Due milioni di anni fa Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus hanno vissuto contemporaneamente in Sudafrica
Due milioni di anni fa in Sudafrica, nella cosiddetta Cradle of Humankind (culla dell’umanità), hanno vissuto contemporaneamente i nostri antenati Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Science, a cui hanno partecipato anche Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che nello specifico ha coordinato lo studio stratigrafico, curando la parte microstratigrafica, e Jacopo Moggi-Cecchi, antropologo dell’Università di Firenze, membro storico del gruppo.
Nel corso degli scavi condotti a Drimolen, un sito paleoantropologico situato presso Johannesburg, ricercatori e studenti di varie nazionalità hanno riportato alla luce due nuovi fossili importanti, entrambi databili tra 2.04 e 1.95 milioni di anni fa, lo stesso periodo in cui è attestata la presenza in Sudafrica dell’Australopithecus. I nuovi fossili sono DNH 152, chiamato “Khethi” in riconoscimento al proprietario del terreno, è un neurocranio di Paranthropus robustus, incompleto ma che mostra bene la parte superiore della calotta. Il Paranthropus robustus è un ominino appartenente alle australopitecine e caratterizzato da un apparato masticatore estremamente robusto, con molari grossi anche più di 2 cm. Fin qui, non sarebbe un ritrovamento particolarmente nuovo se non fosse associato, nei medesimi strati, a DNH 134, chiamato “Simon” in ricordo di un collaboratore della ricerca prematuramente scomparso, che non è certamente un Paranthropus, come dimostrano la struttura cranica e le grandi dimensioni dell’encefalo. Si tratta di un altro neurocranio incompleto attribuito a un individuo giovane, che presenta notevoli analogie con Homo erectus sensu lato. Purtroppo manca la faccia, che avrebbe potuto dare informazioni più precise.
“Ci sono alcuni aspetti importanti che, a mio avviso, emergono da questo studio – spiega il professor Giovanni Boschian – Il primo è che, poiché i fossili provengono dal medesimo strato, si dimostra che le due specie sono coesistite, non solo in Sudafrica ma anche nello stesso sito e molto probabilmente anche contemporaneamente. Non sappiamo se vi siano stati contatti tra le due specie e, se vi sono stati, di quale natura fossero. Un altro aspetto riguarda la presenza di un cranio affine a Homo erectus che diviene così il più antico in Africa e indebolisce, senza però escluderla del tutto, l’ipotesi che H. erectus abbia avuto origine fuori dall’Africa. Infine DNH 152 potrebbe essere forse il più antico Paranthropus robustus in Sudafrica, ma su questo è difficile pronunciarsi con precisione”.
“La datazione più antica per le specie Paranthropus robustus e Homo erectus - chiarisce Jacopo Moggi Cecchi - implica quindi la contemporaneità di queste con specie del genere Australopithecus ed in particolare con Australopithecus sediba. Si viene così a delineare un complesso quadro di elevata biodiversità di ominini in un’area geografica limitata, con possibili conseguenze sulle interazioni tra queste: l’implicazione è che questa condizione potrebbe avere contribuito all’estinzione delle forme del genere Australopithecus”.
Ma la rilevanza dello studio riguarda anche l’aspetto stratigrafico: “È stato possibile datare con estrema precisione, per la prima volta in Sudafrica, la sequenza stratigrafica dei sedimenti – aggiunge Boschian – Abbiamo ottenuto questo risultato rivoluzionando l’approccio stratigrafico finora generalmente seguito nello studio delle grotte in Sudafrica e facendo uso estensivo della microstratigrafia; inoltre abbiamo integrato biocronologia con vari metodi di datazione: isotopi del piombo sulle concrezioni, ESR (Electron Spin Resonance) sui fossili e paleomagnetismo sui sedimenti. Di conseguenza è anche stato possibile datare le principali fasi in cui è suddivisa la sequenza. La fase più ricca in fossili è compresa tra 2.04 e 1.95 Ma, seguita da una fase che indica minor frequentazione datata tra 1.95 e 1.78 Ma”.
L’attività di ricerca sui reperti fossili rinvenuti in questi anni è ancora in corso, con la promessa che nuove scoperte potranno contribuire a modificare le nostre conoscenze relative alla biologia e alla storia evolutiva delle più antiche specie della linea evolutiva umana.
Servizi attivi del D.S.U.
Con una nota inviata stamani, l’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario per la Toscana ha reso noto i servizi che sta cercando di erogare, anche in questo periodo di emergenza COVID-19, a favore degli studenti universitari fuori-sede e vincitori di borsa di studio e alloggio.
Una comunità di circa 2000 ragazzi italiani/UE/extraUE molti dei quali, in ottemperanza ai decreti emanati, sono impossibilitati a muoversi dal loro alloggio, se non per le limitate e specifiche deroghe previste.
