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Per il secondo anno consecutivo l’Università di Pisa scala posizioni nella classifica internazionale degli atenei pubblicata dal Times Higher Education, piazzandosi tra il 301° e il 350° posto su un totale di oltre 1250 università selezionate tra le più prestigiose al mondo. Rispetto all'edizione dello scorso anno, l'Ateneo pisano guadagna una cinquantina di posizioni salendo quindi in una fascia più alta.
A livello italiano, l'Ateneo pisano si classifica nella fascia tra 8° e 11° posto, insieme a Milano, Napoli "Federico II" e Politecnico di Milano, su un totale di 43 istituzioni censite, recuperando quattro posizioni rispetto all’anno precedente.
Il piazzamento dell’università di Pisa è in buona parte dovuto all’impatto della ricerca, che vede l'Ateneo nel 20% della top mondiale per quanto riguarda le citazioni ricevute dagli articoli scientifici pubblicati dai propri ricercatori.
"Il ranking del Times Higher Education - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - vede la nostra Università ancora in crescita rispetto allo scorso anno, già molto positivo, e ci conferma nella ristretta élite delle migliori università italiane. Se escludiamo le scuole e i politecnici, che per dimensioni e mission sono difficilmente comparabili con grandi università generaliste come la nostra, il nostro Ateneo è infatti tra le prime 5 o 6 migliori istituzioni accademiche in Italia, con la capacità di coniugare l'elevato standard della sua ricerca con una formazione di qualità rivolta a quasi 50 mila studenti. Mi piace pensare che questo risultato sia dovuto anche alle politiche di sostegno alla ricerca messe in atto in questi primi due anni di mandato".

world rankings 2019Per il secondo anno consecutivo l’Università di Pisa scala posizioni nella classifica internazionale degli atenei pubblicata dal Times Higher Education, piazzandosi tra il 301° e il 350° posto su un totale di oltre 1250 università selezionate tra le più prestigiose al mondo. Rispetto all'edizione dello scorso anno, l'Ateneo pisano guadagna una cinquantina di posizioni salendo quindi in una fascia più alta.

A livello italiano, l'Ateneo pisano si classifica nella fascia tra 8° e 11° posto, insieme a Milano, Napoli "Federico II" e Politecnico di Milano, su un totale di 43 istituzioni censite, recuperando quattro posizioni rispetto all’anno precedente e confermandosi al primo posto tra le università generaliste in Toscana.

Il piazzamento dell’università di Pisa è in buona parte dovuto all’impatto della ricerca, che vede l'Ateneo nel 20% della top mondiale per quanto riguarda le citazioni ricevute dagli articoli scientifici pubblicati dai propri ricercatori.

"Il ranking del Times Higher Education - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - vede la nostra Università ancora in crescita rispetto allo scorso anno, già molto positivo, e ci conferma nella ristretta élite delle migliori università italiane. Se escludiamo le scuole e i politecnici, che per dimensioni e mission sono difficilmente comparabili con grandi università generaliste come la nostra, il nostro Ateneo è infatti tra le prime 5 o 6 migliori istituzioni accademiche in Italia, con la capacità di coniugare l'elevato standard della sua ricerca con una formazione di qualità rivolta a quasi 50 mila studenti. Mi piace pensare che questo risultato sia dovuto anche alle politiche di sostegno alla ricerca messe in atto in questi primi due anni di mandato".

Un team di scienziati della Yale School of Medicine e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha individuato una particolare popolazione di cellule staminali, dette neuroepiteliali, che si sono rivelate particolarmente efficaci nel riparare le lesioni al midollo spinale. La sperimentazione condotta su modelli animali ha mostrato che queste particolari cellule sono in grado di integrarsi nel tessuto danneggiato, estendere prolungamenti per alcuni centimetri dopo il trapianto e fornire un recupero motorio e funzionale. Inoltre, come hanno evidenziato i test di laboratorio, il recupero è proporzionale all’entità alla lesione: se ad esempio il danno al midollo spinale non supera il 25%, c’è un miglioramento significativo nell’uso degli arti inferiori entro due mesi.
“Per la prima volta, grazie a questo studio è stato quindi dimostrato che l’origine anatomica delle cellule staminali ha una importanza cruciale per il successo del trapianto”, spiega Marco Onorati, ricercatore dell’Unità di Biologia Cellulare e dello Sviluppo del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo Pisano, e fra i primi autori dello studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications”.
Infatti, per quanto simili in vitro, le cellule staminali neuronali che hanno un’origine analoga a quella del tessuto ricevente (in questo caso il midollo spinale) si sono rivelate molto più efficienti di quelle con una diversa derivazione (ad esempio provenienti dal cervello) nel ripristinare le connessioni del midollo lesionato e garantire la formazione di nuovi circuiti neuronali.
“Non tutte le cellule staminali hanno quindi le stesse potenzialità – conclude Marco Onorati – e quello che ora sappiamo grazie a questo studio sulle cellule staminali neuroepiteliali e su come agiscono nel caso di lesione al midollo spinale può rivelarsi utile per indirizzare il futuro della ricerca”.
Lo ricerca pubblicata su “Nature Communications” è stata coordinata dal professore Steve Strittmatter della Yale School of Medicine. In particolare, Marco Onorati ha guidato la parte sulla derivazione e la caratterizzazione delle cellule staminali neuroepiteliali umane e il loro differenziamento verso neuroni maturi per studiarne la funzione in vitro. Oltre a lui, gli altri primi coautori dell’articolo sono due ricercatori della Yale School of Medicine, Maria Teresa Dell’Anno (che adesso continua i suoi studi sulle cellule staminali in ambito neurologico presso la Fondazione Pisana per la Scienza) e Xingxing Wang.

