Mazzini e la passione per la musica
Aurelio Saffi, con Carlo Armellini e Giuseppe Mazzini uno dei triumviri che governarono la Repubblica romana del 1849, nelle sue memorie ha scritto che in quel periodo “Mazzini amava, sapendosi solo e non ascoltato - talora fra giorno, più spesso a tarda notte - cantare sotto voce, accompagnandosi colla chitarra; e avea tal voce che, modulata dal canto, scendeva al core". In effetti la musica è stata una delle grandi passioni di Giuseppe Mazzini, che soprattutto da giovane se ne era interessato sul piano teorico e aveva imparato a suonare la chitarra, eseguendo brani classici con una tecnica da molti contemporanei giudicata come nient’affatto rudimentale.
Questo tratto meno noto della personalità di Mazzini sarà al centro del programma di iniziative per l'apertura dell'anno della Domus Mazziniana tra venerdì 9 e domenica 11 marzo, in coincidenza con il 146° anniversario della sua morte, avvenuta a Pisa il 10 marzo del 1872. Sabato 10, alle ore 16, nella sede della Domus sarà infatti ricollocata una delle chitarre appartenute a Mazzini e sarà scoperta la relativa targa commemorativa, mentre alle 17 alla Gipsoteca di arte Antica si terrà la conferenza del Maestro Liutaio Federico Gabrielli sul restauro della chitarra e subito dopo il concerto dal titolo "Sola favella comune a tutte le Nazioni", in cui il Maestro Marco Battaglia si eserciterà nella prima esecuzione moderna con la chitarra appartenuta a Mazzini, suonando musiche di Niccolò Paganini, Mauro Giuliani e Johann Kaspar Mertz. Al concerto assisterà la ministra dell'Istruzione, Università e Ricerca, Valeria Fedeli.
La chitarra pisana - restaurata grazie al contributo dei Rotary Club di Milano Naviglio Grande San Carlo e di Milano Borromeo Brivio Sforza - si aggiunge nella sua piena fruibilità agli altri due esemplari esistenti, uno conservato all’Istituto Mazziniano di Genova e l'altro di proprietà del Maestro Battaglia. Apparteneva alla madre di Mazzini e su di essa Mazzini apprese da ragazzo i primi rudimenti musicali, sviluppando un amore per la musica che lo ha accompagnato per tutta la vita. Scorrendo le pagine del suo saggio sulla "Filosofia della musica" del 1836, Mazzini individua nella musica la “sola favella comune a tutte le Nazioni”, un linguaggio in grado cioè di trascendere le divisioni tra popoli e culture diverse. In numerose lettere inviate ad amici e alla madre, inoltre, Mazzini accenna ai suoi interessi musicali citando, con competenza sorprendente, autori e opere considerati capisaldi della storia della chitarra dell’Ottocento.
Il resto del programma per l'apertura dell'anno della Domus Mazziniana si articolerà nel modo seguente. Venerdì 9 la Domus sarà aperta dalle ore 8.30 alle 18, con la possibilità di effettuare una visita guidata alle ore 11.00 e alle 16,30 a cura del direttore Pietro Finelli. La mattina di sabato 10, alle ore 12,30, in Piazza Mazzini sarà deposta una corona davanti al monumento dedicato al patriota risorgimentale, mentre dalle ore 9 alle 13 la Domus sarà aperta con la possibilità di effettuare una visita guidata alle ore 11.30 con il professor Finelli. Anche domenica 11 la Domus sarà aperta la mattina dalle ore 10 alle 13, con visite guidate alle 10 e alle 12, e il pomeriggio dalle ore 15 alle 17, con visita guidata alle 16.