L’Azienda, si legge nella nota, si sta adoperando in ogni modo per garantire agli studenti un’adeguata permanenza nelle residenze, nonché, attraverso le proprie mense a gestione diretta e i punti ristorazione in appalto e/o in convenzione, i due pasti principali.
Nello specifico l’A.R.D.S.U. precisa che, in ottemperanza a quanto disposto a livello nazionale e regionale, le azioni principali messe in campo hanno portato alla riorganizzazione del servizio di erogazione pasti, prevedendo:
- per le mense la consegna esclusivamente di cestini take away;
- una conseguente graduale riduzione del personale in servizio e del rischio di assembramenti;
- la limitazione ai soli alloggiati degli accessi alle residenze universitarie;
- il blocco delle nuove convocazioni per gli studenti in attesa di alloggio.
Al fine di ridurre gli spostamenti, in alcune situazioni, sia pure con grandi difficoltà operative, l’Azienda regionale sta erogando il servizio ristorativo in modalità delivery o con altre forme che possano comunque garantire la tutela della salute dei dipendenti e degli studenti, nonché il soddisfacimento di un bisogno primario degli stessi.
Tutto ciò per evitare l’eventualità di una chiusura del Servizio Ristorazione, che avrebbe non solo implicazioni sull’alimentazione degli studenti, ma soprattutto rappresenterebbe un incentivo per gli stessi ad assumere comportamenti che esporrebbero loro, l’intera comunità dei residenti nelle strutture dell’Azienza e il personale della stessa a maggiori rischi di contagio: uscire dalla residenza per fare la spesa; incremento delle occasioni di incontro, anche all'interno delle strutture (cucine comuni e simili); non rispetto della distanza minima prevista di un metro; etc..
Cogliamo l’occasione per ricordare che, vista la necessità degli studenti e dei borsisti di rimanere nelle residenze per il rispetto delle misure di sicurezza stabilite dal DPCM del 22 marzo 2020, l’A.R.D.S.U. ha disposto, a partire dal 1 aprile, l’esonero dal pagamento della retta mensile di € 250 e, in determinati casi specifici, anche dei pasti a mensa, per gli studenti alloggiati borsisti semestrali impossibilitati a lasciare il proprio alloggio o a rientrarvi (Provvedimento n. 41 del 30-03-2020).
Da parte sua l’Università di Pisa chiede la massima collaborazione a tutti i suoi studenti presenti nelle strutture dell’Azienda regionale per il Diritto allo Studio e che usufruiscono dei suoi servizi. In particolare, chiede a tutti di attenersi alle misure di sicurezza stabilite dal Governo e dalla Regione per il contenimento dell’emergenza Covid-19. Misure, lo ricordiamo, che sono state prorogate fino al 13 aprile 2020.
Due milioni di anni fa Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus hanno vissuto contemporaneamente in Sudafrica
Due milioni di anni fa in Sudafrica, nella cosiddetta Cradle of Humankind (culla dell’umanità), hanno vissuto contemporaneamente i nostri antenati Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Science, a cui hanno partecipato anche Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che nello specifico ha coordinato lo studio stratigrafico, curando la parte microstratigrafica, e Jacopo Moggi-Cecchi, antropologo dell’Università di Firenze, membro storico del gruppo.
Giovanni Boschian, Jesse Martin, Andy Herries, Stephanie Baker, Angelina Leece, David Strait. Fine campagna di ricerche 2019.
Nel corso degli scavi condotti a Drimolen, un sito paleoantropologico situato presso Johannesburg, ricercatori e studenti di varie nazionalità hanno riportato alla luce due nuovi fossili importanti, entrambi databili tra 2.04 e 1.95 milioni di anni fa, lo stesso periodo in cui è attestata la presenza in Sudafrica dell’Australopithecus. I nuovi fossili sono DNH 152, chiamato “Khethi” in riconoscimento al proprietario del terreno, è un neurocranio di Paranthropus robustus, incompleto ma che mostra bene la parte superiore della calotta. Il Paranthropus robustus è un ominino appartenente alle australopitecine e caratterizzato da un apparato masticatore estremamente robusto, con molari grossi anche più di 2 cm. Fin qui, non sarebbe un ritrovamento particolarmente nuovo se non fosse associato, nei medesimi strati, a DNH 134, chiamato “Simon” in ricordo di un collaboratore della ricerca prematuramente scomparso, che non è certamente un Paranthropus, come dimostrano la struttura cranica e le grandi dimensioni dell’encefalo. Si tratta di un altro neurocranio incompleto attribuito a un individuo giovane, che presenta notevoli analogie con Homo erectus sensu lato. Purtroppo manca la faccia, che avrebbe potuto dare informazioni più precise.
Il cranio DNH 134 H. erectus. Foto Jesse Martin, Reanud Joannes-Boyau, Andy I.R. Herries.