A team of scientists from the Yale School of Medicine and the Department of Biology at the University of Pisa has identified a specific stem cell population, known as neuroepithelial stem cells, which have proved to be particularly effective in the repair in animal models of spinal cord injury.  The experiment demonstrated that these cells are able to integrate within the damaged tissue, extend processes by a few centimeters after the transplant and offer motor and functional recovery in the animals subjected to the treatment. Furthermore, as the laboratory tests show, recovery is proportionate to the extent of the injury: if, for example, the spinal cord damage is not higher than 25%, there is a significant improvement in the use of the lower limbs within two months.

“Thanks to this study, it has been demonstrated for the first time that the anatomical origin of stem cells is of vital importance to the success of transplants,” explains Marco Onorati, a researcher from the University of Pisa and one of the first authors of the study published in the “Nature Communications” journal.  

In fact, while similar in vitro, the neural stem cells which have the same origin as the recipient tissue (in this case the spinal cord) turned out to be much more efficient than those with a diverse origin (for example derived from the brain) at re-establishing connections with the damaged area and guaranteeing the formation of new neuronal circuits.

“Not all stem cells have the same potential,” concludes Marco Onorati, “and the knowledge we now have, thanks to this study on neuroepithelial stem cells and how they react in the case of spinal cord injury, could prove to be useful for future research.”

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Neuroepithelial stem cells (in green) transplanted into the animal model of spinal cord injury (in red)

Within the field of the study, Marco Onorati, a researcher from the Unit of Cell and Developmental Biology from the Department of Biology, directed the part dealing with the derivation and characterization of the human neuroepithelial stem cells and their differentiation into mature neurons in order to study their function in vitro. The study was coordinated by Professor Steve Strittmatter from the Yale School of Medicine. The other first co-authors of the research are Maria Teresa Dell’Anno (who is at present continuing her research on stem cells in the neurological field at the Fondazione Pisana per la Scienza) and Xingxing Wang.

 



 

Un team di scienziati della Yale School of Medicine e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha individuato una particolare popolazione di cellule staminali, dette neuroepiteliali, che si sono rivelate particolarmente efficaci nel riparare le lesioni al midollo spinale. La sperimentazione condotta su modelli animali ha mostrato che queste particolari cellule sono in grado di integrarsi nel tessuto danneggiato, estendere prolungamenti per alcuni centimetri dopo il trapianto e fornire un recupero motorio e funzionale. Inoltre, come hanno evidenziato i test di laboratorio, il recupero è proporzionale all’entità alla lesione: se ad esempio il danno al midollo spinale non supera il 25%, c’è un miglioramento significativo nell’uso degli arti inferiori entro due mesi.

“Per la prima volta, grazie a questo studio è stato quindi dimostrato che l’origine anatomica delle cellule staminali ha una importanza cruciale per il successo del trapianto”, spiega Marco Onorati, ricercatore dell’Unità di Biologia Cellulare e dello Sviluppo del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, e fra i primi autori dello studio pubblicato sulla rivista Nature Communications.

Infatti, per quanto simili in vitro, le cellule staminali neuronali che hanno un’origine analoga a quella del tessuto ricevente (in questo caso il midollo spinale) si sono rivelate molto più efficienti di quelle con una diversa derivazione (ad esempio provenienti dal cervello) nel ripristinare le connessioni del midollo lesionato e garantire la formazione di nuovi circuiti neuronali.

