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Il professor Gianluca Fiori, docente di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, è uno dei 55 ricercatori europei vincitori di un ERC “Proof of Concept”, il grant di 150.000 euro assegnato dal Consiglio Europeo delle Ricerche, che va a premiare le idee e le proposte che potenzialmente possano tradursi in un prodotto commercializzabile.

Il progetto di Gianluca Fiori si chiama PREPRINT (high PREcision material PRINTer for electronics) e ha l’obiettivo di realizzare una stampante in grado di fabbricare microdispositivi elettronici con dimensioni dell’ordine del micrometro su substrati flessibili come la carta, con risoluzioni di gran lunga migliori rispetto a quelle attualmente ottenibili con stampanti commerciali. Il progetto, della durata di 18 mesi, ha come partner Quantavis, azienda spin-off dell’Ateneo pisano.

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Il prototipo di stampante realizzato da Gianluca Fiori.

Le sovvenzioni ERC-PoC del Consiglio europeo della ricerca permettono ai ricercatori che hanno già beneficiato di una prima sovvenzione di ottenere un ulteriore sostegno finanziario al fine di favorire il trasferimento tecnologico dei risultati. Nel caso di Gianluca Fiori, l’idea della stampante era nata nell’ambito delle attività di ricerca condotte con il progetto PEP2D, finanziato nel 2018 con un ERC Consolidator Grant e che adesso, con il Proof of Concept, può ambire a diventare un prodotto commercializzabile. Il prototipo di stampante realizzato ha già dimostrato che si possono ottenere dispositivi elettronici stampati su materiali flessibili come la carta, sfruttando proprio le eccezionali proprietà elettriche e meccaniche dei materiali bidimensionali.

prototipo“La stampante ad alta definizione che andremo a sviluppare utilizzerà inchiostri basati su diversi tipi di materiali (come i materiali bidimensionali, quelli organici o le nanoparticelle metalliche come l’argento) per stampare dispositivi elettronici ad alta risoluzione – spiega Fiori – Riuscire a stampare un alto numero di questi dispositivi sullo stesso substrato consentirebbe di realizzare sistemi con performance e caratteristiche migliori, aprendo il pieno potenziale dell’elettronica stampabile e flessibile a un ampio campo di applicazioni, come cerotti e bende intelligenti, sistemi anticontraffazione, dispositivi lab-on-a-chip. Di fatto, con il progetto PREPRINT, verrà esplorata la realizzabilità tecnica ed economica di ottenere una risoluzione di stampa inferiore a 1 micrometro: crediamo infatti che tale obiettivo sia realizzabile aumentando la performance del prototipo fabbricato, che ci permetterà di competere nel crescente mercato dell’elettronica stampabile e delle stampanti di materiali”.

Con cinque progetti finanziati (uno nel 2018 e quattro nel 2019) – di cui tre come coordinatore e due come partner – l'Università di Pisa si colloca tra gli enti più "premiati" delle prime due edizioni del Programma PRIMA, la Partnership per l’innovazione del settore idrico e agro-alimentare nell’area mediterranea promossa dall’Unione Europa con la partecipazione di 19 paesi. Beneficiari di questi finanziamenti sono i dipartimenti di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali e Scienze veterinarie dell’Ateneo pisano per un contributo totale di circa 1.5 milioni di euro.

Il programma PRIMA è nato con l’obiettivo di costruire conoscenza e soluzioni innovative in ricerca e innovazione per la gestione delle risorse idriche, un’agricoltura sostenibile, cibo e filiera alimentare nell’area mediterranea. Tra i partecipanti ci sono 11 paesi membri dell’UE (Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna) e Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Tunisia, Turchia. Il programma è finanziato attraverso una combinazione di fondi provenienti in parte dai paesi aderenti e in parte dal programma Horizon 2020.

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Nel 2018 sono stati finanziati 36 progetti, 29 di essi coinvolgono una o più unità di ricerca italiane di cui 11 coordinati da enti italiani per un finanziamento totale di 10 milioni di euro. Nel 2019 sono stati finanziati 44 progetti, 34 di essi coinvolgono una o più unità di ricerca italiane di cui 14 coordinati da enti italiani per un finanziamento totale di 12 milioni di euro.

I risultati conseguiti sono certamente il frutto dell’impegno crescente dei docenti dell’Ateneo pisano nella progettazione europea, come dimostrato dal boom di finanziamenti nel triennio 2017-2019. A questo si somma anche l’aiuto ottenuto nella preparazione dei progetti tramite il servizio di supporto alla redazione di proposte progettuali, attivato dal 2018 presso la Direzione Servizi per la Ricerca e il Trasferimento Tecnologico.

