Incarico presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni: “Effettuazione di attività di assessment presso aziende Toscane in merito alla metodologia 4.0”
La rivoluzione digitale compie 50 anni: nel 1969 fa l’Università di Pisa istituì il primo corso di laurea in Informatica in Italia
I primi laureati in Informatica del nostro Paese si sono formati a Pisa: cinquanta anni fa, nel 1969, l’Università di Pisa ha istituito il primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione in Italia, ponendo l’Ateneo e la città all'avanguardia della rivoluzione digitale che ha trasformato la nostra quotidianità e le nostre vite. Per ricordare e festeggiare questo storico anniversario l’Università di Pisa ha organizzato il ciclo “Informatica50”, che lungo tutto il 2019 proporrà incontri ed eventi, una mostra, un concorso per realizzare un'opera d'arte e tante altre iniziative. Il ciclo è stato presentato in Rettorato, martedì 19 marzo, dal rettore Paolo Mancarella, dalla prorettrice vicaria, Nicoletta De Francesco, e dal direttore del Dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari.
Si parte lunedì 25 marzo con “The Reversed Game”, un evento aperto al pubblico in cui Alessandro Baricco intervisterà docenti e studenti dell’Ateneo, oltre al laureato pisano Enrico Dameri, oggi Chief Executive Officer di LIST, per dialogare con loro dell’insurrezione digitale e delle sfide dell’informatica del futuro. Moderati da Claudio Giua, saranno sul palco i professori Antonio Bicchi, Nicoletta De Francesco, Paolo Ferragina, Gianluigi Ferrari, Emanuela Navarretta ed Enrica Salvatori, e gli studenti Fulvio Denza e Ismail El Gharras. L’incontro si terrà nell’Aula Magna del Polo Fibonacci, a partire dalle ore 17,30.
Il ciclo Informatica50 si snoda lungo tre filoni che richiamano la struttura classica dei computer: la memoria, l’elaborazione e la comunicazione. La parte della memoria sarà dedicata a eventi tesi a ricostruire storie e ricordi dei primi laureati, in un dialogo con gli studenti attuali e con il pubblico. In questo ambito sarà allestita una mostra per valorizzare la collezione del Museo degli Strumenti per il Calcolo e sarà realizzato un web doc su alcuni dei principali protagonisti e sull'evoluzione della storia informatica pisana. Per la sezione dell’elaborazione la sfida sarà quella di delineare gli scenari futuri della ricerca informatica. Il tema comunicazione sarà infine declinato a partire da tutti i fenomeni che coinvolgono la cosiddetta società digitale, arrivando a illuminare i rapporti tra informatica e aspetti della vita quotidiana e dell'arte, dalla musica al cinema, dalla video arte ai fumetti e ai videogiochi. Studiosi di varie discipline racconteranno quale sarà l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, quali gli spazi di libertà nella società delle reti sociali e dei Big Data, sino a parlare delle forme di entertainment sul web. Attraverso un bando pubblico sarà infine selezionato il progetto per realizzare un'opera artistica permanente che ricordi il primato di Pisa nella nascita e nella crescita dell’informatica italiana.
“Il corso di laurea in Scienze dell’Informazione è il motivo per cui, nel 1977, mi trasferii a Pisa: celebrare da Rettore i 50 anni dalla sua istituzione è per me molto emozionante e coinvolgente - ha detto il professore Paolo Mancarella - Il percorso che iniziò allora ha portato la nostra Università a livelli di eccellenza, confermati anche quest’anno dagli ottimi piazzamenti della disciplina nei ranking internazionali. Sta a noi continuare su questa strada e puntare sempre più in alto, con lo stesso entusiasmo di allora che speriamo di continuare a trasmettere ai nostri giovani ricercatori di oggi”.
“L’avventura informatica pisana, che era iniziata già negli anni 50 con la costruzione del primo computer italiano, la CEP, merita di entrare a far parte della memoria collettiva e di arricchire di un ulteriore tassello la storia della città – ha sottolineato la professoressa Nicoletta De Francesco - Queste celebrazioni riguardano non solo l’università, ma tutta la città e per questo collaboreremo strettamente anche con il Comune di Pisa nelle varie iniziative”.