"Con le iniziative legate all'apertura dell'anno della Domus Mazziniana e con il restauro della chitarra appartenuta a Mazzini - ha detto il rettore Paolo Mancarella, che da alcuni mesi è stato nominato presidente della Domus - intendiamo consolidare e valorizzare quel legame tra Università di Pisa e Domus che fa parte della tradizione dell'Istituto, se solo pensiamo che tra i suoi fondatori c'è il rettore Augusto Mancini e che tra i presidenti molti sono stati i docenti dell'Ateneo, come Ezio Tongiorgi. Grazie a questa rinnovata collaborazione, la Domus ha ampliato i giorni e gli orari di apertura al pubblico, con aperture straordinarie un fine settimana al mese e la possibilità di visite su prenotazione. Un legame che sta trovando concreta attuazione in un fitto programma di iniziative legate al duplice appuntamento del 70° anniversario della Costituzione e del 170° della battaglia di Curtatone e Montanara”.
"Nel prossimo futuro - ha concluso il professor Mancarella - intendiamo operare per restituire sempre più la Domus ai cittadini e agli studiosi, con il progressivo ripristino di tutti i servizi: dal museo alla biblioteca, dall'archivio al centro di ricerca. La Domus, in definitiva, si dovrà caratterizzare non solo come centro di ricerca, ma soprattutto come luogo dove la ricerca scientifica si trasforma in dibattito pubblico e la storia diventa educazione alla cittadinanza attiva. In questo senso stiamo valutando proposte interessanti che ci vengono da qualificati interlocutori, come ad esempio quella di dare vita a un 'Centro per lo studio della democrazia' che potrebbe avere sede proprio qui”.
Una scuola intensiva sulla robotica marina per i ricercatori coreani del KRISO
Dal 5 al 10 marzo il dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa ha organizzato una scuola intensiva sulla robotica marina rivolta ai ricercatori del KRISO - Korean Research Institute of Ships and Ocean Engineering. La collaborazione, iniziata lo scorso anno, vede coinvolto il gruppo di robotica marina attivo al DII e al Centro di ricerca "E.Piaggio” dell'Ateneo, un riferimento internazionale sulle problematiche di guida e navigazione subacquea di veicoli autonomi per l'esplorazione oceanografica. Questa scuola rappresenta un primo importante passo verso una collaborazione di lungo termine tra i due gruppi di ricerca coinvolti, ed entro la fine dell'anno è prevista una visita dei ricercatori pisani presso le strutture del KRISO.
Nella foto: la delegazione coreana con il prorettore all'Internazionalizzazione, Francesco Marcelloni, l’organizzatore della scuola Riccardo Costanzi, ricercatore al DII, Andrea Caiti, coordinatore del gruppo di robotica subacquea del DII e del Centro “E.Piaggio”, e Paola Cappellini dell'Ufficio internazionale dell'Ateneo.
Sorpresa, Giove ha la forma di una “pera”
C’è la firma di due matematici dell’Università di Pisa, Andrea Milani e Daniele Serra, nello studio pubblicato sulla rivista «Nature» che ha misurato per la prima volta la componente asimmetrica in direzione nord-sud campo gravitazionale di Giove, uno degli elementi fondamentali per modellizzare la struttura interna del pianeta.
La ricerca fa parte di Juno, una missione della NASA che ha come obiettivo l’esplorazione di Giove. Una sonda spaziale, con nove strumenti usati per eseguire gli esperimenti, orbita attorno al pianeta gigante allo scopo di determinarne la struttura e la composizione interna, di studiarne l’atmosfera e di mapparne la magnetosfera.
In particolare, il gruppo di ricerca dell’Ateneo pisano, in collaborazione con le università La Sapienza di Roma, di Bologna-Forlì e il Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha lavorato alla determinazione del campo di gravità attraverso l’analisi di dati Doppler inviati dalla sonda.
“Grazie a finanziamenti dell’Agenzia Spaziale Italiana abbiamo sviluppato un software che implementa raffinati modelli matematici ad altissima precisione – spiega Daniele Serra – come conseguenza ora possiamo determinare con una accuratezza almeno mille volte migliore del passato la parte simmetrica del campo di gravità di Giove e per la prima volta anche la parte asimmetrica, cioè quella dovuta a una diversa distribuzione della massa rispetto all'equatore. Abbiamo scoperto che l’emisfero nord di Giove ha una distribuzione di massa diversa rispetto all’emisfero sud; per dirla in parole semplici: Giove ha la forma di una pera”.