L'ottimo esito ottenuto dall’Università di Pisa è anche dovuto all'impegno profuso nel seguire "da vicino" il programma fin dalla fase della sua genesi, partecipando agli incontri preparatori e diffondendo con un anticipo competitivo le informazioni utili ai nostri docenti. "Con questo stesso spirito di partecipazione e networking proattivo – spiega il professor Lisandro Benedetti-Cecchi, prorettore alla ricerca europea e internazionale – stiamo cercando di essere sempre più presenti come Ateneo in diversi tavoli e consessi europei strategici per la ricerca. Non a caso tra le misure di incentivazione attivate è stato aggiunto anche il bando Net4UNIPI che mira proprio ad intensificare le attività di rete con l'obiettivo di accrescere la capacità di sviluppare progetti e collaborazioni europee".

SIMTAP - Self-sufficient integrated multi-trophic aquaponic systems for improving food production sustainability and brackish water use and recycling

Finanziamento: circa 953 mila euro (UNIPI: circa 280 mila euro)
Ruolo UNIPI: coordinatore con il professor Alberto Pardossi del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali e il professor Carlo Bibbiani del Dipartimento di Scienze veterinarie
Paesi partecipanti: Italia, Francia, Germania, Turchia e Malta

Il progetto, iniziato il 1° giugno 2019, intende realizzare un sistema acquaponico multitrofico per la produzione alimentare di pesci e piante di acqua salmastra. Il pesce sarà alimentato con mangime prodotto da alghe, vermi e molluschi, in sostituzione parziale o totale di materie prime quali le farine, gli oli di pesce e le proteine vegetali. I sistemi SIMTAP saranno testati in diversi contesti mediterranei (Italia, Turchia, Malta e Francia), su piccola scala e adattati alle specifiche condizioni socio-economiche e climatiche dell’area. L’obiettivo del progetto è quello di ridurre l’uso di mangimi per i pesci, il consumo di acqua, fertilizzanti ed energia, la produzione di rifiuti e quindi l’impatto sull’ambiente di questo particolare segmento del settore agro-industriale. Maggiori informazioni qui.

 

FIGGEN - Valorising the diversity of the fig tree, an ancient fruit crop for sustainable Mediterranean agriculture

Finanziamento: circa 1 milione di euro (UNIPI: circa 378 mila euro)
Ruolo UNIPI: coordinatore con il professor Tommaso Giordani del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali
Paesi partecipanti: Italia, Spagna, Tunisia e Turchia

Obiettivo del progetto è valorizzare la variabilità naturale del fico, un frutto antico che presenta un grande potenziale di espansione grazie a preziose qualità nutrizionali, energetiche e nutraceutiche dei frutti, e al crescente interesse per i metaboliti secondari prodotti nei frutti, nelle foglie e nel lattice, combinato con la capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, rendendo questa specie estremamente interessante per una produzione sostenibile nella regione mediterranea, anche in relazione al cambiamento climatico. Con il coinvolgimento di agricoltori, produttori, distributori con esperienze e competenze multidisciplinari, verranno introdotti nei sistemi agricoli cultivar di fico più adatte alle tipologie di ambiente che si produrranno in seguito al cambiamento climatico e che consentiranno la produzione sostenibile del fico in futuro. Maggiori informazioni qui.

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FEDKITO - Fresh food sustainable packaging in the circular economy

Finanziamento: circa 840 mila euro (UNIPI: 390 mila euro)
Ruolo UNIPI: coordinatore con la professoressa Barbara Conti del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali
Paesi partecipanti: Italia, Francia, Grecia, Marocco, Tunisia

FEDKITO propone l'uso di chitosano, un polimero naturale, aromatizzato con olii essenziali per proteggere frutta, verdura, carne e latticini da attacchi di insetti e funghi e dall'ossidazione degli acidi grassi insaturi prolungando la durata di conservazione dei prodotti alimentari mediterranei deperibili durante la post-raccolta e in condizioni di stoccaggio. Il chitosano verrà estratto dalla cosiddetta mosca soldato nera, che verrà allevata con scarti di produzione. I nuovi packaging attivi amplieranno la durata di conservazione dei prodotti alimentari freschi, in modo sostenibile dal punto di vista ambientale, essendo completamente biodegradabili e prodotti secondo i principi dell'economia circolare. Maggiori informazioni qui.