"Come 50 anni fa - ha detto il direttore del dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari - l’informatica è anche oggi una giovane disciplina scientifica in grado di sviluppare innovazione e rispondere alle esigenze della società attuale. Essa è stata fondata da persone che hanno avuto una visione strategica: introdurre una laurea innovativa con una forte base scientifica e una stretta collaborazione interdisciplinare. Il valore e il merito dell’Università di Pisa sta nell'aver portato questa visione all’attenzione nazionale e internazionale. I 50 anni del corso di laurea saranno quindi una festa per parlare del passato e del presente dell’informatica e soprattutto un’occasione per delineare il futuro della disciplina e in generale della nostra società”.
Furono due matematici i padri del primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione d’Italia istituito all’Università di Pisa 50 anni fa, nel 1969: l’allora rettore, Alessandro Faedo, e il professor Gianfranco Capriz, all’epoca direttore dell'Istituto di Elaborazione dell'Informazione del CNR. Una data che segna uno dei passaggi fondamentali della rivoluzione digitale del nostro Paese e che conferma il ruolo della città della Torre e di Galileo Galilei nella storia dell’Informatica in Italia.
È infatti a Pisa che venne costruito il primo calcolatore scientifico italiano, la CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), realizzato su suggerimento di Enrico Fermi e inaugurato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1961. Sulla scia di questo progetto, nel 1969, nacquero il più importante centro di calcolo elettronico nazionale (CNUCE) del Paese, poi confluito nel CNR, il primo Istituto (universitario) di Scienze dell’Informazione (ISI), avo dell’attuale Dipartimento di Informatica, e con esso appunto il primo corso di laurea in Informatica d’Italia e successivamente, nel 1983, il primo Dottorato di Ricerca in Informatica in Italia. Sempre a Pisa, nel 1986, è partita la prima connessione a Internet in Italia, motivo per cui la città ospita ancora il registro dei domini nazionali .it.
In questa storia l’Università di Pisa ha continuato e continua ad avere un ruolo da di protagonista. A partire dagli anni ’90, oltre a investire nell’insegnamento e nella ricerca, ha infatti dato contributi rilevanti alle reti di comunicazione: prima con lo sviluppo della rete metropolitana pisana (oggi estesa fino a Livorno) che serve circa 100.000 utenti; poi contribuendo alla creazione della rete nazionale a banda ultra-larga dedicata alla comunità dell'istruzione e della ricerca (GARR); e più recentemente con la realizzazione delle infrastrutture Data Center indispensabili per affrontare la ricerca in ormai tutte le discipline.
Dagli anni ’90, all’interno dell’area degli ex Macelli, l’Università di Pisa – d’intesa con il Comune di Pisa – ha inoltre aperto il Museo degli Strumenti per il Calcolo, dove è possibile vedere la CEP e una ricca collezione di macchine legate alla storia del calcolo e dell’Informatica, uno spazio per capire le rivoluzioni tecnologiche che hanno portato al nostro modo di vivere.
La rivoluzione digitale compie 50 anni: nel 1969 l’Ateneo istituì il primo corso di laurea in Informatica in Italia
I primi laureati in Informatica del nostro Paese si sono formati a Pisa: cinquanta anni fa, nel 1969, l’Università di Pisa ha istituito il primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione in Italia, ponendo l’Ateneo e la città all'avanguardia della rivoluzione digitale che ha trasformato la nostra quotidianità e le nostre vite. Per ricordare e festeggiare questo storico anniversario l’Università di Pisa ha organizzato il ciclo “Informatica50”, che lungo tutto il 2019 proporrà incontri ed eventi, una mostra, un concorso per realizzare un'opera d'arte e tante altre iniziative. Il ciclo è stato presentato in Rettorato, martedì 19 marzo, dal rettore Paolo Mancarella, dalla prorettrice vicaria, Nicoletta De Francesco, e dal direttore del Dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari.
Si parte lunedì 25 marzo con “The Reversed Game”, un evento aperto al pubblico in cui Alessandro Baricco intervisterà docenti e studenti dell’Ateneo, oltre al laureato pisano Enrico Dameri, oggi Chief Executive Officer di LIST, per dialogare con loro dell’insurrezione digitale e delle sfide dell’informatica del futuro. Moderati da Claudio Giua, saranno sul palco i professori Antonio Bicchi, Nicoletta De Francesco, Paolo Ferragina, Gianluigi Ferrari, Emanuela Navarretta ed Enrica Salvatori, e gli studenti Fulvio Denza e Ismail El Gharras. L’incontro si terrà nell’Aula Magna del Polo Fibonacci, a partire dalle ore 17,30.