 

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Cellule staminali neuroepiteliali (in verde) trapiantate nel modello animale di midollo spinale lesionato (in rosso)

“Non tutte le cellule staminali hanno quindi le stesse potenzialità – conclude Marco Onorati – e quello che ora sappiamo grazie a questo studio sulle cellule staminali neuroepiteliali e su come agiscono nel caso di lesione al midollo spinale può rivelarsi utile per indirizzare il futuro della ricerca”.

Lo ricerca pubblicata su “Nature Communications” è stata coordinata dal professore Steve Strittmatter della Yale School of Medicine. In particolare, Marco Onorati ha guidato la parte sulla derivazione e la caratterizzazione delle cellule staminali neuroepiteliali umane e il loro differenziamento verso neuroni maturi per studiarne la funzione in vitro. Oltre a lui, gli altri primi coautori dell’articolo sono due ricercatori della Yale School of Medicine, Maria Teresa Dell’Anno (che adesso continua i suoi studi sulle cellule staminali in ambito neurologico presso la Fondazione Pisana per la Scienza) e Xingxing Wang.
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Riferimenti all’articolo scientifico:
Dell'Anno MT, Wang X, Onorati M (e altri), “Human neuroepithelial stem cell regional specificity enables spinal cord repair through a relay circuit”, Nature Communications



 

Mercoledì, 26 Settembre 2018 08:57

La Shoah vissuta dalle donne

La Shoah raccontata e vissuta dalle donne. E’ questo il tema dell’incontro a ingresso gratuito intitolato "Donne nei campi: Luciana, Giuliana, Liana, Frida e le altre" che si svolge giovedì 27 settembre alle 21 al Cinema Arsenale (Vicolo Scaramucci, Pisa). La serata, organizzata nell'ambito del ciclo "Italia, anno 5779" per San Rossore 1938, è introdotta dal professore Fabrizio Franceschini dell’Università di Pisa e proseguirà poi alle 21,30 con la proiezione del film di Daniele Segre "76847 Giuliana Tedeschi", la testimonianza di Giuliana Fiorentino Tedeschi, deportata nel lager nazista di Auschwitz/Birkenau.
“Un aspetto che al grande pubblico è poco noto - racconta Fabrizio Franceschini - è che tra i memoriali, racconti e diari pubblicati tra il ‘45 e il ‘46, quando Levi scriveva ‘Se questo è un uomo’, molti sono di donne, che da un punto di vista femminile narrano il lato femminile della Shoah e i misfatti consumati al lager di Birkenau presso Auschwitz, campo di lavoro femminile e insieme campo di sterminio per ebrei ed ebree, zingare e zingari, vecchi e vecchie, bambine e bambini”.
Tra queste donne c’è appunto Giuliana Fiorentino Tedeschi di cui racconta il film. Nata nel 1914 a Milano e ivi laureatasi in glottologia nel 1936, venne arrestata a Torino l’8 marzo 1944, giunse il 5 aprile 1944 ad Auschwitz e fu mandata a Birkenau, dove ricevette il n. 76847. Trasferita più tardi a Ravensbrück e quindi a Malchow presso Stettino, Giuliana venne liberata da russi e francesi il 22 aprile 1945. Tornata in Italia, pubblicò il volumetto ‘Questo povero corpo’, Milano 1946, cui seguiranno altre opere.
“Sentiremo la voce di Giuliana, ci lasceremo guardare dai suoi profondi occhi e ascolteremo la sua storia – conclude Franceschini - Ma sarà anche l’occasione per ricordare, nelle loro diverse personalità e storie, la torinese Luciana Nissim, la milanese Sofia Sara Kaufmann Schafranov, la pisana Eliana Millul, la livornese Frida Misul, la senese Alba Valech Capozzi, tutte donne ebree scrittrici il cui lascito memoriale e letterario costituisce una pagina alta delle scritture di donne”.

È stato assegnato ad Antonio Brogi, Andrea Canciani e Jacopo Soldani il “Best Paper Award” per il miglior contributo presentato alla settima edizione del congresso “European Conference on Service-Oriented and Cloud Computing”, che si è svolto a Como dal 12 al 14 settembre. Antonio Brogi è professore ordinario al dipartimento di Informatica e coordinatore del gruppo di ricerca in Service-Oriented, Cloud e Fog Computing (SOCC); Andrea Canciani e Jacopo Soldani sono ricercatori post-doc dello stesso dipartimento e membri del gruppo di ricerca SOCC.
Il contributo premiato, intitolato “True Concurrent Management of Multi-Component Applications”, fornisce un primo approccio in grado di automatizzare l’installazione e la gestione di applicazioni multi-component su più piattaforme cloud, considerando che i vari componenti che formano tali applicazioni possano evolvere in modo autonomo e asincrono. Il premio, sponsorizzato dalla “International Federation for Information Processing”, è stato assegnato dai comitati di organizzazione e di programma, che hanno riconosciuto l’originalità e l’importanza delle soluzioni proposte dai ricercatori dell'Ateneo pisano.