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HaloFarMs – Development and optimization of halophyte-based farming systems in salt-affected Mediterranean soils

Finanziamento: circa 848 mila euro (UNIPI: circa 200 mila euro)
Ruolo UNIPI: partner con la professoressa Annamaria Ranieri del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali
Paesi partecipanti: Tunisia, Italia, Egitto, Spagna, Francia, Portogallo

HaloFarMs svilupperà e ottimizzerà nuovi sistemi di agricoltura sostenibile per la regione mediterranea basati sull'uso intelligente delle piante alofite per valorizzare le terre degradate e non sfruttate. Il progetto ottimizzerà la desalinizzazione dei suoli salini da parte di alofite prima della coltivazione delle colture, l’intercoltura di alofite su suoli salini, con importanti colture commerciali, e la coltivazione in vitro di alofite. Le alofite prodotte saranno caratterizzate dal punto di vista biochimico per il profilo nutrizionale e le proprietà funzionali. Questi prodotti ad alto valore aggiunto possono essere utilizzati nell'industria cosmetica, alimentare e veterinaria. L'adozione da parte degli agricoltori dei risultati del progetto contribuirà a diminuire la salinizzazione del suolo, aumenterà le rese senza esaurire le risorse di acqua dolce e diversificherà le fonti di reddito.

 

iGUESS-MED - Innovative greenhouse support system in the Mediterranean region: efficient fertigation and pest management through IoT based climate control

Finanziamento: circa 1.5 milioni di euro (UNIPI: 233 mila euro)
Ruolo UNIPI: partner con il professor Luca Incrocci del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali
Paesi partecipanti: Spagna, Italia, Tunisia, Turchia

Il progetto ha l’obiettivo di co-creare insieme agli stakeholders un innovativo software a basso costo, fruibile su un qualsiasi smartphone, che permetta, tramite una rete di sensori posti in serra e sulle piante coltivate e l’uso di modelli e di algoritmi matematici, di consigliare l’agricoltore sulla gestione del clima in serra, dell’irrigazione, della concimazione e della difesa della coltura. Il lavoro sarà condotto sul pomodoro, utilizzando sia la tradizionale coltivazione in terreno, sia quella innovativa in serre a bassa tecnologia tipiche del Mediterraneo. Verranno sviluppati nuovi protocolli di coltivazione che saranno validati mediante un’analisi economica basata sull’approccio costi-benefici. L’APP sviluppata permetterà di trasferire rapidamente le nuove conoscenze al mondo produttivo, riducendo così l’impiego di acqua, fertilizzanti e fitofarmaci, migliorando la produttività delle coltivazioni in serra e la qualità del prodotto finale, con benefici sociali ed ambientali nelle aree di coltivazione e con una maggiore salubrità delle produzioni alimentari. Maggiori informazioni qui.

Valorizzare la variabilità naturale del fico, un frutto antico per un’agricoltura mediterranea sostenibile. Questo in sintesi l’obiettivo del progetto di ricerca "FIGGEN" guidato dal professor Tommaso Giordani, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa che, assieme a una squadra di ricercatori di Italia, Spagna, Tunisia e Turchia, è riuscito a vincere, dopo una selezione durissima tra migliaia di team di ricerca internazionali di 19 nazioni, un milione di euro nella categoria Farming System della Call 2019 di PRIMA, il Programma per l’innovazione del settore idrico e agro-alimentare nell’area mediterranea guidato da tre anni dal professore ed economista Angelo Riccaboni, già rettore dell’Università di Siena

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“I cambiamenti climatici stanno incidendo drammaticamente sulla regione del Mediterraneo e sono necessarie soluzioni per adattare le pratiche dei sistemi agricoli all'aumento delle temperature, della siccità e della salinità del suolo – spiega Giordani - L'adozione di sistemi di coltivazione mista come l'agroforestry può contrastare la perdita di agro-biodiversità e la riduzione della fertilità del suolo”.

Il fico (Ficus carica L.) ha un grande potenziale di espansione grazie a preziose qualità nutrizionali, energetiche e nutraceutiche dei frutti, e al crescente interesse per i metaboliti secondari prodotti nei frutti, nelle foglie e nel lattice, combinato con la capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, rendendo questa specie estremamente interessante per una produzione sostenibile nella regione mediterranea, anche in relazione al cambiamento climatico. Nei prossimi 36 mesi la squadra di ricercatori guidati da Giordani, con il coinvolgimento di agricoltori, produttori, distributori con esperienze e competenze multidisciplinari, hanno in progetto l'introduzione nei sistemi agricoli di cultivar di fico più adatte alle tipologie di ambiente che si produrranno in seguito al climate change e che consentiranno la produzione sostenibile del fico in futuro.