Da sinistra, Gian Luigi Ferrari, Nicoletta De Francesco, Paolo Mancarella
Il ciclo Informatica50 si snoda lungo tre filoni che richiamano la struttura classica dei computer: la memoria, l’elaborazione e la comunicazione. La parte della memoria sarà dedicata a eventi tesi a ricostruire storie e ricordi dei primi laureati, in un dialogo con gli studenti attuali e con il pubblico. In questo ambito sarà allestita una mostra per valorizzare la collezione del Museo degli Strumenti per il Calcolo e sarà realizzato un web doc su alcuni dei principali protagonisti e sull'evoluzione della storia informatica pisana. Per la sezione dell’elaborazione la sfida sarà quella di delineare gli scenari futuri della ricerca informatica. Il tema comunicazione sarà infine declinato a partire da tutti i fenomeni che coinvolgono la cosiddetta società digitale, arrivando a illuminare i rapporti tra informatica e aspetti della vita quotidiana e dell'arte, dalla musica al cinema, dalla video arte ai fumetti e ai videogiochi. Studiosi di varie discipline racconteranno quale sarà l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, quali gli spazi di libertà nella società delle reti sociali e dei Big Data, sino a parlare delle forme di entertainment sul web. Attraverso un bando pubblico sarà infine selezionato il progetto per realizzare un'opera artistica permanente che ricordi il primato di Pisa nella nascita e nella crescita dell’informatica italiana.
“Il corso di laurea in Scienze dell’Informazione è il motivo per cui, nel 1977, mi trasferii a Pisa: celebrare da Rettore i 50 anni dalla sua istituzione è per me molto emozionante e coinvolgente - ha detto il professore Paolo Mancarella - Il percorso che iniziò allora ha portato la nostra Università a livelli di eccellenza, confermati anche quest’anno dagli ottimi piazzamenti della disciplina nei ranking internazionali. Sta a noi continuare su questa strada e puntare sempre più in alto, con lo stesso entusiasmo di allora che speriamo di continuare a trasmettere ai nostri giovani ricercatori di oggi”.
“L’avventura informatica pisana, che era iniziata già negli anni 50 con la costruzione del primo computer italiano, la CEP, merita di entrare a far parte della memoria collettiva e di arricchire di un ulteriore tassello la storia della città – ha sottolineato la professoressa Nicoletta De Francesco - Queste celebrazioni riguardano non solo l’università, ma tutta la città e per questo collaboreremo strettamente anche con il Comune di Pisa nelle varie iniziative”.
"Come 50 anni fa - ha detto il direttore del dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari - l’informatica è anche oggi una giovane disciplina scientifica in grado di sviluppare innovazione e rispondere alle esigenze della società attuale. Essa è stata fondata da persone che hanno avuto una visione strategica: introdurre una laurea innovativa con una forte base scientifica e una stretta collaborazione interdisciplinare. Il valore e il merito dell’Università di Pisa sta nell'aver portato questa visione all’attenzione nazionale e internazionale. I 50 anni del corso di laurea saranno quindi una festa per parlare del passato e del presente dell’informatica e soprattutto un’occasione per delineare il futuro della disciplina e in generale della nostra società”.
"Informatica50": la storia
Furono due matematici i padri del primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione d’Italia istituito all’Università di Pisa 50 anni fa, nel 1969: l’allora rettore, Alessandro Faedo, e il professor Gianfranco Capriz, all’epoca direttore dell'Istituto di Elaborazione dell'Informazione del CNR. Una data che segna uno dei passaggi fondamentali della rivoluzione digitale del nostro Paese e che conferma il ruolo della città della Torre e di Galileo Galilei nella storia dell’Informatica in Italia.
È infatti a Pisa che venne costruito il primo calcolatore scientifico italiano, la CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), realizzato su suggerimento di Enrico Fermi e inaugurato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1961. Sulla scia di questo progetto, nel 1969, nacquero il più importante centro di calcolo elettronico nazionale (CNUCE) del Paese, poi confluito nel CNR, il primo Istituto (universitario) di Scienze dell’Informazione (ISI), avo dell’attuale Dipartimento di Informatica, e con esso appunto il primo corso di laurea in Informatica d’Italia e successivamente, nel 1983, il primo Dottorato di Ricerca in Informatica in Italia. Sempre a Pisa, nel 1986, è partita la prima connessione a Internet in Italia, motivo per cui la città ospita ancora il registro dei domini nazionali .it.
