgente di antineutrini e non di neutrini.

L'anno prima, nel 1953, F. Reines and C.L.Cowan Jr. avevano già iniziato ad utilizzare, come aveva proposto Pontecorvo nel suo articolo, i reattori nucleari come intensa sorgente neutrinica. Finalmente, nel 1960, riuscirono a rivelare direttamente in maniera inequivocabile gli antineutrini che venivano emessi dal reattore di Savannah River anche se con una tecnica di rivelazione diversa da quella proposta da Pontecorvo.

Per questa scoperta, nel 1995, purtroppo dopo la morte di C.L. Cowan Jr., F. Reines fu insignito del Premio Nobel.

Pontecorvo, sempre nel suo articolo del '46, aveva proposto anche il sole come possibile sorgente per realizzare l'esperimento per rivelare i neutrini. Venti anni più tardi R. Davis utilizzò proprio questo metodo per rivelare i neutrini emessi dal sole istallando un rivelatore di 378.000 litri di Clorine nella miniera di Homestake nel South Dakota e scoprendo così un vistoso deficit nel flusso dei neutrini rispetto al flusso che ci si aspettava fosse emesso dal sole. Nasce così il famoso problema del deficit dei neutrini solari che proprio Pontecorvo, nel suo famoso articolo "Inverse beta processes and non-conservation of lepton charge" (J.Exptl. Theoret. Phys, 34, 247 (1958)), aveva previsto più di dieci anni prima con quella che è certamente stata la sua più grande e ardita intuizione: l'oscillazione dei neutrini. Nell'articolo asserisce infatti che tale fenomeno doveva essere certamente osservabile almeno su distanze astronomiche come la distanza terra-sole: "...it will certainly occur, at least, on an astronomic scale".

Nel 2002 R. Davis fu insignito del Premio Nobel.

Appare chiaro che Pontecorvo, da quello che scrive in questa pagina del quaderno, avrebbe potuto e voluto fare questi esperimenti già nel 1951 se solo avesse avuto la possibilità di accedere alle risorse che riteneva che fossero ormai disponibili in Russia.

Credo quindi che dalla testimonianza di questo quaderno risulti ancor più evidente, se mai ci fossero stati dei dubbi al riguardo, che Bruno Maximovich Pontecorvo avrebbe meritato più di un Premio Nobel. Naturalmente fu insignito dei più prestigiosi riconoscimenti dell'Unione Sovietica: nel 1963 gli fu assegnato il Premio Lenin e nel 1964 divenne membro dell'Accademia delle Scienze dell'Unione Sovietica.

Purtroppo l'esser vissuto in Russia, a Dubna, e il non aver avuto quindi a disposizione acceleratori di particelle sufficientemente potenti, né aver avuto accesso ai reattori nucleari russi, né aver avuto le risorse necessarie per costruire i necessari apparati sperimentali gli hanno impedito di concretizzare le sue profetiche idee teoriche in altrettanti esperimenti di successo, esperimenti che hanno invece permesso a molti altri fisici di essere insigniti del Premio Nobel.

Rino Castaldi 

Ringraziamenti:
Desidero ringraziare Gloria Spandre per l'aiuto che mi ha dato nel leggere e interpretare le pagine del quaderno. Ringrazio anche tutti gli altri organizzatori della mostra di Pisa e in particolare Vincenzo Cavasinni, Marco Maria Massai ed Elena Volterrani per avermi reso disponibile questo documento.

 

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L'attuale Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, ha recentemente ricordato che programmi come Horizon 2020 ed Erasmus+ avranno il compito di far ripartire la crescita dell'Unione europea e invertire la direzione della crisi attraverso l'investimento in ricerca, istruzione e integrazione. Nel suo discorso sullo stato dell'Unione Barroso ha infatti dichiarato: "Horizon 2020 ed Erasmus+ sono diventati parte integrante del nostro budget allo scopo di indirizzare il prossimo settennato (2014-2020) verso il ritorno alla crescita".
 

horizon 2020 Horizon 2020 è il nuovo programma dell'Unione Europea per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione, che va a sostituire il VII Programma quadro.
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Le iniziative dell'Università di Pisa


IsaacsAllo scopo di informare, incentivare e favorire la partecipazione dei docenti e dello staff - oltre che dei propri studenti - alle due iniziative europee, l'Università di Pisa mette a disposizione competenze ed uffici in grado di informare e guidare gli interessati nella conoscenza dei diversi programmi.

Inoltre il rettore Massimo Augello ha recentemente nominato un suo delegato per i Programmi europei – la professoressa Ann Katherine Isaacs – che, lavorando a fianco dei professori Alessandra Guidi, Roberto Barale, Paolo Ferragina e Marco Guidi – rispettivamente prorettori per l'Internazionalizzazione, la Ricerca, l'Innovazione e la Promozione dell'internazionalizzazione – promuoveranno politiche e azioni mirate alla crescita di questo specifico settore.

Partecipare ai bandi
L'Università di Pisa intende far crescere significativamente il numero di proposte presentate dai propri ricercatori, facendo emergere le potenzialità che, senza gli adeguati finanziamenti, rischiano di non potersi esprimere, data anche la diminuzione dei programmi nazionali a favore della ricerca.

L'Ateneo intende inoltre promuovere l'elaborazione e la presentazione di progetti innovativi nel settore della formazione e mobilità, come i nuovi "partenariati strategici" e le "alleanze della conoscenza".

Per raggiungere questi obiettivi, offrirà un supporto tecnico all'individuazione dei bandi appropriati e alla formulazione delle proposte: questo servizio sarà affidato a una specifica Unità dell'Ufficio Ricerca e una nuova Sezione per la formazione e mobilità nell'area dell'Internazionalizzazione. Nel corso dell'anno saranno inoltre organizzati incontri informativi per le varie aree disciplinari.
 

