Scoperto un nuovo “termometro” per studiare temperature e clima passato del pianeta
C’è un nuovo termometro per misurare e studiare le temperature e il clima passato del nostro pianeta. Si tratta del magnesio contenuto in particolari concrezioni, dette speleotemi, che si formano lentamente all’interno di piccoli laghi o pozze dentro le grotte. La scoperta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e realizzato da un team internazionale guidato dai professori Giovanni Zanchetta del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e Russell Drysdale dell’Università di Melbourne. Alla ricerca hanno inoltre collaborato per parte italiana l’Istituto di Geoscienze e Georisorse CNR e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Pisa.
“Analizzando le variazioni della concentrazione del magnesio negli speleotemi abbiamo la possibilità di registrare i cambiamenti di temperatura per centinaia di migliaia di anni”, spiega Giovanni Zanchetta.
In particolare la ricerca ha riguardato una “carota” proveniente da uno speleotema di un piccolo lago del sistema carsico dell'Antro del Corchia in Toscana, a circa 300 m di profondità nelle viscere della montagna, e cresciuto ininterrottamente durante gli ultimi 350 mila anni.
Operazioni di carotaggio laghetto basso del Corchia, terzo a sinistra Giovanni Zanchetta (Foto L. DeCesari)
“I risultati relativi alla concentrazione di magnesio coprono quindi gli ultimi quattro cicli glaciale-interglaciale, e sono confermati dalla corrispondenza con i record di temperatura della superficie del mare registrati nei sedimenti oceanici del Mediterraneo e dell’Atlantico”, continua Zanchetta.
Per verificare questa somiglianza, i ricercatori si sono focalizzati su un periodo chiamato Termination II – cioè la conclusione della penultima era glaciale, tra 136 e 128 mila anni fa. Durante questo periodo di riscaldamento, le temperature oceaniche sono aumentate di 8 gradi nel giro di poche migliaia di anni. Lo studio ad altissima risoluzione della speleotema del Corchia, unito alla determinazioni radiometrica dell’età con il metodo del decadimento radioattivo dell’Uranio in Torio, ha così mostrato un brusco aumento nella concentrazione del Mg, verificatosi esattamente in concomitanza del forte aumento delle temperature oceaniche.
“Questa ricerca è la prima a dimostrare che il magnesio in uno speleotema può fungere da indicatore di temperatura – conclude Zanchetta – la temperatura è uno dei parametri fondamentali nelle misurazioni climatiche e la stima delle temperature passate è quindi un tassello irrinunciabile per la ricostruzione del clima passato, e può aiutarci a capire come ogni regione risponda ai principali episodi di cambiamento climatico globale”.
Incarico sul tema: "Studio di diverse ipotesi di lay-out e di configurazioni tipologiche e volumetriche per nuovi edifici di aule, laboratori e altri edifici universitari. Definizione delle caratteristiche prestazionali e architettoniche"
Incarico di lavoro autonomo sul tema: "Traduzione dal russo di: articoli da riviste, saggi, capitoli di libri inerenti alla costruzione di Mosca capitale e della sua architettura. Redazione di materiale legato alla collaborazione tra università"
Riconoscimento per la professoressa Romano e l’Ateneo dal Journal of Cleaner Production
Il prestigioso Journal of Cleaner Production ha citato la professoressa Giulia Romano (foto a destra) del dipartimento di economia e management e l'Università di Pisa fra i "most productive authors" e "most influential institutions" nel periodo 2000-2019. In particolare la menzione sottolinea come punto di forza le relazioni internazionali instaurate con i più influenti studiosi del campo di ricerca investigato (water utility benchmarking).
“Ricordo che nel periodo 2014-2017 è stato attivo il Modulo Jean Monnet da me coordinato sul tema "European Water Utility Management" – dice Giulia Romano – e che sono tuttora attive collaborazioni con alcuni studiosi considerati come i più influenti al mondo ed in particolare il professore Rui Cunha Marques e la professoressa Maria Molinos Senante”.
Luigi Russo, comunista liberale nell’Italia del Novecento
Intellettuale, critico letterario, candidato come indipendente nelle fila del PCI in Sicilia, sua terra di origine, da dove era partito per frequentare la Scuola Normale Superiore e di cui era diventato direttore dal 1943 al ’48. Ma anche professore alle Università di Firenze e Pisa negli anni Venti e Trenta, fondatore della rivista Belfagor nel 1948 e certo fra i protagonisti della vita culturale italiana del Novecento.