In questa storia l’Università di Pisa ha continuato e continua ad avere un ruolo da di protagonista. A partire dagli anni ’90, oltre a investire nell’insegnamento e nella ricerca, ha infatti dato contributi rilevanti alle reti di comunicazione: prima con lo sviluppo della rete metropolitana pisana (oggi estesa fino a Livorno) che serve circa 100.000 utenti; poi contribuendo alla creazione della rete nazionale a banda ultra-larga dedicata alla comunità dell'istruzione e della ricerca (GARR); e più recentemente con la realizzazione delle infrastrutture Data Center indispensabili per affrontare la ricerca in ormai tutte le discipline.
Dagli anni ’90, all’interno dell’area degli ex Macelli, l’Università di Pisa – d’intesa con il Comune di Pisa – ha inoltre aperto il Museo degli Strumenti per il Calcolo, dove è possibile vedere la CEP e una ricca collezione di macchine legate alla storia del calcolo e dell’Informatica, uno spazio per capire le rivoluzioni tecnologiche che hanno portato al nostro modo di vivere.
Selezione per un collaboratore esperto linguistico (CEL) di lingua ebraica, con rapporto di lavoro a tempo determinato e parziale. Scad. 26/3
A Pisa la tappa della Coppa del Mondo di scherma paralimpica
Torna a Pisa per il quinto anno consecutivo una delle prove di Coppa del Mondo di scherma paralimpica, valida come qualifica per Tokio 2020. La tappa pisana si svolgerà da giovedì 21 a domenica 24 marzo nella sede del PalaCUS. Dopo il grande successo delle scorse edizioni, la Federazione Italiana Scherma ha, infatti, ritenuto di ricandidare la città della Torre anche per questa stagione e ancora attraverso l’organizzazione della storica Società U.S. Pisascherma.
In programma dodici gare individuali previste per le specialità di fioretto, spada e sciabola (categorie A e B secondo disabilità, maschile e femminile) più 2 gare a squadre. Le gare avranno inizio alle ore 09.00 e termineranno con le cerimonie di premiazione alle 17.30 tutti i giorni, escluso la domenica (ore 16). Circa 450 gli atleti in gara e le persone dello staff attesi (quasi il doppio rispetto allo scorso anno), in rappresentanza di 32 nazioni: Argentina, Azerbaijan, Brazil, Belarus, Belgium, Canada, China, Estonia, France, Georgia, Germany, Great Britain, Greece, Hong Kong, Hungary, Iraq, Israel, Italy, Japan, Korea, Latvia, Lebanon, Macao, Malaysia, Poland, Russia, Spain, Switzerland, Thailand, Turkie, Ukraine, Usa.
«È con grande orgoglio - dichiara il Sindaco di Pisa Michele Conti - che la città di Pisa ospita la quinta edizione della Coppa del mondo di scherma paralalimpica, a conferma della grandissima tradizione della scherma pisana che è stata protagonista, con campioni olimpionici come Simone Vanni, del successo della scherma italiana in tutto il mondo. Sarà un’occasione importante per la città non solo a livello sportivo, ma anche e soprattutto per dimostrare la grande attenzione dedicata all’accoglienza delle persone con disabilità, in questo caso campioni olimpionici come Bebe Vio, che sono diventati testimonial per il loro coraggio e la loro forza di volontà nell’abbattimento delle barriere non solo fisiche, ma mentali, che spesso limitano le possibilità delle persone con disabilità».
«Ringrazio l’A.S. Pisa Scherma, il CUS e l’Università di Pisa – prosegue il Sindaco - per aver dato vita a questa manifestazione, dimostrando una forte sensibilità a questi temi: Ricordo che l’Università ha nominato uno specifico prorettore e ha realizzato servizi dedicati agli studenti con disabilità, così come la nostra Amministrazione ha espresso una delega specifica alla disabilità. È nostra ferma volontà non solo sostenere iniziative che aprano lo sport a tutti, ma anche e soprattutto agire concretamente come Amministrazione, come stiamo facendo proprio in questi giorni con i cantieri partiti sui Lungarni, per abbattere le barriere architettoniche e rendere la città sempre più accessibile a tutti».