È stato assegnato ad Antonio Brogi, Andrea Canciani e Jacopo Soldani il “Best Paper Award” per il miglior contributo presentato alla settima edizione del congresso “European Conference on Service-Oriented and Cloud Computing”, che si è svolto a Como dal 12 al 14 settembre. Antonio Brogi è professore ordinario al dipartimento di Informatica e coordinatore del gruppo di ricerca in Service-Oriented, Cloud e Fog Computing (SOCC); Andrea Canciani e Jacopo Soldani sono ricercatori post-doc dello stesso dipartimento e membri del gruppo di ricerca SOCC.

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Il contributo premiato, intitolato “True Concurrent Management of Multi-Component Applications”, fornisce un primo approccio in grado di automatizzare l’installazione e la gestione di applicazioni multi-component su più piattaforme cloud, considerando che i vari componenti che formano tali applicazioni possano evolvere in modo autonomo e asincrono. Il premio, sponsorizzato dalla “International Federation for Information Processing”, è stato assegnato dai comitati di organizzazione e di programma, che hanno riconosciuto l’originalità e l’importanza delle soluzioni proposte dai ricercatori dell'Ateneo pisano.

Martedì, 25 Settembre 2018 10:11

Ultimi giorni per votare il progetto SaveMyBike

C’è tempo sino al 7 ottobre per votare e far vincere SaveMyBike, unico progetto italiano in lizza per RegioStars 2018, un premio assegnato alle migliori iniziative realizzate dalle regioni europee. Selezionato tra 102 candidature, SaveMyBike punta a incentivare l’uso delle biciclette in città e a prevenire i furti. Per votarlo basta andare al link http://ec.europa.eu/regional_policy/en/regio-stars-awards/finalists_2018/cat2_fin2. Il progetto più votato verrà premiato l’8 ottobre durante “La settimana delle regioni e delle città”.
SaveMyBike, in sperimentazione nel comune di Livorno, è coordinato da Tages, società cooperativa pisana che opera nel campo della pianificazione e progettazione dei sistemi di mobilità e trasporto, e vi partecipano il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa, il Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno e le aziende Geosolutions sas e NewGOO srl.

Martedì, 25 Settembre 2018 10:01

Ultimi giorni per votare il progetto SaveMyBike

C’è tempo sino al 7 ottobre per votare e far vincere SaveMyBike, unico progetto italiano in lizza per RegioStars 2018, un premio assegnato alle migliori iniziative realizzate dalle regioni europee.

Selezionato tra 102 candidature, SaveMyBike punta a incentivare l’uso delle biciclette in città e a prevenire i furti. Per votarlo basta andare a questo link, il progetto vincitore verrà premiato l’8 ottobre durante “La settimana delle regioni e delle città”.

SaveMyBike è coordinato da Tages, società cooperativa pisana che opera nel campo della pianificazione e progettazione dei sistemi di mobilità e trasporto delle persone e delle merci, e vi parteciapno il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa, il Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno e le aziende Geosolutions sas e NewGOO srl.

 

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Il team del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione che ha sviluppato il sistema, da sinistra a destra Ing. Andrea Michel, Prof. Paolo Nepa, Ing. Vittorio Franchina.


"Il sistema per rintracciare le biciclette – spiega Paolo Nepa, del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa – si compone di sensori che vengono installati sul veicolo e operano più o meno come il Telepass, e di una app, che si chiama GOOD_GO, tramite la quale i cittadini possono caricare la foto della propria bici e denunciarne il furto. Quando un ausiliare del traffico o un vigile, mediante un lettore portatile dei tag, ritrova una bici rubata, il suo cellulare manda l'avviso di ritrovamento al legittimo proprietario mediante la app”.

“La app GOOD_GO – aggiunge Massimiliano Petri, di Tages, che coordina il progetto (nella foto a destra, a Strasburgo dopo la cerimonia per i progetti finalisti)– serve anche a incentivare buone pratiche sulla mobilità: installandola sul proprio telefono i cittadini possono avere informazioni sulla mobilità sostenibile, come la percentuale di riduzione del rischio vascolare, l’abbattimento di Pm10, di traffico veicolare, e perfino il risparmio in termini di costi ogni volta che usano la bici. Inoltre possono partecipare a un gioco sociale che premia con diversi incentivi i comportamenti ecologicamente più sostenibili, in modo da sostituire sempre di più l’uso dell'auto con quello delle due ruote”.

 

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