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Contatti:
Prof.ssa Ann Katherine Isaacs
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Per Horizon 2020 rivolgersi a:
Direzione Ricerca e Internazionalizzazione
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tel. 050 2212594

Per Erasmus+ rivolgersi a:
Direzione Ricerca e Internazionalizzazione
email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
tel. 050 2212157

 

 

 

 


 

delegazione KazakistanGiovedì 12 dicembre una delegazione di rappresentanti di alcune università del Kazakhstan ha fatto tappa a Pisa per una visita ufficiale. Gli ospiti, accompagnati dalla coordinatrice nazionale TEMPUS per il Kazakhstan Shaizada Tasbulatova, sono stati accolti al rettorato da Alessandra Guidi e Marco Guidi, rispettivamente prorettore per l'Internazionalizzazione e la Promozione dell'internazionalizzazione.

Da alcuni giorni la delegazione è in visita ufficiale presso le migliori università italiane per vagliare e approfondire le possibilità di cooperazione particolarmente nell'area medica, economica, della comunicazione e dei trasporti e dell'ingegneria. Gli ospiti kazaki hanno già visitato le università di Milano (Statale, Bicocca e Politecnico) e Firenze e, dopo Pisa, proseguiranno con la Sapienza di Roma, dove poi saranno accolti presso l'Ambasciata del Kazakhstan per un ricevimento organizzato in occasione del giorno della loro festa dell'indipendenza.

delegazione KazakaTEMPUS è un programma finanziato dall'Unione europea per sostenere la modernizzazione dell'istruzione superiore nei paesi partner dell'Europa orientale, dell'Asia centrale, dei Balcani occidentali e della regione del Mediterraneo, principalmente attraverso progetti di cooperazione tra università.

L'Università di Pisa coordina e partecipa in importanti progetti TEMPUS in Asia Centrale, quali TuCAHEA e ora UZHELTH e per questo motivo all'Ateneo è stata affidata l'organizzazione della visita italiana degli accademici kazaki.

Dal 2014 le attività attualmente previste da TEMPUS faranno parte del programma Erasmus+.


Marco Guidi con Shaizada Tasbulatova 

phoqusEntro il 6 gennaio è possibile partecipare al bando per il conferimento di 13 borse di dottorato di circa 38.000 sterline annue bandite nell'ambito del progetto Europeo Marie Curie PHOQUS, un programma coordinato dall'Università di Dundee (UK) che coinvolge 19 partner europei, tra cui 10 partner industriali e 9 partner accademici, incluso il dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa. Le borse offriranno ai giovani laureati l'opportunità di partecipare a un vasto programma di formazione interdisciplinare, con periodi di permanenza presso i partner industriali o accademici del Consorzio.

Le borse verranno conferite nell'ambito del progetto Europeo Marie Curie PHOQUS, un programma di dottorato della durata 3 anni, rivolto a giovani e brillanti laureati. Il programma è finalizzato a facilitare la crescita di giovani ricercatori con profilo altamente interdisciplinare, basato sull'integrazione di discipline quali le Scienze della Vita, Medicina, Fisica e Fotonica, nell'ambito dello studio di nuove metodologie per l'imaging in vivo.

I principali obiettivi della PHOQUS sono formare una nuova generazione di scienziati eccellenti nelle Scienze della Vita e nelle Scienze Fisiche, abbattendo le barriere culturali storicamente esistenti tra questi due differenti settori disciplinari, e sviluppare nuovi strumenti per la fotonica, favorendo il progresso della progettazione e sviluppo di strumenti più efficaci, piccoli e convenienti. Tutto questo deve avvenire utilizzando questi nuovi strumenti per indagare le dinamiche cellulari e molecolari che guidano il processo di divisione cellulare, attraverso anche l'impiego di tecniche di imaging innovative per studiare il ruolo e il comportamento delle cellule durante lo sviluppo embrionale e la progressione delle malattie.

I dettagli completi del programma e le informazioni su come partecipare al bando sono disponibili all'indirizzo www.phoqus.eu. Le borse di studio sono aperte a ricercatori che non abbiano risieduto o avuto la loro attività principale nel Regno Unito per più di 12 mesi negli ultimi 3 anni precedenti l'assunzione.

Ne hanno parlato: 
Nazione Pisa
Tirreno Pisa 
StampToscana.it
Controcampus.it 
gonews.it 
PisaInformaFlash.it
 

Logo AltmetricSecondo la Altmetric 2013 Top 100 è uno degli articoli scientifici che ha avuto maggiore impatto sul web, in particolare nei blog, nelle riviste on line e nei social media, piazzandosi al 60° posto a livello mondiale. Si intitola "Introito calorico e consumo alcolico inversamente correlati ai parametri del sonno in una popolazione di soggetti obesi" e descrive lo studio frutto di una collaborazione tra l'endocrinologia pisana e il National Institutes of Health (NIH) di Bethesda, negli Stati Uniti, pubblicato a gennaio 2013 sulla rivista "Nutrition & Diabetes".
 

Santini e GalliAl centro della ricerca l'analisi del legame tra le caratteristiche del sonno e le abitudini alimentari, inclusa la tendenza al consumo di alcolici, in una popolazione di soggetti obesi che dormono abitualmente poche ore per notte. I ricercatori pisani autori dello studio sono Ferruccio Santini, associato di Endocrinologia all'Università di Pisa, Giulia Galli (nella foto, con il prof. Santini), all'epoca dello studio specializzanda, Paolo Piaggi, ingegnere allievo del professor Alberto Landi, del dipartimento di Sistemi elettrici e automazione che collabora da tempo su temi legati alla fisiopatologia dell'obesità, e l'illustre professor Aldo Pinchera, scomparso lo scorso anno. Al NIH di Bethesda ha collaborato allo studio Giovanni Cizza, docente che si è specializzato Pisa negli anni '80, oggi ricercatore affermato negli Stati Uniti.

aAltmetric data flow

Altmetric è una start up inglese la cui missione è tracciare e analizzare sul web tutte le attività intorno alla letteratura scientifica, misurare quanto è stato menzionato un articolo in rete, l'attenzione che ha ricevuto sui social media, l'impatto che sta avendo al di là delle tradizionali citazioni. Secondo il report di Altmetric, l'articolo dei ricercatori pisani è comparso più volte nei blog di scienza ed è stato menzionato in ben 601 tweet. E in effetti i risultati presentati dallo studio sono di grande rilievo e interesse, considerando l'elevata prevalenza di obesità e alterazioni del sonno nel mondo moderno, in particolare nella popolazione degli Stati Uniti di America.
 