«L'US Pisascherma è onorata di essere stata incaricata dalla Federazione Italiana Scherma per il quinto anno consecutivo dell'organizzazione di questa competizione nella quale sono coinvolti, in modi diversi, tutti i componenti della nostra grande famiglia - dichiara Giovanni Calabrò, presidente della società -. Con il supporto della Società della Salute zona pisana e dell'Amministrazione comunale riteniamo di aver creato un ambiente ideale per questa qualifica pre-olimpica dal punto di vista tecnico e di poter proporre al meglio un turismo accessibile per coloro che approfitteranno di questa occasione per vivere la nostra città».
«Salutiamo con entusiasmo – afferma l’assessore alla disabilità Rosanna Cardia - una manifestazione sportiva di risonanza internazionale e di qualità per il pregio degli atleti che partecipano, che ci aiuta a diffondere la cultura dello sport alla portata di tutti. La presenza di grandi atleti ormai conosciuti da tutti come esempio di forza e coraggio, rappresentano il più efficace invito alla pratica sportiva rivolto a tutti, per il valore e i benefici che l’attività comporta, anche senza il raggiungimento di livelli di eccellenza. Nell’edizione di quest’anno, che vede anche la partecipazione di Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico Italiano, abbiamo lavorato come Comitato organizzatore per far partecipare attivamente tutta la città, coinvolgendola nella riuscita di un evento che conferma Pisa città sensibile all’accoglienza e all’accessibilità, sia in ambito sportivo, che turistico, ricordando, a questo proposito, che l’evento coincide proprio con il fine settimana di festeggiamenti del Capodanno Pisano».
«Riteniamo che in tema di disabilità – spiega l’assessore alle politiche sociali e presidente della Società della Salute Gianna Gambaccini - non si debba parlare soltanto di diritti, ma anche di doveri da parte di chi governa: rendere la città accessibile e favorire l'accoglienza verso tutti deve rappresentare una priorità nell’azione amministrativa. Proprio sabato 23 marzo, in concomitanza con la Coppa del Mondo di scherma paralimpica, è in programma a Pisa una intera giornata dedicata al “Il Progetto Itaca” (Itinerari Turistici Accessibili e Aperti), di cui è capofila la Società della Salute della Zona Pisana, che prevede, all’interno del programma del Capodanno Pisano, visite guidate a 4 itinerari di grande interesse turistico nei quartieri storici di Pisa (Sant’Antonio, Santa Maria, San Francesco, San Martino) per verificare e testare insieme le caratteristiche di effettiva accessibilità». (Fonte Ufficio Stampa Comune di Pisa).
«Anche quest’anno siamo orgogliosi di accogliere presso il nostro CUS gli atleti della Coppa del Mondo di scherma paralimpica - dichiara la professoressa Antonella Del Corso, prorettrice per gli Studenti dell'Università di Pisa - Con le attività svolte dal CUS Pisa, il nostro Ateneo dimostra quotidianamente massima attenzione e grande sensibilità per il valore sociale dello sport e per il significato più profondo del rapporto tra sport e disabilità».
Conferma infatti il commissario del Cus Pisa Marco Treggi: «Il Centro universitario sportivo pisano ha messo a disposizione le sue strutture e le sue professionalità per contribuire alla buona riuscita della competizione che coniuga i valori dello sport con quelli dell’impegno sociale: principi che, insieme alla particolare attenzione verso le disabilità, il Cus Pisa promuove quotidianamente nelle sue attività».
Presente alla conferenza stampa anche Yuri Bianchi per Sport For Children Onlus che in occasione della manifestazione promuove un'iniziativa che unisce due grandi momenti di sport: la Carrarese, in maniera del tutto gratuita, ha infatti concesso lo spazio sopra la propria divisa nella partita contro il Pisa Sporting Club per applicarvi il logo di questa tappa Mondiale Paralimpica.
I consumatori europei più disponibili a cibarsi di insetti sono giovani, maschi e di buona cultura
Giovani maschi e di buona cultura, ecco gli europei più propensi a consumare gli insetti come cibo. L’identikit emerge da un articolo pubblicato sulla rivista “Food Research International” da un team del dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa guidato dalla professoressa Gisella Paci e composto dai dottori Simone Mancini, Roberta Moruzzo e Francesco Riccioli. I ricercatori hanno messo insieme e confrontato i dati provenienti da una quarantina di studi pubblicati dal 2012 ad oggi per capire quali categorie di persone più disponibili ad accettare gli insetti nel proprio piatto.