“Uno degli obiettivi è quello di realizzare sistemi agricoli basati sulla biodiversità, più resistenti alle incertezze climatiche e più sostenibili. Ciò avrà effetti benefici sul mantenimento delle risorse naturali (soprattutto in riferimento alla biodiversità sopra- e sottosuolo), sulla conservazione del suolo e delle acque, sulla valorizzazione dei suoli delle aree marginali, e quindi assicurerà la fornitura di migliori servizi ecosistemici” – afferma Giordani. “Tutto ciò avrà un impatto sia sul benessere che sul reddito degli agricoltori, sull'agro-ecosistema e sulla produzione di frutti di questa specie, consentendo di invertire la tendenza al ribasso della produzione di fichi registrata negli ultimi anni nell'area mediterranea”.

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Nella foto, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: da sinistra Alberto Vangelisti, Gabriele Usai, la professoressa Lucia Natali, Flavia Mascagni, il professor Andrea Cavallini, il professor Tommaso Giordani.

Da qualche anno, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa si occupa di studiare le caratteristiche del genoma del fico, che ha recentemente sequenziato, e di come questa specie, diffusa nell'area del Mediterraneo, sia in grado di resistere a condizioni climatiche avverse come siccità e salinità. Del progetto FIGGEN fanno parte anche due partner spagnoli, l'Instituto de Hortofruticultura Subtropical y Mediterranea La Mayora dell'Agencia Estatal Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, rappresentato dal Prof. Inaki Hormaza, capo del "Subtropical Fruit Crops Department" e il Centro de Investigaciones Científicas y Tecnológicas de Extremadura, rappresentato dalla Dott.ssa Margarita Lopez-Corrales, coordinatrice della banca di germoplasma di fico in Extremadura e responsabile del centro di analisi e registrazione di varietà commerciali di fico a livello nazionale e comunitario. Il progetto comprende anche due partner della sponda meridionale del Mediterraneo: la Facoltà di Scienze dell'Université de Tunis El Manar, in Tunisia, rappresentata dalla Prof.ssa Amel Hannachi, Direttrice del "Fruit Genetic Resources Team in the Laboratory of Genetics, Immunology and Biotechnology", e il Dipartimento di Orticoltura della Çukorova University, Turchia, rappresentato dalla Prof.ssa Ayzin Küden.

Riguardo gli impatti attesi tra 3 anni alla fine progetto, Giordani aggiunge: “FIGGEN avrà ricadute sulla valorizzazione e conservazione della biodiversità, in quanto saranno analizzati 300 genotipi del germoplasma di fico della regione mediterranea, comprese cultivar trascurate o poco utilizzate. L'individuazione e la caratterizzazione dei genotipi più adatti alle difficili condizioni ambientali dettate dal cambiamento climatico contribuirà al miglioramento genetico di questa specie per una produzione di fichi sempre più sostenibile in futuro.

The island of Stromboli in the Aeolian archipelago was the origin of three large tsunamis which devastated the Mediterranean in the Middle Ages, one of which was witnessed by the poet Francesco Petrarca. The discovery comes from a study published in ‘Scientific Reports’ carried out by a research team from the Universities of Pisa and Modena- Reggio Emilia with the collaboration of the University of Urbino, the National Institute of Geophysics and Volcanology (INGV) Pisa section, the CNR, City University of New York and the American Numismatic Society.

The research revealed that the tsunamis were generated by the sudden flank collapse of the northwest side of the Stromboli volcano and that they hit the coasts of the Campagna region between the middle of the 13th  and 14th centuries, as documented in chronicles of the period. The grave devastation of the ports of Naples and Amalfi, witnessed by Francesco Petrarca who was ambassador to Pope Clement VI in Naples can, in fact, almost certainly be attributed to the most important of the three events, which took place in 1343. Petrarca writes in a letter about a mysterious and extremely violent storm on 25 November which caused many deaths and the sinking of numerous ships.


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Geologists at work on Stromboli

The identification of Stromboli as the origin of these terrible tsunamis was made possible thanks to the interdisciplinary work carried out by volcanologists and archaeologists, and for the University of Pisa by professor Mauro Rosi and researcher Marco Pistolesi, from the Department of Geosciences.

“In spring 2016,” says Mauro Rosi, “I decided to go to Stromboli as I had in mind an idea that had come to me after reading a letter by Petrarca in which he talks of a strange storm in Naples. With the first sample excavations we brought to light some ‘suspicious’ deposits. As chance would have it, on that same occasion I met associate professor Sara Levi from the University of Modena-Reggio Emilia who has been leading an excavation at Stromboli since 2009.”

During the volcanological part of the research work, three stratigraphic trenches were dug in the northern part of the island. These were roughly 80 metres long and two metres deep and brought to light three sandy layers containing large beach pebbles bearing witness to what was carried to land by the tsunami waves. The samples, the chemical analyses of the material and the carbon-14 dating, have established an unequivocal relationship between those layers and the archaeological discoveries which testify to the rapid abandonment of the island.