"Con la nostra ricerca abbiamo verificato che, nei soggetti obesi, la ridotta durata del sonno e la presenza di apnee del sonno sono correlate a un aumento dell'introduzione calorica, con predilezione per i cibi grassi, e a un maggior consumo di alcool – spiega il professor Santini – In particolare è stata effettuata una valutazione trasversale su una popolazione di 118 soggetti obesi di un'età media di 40 anni, tra cui 91 donne pre-menopausa e 27 uomini.

Il diario alimentare, tenuto per 3 giorni consecutivi, è stato usato per valutare l'apporto calorico, la composizione dietetica in macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine), l'assunzione di alcool e di caffeina. La durata del sonno è stata valutata mediante actigrafo da polso e l'indice apnea/ipopnea è stato ottenuto mediante lo studio notturno della respirazione. "I soggetti che dormivano in media 6 ore per notte consumavano mediamente intorno alle 2000 calorie per giorno – aggiunge Santini - La durata del sonno e l'apporto calorico risultavano inversamente correlati e per ogni riduzione di 30 minuti della durata del sonno si osservava un aumento del consumo calorico di circa 83 calorie al giorno".

Ne hanno parlato: 
Tirreno Pisa
gonews.it 

bonaccorsi_SenatoSi è tenuto martedì 10 dicembre, nella sede del Senato di Palazzo Madama, l'incontro sul tema "Scienza, innovazione e salute". L'iniziativa, a cui hanno partecipato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha affrontato temi che vanno dalla biomedicina alla fisica, dagli investimenti in ricerca al rapporto tra cultura umanistica e cultura scientifica e tra scienza e libertà. L'obiettivo primario è quello di ripristinare un utile dialogo tra il mondo della cultura scientifica e il mondo della politica e delle istituzioni.

All'incontro ha preso parte il professor Andrea Bonaccorsi, docente di Ingegneria economico-gestionale dell'Ateneo e componente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, che ha tenuto una relazione dal titolo "Conviene investire in ricerca?".
Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento del professor Bonaccorsi.

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Conviene investire in ricerca?

In momenti di crisi economica e in presenza di un elevato debito pubblico anche la spesa per ricerca viene assoggettata alla dura disciplina dell'austerità. Le decisioni del governo e del Parlamento sono costrette a misurarsi con la ristrettezza delle risorse e quindi a porre di fatto, al di là della formalità, domande brutali: perché assegnare risorse alla ricerca a preferenza di altri settori della vita pubblica? Una volta assegnate le risorse, è possibile garantire un uso efficiente?

In questo intervento intendo offrire alla riflessione dei parlamentari alcune acquisizioni della ricerca economica sul ruolo della ricerca nelle società avanzate e sui principi di fondo con i quali finanziarla e gestirla. Accetterò quindi un terreno di gioco economico, pur sapendo che vi sono anche fondamentali motivazioni extra-economiche (culturali, sociali, di crescita della coscienza civile e delle istituzioni democratiche, di qualità della vita) per sostenere la ricerca.

Primo: investire in ricerca conviene
Assumendo un punto di vista economico, la spesa pubblica in ricerca deve essere considerata una spesa per investimento, non una spesa corrente. Infatti per definizione la ricerca produce effetti differiti nel tempo e presenta quindi tutte le caratteristiche della spesa per investimenti. La domanda economicamente rilevante è dunque: quanto rende la spesa in ricerca?

La ricerca può generare direttamente un ritorno economico. Questo effetto è evidente per la ricerca privata e si può misurare in riferimento ai profitti aggiuntivi che le imprese ottengono dai nuovi prodotti (innovazione di prodotto) e dalla riduzione dei costi e dal miglioramento della qualità (innovazione di processo). Anche per la ricerca pubblica è possibile identificare un ritorno economico diretto, ad esempio sotto forma di licenze sui brevetti delle università o di idee di ricerca che si trasformano in prodotti commerciali attraverso l'attività delle spinoff companies. E tuttavia l'esperienza di tutti i paesi avanzati suggerisce che l'impatto diretto è trascurabile. Persino nel caso della NASA è stato stimato che l'impatto diretto, in termini di prodotti che non si sarebbero mai realizzati senza la ricerca svolta internamente, era intorno al 10% della spesa, un livello chiaramente insufficiente a giustificare l'investimento. Quindi è un errore cercare la giustificazione economica della spesa in ricerca nell'impatto diretto. Questa è una prima lezione importante.

Quello che conta è l'effetto economico indiretto, che si manifesta in due dimensioni principali: gli spillover di conoscenza e la creazione di capitale umano.

Gli spillover sono i flussi di conoscenza che vengono generati dalla ricerca e che circolano nel sistema economico trovando applicazioni in settori anche molto lontani e con tempistiche imprevedibili. La telefonia cellulare non sarebbe mai nata senza la trasformata veloce di Fourier (FFT) e le banche non gestirebbero oggi in sicurezza l'home banking senza sistemi basati su una delle parti più astratte della matematica, la teoria dei numeri. Ma nessuno, nemmeno gli stessi ricercatori, poteva prevedere queste applicazioni.

La buona notizia è che oggi disponiamo di una stima di quanto valgono questi spillover in termini economici. Da alcuni decenni gli economisti hanno cercato di misurare non solo gli effetti diretti ma anche gli effetti indiretti, con varie tecniche di rilevazione, e poi, attraverso metodi finanziari che tengono conto del tasso di sconto, hanno sintetizzato le misure in un numero, chiamato tasso di rendimento. L'idea è semplice: un tasso di rendimento del 20% significa che per ogni 100 euro di investimento si riceve un flusso netto di 20 per ogni anno di vita dell'investimento. Il tasso di rendimento può quindi essere confrontato con quello di altri investimenti pubblici. Sebbene gran parte degli studi si siano occupati del rendimento della ricerca privata, in quanto l'impatto è maggiormente misurabile, vi sono anche importanti studi sull'impatto della ricerca pubblica.