“Gli uomini fra i venti e i trenta anni sono i consumatori più interessati, soprattutto per una questione di curiosità – spiega Simone Mancini che sta svolgendo alcuni progetti di ricerca sul tema degli insetti edibili – e questo vale sia al livello italiano che europeo, come indicano le ricerche svolte sulle fasce di popolazione più giovani come ad esempio gli studenti universitari”.
Fattore curiosità a parte, dalla rassegna condotta dai ricercatori dell’Ateneo pisano emerge che le persone preferiscono comunque consumare gli insetti come ingredienti piuttosto che interi. Il disgusto provocato dal vederli gioca infatti un ruolo fondamentale, soprattutto perché nella cultura occidentale sono spesso associati all’idea di sporco e di contaminazione. Se invece gli insetti edibili sono trasformati in “polvere” e addizionati come ingrediente a un prodotto noto, la repulsione scende notevolmente.
“Gli insetti fanno parte della dieta tradizionale e sono storicamente consumati come animali di allevamento e di cattura in Asia, Africa, Sud America e Centro America – sottolinea Gisella Paci – la sfida è di capire come anche in occidente si possa accettare culturalmente questo nuovo cibo”.
A favore del consumo degli insetti giocherebbero infatti molti fattori. Numerosi studi scientifici per esempio evidenziano il loro alto valore nutrizionale come fonte proteica, di lipidi, minerali e vitamine, caratteristica che unita alle ridotte richieste di superficie, ha spinto le agenzie spaziali a studiarli come possibile cibo nelle missioni spaziali. Ma considerata la questione dell’impatto ambientale, gli insetti si candiderebbero come nutrimento del futuro anche per il nostro pianeta. Non a caso le Nazioni Unite li hanno individuati come una possibile risposta al crescente bisogno di proteine dovuto all'incremento della popolazione umana stimata in 9,7 miliardi nel 2050.
“L’interesse verso gli insetti ci riguarda direttamente dato che nei prossimi anni, specie dopo la direttiva europea sul novel food in vigore dal gennaio del 2018, troveremo sicuramente questi prodotti negli scaffali dei supermercati come già accade nel nord Europa, Belgio e Olanda in primis, e fuori l’Unione europea, nella vicina Svizzera – conclude Gisella Paci - in questa ottica sarà quindi necessario pensare ai processi di allevamento e di trasformazione in termini di investimento e di nuove strategie gestionali, il tutto unito ad un imprescindibile impegno informativo e comunicativo per aumentare l'accettabilità degli insetti nella cultura occidentale, che faccia leva sugli aspetti economici, ambientali e sociali”.
I consumatori europei più pronti a cibarsi di insetti? Giovani, maschi e di buona cultura
Giovani maschi e di buona cultura, ecco gli europei più propensi a consumare gli insetti come cibo. L’identikit emerge da un articolo pubblicato sulla rivista “Food Research International” da un team del dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa guidato dalla professoressa Gisella Paci e composto dai dottori Simone Mancini, Roberta Moruzzo e Francesco Riccioli. I ricercatori hanno messo insieme e confrontato i dati provenienti da una quarantina di studi pubblicati dal 2012 ad oggi per capire quali categorie di persone più disponibili ad accettare gli insetti nel proprio piatto.
“Gli uomini fra i venti e i trenta anni sono i consumatori più interessati, soprattutto per una questione di curiosità – spiega Simone Mancini che sta svolgendo alcuni progetti di ricerca sul tema degli insetti edibili – e questo vale sia al livello italiano che europeo, come indicano le ricerche svolte sulle fasce di popolazione più giovani come ad esempio gli studenti universitari”.
Fattore curiosità a parte, dalla rassegna condotta dai ricercatori dell’Ateneo pisano emerge che le persone preferiscono comunque consumare gli insetti come ingredienti piuttosto che interi. Il disgusto provocato dal vederli gioca infatti un ruolo fondamentale, soprattutto perché nella cultura occidentale sono spesso associati all’idea di sporco e di contaminazione. Se invece gli insetti edibili sono trasformati in “polvere” e addizionati come ingrediente a un prodotto noto, la repulsione scende notevolmente.