Alla figura di Luigi Russo è dedicato l’ultimo libro del professore Alessandro Volpi del dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo pisano edito dalla Pisa University Press: “Una singolare militanza. Luigi Russo "comunista liberale" attraverso le sue corrispondenze”.
”Luigi Russo - spiega Alessandro Volpi - visse con estrema intensità le grandi discussioni che hanno attraversato la comunità degli intellettuali del nostro Paese, partecipando a ruvidi scontri nelle commissioni per i premi letterari e a vere e proprie battaglie campali combattute attorno a recensioni e concorsi a cattedra”.
E accanto alla “militanza” culturale anche quella politica, da “comunista liberale”, un tratto che il libro analizza a partire da corrispondenze in gran parte inedite del letterato siciliano. Ne emerge così il profilo di un comunista indipendente con la capacità di costruire una cultura politica, “popolare” e accademica al contempo, in grado di avvicinare la sinistra italiana ad una dimensione “nazionale” del comunismo.
“Da questo punto di vista – conclude Volpi - Luigi Russo appare come l’interprete in parte consapevole in parte involontario delle strategie del partito di Togliatti, impegnato nella ricerca di una vocazione maggioritaria dove far confluire un esteso patrimonio di idee, dal liberalismo, al socialismo progressista, fino ad un pezzo del cattolicesimo”.
Luigi Russo, comunista liberale nell’Italia del Novecento
Intellettuale, critico letterario, candidato come indipendente nelle fila del PCI in Sicilia, sua terra di origine, da dove era partito per frequentare la Scuola Normale Superiore e di cui era diventato direttore dal 1943 al ’48. Ma anche professore alle Università di Firenze e Pisa negli anni Venti e Trenta, fondatore della rivista Belfagor nel 1948 e certo fra i protagonisti della vita culturale italiana del Novecento. Alla figura di Luigi Russo è dedicato l’ultimo libro del professore Alessandro Volpi del dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo pisano edito dalla Pisa University Press: “Una singolare militanza. Luigi Russo "comunista liberale" attraverso le sue corrispondenze”.
”Luigi Russo - spiega Alessandro Volpi - visse con estrema intensità le grandi discussioni che hanno attraversato la comunità degli intellettuali del nostro Paese, partecipando a ruvidi scontri nelle commissioni per i premi letterari e a vere e proprie battaglie campali combattute attorno a recensioni e concorsi a cattedra”.
E accanto alla “militanza” culturale anche quella politica, da “comunista liberale”, un tratto che il libro analizza a partire da corrispondenze in gran parte inedite del letterato siciliano. Ne emerge così il profilo di un comunista indipendente con la capacità di costruire una cultura politica, “popolare” e accademica al contempo, in grado di avvicinare la sinistra italiana ad una dimensione “nazionale” del comunismo.
“Da questo punto di vista – conclude Volpi - Luigi Russo appare come l’interprete in parte consapevole in parte involontario delle strategie del partito di Togliatti, impegnato nella ricerca di una vocazione maggioritaria dove far confluire un esteso patrimonio di idee, dal liberalismo, al socialismo progressista, fino ad un pezzo del cattolicesimo”.
"Italiani emigrati all'estero": la mobilità intellettuale-economica e la cosiddetta fuga dei cervelli
Il volume “Italiani emigrati all’estero. Progettualità, rotte, adattamento e rientro in patria”, edito dalla Pisa University Press, raccoglie i risultati di una ricerca coordinata dal Centro Interdipartimentale per l'aggiornamento, la formazione e la ricerca educativa (CAFRE) dell'Università di Pisa.
Il volume e l'intera ricerca sono stati recentemente presentati nella sala stampa della Camera dei Deputati, nell'ambito di un incontro dedicato ad approfondire i temi dell'emigrazione italiana, della mobilità dei giovani e della fuga dei cervelli, di strategie per la valorizzazione del patrimonio umano di cui è ricco il Paese. Pubblichiamo di seguito il comunicato predisposto dal CAFRE.
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Il progetto "ItE Italiani Emigrati all’estero", durato diciotto mesi, è stato ideato e coordinato da Serena Gianfaldoni, docente di Gestione delle risorse umane, sostenuta nella conduzione della ricerca da un team multidisciplinare composto da oltre 170 persone fra esperti, docenti universitari di numerosi atenei italiani, 50 manager e 50 studenti dell’Università di Pisa, la maggior parte dei quali segue il corso di laurea in Ingegneria gestionale.