La seconda buona notizia è che una volta misurato, questo tasso di rendimento è largamente superiore a quello di altri investimenti, sia pubblici che privati. Investire in ricerca conviene!

Alcuni degli studi sull'impatto economico della ricerca pubblica si soffermano su tre indicatori:
- La quota di innovazioni derivante dalla ricerca pubblica
- Il beneficio complessivo derivante dall'investimento in ricerca pubblica per tutta la durata dei loro effetti (da pochi anni a 20-25 anni)
- Il tasso di rendimento annuale.

Tutti gli studi confermano un impatto elevato; laddove si sia stimato il tasso di rendimento si ottengono valori compresi tra il 20 e il 50%. Ciò significa che, tenendo conto di tutti gli effetti diretti e indiretti, l'investimento si ripaga in 2-5 anni. Si tratta di tassi nettamente superiori ad altre forme di investimento pubblico.

La seconda forma di effetto indiretto è data dal capitale umano. Le istituzioni che producono ricerca producono anche, inscindibilmente, capitale umano qualificato. Quanto vale l'investimento in istruzione superiore? Anche in questo caso numerosi economisti si sono applicati in esercizi di stima, misurando l'aumento di reddito nell'intera vita lavorativa che è associato ai titoli di studio superiori (laurea o titoli post-laurea). Le stime più frequenti si attestano intorno ad un tasso di rendimento privato del 15-20% annuo, ed un tasso di rendimento sociale nello stesso range, anche se in genere più basso in quanto lo Stato sostiene una quota elevata della spesa. Anche in questo caso, si tratta di un rendimento superiore al costo del capitale e al livello medio degli investimenti industriali.

bonaccorsi1Secondo: la ricerca si (auto)governa attraverso il merito
La seconda evidenza risponde ad una domanda che in sede politica viene spesso legittimamente avanzata: posto che il risultato della ricerca è in gran parte immateriale e poco visibile, come evitare che i finanziamenti vengano allocati in modo inefficiente? Come evitare che il legislatore e il decisore pubblico siano indotti a finanziare attività che rientrano nell'interesse dei ricercatori, ma non della società? In altre parole, anche ammesso che si debba investire, come controllare l'allocazione dell'investimento tra i ricercatori?

Anche qui l'analisi economica ha fatto una scoperta interessante, ovvero che la produttività dei ricercatori è molto differenziata. L'evidenza è robusta. Se prendiamo i ricercatori più produttivi, ad esempio il top 1% dei ricercatori più citati al mondo, e li confrontiamo con quelli meno produttivi, scopriamo che non stanno su una retta che scende dolcemente, ma su una curva molto ripida. In altre parole, tra il primo 10% e l'ultimo 10% la differenza è enorme, assai più marcata di quella che si ha in altre attività professionali. In gergo tecnico, è in azione una legge di potenza.

Per quanto disturbante questa scoperta possa essere per il proprio ego, gli scienziati ci sono abituati, competono fieramente tra loro ma allo stesso tempo tributano con generosità i riconoscimenti ai loro colleghi più produttivi. Tra le ragioni che spiegano queste grandi differenze vi è il fatto che i ricercatori più brillanti arrivano a scoperte, a volte anche fondamentali, che aprono interi nuovi settori di ricerca. Più in generale, i ricercatori che acquisiscono maggiore visibilità internazionale attraggono maggiori finanziamenti, attirano gli studenti di dottorato migliori, creano laboratori, collaborano con i colleghi più stimolanti. Se giungono a scoperte importanti da giovani questi effetti sono ancora più pronunciati. Cumulando nel tempo gli effetti si giunge alle ampie differenze osservate empiricamente. Se poi i ricercatori produttivi si trovano insieme ad altri altrettanto di talento, allora nascono istituzioni (laboratori, istituti, dipartimenti) che possono mantenere elevati livelli di qualità scientifica anche per molti decenni.

L'implicazione di questa scoperta è molto chiara: la ricerca va sempre (sempre) governata con il merito. L'unica moneta che ha valore nella comunità scientifica è il riconoscimento del merito scientifico. Ciò significa due cose: che nemmeno un euro deve essere speso senza una rigorosa valutazione ex ante, sulla base della peer review, e che tutte le attività di ricerca (non solo quelle vigilate dal MIUR) dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad una valutazione ex post.

Questa è anche una garanzia per il denaro pubblico. Se la spesa in ricerca viene allocata secondo criteri di merito, allora il Parlamento sa che non sarebbe possibile fare meglio, perché le risorse andranno proporzionalmente a coloro che possono utilizzarle nel modo più produttivo. Seguendo la traccia del merito, le comunità scientifiche si auto-organizzano, trovando al proprio interno le regole di funzionamento che massimizzano l'impatto positivo sulla società.

Ed è importante richiamare a questo Parlamento il fatto che la comunità scientifica italiana nel suo insieme, sia nelle università che negli enti di ricerca vigilati dal MIUR, si è appena sottoposta ad una valutazione che ha coinvolto tutti i ricercatori senza eccezione alcuna, e che ha portato a risultati trasparenti, consultabili in rete e confrontabili fin nei minimi dettagli. Parliamo della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) realizzata dall'ANVUR. Sulla base di questa valutazione verrà allocato il 66% della quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario per le università, a sua volta pari al 13,5% del Fondo. Nessuna amministrazione dello Stato si è sottoposta ad un esercizio simile per ampiezza, copertura, rigore di metodo e trasparenza, nonché per impatto sul finanziamento. Invito a riflettere su cosa potrebbe accadere se altre parti della Pubblica Amministrazione venissero sottoposte ad una valutazione esterna di questa portata.

Non potrebbe esservi controprova migliore del fatto che i ricercatori sono quasi per costituzione pronti a sottoporsi al giudizio del merito. Ciò nonostante è onesto riconoscere che permangono ancora tracce, talora consistenti, di vecchie abitudini orientate a favorire i legami di appartenenza e di cordata, nella opacità dei criteri di giudizio. Ma occorre dire con assoluta chiarezza che la strada del merito è tracciata ed è irreversibile.