 

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 Details of the stratification where one of the large pebbles is visible

 

 “In the first half of the 13th century Stromboli was inhabited and held an important role as an intersection of the naval traffic of crusades from the Italian, Spanish and Greek coasts. This is supported by evidence from the San Vincenzo plateau where a small church was discovered in 2015 and offers the first archaeological testimony of the occupation of the island,” explains Sara Levi. “Following the three great landslides which generated the tsunamis and the simultaneous and particularly strong resumption of the volcano’s eruptive activity, the island, as testified by the graves found near the small church, was totally abandoned from the middle of the 13th century until the end of the 16th century, when modern repopulation began. The reconstruction is based on solid stratigraphic and chronological data and is the result of close interdisciplinary cooperation in all the phases of the research.”

“It was already a well-known fact that the island of Stromboli could generate small tsunamis every ten years or so, but this work,” concludes Rosi, ”shows for the first time how the volcano is able to generate events of a much higher magnitude than those recorded in the chronicles over the last two centuries.”

Rocket helps to control hypertension and cardiovascular diseases thanks to an active ingredient capable of lowering blood pressure which is the very ingredient that gives this salad leaf its characteristic tangy flavour. The discovery comes from the University of Pisa where a team of pharmacologists led by Professor Vincenzo Calderone carried out a study in collaboration with the University of Florence, the University of Naples ‘Federico II’, and theCouncil for Agricultural Research and Economics’ (CREA) in Bologna. The research, published in the 'British Journal of Pharmacology’, the most prestigious pharmacological journal at international level, has in fact demonstrated the vasorelaxing and antihypertensive properties of the isothiocyanate Erucin, an active ingredient produced by the plant as a defense mechanism and which gives rocket its characteristic tangy flavour and smell.

“When rocket leaves are cut or chewed,” explains Alma Martelli, a researcher from the University of Pisa and first author of the publication, “the glucosinalets and the myrosinase enzyme come into contact producing the isothiosyanate Erucin. While the latter is a defense mechanism for the plant helping to keep animals away, for man it is instead an active ingredient of natural origin capable of relaxing vascular smooth muscles and lowering blood pressure by releasing hydrogen sulfide.”

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From the right, Eugenia Piragine, Alma Martelli, Vincenzo Calderone, Valentina Citi and Lara Testai


The researchers demonstrated the vasorelaxing and antihypertensive properties of the isothiosyanate Erucin both in vitro, on human aortic cells and on isolated vessels, and in vivo, on spontaneously hypertensive animals.
“This discovery has important repercussions in the medical field as in order to obtain these antihypertensive effects we will certainly be able to administer the purified active ingredient as a supplement but we will be able to obtain the same effects, at least in part, through a choice of diet,” emphasizes Alma Martelli. “In fact, in contrast to the other plants belonging to the Brassicaceae family such as cabbage, broccoli or horseradish, rocket can be eaten raw. This means that the enzyme does not lose activity through cooking, ensuring the synthesis of Erucin.”

Alma Martelli, who carried out the research, has been a researcher in Pharmacology at the Department of Pharmacy at the University of Pisa since 2014. In 2016 she received an important international award, the ‘Ciro Coletta Youg Investigator Award’, for her research in the field of isothiocyanates and hydrogen sulfide. More recently, last March, she received the ‘Best Oral communication Award’ at the ‘Le Basi farmacologiche dei Nutraceutici’ congress for her research into the antihypertensive properties of Erucin.

Alma Martelli works in a team led by Professor Vincenzo Calderone including associate professor Lara Testai and the researchers Valentina Citi and Eugenia Piragine. The team has been studying the cardiovascular properties of hydrogen sulfide for years and the pharmacology of composites from natural origins, two strands of research which have come together in this study recently published in the ‘British Journal of Pharmacology’.

The best combination to enable the crew to manage sleep during the regatta is neither too much nor too little, therefore to alternate two hours of sleep and two of staying awake; in actual fact, for every additional hour of sleep, the average placement worsens by 16 positions. This is what emerges from the project ’151 e una notte’ coordinated by Ugo Faraguna an associate professor of Human Physiology at the University of Pisa, who along with his team, analyzed the sleep management of the crew during the '151 Miglia-Trofeo Cetilar’ regatta.

 

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“Regattas are the ideal laboratory in which to study sleep and its rhythms under stressful conditions,” explains Ugo Faraguna. “By analogy, the results can be applied to many other stressful situations, even in order to improve work conditions in professional environments with a continuous working pattern as for example in factories and hospitals.”
The research analyzed the sleep patterns of 165 crews, on average eight sailors per boat, who participated in the ‘151 Miglia-Trofeo Cetilar’. The regatta, now in its 10th edition, was held from the 29th May to 1st June. The participants set off from the ports of Pisa and Livorno for Marina di Punta Ala (GR) and included an entire night’s sailing.