Il progetto ha previsto una fase di elaborazione statistica con la raccolta di 800 questionari e l’analisi di 34.000 dati, utili per offrire un quadro del migrante-tipo: i push factor che spingono ad emigrare; i pull factor che attraggono verso l’estero; le principali rotte; le problematiche nella fase di adeguamento; le strategie professionali; la rete di relazioni e il senso di appartenenza; i legami con la madre patria e l’eventuale rientro in Italia.
Nella fase di analisi qualitativa il fenomeno degli Italiani all’estero è stato invece analizzato nella sua complessità, con il contributo di qualificati esperti, da una prospettiva demografica, storica, filosofica, letteraria, economica, sociale, formativa.
I risultati della ricerca ItE sono stati raccolti in un cospicuo testo (oltre 800 pagine) edito dalla Pisa University Press e stampato con i contributi offerti dall'Ateneo per progetti speciali per la didattica 2019-20.
Nel testo “Italiani emigrati all’estero. Progettualità, rotte, adattamento e rientro in patria” compaiono anche alcune preziose strategie elaborate concordemente da manager, dirigenti e studenti coinvolti nel progetto per sostenere il sistema paese, favorendo da una parte la mobilità e la brain circulation, ma al tempo stesso gestendo il fenomeno e mitigando la cosiddetta “fuga dei cervelli”. Corredano il testo anche numerose storie di migrazione che testimoniano la persistenza e l’evoluzione di un fenomeno che continua a interessare numerosi Italiani talentuosi.
Secondo la coordinatrice Serena Gianfaldoni, “bisogna distinguere il fenomeno della mobilità che spinge molti Italiani a cercare nuove strade, percorsi professionali e opportunità all’estero, da quello che viene chiamato brain drain, fuga dei cervelli, legato a una dispersione dell’investimento formativo. Il nostro progetto di ricerca ha investigato per mesi, col supporto di qualificati esperti e l’analisi statistica un fenomeno chiaramente complesso. In riferimento alla migrazione giovanile, se da una parte si mostra necessario stimolare i giovani a viaggiare, provare esperienze internazionali, indispensabili per completare il percorso formativo, dall’altra parte è necessario però sostenere coloro che vorrebbero rimanere in Italia e fanno molta fatica a trovare una piena realizzazione. Da quanto è emerso, il nostro sistema paese dovrebbe migliorare l’offerta lavorativa per i giovani Italiani, laureati o diplomati, non solo nelle aree umanistiche. Dai dati raccolti, i giovani che emigrano non sembrano scappare dall’Italia, dalla cultura italiana, dalla rete di relazioni amicali o familiari intessute. Al contrario, risulta molto apprezzato lo stile di vita italiano. I nostri punti di forza però, non sembrano bastare. Dal campione che abbiamo esaminato viene troppo spesso lamentata la precarietà del lavoro, la difficoltà di fare carriera, uno scarso riconoscimento del valore e del talento, l’assenza di meritocrazia, una scarsa capacità attrattiva, una forma di immobilismo che ingessa l’Italia e il mercato del lavoro. Al contrario, all’estero, gli emigrati italiani sembrano trovare spazio per realizzare compiutamente il proprio percorso professionale, pur dovendo affrontare evidenti problematiche e una fase di adattamento che, indubbiamente, forma a una mentalità globale. Se risulta, infatti, che da una parte gli ambienti di lavoro all’estero risultano più stressanti e competitivi, risulta anche che all’estero sia più facile vedere riconosciute le proprie abilità, fare carriera, ottenere maggiori riconoscimenti economici e premi per giovani qualificati, oltre alla possibilità di lavorare nel settore disciplinare per il quale sono stati dedicati gli anni e le energie del periodo formativo. In ogni caso emerge che i nostri giovani sono ben considerati dal punto di vista della formazione, altamente qualificati per le posizioni offerte, capaci di portare valore e farsi apprezzare in ambiti professionali competitivi”.
Sul tema è intervenuto il professor Michele Lanzetta, direttore del CAFRE. “Il Progetto ItE - ha detto - mostra chiaramente l’urgenza di strategie coraggiose rivolte ai giovani e concordate fra università, aziende, istituzioni. Tra i punti di forza delle nostre iniziative è il coinvolgimento degli studenti nella progettazione, la formazione dei docenti e l'internazionalizzazione, strategie utili a migliorare il sistema paese".
Per maggiori informazioni e per guardare il video integrale della presentazione:
http://www-cafre.unipi.it/2020/10/convegno-italiani-emigrati-allestero.html
(fonte: CAFRE)