“Poiché Giove ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del Sistema Solare – conclude Andrea Milani - avere una conoscenza completa e approfondita del pianeta e di come si è formato può fornire indizi sulla formazione del pianeta Terra e permetterebbe di fare un passo in avanti nella comprensione dell’origine della vita sulla Terra”.
What a surprise, Jupiter is pear-shaped
Andrea Milani and Daniele Serra, two mathematicians from the University of Pisa have published the study in the journal “Nature” which has, for the first time, measured the asymmetrical component in the north-south gravitational field of Jupiter. This is one of the fundamental elements for the modeling of the internal structure of the planet.
Jupiter (Image credit: NASA/JPL-Caltech/SwRI/ASI/INAF/JIRAM)
The research is part of Juno, a NASA mission whose goal is to explore Jupiter. A spacecraft with nine instruments needed to carry out the experiments, is orbiting around the giant planet to determine its internal structure and composition, study the atmosphere, and map the magnetosphere. In particular, the research group from the University of Pisa, in collaboration with La Sapienza University of Rome, the University of Bologna-Forlì and the NASA Jet Propulsion Laboratory, has worked on determining the gravitational field through the analyses of Doppler data sent from the probe.
“Thanks to funding from the Italian Space Agency we have developed software which implements high-precision, refined mathematical models,” explains Daniele Serra. “Consequently, we are now able to determine the symmetrical part of Jupiter’s gravitational field a thousand times more accurately than in the past, and for the first time also the asymmetrical part, i.e. the part determined by a diverse distribution of the mass with respect to the equator. We have discovered that Jupiter’s northern hemisphere has a different mass distribution than the southern hemisphere; in other words Jupiter is pear shaped.”
“Given that Jupiter has played a fundamental role in the evolution of the Solar System,” concludes Andrea Milani, ”a complete and in-depth knowledge of the planet and how it was formed can provide clues as to the formation of the planet Earth and further our understanding of the origin of life on Earth.”
Sorpresa, Giove ha la forma di una “pera”
C’è la firma di due matematici dell’Università di Pisa, Andrea Milani e Daniele Serra, nello studio pubblicato sulla rivista «Nature» che ha misurato per la prima volta la componente asimmetrica in direzione nord-sud campo gravitazionale di Giove, uno degli elementi fondamentali per modellizzare la struttura interna del pianeta.
La ricerca fa parte di Juno, una missione della NASA che ha come obiettivo l’esplorazione di Giove. Una sonda spaziale, con nove strumenti usati per eseguire gli esperimenti, orbita attorno al pianeta gigante allo scopo di determinarne la struttura e la composizione interna, di studiarne l’atmosfera e di mapparne la magnetosfera.
Un'immagine di Giove (Image credit: NASA/JPL-Caltech/SwRI/ASI/INAF/JIRAM)
In particolare, il gruppo di ricerca dell’Ateneo pisano, in collaborazione con le università La Sapienza di Roma, di Bologna-Forlì e il Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha lavorato alla determinazione del campo di gravità attraverso l’analisi di dati Doppler inviati dalla sonda.
“Grazie a finanziamenti dell’Agenzia Spaziale Italiana abbiamo sviluppato un software che implementa raffinati modelli matematici ad altissima precisione – spiega Daniele Serra – come conseguenza ora possiamo determinare con una accuratezza almeno mille volte migliore del passato la parte simmetrica del campo di gravità di Giove e per la prima volta anche la parte asimmetrica, cioè quella dovuta a una diversa distribuzione della massa rispetto all'equatore. Abbiamo scoperto che l’emisfero nord di Giove ha una distribuzione di massa diversa rispetto all’emisfero sud; per dirla in parole semplici: Giove ha la forma di una pera”.