Terzo: i ricercatori sono più produttivi da giovani
Veniamo ad una ulteriore acquisizione della analisi economica della scienza, che va sotto il nome di ciclo di vita degli scienziati. Si è osservato che la produttività dei ricercatori diminuisce con l'anzianità. L'intuizione è la seguente: nel produrre risultati scientifici i ricercatori "investono" nel proprio capitale umano. Mano a mano che si avvicinano alla fine dell'attività accademica investono sempre di meno, perché sanno che non potranno sfruttare i risultati. Questo effetto è stato trovato su tutti i campi scientifici, con poche eccezioni. Naturalmente vi sono singoli scienziati che hanno una straordinaria produttività fino ad età avanzata, come questo Parlamento fino a poco tempo fa ha potuto constatare con la presenza di Rita Levi Montalcini e come testimoniano numerosi ricercatori attivissimi. Occorre tuttavia guardare agli effetti aggregati, non alle eccezioni, per quanto luminose.

La conseguenza è evidente. Se una istituzione scientifica non ha un adeguato turnover, la sua anzianità media aumenta inesorabilmente. Con il passare degli anni, questo produrrà un calo della produttività scientifica.

Il fatto che i ricercatori sono più produttivi da giovani ha anche un'altra conseguenza importante: occorre programmare la politica della ricerca su un ampio orizzonte temporale. I giovani non strutturati devono sapere che vi saranno opportunità di inserimento, molto selettive, per le quali prepararsi a tempo debito. I ricercatori devono sapere che vi saranno opportunità di carriera per le quali pianificare l'attività. Niente è più dannoso al sistema della ricerca di un avanzamento di carriera che funziona a "stop-and-go": per molti anni nessuna opportunità, poi d'improvviso una finestra stretta da cui tutti devono passare. Esistono studi economici che mostrano come la produttività della ricerca cali vistosamente a fronte di un andamento discontinuo del reclutamento.

Occorre quindi arrivare presto ad una programmazione pluriennale, che consenta ai soggetti di aprire veri e propri programmi di reclutamento a lungo termine.

Quarto: trovare con creatività nuove forme di finanziamento della ricerca
Di fronte alle evidenze sopra richiamate, e soprattutto all'ampiezza dei ritorni economici dell'investimento pubblico in ricerca, viene da chiedersi perché il nostro paese continui a segnalarsi nella coda di tutte le classifiche internazionali.

Vorrei avanzare una congettura. I governi e il Parlamento non ragionano secondo il tasso di rendimento della ricerca pubblica. Se lo facessero, raddoppierebbero la spesa italiana in pochi anni, comprimendo altre componenti della spesa pubblica.

Come ci dice un altro filone della teoria economica, i governi e il Parlamento ragionano sulla base di procedure di budgeting. Conservano la spesa dell'anno precedente se tutto va bene, tagliano se vi è austerità. L'Italia si è infilata in un tunnel di spesa sostanzialmente costante, in termini reali, dopo un decennio di forte crescita negli anni '80, e da allora non si è più mossa. La strategia di Lisbona è passata come acqua fresca. La logica del budgeting, in assenza di vigorose decisioni politiche, ha condotto ad assoggettare la spesa per ricerca agli stessi tagli lineari del resto della pubblica amministrazione, in controtendenza rispetto ai principali paesi nostri competitori.

Avanzo una modesta proposta. Perché non esplorare, prendendo atto di una difficoltà persistente, che si è finora espressa con governi di diverso orientamento, strade alternative di finanziamento della ricerca? Suggerisco due possibilità:
- Valorizzare il ruolo delle grandi aziende pubbliche nelle quali il Tesoro mantiene una quota del capitale: perché oltre che incassare dividendi lo Stati non chiede, in quanto azionista, di allocare una parte piccola ma costante degli utili alla costituzione di fondi per la ricerca, basati su procedure rigorose di peer review, sul modello delle fondazioni private?
- Agganciare la spesa in ricerca a qualche voce di fiscalità generale con un meccanismo automatico. Suggerirei di allocare alla ricerca una quota della tassazione dei giochi. Nelle scommesse le persone mostrano di essere propense al rischio, a differenza della generalità degli individui. Ebbene, una parte della tassazione potrebbe andare ad altri soggetti propensi al rischio, i ricercatori.

Credo che occorra esplorare nuove strade, sulle quali avventurarsi anche sfidando la opinione comune. I ricercatori a questo sono abituati e sono pronti a fare la loro parte.

Andrea Bonaccorsi
docente di Ingegneria economico-gestionale e componente del Consiglio direttivo dell'ANVUR

 

Docenti_pisa-santannaLo scorso 6 dicembre la Andrea Bocelli Foundation e il Massachusetts Institute of Technology hanno dato vita a un laboratorio vivo e animato nell'ambito della neuroscienza e della tecnologia di ausilio (workshop Challenges) e della lotta alla povertà (workshop Break the Barriers). Nel workshop Challenges (Sfide), sono stati presentati i risultati del progetto "Fifth Sense" sostenuto dalla Andrea Bocelli Foundation che vede coinvolti vari scienziati dello CSAIL (Computer Science Artificial Intelligence Laboratory) presso MIT. Il progetto si pone l'obiettivo ambizioso di riuscire a fornire le funzioni della vista alle persone non vedenti, in modo che possano recarsi da sole al lavoro, trovare gli uffici o i negozi che stanno cercando, leggere i nomi, o, entrando in una riunione o in un locale trovare la persona desiderata, camminare per la strada evitando gli ostacoli, vivere una vita autonoma e sociale senza dover dipendere dagli altri.

Intensa è stata anche la partecipazione di alcune tra le più importanti università italiane e americane in tema di innovazione tecnologica, le quali hanno presentato interessanti lavori sugli aspetti neurologici della visione, sulle protesi retiniche, le tecnologie di ausilio per la socializzazione, come il riconoscere i volti e le espressioni delle persone, i giochi per l'ausilio all'apprendimento dei bambini non vedenti.