“A competition including several days’ continuous sailing, night and day,” said Ugo Faraguna, “takes its toll on concentration, clearness of mind and the capacity to work closely with the other crew members; for this reason an accurate assessment of sleep quality is instinctively essential to understanding what could be the winning strategies for a positive performance.”
The researchers from the University of Pisa asked the crew members to take a survey in order to establish which strategy – the sleep/staying awake combinations went from 2 to 4 hours - was the best. The final outcome of the race was also taken into consideration. For statistical reasons the extreme situations were discarded. These were the crews who remained awake for the entire period and those who slept for only an hour which is not enough to enter a deep sleep mode.

“The two-hour combinations proved to be the best strategy,” concluded Faraguna, “and those who slept more came lower down in the placings. In fact, the four-hour combinations were associated with a worse placing. We can surmise that this is linked to a concept of sleep inertia: the more we sleep, the longer it takes us to be up and running when we awaken. This first experience obliges us to continue investigating. Next year we would like to study the reaction times over the entire regatta of those who wish to support the development of ‘151 e una notte, 2nd edition’.

The research by the University of Pisa was promoted by the Yacht Club Repubblica Marinara di Pisa. The ‘151 Miglia-Trofeo Cetilar’ is organised by a large committee including: YC Repubblica Marinara di Pisa, YC Punta Ala and YC Livorno, with the collaboration of the Porto di Pisa, the Marina di Punta Ala, partners PharmaNutra S.p.A. with the brand name Cetilar®, Rigoni di Asiago, North Sails and TAG Heuer, and Devitalia Telecomunicazioni. This open water regatta draws the attention of Italian and international yacht owners to the provinces of Pisa, Livorno and Grosseto as it is part of the FIV Italian Offshore Championship, the Mediterranean Maxi Offshore Challenge, the regatta circuit reserved for Maxi Yachts, and the Trofeo Arcipelago Toscano.

 

The first surgical operation in the world involving virtual elements was successfully carried out at the Policlinico Universitario S. Orsola of Bologna. During the operation, in a real operating theatre of course, the surgeon could view the virtual elements in front of him which were able to aid and guide him. This was made possible thanks to a visor integrated with Augmented Reality, called VOSTARS, which the surgeon wore during the operation.

“Until this moment,” explains Vincenzo Ferrari, a biomedical engineer from the Department Of Information Engineering at the University of Pisa and coordinator of the European team who designed VOSTARS, “augmented reality has not been fully exploited in the operating theatre. The visors which are currently available on the market project a few digital contents directly into the line of vision of the surgeon, such as, for example, a 3D image of the organ to be operated on. These virtual images captured by the radiological scanners (like CAT and MRI scans) are normally viewed by the surgeon prior to the operation, to aid him during the preparation leading up to the surgery. A visor has never been used before to guide the actual moment of surgery, due to the difficulty the human eye encounters in bringing into focus both real and virtual objects simultaneously.”

 

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The surgical operation at the Policlinico Universitario S. Orsola of Bologna with the VOSTARS visor

Bringing virtual objects into focus actually means that real objects become blurred as the eye perceives them as being at different distances. Obviously, this should not occur at the moment when the surgeon is holding a scalpel, and therefore, so far, it has been impossible to exploit virtual information to guide surgery.

Potential additional information about the patient and the operation must therefore be provided on an external monitor, obliging the surgeon to look away from the patient constantly transferring his concentration to the monitor, which proves to be tiring and at times ineffective.

The VOSTARS visor was developed to overcome these problems. It is the outcome of a European project coordinated by the University of Pisa, which has seen scientists and technicians from four different countries working for three years with the aim of designing a highly innovative wearable surgical visor capable of projecting the patient’s specific information as well as more general information about the organs involved in the operation directly into the line of vision of the user even during the surgery itself.  

“In order to do this,” explains Ferrari, ”we had to solve some very complex problems mainly to do with eye-hand coordination and the coherence between the real and the virtual image linked to temporal and spatial issues and the ability to bring objects into focus. It is obvious that if the surgeon needs to follow a virtual cutting line, this must appear in the right place at the right time during the operation, and yet managing to obtain this is no easy task. Furthermore, the surgeon must be able to bring into focus both the virtual image and the patient in order to follow up with the scalpel.

Thanks to a video camera, VOSTARS combines the images in front of the surgeon with the patient’s radiological images, and ensures that both remain perfectly coherent and in focus. In addition, during the phases of the operation where the precise virtual guide is not necessary (for example at the beginning or at the end), the visor can become transparent allowing the surgeon to see the operating field directly with his own eyes. This possibility of passing from a view aided by the video camera – ‘video see-through’ - to a direct view through the transparent visor – ‘optical see-through’ – is the distinctive characteristic of VOSTARS, which stands for ‘Video-Optical See-Through Augmented Reality System’.”