Insetti edibili sulle nostre tavole, mangeremo così?
“Gli insetti fanno parte della dieta tradizionale e sono storicamente consumati come animali di allevamento e di cattura in Asia, Africa, Sud America e Centro America – sottolinea Gisella Paci – la sfida è di capire come anche in occidente si possa accettare culturalmente questo nuovo cibo”.
A favore del consumo degli insetti giocherebbero infatti molti fattori. Numerosi studi scientifici per esempio evidenziano il loro alto valore nutrizionale come fonte proteica, di lipidi, minerali e vitamine, caratteristica che unita alle ridotte richieste di superficie, ha spinto le agenzie spaziali a studiarli come possibile cibo nelle missioni spaziali. Ma considerata la questione dell’impatto ambientale, gli insetti si candiderebbero come nutrimento del futuro anche per il nostro pianeta. Non a caso le Nazioni Unite li hanno individuati come una possibile risposta al crescente bisogno di proteine dovuto all'incremento della popolazione umana stimata in 9,7 miliardi nel 2050.
Dopo la direttiva europea sul novel food sarà questa la nostra dieta?
“L’interesse verso gli insetti ci riguarda direttamente dato che nei prossimi anni, specie dopo la direttiva europea sul novel food in vigore dal gennaio del 2018, troveremo sicuramente questi prodotti negli scaffali dei supermercati come già accade nel nord Europa, Belgio e Olanda in primis, e fuori l’Unione europea, nella vicina Svizzera – conclude Gisella Paci - in questa ottica sarà quindi necessario pensare ai processi di allevamento e di trasformazione in termini di investimento e di nuove strategie gestionali, il tutto unito ad un imprescindibile impegno informativo e comunicativo per aumentare l'accettabilità degli insetti nella cultura occidentale, che faccia leva sugli aspetti economici, ambientali e sociali”.
Tradurre per un’Europa multilingue nell’era digitale
Martedì 19 marzo, alle ore 12, nell’aula Magna di Palazzo Boilleau (in via Santa Maria 85), Katia Castellani (Antenna della Direzione della Traduzione alla Commissione Europea, Rappresentanza in Italia) incontrerà gli studenti dei corsi di laurea del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica per parlare loro di “Tradurre per un’Europa multilingue nell’era digitale”.
Dopo un primo evento dedicato a “L’Europa delle carriere e delle opportunità”, svolto il 3 dicembre scorso, il dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica prosegue la sua missione di collegamento con il mondo delle professioni a livello internazionale. In particolare, questa iniziativa, con la presenza di Katia Castellani, si configura come uno speciale momento formativo e informativo volto a introdurre gli studenti dei corsi di laurea più orientati alla formazione plurilingue in prospettiva traduttiva (Lingue e Letterature Straniere, Linguistica e Traduzione), e tutti gli interessati, al mondo dei profili professionali e istituzionali in ambito europeo.
La presenza di Katia Castellani a Pisa permetterà, inoltre, di mettere a punto l’organizzazione della Giornata Europea delle Lingue, in programma per il 26 settembre prossimo, a cui il dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica e la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia stanno lavorando, in sinergia con le istituzioni dell’Ateneo pisano.
Il futuro della ricerca è nella scienza aperta?
E’ un bene per la ricerca scientifica di frontiera che i risultati di studi e ricerche siano liberamente accessibili alla comunità scientifica e al pubblico? Questa domanda sarà al centro di un dibattito che si svolgerà martedì 19 marzo dalle 9 nel Palazzo della Sapienza dell’Università di Pisa. La giornata vede coinvolti i vertici degli enti di ricerca europei, del mondo accademico e dell’editoria scientifica internazionale. Saranno presenti fra gli altri insieme al rettore dell’Ateneo pisano Paolo Mancarella, il vice presidente dell’European Research Council, Fabio Zwirner, la vice-presidente della Regione Toscana Monica Barni e il presidente del CNR Massimo Inguscio. Per l’Università di Pisano parteciperanno i vincitori dei finanziamenti dell'European Research Council accanto al prorettore per la ricerca in ambito europeo e internazionale Lisandro Benedetti-Cecchi.