In particolare, Antonio Bicchi, dell'Università di Pisa, si è soffermato sull'interazione tra le neuroscienze e la robotica, o meglio tra gli studi della percezione umana e la tecnologia per rendere i non vedenti indipendenti; mentre Bergamasco della Scuola Superiore Sant'Anna, presentando l'esperienza del Museo della Pura Forma, ha mostrato la forte relazione e integrazione tra i movimenti della mano attorno agli oggetti e i processi cognitivi legati al loro riconoscimento. Pelillo, dell'Università di Venezia, ha presentato una tecnologia in grado di incrementare la capacità dei non vedenti di relazionarsi in ambienti sociali complessi, di seguito Cattaneo dell'Università Milano Bicocca, ha approfondito invece gli aspetti cognitivi dei non vedenti e quali implicazioni essi abbiano per la loro formazione e crescita, Governi, dell'Università di Firenze ha presentato un modello di riproduzione 3D di dipinti. Infine Ugo Faraguna, dell'Università di Pisa, ha presentato un interessante lavoro sui sogni dei non vedenti.

workshop Challenges a BostonAd aprire i lavori è stato lo stesso maestro Bocelli, che è l'ideatore e l'anima pulsante della Fondazione nonché il proponente di possibili indirizzi verso cui la tecnologia, la ricerca e infine la produzione dovrebbe indirizzarsi per aiutare la risoluzione di problemi aperti.

"Il mondo è di chi fa, di chi si appassiona alla vita, scegliendo di stare dalla parte del bene, senza paura di mettersi in gioco - ha dichiarato il celebre tenore - Grazie alla felice sinergia innescata fra ABF e MIT, grazie a tanti illustri amici di queste due istituzioni, oggi verifichiamo potenzialità galvanizzanti, in merito allo sviluppo di soluzioni innovative per aiutare le persone a superare i limiti imposti dalle loro disabilità. Essere ottimisti, in questo caso, non è solo un dovere morale, è uno slancio supportato dai fatti. Ancora una volta, verifichiamo che i sogni possono diventare realtà, se ci crediamo davvero, e se siamo in molti a sognare. Qui a Boston, stiamo dando un contributo in più, alla luce di quell'imperativo che muove quotidianamente le nostre azioni: lasciare ai nostri figli un mondo migliore''.

Andrea Bocelli, insieme al presidente del MIT Reif e dell'ambasciatore Bisogniero, ha aperto nel pomeriggio anche il workshop "Break the Barriers".

Nell'ambito di questo programma la Andrea Bocelli Foundation ha organizzato insieme a J-PAL (Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab) sempre del MIT, una giornata di lavoro e di confronto con alcuni fra i ricercatori e operatori coinvolti nei programmi di aiuto e sviluppo nei paesi più poveri del mondo sui temi dell'acqua e dell'istruzione, temi che ABF sta affrontando nei progetti che sta sostenendo in Haiti.

Faraguna a BostonQuesto momento di riflessione nasce dalla volontà della Fondazione di condividere esperienze e ricerche in materia di salute, acqua e istruzione con J-PAL stessa, considerando quegli elementi che per ambedue le organizzazioni concorrono a determinare l'efficacia delle azioni stesse:

• l'insight, il cui fine è riconoscere i bisogni profondi, è la guida verso la strategia utile per arrivare alla soluzione possibile, e rappresenta una delle spinte all'inizio dell'attività;
• la perseveranza nel fare, base sostanziale per cambiare le condizioni;
• l'evidenza scientifica, la misura dei progressi allo scopo di migliorare l'insight, quindi ridefinire la strategia di intervento per accrescere l'impatto di queste stesse azioni, in un circolo virtuoso.

I tre elementi descritti danno infatti vita a un processo che può aiutare pubblico e privato a fornire strumenti e servizi utili alla collettività e questo a prescindere dai luoghi e dalle azioni.

"La collaborazione con MIT, il coinvolgimento di università italiane (Pisa, Firenze, Scuola Superiore Sant'Anna) - osserva la presidente della fondazione, Laura Biancalani - ma soprattutto il confronto tra diverse culture, ci dicono dell'importanza e della necessità di stimolare il dialogo e la conoscenza quali mezzi principali per la crescita comune.

Proprio per la sua valenza culturale, d'innovazione e sviluppo i due workshop sono stati patrocinati dal ministero degli Affari Esteri e sono stati inseriti nel programma ufficiale delle celebrazioni dell'Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti. (Comunicato della ABF)

Tre incontri a dicembre per ricordare la famiglia di Bruno Pontecorvo e i fratelli Guido e Gillo, oltre che per approfondire il loro legame con la città di Pisa. È questo il senso delle iniziative organizzate dalla Limonaia-Scienza Viva, in collaborazione con l'Università di Pisa e con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, a conclusione delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Bruno Pontecorvo, il grande scienziato nato a Pisa il 22 agosto del 1913 che ha dato un contributo decisivo allo sviluppo della fisica delle particelle elementari.

Il primo di questi appuntamenti si svolgerà martedì 10 dicembre, alle ore 16 nella sede della Limonaia di Palazzo Ruschi, con una tavola rotonda su "Guido Pontecorvo. Il genetista e l'uomo", a cui parteciperanno i professori Manuela Giovannetti e Anna Maria Rossi, dell'Università di Pisa, Marcello Buiatti, dell'Università di Firenze, e Angelo Abbondandolo, dell'Università di Genova.

gpontecorvo1Guido, il maggiore tra i fratelli di Bruno Pontecorvo, dopo aver frequentato il liceo classico "Galileo Galilei", si è laureato nel 1928 alla facoltà di Agraria dell'Università di Pisa, come allievo di Enrico Avanzi, con il quale ha continuato a collaborare anche dopo la laurea. Chiamato a lavorare all'Ispettorato Compartimentale Agrario di Firenze, fu allontanato a seguito della promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista. Non potendo rientrare in Italia, decise di rimanere a Edimburgo, dove si trovava nel momento del licenziamento, avviando le sue brillanti ricerche nel campo della genetica. Nel corso della sua carriera, è stato direttore del dipartimento di Genetica dell'Università di Glasgow e membro dello staff dell'Imperial Cancer Research Fund di Londra. Guido Pontecorvo è molto noto all'interno della comunità scientifica internazionale, essendo stato tra i primi a intraprendere gli studi per la determinazione delle mappe cromosomiche dell'uomo e per aver introdotto la tecnica di irradiazione con raggi X per provocare la rottura dei cromosomi.