The experimental operation in maxillofacial surgery consisted in resecting and repositioning the patient’s jawbones to restore the function of mastication.

“Thanks to the VOSTARS visor,” comments Dr. Giovanni Badiali who is head of the project at the Policlinico Universitario S.Orsola of Bologna and the surgeon who performed the operation, “we were able to view the facial bone structure, the jaws and the cutting line using augmented reality before the operation. In the next step, during the operation, the device allowed us to visualize a dotted line in 3D directly on the patient’s bones, indicating the path to follow using the surgical instrument. With the help of the visor we were able to cut the jaw with the necessary precision.”

Further experiments are on the agenda at the Policlinico. When fully operational, the system will bring about a reduction in the length of surgery time and an increase in precision.

 

Si è conclusa con successo presso il Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna la prima operazione chirurgica al mondo condotta, certo, in una sala operatoria reale, ma in cui il chirurgo, durante l’intervento, vedeva di fronte a sé anche elementi virtuali, in grado di supportarlo e guidarlo. Questo è stato possibile grazie a un visore di Realtà Aumentata all’avanguardia, VOSTARS, che il chirurgo ha indossato durante l’intervento.

“Fino a questo momento – spiega Vincenzo Ferrari, ingegnere biomedico al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e coordinatore del team europeo che ha progettato VOSTARS – la realtà aumentata non è stata sfruttata appieno in sala operatoria. I visori attualmente in commercio rendono disponibili direttamente nel campo visivo alcuni contenuti digitali, come per esempio l’immagine tridimensionale dell’organo da operare. Queste immagini virtuali, ottenute dagli scanner radiologici (come TAC e Risonanza Magnetica) vengono di solito visualizzate dal medico prima dell’operazione, per aiutarlo nella preparazione dell’intervento. Non era mai accaduto fino ad ora, però, che un visore fosse usato per guidare il vero e proprio atto chirurgico, a causa della difficoltà per il nostro occhio nel mettere a fuoco gli oggetti reali e virtuali contemporaneamente.”

 

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L’operazione chirurgica al Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna con il visore VOSTARS

 

La messa a fuoco degli oggetti virtuali implica infatti che quelli reali siano visti sfocati, perché l’occhio li percepisce a due distanze diverse. Questo non può ovviamente accadere nel momento in cui il medico ha un bisturi in mano, e fino ad ora è stato quindi impossibile sfruttare l’informazione virtuale per guidare l’operazione.

Eventuali informazioni aggiuntive su paziente e intervento devono quindi essere riportate su un monitor esterno, obbligando il medico a spostare lo sguardo e la concentrazione dal paziente al monitor, con un continuo passaggio che risulta faticoso e talvolta inefficace.

Il visore VOSTARS è stato sviluppato per far fronte a questi problemi. Frutto di un progetto europeo coordinato dall’Università di Pisa, ha visto scienziati e tecnici di quattro paesi diversi lavorare per tre anni con lo scopo di mettere a punto un visore chirurgico indossabile altamente innovativo, in grado di rendere disponibili direttamente nel campo visivo del chirurgo, anche durante l’operazione, le informazioni specifiche relative al paziente e quelle più generali che riguardano gli organi coinvolti nell’intervento.

“Per farlo – prosegue Ferrari – abbiamo dovuto risolvere problemi molto complessi, che riguardano principalmente la coordinazione occhio-mano e la coerenza tra l’immagine reale e quella virtuale temporalmente, spazialmente ed in termini di messa a fuoco. E’ ovvio che se il chirurgo deve seguire una linea di taglio virtuale queste deve apparire nel posto giusto ed al momento giusto dell’intervento, ma ottenerlo non è banale. Inoltre, la guida virtuale ed il paziente devono essere poter essere messi a fuoco contemporaneamente per permettere al chirurgo di seguirla col bisturi.

Grazie a una videocamera, VOSTARS combina le immagini di fronte al chirurgo con le immagini radiologiche del paziente, e fa in modo che le due restino perfettamente coerenti e a fuoco. Inoltre, durante le fasi dell’intervento dove la guida virtuale accurata non è richiesta (come all’inizio o alla fine), il visore può diventare trasparente permettendo al chirurgo di avere una vista naturale del campo operatorio direttamente con i propri occhi. La possibilità di passare tra la vista mediata dalla videocamera -“video see-through”- a quella naturale con il visore trasparente -“optical see-through”- è la caratteristica distintiva di VOSTARS il cui acronimo significa appunto “Video-Optical See-Through Augmented Reality System” ”.