“Poiché Giove ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del Sistema Solare – conclude Andrea Milani - avere una conoscenza completa e approfondita del pianeta e di come si è formato può fornire indizi sulla formazione del pianeta Terra e permetterebbe di fare un passo in avanti nella comprensione dell’origine della vita sulla Terra”.
Piante autoctone d’Italia: Piemonte, Toscana e Lombardia le regioni dove sono più numerose
Piemonte, Toscana e Lombardia vincono il podio della biodiversità per quanto riguarda il numero di piante autoctone d’Italia. È questo uno dei dati emersi dalla pubblicazione sulla rivista internazionale “Plant Biosystems” dell’elenco aggiornato e completo delle piante spontanee che crescono nel nostro Paese. A realizzare l’impresa è stato un nutrito gruppo di studiosi, coordinato da Lorenzo Peruzzi dell’Università di Pisa, Gabriele Galasso del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti dell’Università di Camerino.
“Si è trattato di un lavoro corale realizzato grazie alla collaborazione di 51 ricercatori, italiani e stranieri, e durato quasi 15 anni – racconta Lorenzo Peruzzi – un’opera fondamentale per conoscere e tutelare la biodiversità dei territori e tuttavia realizzata senza finanziamenti specifici”.
Dunque, come emerge dall’inventario pubblicato, la flora vascolare autoctona d’Italia (ossia felci e affini, conifere e piante a fiore) conta oggi 8.195 specie e sottospecie, di cui 1.708 endemiche (cioè esclusive del territorio italiano) e 26 probabilmente estinte. Con questi numeri, l’Italia si colloca al primo posto in Europa e seconda solo alla Turchia per l’intero bacino del Mediterraneo, una delle aree a maggiore biodiversità nel mondo. Più in dettaglio, per quanto riguarda le regioni italiane, il maggior numero di piante autoctone è in Piemonte (3464) seguito da Toscana (3370) e Lombardia (3272).
“Insieme a Brunello Pierini, un valente e appassionato botanico dilettante, insegnante di chimica in pensione, e a Francesco Roma-Marzio, dottorando in Biologia presso il nostro Ateneo – aggiunge Peruzzi - ho curato la parte relativa alla flora Toscana, mentre con Giovanni Astuti, assegnista di ricerca del nostro dipartimento di Biologia ho trattato la tassonomia e distribuzione in Italia delle Lentibulariaceae, una famiglia di piante carnivore”.
“Negli ultimi anni – conclude quindi Peruzzi – le esplorazioni sul campo, la stesura di elenchi regionali e gli studi comparativi sulla flora italiana sono aumentati notevolmente e tuttavia, per numerose specie vi sono ancora significative lacune di conoscenza. Per questo motivo, l’inventario che abbiamo pubblicato servirà come base per ulteriori ricerche botaniche”.
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Riferimenti all’articolo scientifico:
Bartolucci, F., Peruzzi, L., Galasso, G., et al. (2018) An updated checklist of the vascular flora native to Italy. Plant Biosystems 152(2): 179–303.
Pubblicato l'atlante delle piante autoctone d’Italia
Piemonte, Toscana e Lombardia vincono il podio della biodiversità per quanto riguarda il numero di piante autoctone d’Italia. È questo uno dei dati emersi dalla pubblicazione sulla rivista internazionale “Plant Biosystems” dell’elenco aggiornato e completo delle piante spontanee che crescono nel nostro Paese. A realizzare l’impresa è stato un nutrito gruppo di studiosi, coordinato da Lorenzo Peruzzi dell’Università di Pisa, Gabriele Galasso del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti dell’Università di Camerino.
“Si è trattato di un lavoro corale realizzato grazie alla collaborazione di 51 ricercatori, italiani e stranieri, e durato quasi 15 anni – racconta Lorenzo Peruzzi – un’opera fondamentale per conoscere e tutelare la biodiversità dei territori e tuttavia realizzata senza finanziamenti specifici”.