Il secondo incontro si terrà martedì 17 dicembre, al Cineclub l'Arsenale, con una mezza giornata dedicata a "Gillo Pontecorvo. L'uomo e il regista". Il programma prevede la proiezione di tre tra i suoi film più noti - "Queimada", "Kapò" e "La Battaglia di Algeri" - con un dibattitto al quale interverranno, oltre al professor Maurizio Ambrosini dell'Ateneo pisano, anche la moglie e il più piccolo dei figli di Gillo.

L'appuntamento conclusivo è fissato per venerdì 20 dicembre, nell'Auditorium di Palazzo Blu, con un incontro su "Pisa e i Pontecorvo". Gli interventi di storici e scienziati si alterneranno con i ricordi dei tanti familiari che verranno a Pisa per l'occasione da ogni parte del mondo e di chi ha conosciuto Bruno e i suoi fratelli, con la lettura di brani teatrali sulla storia del grande fisico emigrato in Unione Sovietica e con la proiezione del film-documentario dal titolo "Bruno Pontecorvo l'uomo e lo scienziato".

Tutti gli incontri sono aperti al pubblico e gratuiti. Per ogni altra informazione, si rimanda ai siti: www.lalimonaia.pisa.it e www.pontecorvopisa.it

Le celebrazioni pisane per il centenario della nascita di Bruno Pontecorvo hanno avuto il loro fulcro nella mostra "Da Pisa a Mosca, un lungo viaggio attraverso storia e scienza", che resterà aperta nella sede della Limonaia di Palazzo Ruschi fino al 22 dicembre. Curata da Marco Maria Massai, docente del dipartimento di Fisica dell'Ateneo, Gloria Spandre, ricercatrice dell'INFN, ed Elena Volterrani, della Limonaia-Scienza Viva e dell'INFN, l'esposizione è stata organizzata dalla Limonaia-Scienza Viva, insieme all'Università di Pisa, all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e al Joint Institute for Nuclear Research di Dubna in Russia.

abuelasIl giorno in cui Estela Carlotto, presidentessa dell'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, ha incontrato gli studenti dell'Università di Pisa, c'era anche Rafael, un ragazzo spagnolo iscritto al nostro Ateneo che ha origini argentine e che ha vissuto con un'emozione particolare il racconto della "nonna" che da 26 anni sta lottando per rintracciare i "nietos" desaparecidos, lanciando la campagna per il diritto all'identità.

Leggi qui l'articolo.

Alla fine dell'incontro abbiamo chiesto a Rafael se era disponibile a scrivere un articolo in cui raccontava la storia dei suoi genitori, con parole e ricordi capaci di spiegare meglio ai suoi "colleghi" di università cosa succedeva ai loro coetanei argentini durante gli anni della dittatura militare. Rafael ha subito accettato e ci inviato questa preziosa testimonianza.


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Paura e psicosi: vivere in Argentina negli anni Settanta


rafaelLa visita all'Università di Pisa di Estela Carlotto, presidentessa dell'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, ha avuto per me un significato speciale.

Io sono spagnolo, ma provengo da una famiglia argentina. I miei genitori hanno lasciato l'Argentina nel 1984, quando - anche se "il Processo di Riorganizzazione Nazionale" (soprannome che si era scelto il regime militare) era ufficialmente finito - i militari detenevano ancora un immenso potere politico e guidavano in maniera diretta il processo di transizione democratica. Mia sorella aveva appena due anni e i miei genitori decisero di costruirsi un futuro, con l'intento di evitare ai propri figli il clima di terrore che essi stessi avevano sofferto.

Non vi voglio parlare di processi politici, di colpi di Stato, di presidenti o di date. Queste sono informazioni che potete trovare su qualsiasi libro di storia contemporanea latinoamericana. Vorrei invece raccontarvi la vita quotidiana di un qualsiasi studente universitario sotto una dittatura militare colpevole di sequestri, di torture e di oltre 30.000 morti.

I miei genitori frequentavano l'università della città di La Plata, a una cinquantina di chilometri da Buenos Aires. Si tratta di una città di dimensioni medie, popolata soprattutto da studenti universitari, considerata da sempre città combattiva e politicamente impegnata con idee di sinistra (vi giuro che non sto parlando di Pisa!). In ragione di tali caratteristiche, La Plata divenne ben presto uno degli obiettivi principali della repressione.
 

Desaparecidos

Il governo dichiarò che tutti i giovani tra i diciotto ei trent'anni potevano, eventualmente, essere considerati sospetti di appartenere a gruppi terroristici. Essere uno studente, un operaio o membro di un sindacato significava perciò essere nel mirino degli apparati di repressione dello Stato. Quindi, anche se non frequentavi circoli progressisti o dichiaratamente anti-sistema, eri a rischio. A nulla valeva non avere motivazioni ideologiche o essere solo una studentessa modello che non si era mai preoccupata di politica. Qualsiasi persona poteva essere, potenzialmente, arrestata e desaparecida. Alcuni amici di mio padre, per esempio, hanno dovuto andare in esilio, altri furono torturati e purtroppo altri non tornarono mai.

Gli studentati, le aule studio e addirittura la mensa universitaria furono chiuse. La vita sociale era in pratica inesistente. Chi avrebbe osato a uscire la sera, quando solo si sentivano le sirene delle macchine della polizia o colpi di pistola in aria?