L’intervento pilota, un’operazione di chirurgia maxillo-facciale, consisteva nel resecare e riposizionare mascella e mandibola di un paziente per ripristinare le funzionalità del morso.

“Grazie al visore VOSTARS - commenta il dottor Giovanni Badiali, responsabile del progetto presso il Policlinico Universitario S.Orsola di Bologna, che ha eseguito l’operazione – prima dell’intervento abbiamo visualizzato nella realtà aumentata l’anatomia di scheletro facciale, mascellari e linee di taglio. Nel passo successivo, durante l’operazione il dispositivo ha consentito di visualizzare una linea tratteggiata in 3D direttamente sull’osso del paziente, mostrando il percorso da seguire con lo strumento chirurgico. Con l’aiuto del visore siamo riusciti ad eseguire il taglio della mascella con la precisione richiesta”.

Ulteriori sperimentazioni sono in calendario al Policlinico. Una volta a regime, il sistema permetterà una riduzione dei tempi degli interventi e un aumento della precisione.

Giovanni Caruso, ricercatore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, è il vincitore dell’EVOO Research’s Got Talent 2020 per la sezione “Arboricolture and Plant Protection” con una ricerca intitolata “Precision olive growing: a modern management for an ancient tree”.

 

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Giovanni Caruso e a lato il premio ricevuto

Il contest internazionale, promosso dall’Università degli Studi Aldo Moro e dal Politecnico di Bari e patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dal Consiglio Olivicolo Internazionale, si è svolto a Bari dal 20 al 22 gennaio riunendo i 35 migliori giovani ricercatori al mondo nel settore dell’olivicoltura e dell’olio di oliva. La giuria internazionale ha scelto i sei vincitori sulla base del curriculum e dei progetti di presentati.

 

 

Una nuova agricoltura in grado di sostenere la sfida del cambiamento climatico per una gestione più sostenibile del territorio. E’ questa l’obiettivo di Agromix, un progetto europeo appena approvato al quale partecipa il Centro Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa sotto la responsabilità scientifica del dottor Daniele Antichi. Il consorzio Agromix, formato da 28 partner provenienti da 14 diversi Paesi Europei, ha ricevuto un finanziamento di circa 7 milioni di euro e sarà attivo per i prossimi quattro anni.

 

tenuta paganico

Tenuta Paganico


“Noi come Centro Avanzi ci occuperemo di misurare e monitorare alcuni indicatori agro-ambientali e socio-economici dei sistemi agricoli biodiversi in relazione ai cambiamenti climatici - spiega Daniele Antichi – fra questi la stabilità nel tempo delle produzioni e la qualità dei prodotti, il sequestro di carbonio nel suolo e le ridotte emissioni di gas serra, il consumo idrico e risparmio di concimi minerali, la redditività e le dinamiche dei prezzi”.
La sperimentazione avverrà a San Piero a Grado, nei campi del dispositivo sperimentale “Arnino LTE” su una superficie complessiva di circa 40 ettari sui quali si testano sistemi agroforestali in cui coesistono colture erbacee, animali al pascolo ed alberi da legno, e presso l’azienda agricola “Tenuta di Paganico” di Civitella Paganico (GR), dove si conduce a livello aziendale una forte integrazione tra allevamento animale e produzioni vegetali.

 

daniele antichi

Daniele Antichi


Attraverso il coinvolgimento delle aziende agricole e degli attori delle filiere interessate, il progetto guiderà la transizione dei sistemi agricoli verso una maggiore resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici. Nello specifico, basandosi su un network di ben 83 diversi siti sperimentali e casi studio aziendali e regionali, Agromix approfondirà la conoscenza dei nuovi modelli di business e testerà il potenziale di mitigazione e di adattabilità nei confronti dei cambiamenti climatici da parte di sistemi agricoli che integrano allevamento animale e produzioni colturali, incrementando la biodiversità dei sistemi produttivi e diversificando il paniere dei prodotti.
Il Centro Avanzi contribuirà alla realizzazione del progetto Agromix attraverso la partecipazione di un gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato dal dottor Daniele Antichi e dai professori Fabio Bartolini (responsabile di un WorkPackage sugli aspetti socio-economici dei sistemi misti e agroforestali) e Marcello Mele (direttore del Centro “Avanzi” e responsabile di un task sulle produzioni animali).

“Questo nuovo progetto europeo – conclude Antichi - è un’ulteriore conferma del ruolo fondamentale che il Centro Avanzi svolge da trent’anni nel coordinare le conoscenze interdisciplinari e promuovere modelli innovativi di agricoltura sostenibile”.

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