Dunque, come emerge dall’inventario pubblicato, la flora vascolare autoctona d’Italia (ossia felci e affini, conifere e piante a fiore) conta oggi 8.195 specie e sottospecie, di cui 1.708 endemiche (cioè esclusive del territorio italiano) e 26 probabilmente estinte. Con questi numeri, l’Italia si colloca al primo posto in Europa e seconda solo alla Turchia per l’intero bacino del Mediterraneo, una delle aree a maggiore biodiversità nel mondo. Più in dettaglio, per quanto riguarda le regioni italiane, il maggior numero di piante autoctone è in Piemonte (3464) seguito da Toscana (3370) e Lombardia (3272).
Da sinistra, Lorenzo Peruzzi, Brunello Pierini, Francesco Roma-Marzio e Giovanni Astuti
“Insieme a Brunello Pierini, un valente e appassionato botanico dilettante, insegnante di chimica in pensione, e a Francesco Roma-Marzio, dottorando in Biologia presso il nostro Ateneo – aggiunge Peruzzi - ho curato la parte relativa alla flora Toscana, mentre con Giovanni Astuti, assegnista di ricerca del nostro dipartimento di Biologia ho trattato la tassonomia e distribuzione in Italia delle Lentibulariaceae, una famiglia di piante carnivore”.
“Negli ultimi anni – conclude quindi Peruzzi – le esplorazioni sul campo, la stesura di elenchi regionali e gli studi comparativi sulla flora italiana sono aumentati notevolmente e tuttavia, per numerose specie vi sono ancora significative lacune di conoscenza. Per questo motivo, l’inventario che abbiamo pubblicato servirà come base per ulteriori ricerche botaniche”.
La professoressa Luisa Pellegrini nuovo direttore del CIRHTA
Luisa Pellegrini, professoressa di ingegneria economico-gestionale dell’Ateneo pisano, è il nuovo direttore del Centro Interdipartimentale per la Ricerca in Health Technology Assessment (CIRHTA), una delle prime strutture in Italia ad occuparsi di valutazione delle tecnologie medicali in sanità. Pellegrini è stata eletta lo scorso 5 marzo e succede al professor Vitantonio Di Bello.
L’Health Technology Assessment (HTA) può essere concepito come un processo volto a fornire, a coloro che hanno potere decisionale in ambito sanitario, informazioni sul possibile impatto e sulle possibili conseguenze derivanti dall’introduzione di una nuova tecnologia o di significativi cambiamenti intervenuti in una vecchia.
I filoni di studio riguardano gli elementi clinici, la valutazione degli impatti economico-finanziario, fino alle implicazioni socio-sanitarie delle politiche collegate alla gestione delle tecnologie. Gli ambiti di analisi risultano, di conseguenza, molto differenziati e caratterizzati da una pluralità di prospettive di indagine.
Dalla pupilla informazioni sulla nostra personalità
Il diametro della pupilla rivela i tratti della nostra personalità: è quello che ipotizza una ricerca guidata da Paola Binda, ricercatrice dell'Università di Pisa, condotta insieme a Marco Turi della Fondazione Stella Maris Mediterraneo e al professor David Burr, docente dell’Università di Firenze. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale eLife e dimostra come le fluttuazioni del diametro pupillare durante la visione di un semplice stimolo visivo siano altamente predittive dei tratti di personalità di tipo autistico. In questo primo stadio, la ricerca ha coinvolto un gruppo di giovani adulti i cui tratti autistici si posizionavano nella gamma “sub-clinica”, in assenza, cioè, di un disturbo diagnosticato.
Partendo dal presupposto che personalità diverse tendono a percepire la realtà in modo lievemente, ma sistematicamente diverso, lo studio ha dimostrato che il diametro delle nostre pupille tradisce il contenuto della nostra percezione, quello che vediamo e come lo vediamo. La conseguenza, potenzialmente rivoluzionaria, è che affiancando i test di personalità con un parametro obiettivo, che si misura in millimetri, il diametro pupillare potrebbe fornire indicazioni sulla nostra personalità.