Non era possibile nemmeno prendere un caffè con tre amici, tutti i raggruppamenti di quattro o più persone erano vietati perché, secondo il regime, potevano essere "riunioni di organizzazione di atti sovversivi". Mia zia mi ha raccontato come lei e i suoi amici si ritrovavano spesso nella casa di uno di loro per studiare, mentre mangiavano una pizza o bevevano un po' di mate. E d'improvviso, un giorno, un gruppo di poliziotti entrò urlando e picchiandoli con dei manganelli. Tutti i suoi libri furono confiscati, ma per fortuna nessuno di loro fu portato in prigione.

Un collega di mio padre abitava di fronte a uno dei centri illegali di detenzione, situato in pieno centro della città. Tutto il quartiere sapeva cosa si trovava dietro quel portone, da dove tutti i giorni uscivano e tornavano numerosi Ford Falcon verdi senza targa; guidati da uomini vestiti di borghese che pulivano le loro armi in pieno giorno, indisturbati, impuniti. Tutti sapevano, ma si era costretti a fingere di non aver visto o sentito niente.

L'unico sbocco che la società trovò per sfuggire da quest'ambiente di oppressione erano le partite di calcio. La polizia non poteva ovviamente arrestare le migliaia di persone che affollavano gli stadi. Così, la gente approfittava dell'occasione per insultare il presidente e ai militari o cantare La Marcha Peronista.

C'era invece altra gente, che non aveva paura delle torture o della morte. Las Madres y Abuelas de Plaza de Mayo, quasi le uniche persone che avevano il coraggio di scendere, a viso aperto, in piazza e protestare; qualificate dalla stampa come "vecchie pazze, mamme di assassini e terroristi, anti-argentine".

Spero che questo piccolo articolo vi abbia fatto capire, almeno un po', com'era la vita sotto la giunta militare argentina. E per dare almeno un'idea di quanta importanza hanno avuto - e hanno - persone come Estela Carlotto.

Rafael Cejas Acuña

cranfield_ragazziguidiLa loro è una laurea speciale, un titolo che vale doppio, riconosciuto in Italia e Gran Bretagna: mercoledì 4 dicembre Luca Cinti e Marta Magazzini hanno discusso la loro tesi con il professor Gino Dini e, grazie all'accordo con la Cranfield University, hanno ottenuto la laurea magistrale in Ingegneria gestionale all'Università di Pisa e il Master of Science in Engineering and Management of Manufacturing presso l'Ateneo britannico. A partire dall'anno accademico 2011-2012, infatti, Cranfield ospita fino a quattro studenti l'anno provenienti dal corso di laurea pisano, che hanno così l'opportunità di conseguire il doppio titolo, vivendo un'esperienza unica in uno dei più prestigiosi atenei britannici. Alla discussione hanno portato i loro saluti anche il prorettore per la Promozione dell'internazionalizzazione Marco Guidi, e Franco Failli, presidente del corso di laurea in Ingegneria gestionale.

LucaI due studenti pisani hanno trascorso un anno a Cranfield e questa esperienza di studio ha aperto loro anche le porte del mondo del lavoro: Luca, 24 anni di Viareggio, ritornerà presto in Inghilterra per lavorare alla Bentley Motors, dove ha già un posto che lo aspetta. Con la sua tesi ha studiato un modello di valutazione dei costi di dismissione di prodotti complessi come aerei, navi e centrali nucleari, ottenendo la votazione di 109/110. Anche Marta, 24 anni di Cecina, tornerà presto in Inghilterra per lavorare: dopo l'esperienza a Cranfield, è stata tre mesi in Portogallo per preparare la sua tesi, ospite presso l'azienda TMG Automotive, dove ha sviluppato un modello matematico per soddisfare la domanda finale del cliente. La commissione di laurea l'ha premiata con la votazione di 110/110 e lode.
 

Marta"L'Ateneo si augura che il doppio titolo rilasciato con l'Università di Cranfield faccia da apripista a numerose altre iniziative simili, alcune delle quali sono ormai alla fase di lancio – ha detto Marco Guidi - I fondi appena attribuiti dal MIUR all'Università di Pisa per sostenere titoli doppi e congiunti sono un segnale che questa è la strada giusta per consentire ai nostri migliori studenti di acquisire un profilo internazionale, che apra loro una carriera brillante nel mondo del lavoro".

L'accesso degli studenti al percorso di doppio titolo è stabilito secondo due criteri ben precisi, ossia l'esito degli esami già sostenuti a Pisa durante il primo anno di corso, e la conoscenza della lingua inglese. Una volta selezionati, i ragazzi hanno la possibilità di frequentare e sostenere gli esami del secondo e ultimo anno di corso presso l'Università di Cranfield, oltre che lavorare a un progetto di gruppo, con la collaborazione di aziende inglesi, e a una tesi finale, da sviluppare individualmente.
 

Commissione di laurea"La possibilità di conseguire sia il titolo di ingegnere magistrale in Ingegneria gestionale presso l'Università di Pisa, sia quello di Master of Science in Engineering and Management of Manufacturing Systems rilasciato dall'Ateneo di Cranfield – dichiara il professor Franco Failli - rappresenta indubbiamente un importante riconoscimento internazionale della validità dei nostri metodi di insegnamento ed è indubbiamente un "fiore all'occhiello" non solo per il nostro corso di laurea, ma anche per tutta l'Università di Pisa".




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Massimo Maria BarbatoNella stessa sessione di laurea, grazie all'opera di assistenza e coordinamento dell'avvocato Adarosa Ruffini, docente a contratto di Normazione integrata della logistica e dei trasporti, ha ottenuto il titolo di Ingegnere gestionale magistrale con la votazione di 107/110 anche Massimo Maria Barbato, che si è laureato con una tesi riguardante lo sviluppo di una analisi svolta in collaborazione con ISO (International Organization for Standardization) e UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) che è rivolta all'individuazione di criteri oggettivi per la determinazione del valore economico insito nell'applicazione sistematica delle diverse normative nazionali e internazionali all'interno delle imprese. La tesi, giudicata da ISO il miglior lavoro internazionale presentato nel contesto di tali studi, culmina nella pubblicazione di un volume della collana "ISO International case studies", e testimonia ancora una volta la validità degli studi e l'importanza del corso di laurea in Ingegneria gestionale.

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