Dopo la conferenza internazionale di aprile dello scorso anno e l'incontro di giugno sulla proposta della Commissione Europea, quello del 19 marzo è il terzo appuntamento che l'Università di Pisa organizza in vista di "Horizon Europe", il Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione 2021-2007. La “Scienza aperta” o “Open Science” è infatti un tema di straordinario rilievo, oltre che di grande attualità, dato che la Commissione Europea chiede di rendere liberamente disponibili le pubblicazioni scientifiche e i dati della ricerca. L’incontro in Sapienza vuole quindi sviluppare una riflessione sul tema cercando di offrire un proprio contributo su come la ricerca di frontiera possa realmente beneficiare di un approccio aperto alla scienza, senza tuttavia rinunciare ai suoi tratti distintivi in termini di qualità e competitività.
Perché non possiamo fare a meno dell’Europa
Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, è autore del libro Perché non possiamo fare a meno dell’Europa. Contro la retorica anti-euro di sovranisti e populisti (Altreconomia, 2019).
Presentiamo di seguito un estratto dal volume.
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Cos’è ora realmente l’Europa? Difficile dirlo in modo organico e chiaro. Per gli euroscettici l’Europa rappresenta il male assoluto, il bersaglio contro cui indirizzare tensioni altrimenti disomogenee, l’universo simbolico che permette la tenuta di piattaforme programmatiche capaci di legare formazioni politiche e sociali inconciliabili su un’infinita serie di altri piani. Soprattutto, in maniera assai semplicistica, la condanna dell’Europa e dell’euro consente di immaginare un futuro più roseo e più felice per il solo fatto di porre fine ad una condizione esistente senza dover concepire formule concretamente alternative. Attaccare l’Europa permette di raccogliere consensi e voti, a prescindere.
Per gran parte degli europeisti, invece, l’Europa rappresenta un’amplificazione delle singole realtà nazionali: esistono un’Europa francese, un’Europa tedesca, un’Europa nordica, un’Europa mediterranea e varie altre declinazioni dove l’elemento decisivo non è l’appartenenza europea ma la visione nazionale trasferita in una dimensione continentale. L’idea autosufficiente di Europa, dotata di un valore in se stessa, sembra del tutto assente, così come risultano molto deboli le prospettive culturali e i linguaggi politici condivisi persino negli ambienti che si dichiarano europeisti.
In termini di regole l’Europa di Maastricht è decisamente superata e per molti versi anche tradita da numerose violazioni dei suoi parametri; praticamente nessun Paese rispetta il rapporto del 60% tra debito e Pil e anche il vincolo del deficit inferiore al 3% del Pil appare in molti casi illusorio. Manca, poi, l’indispensabile Europa fiscale, che dovrebbe eliminare la concorrenza tra i vari Stati membri, combattuta a colpi di aliquote stracciate. Manca l’Europa bancaria, ad oggi limitata ad astruse e terroristiche misure destinate ad aggredire i conti dei correntisti. Manca, ancora, la possibilità per la Bce di intervenire direttamente alle aste dei titoli pubblici per acquistarli prima che finiscano, ormai bolliti, sul mercato secondario.
Ma allora perché così tanta attenzione all’Europa e ai suoi giudizi? Perché i sovranisti non riescono a convincere neppure i loro governi a praticare il più volte gridato “me ne frego”? Perché dopo aver urlato all’Europa matrigna, bisogna accettare, controvoglia, di farci i conti? Il perché sta, in estrema sintesi, nella sua indispensabilità, pur contestata e negata. Alla prova dei fatti, senza moneta comune e senza una per quanto flebile idea di Europa, i singoli Stati affonderebbero rapidamente come dimostra il fatto che ad ogni sussulto “troppo nazionalistico” il mondo, e non solo i mercati, si spaventa e reagisce per evitare il disastro di un pianeta retto solo da Trump, Putin e Xijimping; gli unici interessati non alla sparizione ma alla sudditanza dell’Europa. Per frenare la crisi finanziaria più grave di sempre è servito il “whatever it takes” di Draghi e per far tornare i debiti pubblici, e privati, collocabili a prezzi sostenibili è servito l’accordo con la Commissione europea sia in Grecia, dove è stato durissimo, sia in Irlanda sia in altre parti dell’Europa.
Gli Stati possono proclamarsi forti e sovrani ma la loro debolezza nel mondo globale dei colossi e della rinata geopolitica impone l’adesione, se non l’appartenenza, europea, anche soltanto ipocritamente formale.