“C’è crescente interesse nello studio della pupilla da quando noi, insieme ad altri laboratori, abbiamo dimostrato che il diametro pupillare riflette fedelmente cambiamenti del nostro stato di interesse, attivazione o attenzione – commenta Paola Binda – Naturalmente, la pupilla si costringe alla luce e si dilata al buio. Tuttavia, piccole fluttuazioni del diametro accompagnano spostamenti dell’attenzione: ad esempio, le pupille si costringono quando ci focalizziamo su oggetti più luminosi nel nostro campo visivo, e si dilatano se ci focalizziamo su oggetti più scuri”.
“Il comportamento delle pupille dei nostri pazienti ci può dunque aprire una finestra sulla loro attenzione e percezione – prosegue Marco Turi – Ogni individuo ha una diversa tendenza a focalizzare la propria attenzione su oggetti diversi; per esempio, c’è chi tende ad avere una visione globale e chi si focalizza sul dettaglio. Queste tendenze si accompagnano in modo sistematico ai tratti di personalità, in particolare lungo lo spettro autistico – che abbraccia sia la popolazione con sviluppo cosiddetto tipico, sia i pazienti con un disturbo diagnosticato”.
"Il prossimo passo sarà misurare il comportamento delle pupille durante il nostro test nella popolazione clinica, che dovrebbe mostrare fluttuazioni di pupilla ancora più grandi rispetto ai partecipanti di questo studio – conclude David Burr – L’obiettivo è ambizioso, ma potrebbe avere un grande impatto e aiutare i clinici nel trovare un marcatore efficace e precoce dei disturbi dello spettro autistico".
Pupilometry: a window to perception
Research has shown that the diameter of our pupils can reveal much about our perception: what and how we see. People with different personality profiles tend to perceive reality in ways that are subtly but systematically different. The potential revolutionary consequence is that the pupil diameter could furnish information about our personality: backing up personality tests with object measurement in millimetres
The research, by Dr Paola Binda from the University of Pisa, Professor David Burr of the University of Florence and Dr Marco Turi, of the Stella Maris Mediterranean was published in the prestigious journal eLife. It shows that measuring pupil diameter while subjects view a simple visual stimulus predicts their personality traits, in particular their autistic traits. In this first stage, the study involved a group of “typical” young adults, with no clinical diagnosis.
In particular, the scientists asked subjects to observe a bistable rotating cylinder. The stimulus is deliberately ambiguous, and can be seen either as rotating clockwise, with the white dots in front, or anticlockwise, with black dots in front. If subjects have a tendency to perceive the stimulus in a local manner – with two distinct surfaces – then pupil size should be modulated by the front surface, constricting when it is white, dilating when black. On the other hand, if subjects view the display in a global, holistic manner, there should be very little modulation of pupil size. The team reports that people with low autistic traits (who have a tendency for more global perception) show very little modulation. However, those with high autistic traits – who tend to perceive the world in a more local manner – showed a very clear modulation of pupil size in synchrony with the perceived alternations in direction.
David Burr, Paola Binda, Marco Turi.
“There is an increasing interest in studies of the pupil” said Dr Binda, “from when we and others demonstrated that pupillary diameter faithfully reflects changes in our interest, activation or attention”. Naturally, the pupil constricts with light and dilates with darkness. However, small fluctuations in pupil size accompany, for example, shifts in attention. “Therefore”, continues Dr Binda, “pupil behaviour opens a window to their attention and perception”.
Every individual has a particular tendency to focus attention on detail or to perceive the image globally: to see the forest or the trees. The tendency is correlated with particular personality traits, in particular, autistic-like traits, which embrace both the typical population and those clinically diagnosed with autism. Professor Burr says “the next step will be to measure the pupil behaviour on our test in a clinical population, which should show even greater extremes in pupil fluctuation”. The aim is ambitious, but could have a major impact in helping clinicians find an effective and early marker for ASD.