“Ci sono alcuni aspetti importanti che, a mio avviso, emergono da questo studio – spiega il professor Giovanni Boschian – Il primo è che, poiché i fossili provengono dal medesimo strato, si dimostra che le due specie sono coesistite, non solo in Sudafrica ma anche nello stesso sito e molto probabilmente anche contemporaneamente. Non sappiamo se vi siano stati contatti tra le due specie e, se vi sono stati, di quale natura fossero. Un altro aspetto riguarda la presenza di un cranio affine a Homo erectus che diviene così il più antico in Africa e indebolisce, senza però escluderla del tutto, l’ipotesi che H. erectus abbia avuto origine fuori dall’Africa. Infine DNH 152 potrebbe essere forse il più antico Paranthropus robustus in Sudafrica, ma su questo è difficile pronunciarsi con precisione”.
“La datazione più antica per le specie Paranthropus robustus e Homo erectus - chiarisce Jacopo Moggi Cecchi - implica quindi la contemporaneità di queste con specie del genere Australopithecus ed in particolare con Australopithecus sediba. Si viene così a delineare un complesso quadro di elevata biodiversità di ominini in un’area geografica limitata, con possibili conseguenze sulle interazioni tra queste: l’implicazione è che questa condizione potrebbe avere contribuito all’estinzione delle forme del genere Australopithecus”.
J. Martin e A. Leece nell’area principale di scavo, durante il recupero dei frammenti di DNH134.
Ma la rilevanza dello studio riguarda anche l’aspetto stratigrafico: “È stato possibile datare con estrema precisione, per la prima volta in Sudafrica, la sequenza stratigrafica dei sedimenti – aggiunge Boschian – Abbiamo ottenuto questo risultato rivoluzionando l’approccio stratigrafico finora generalmente seguito nello studio delle grotte in Sudafrica e facendo uso estensivo della microstratigrafia; inoltre abbiamo integrato biocronologia con vari metodi di datazione: isotopi del piombo sulle concrezioni, ESR (Electron Spin Resonance) sui fossili e paleomagnetismo sui sedimenti. Di conseguenza è anche stato possibile datare le principali fasi in cui è suddivisa la sequenza. La fase più ricca in fossili è compresa tra 2.04 e 1.95 Ma, seguita da una fase che indica minor frequentazione datata tra 1.95 e 1.78 Ma”.
L’attività di ricerca sui reperti fossili rinvenuti in questi anni è ancora in corso, con la promessa che nuove scoperte potranno contribuire a modificare le nostre conoscenze relative alla biologia e alla storia evolutiva delle più antiche specie della linea evolutiva umana.
Guarda la gallery con altre immagini dello scavo:
Incarico presso il Dipartimento di Scienze Politiche: “Project Management e rendicontazione”
Incarico avrà ad oggetto: Analisi della strategia progettuale e ricostruzione Teoria del cambiamento (Toc) del progetto ITALIAEDUCANTE”,
Incarico: Analisi della strategia progettuale e ricostruzione Teoria del cambiamento (Toc) dei progetti attivati nelle aree del terremoto (EDUCHIAMOCINRETE, RADICI, RESILIAMOCI, MIA, TERRAINVICTA, MISENTOBENENELLAMIATERRA)”
Bando borsa studio "Valutazione del rischio sismico del complesso monumentale della Certosa di Calci"
Incarico presso il dip. Di Scienze Politiche: Analisi della strategia progettuale e ricostruzione Teoria del cambiamento (Toc) dei progetti LUCCAIN, MANCHISOLOTU, VAGABONDIEFFICACI , KEPLER”
Contrastare la violenza sulle donne in tempi di coronavirus: la campagna "Libera puoi" 1522
La Ministra per le pari opportunità, Elena Bonetti, sta promuovendo una campagna per la diffusione numero antiviolenza e antistalking 1522.
Molte donne oggetto di violenza domestica, in queste settimane, sono costrette a restare in famiglia e dunque a diretto contatto con i propri aguzzini, e a rischiare maggiormente per la propria salute e incolumità.
Per dare un dato, nel 2019, nel nostro Paese l’81,2% dei femminicidi è avvenuto all’interno della famiglia.
Dai dati del Telefono Rosa, emerge che “in questo periodo di coabitazione forzata e di restrizioni alla circolazione, le donne denunciano meno le violenze subite dai propri partner; si sta registrando un vero e proprio crollo delle segnalazioni, le chiamate al 1522 nelle due ultime settimane si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e le denunce alle Forze dell’Ordine sono diminuite del 50%.”.
Ma questo non è certo il segno di una riduzione degli episodi di violenza.
È dunque importante diffondere il più possibile il numero 1522, gratuito e attivo 24 ore su 24, e far sapere che esiste l’app 1522 scaricabile sullo smartphone per chattare con le operatrici e chiedere aiuto.
Per le donne in queste condizioni, diventa difficile anche fare una telefonata per paura di essere ascoltate dal proprio convivente e dunque anche la chat diventa una possibilità per mettersi in contatto con le operatrici.
Dobbiamo assolutamente scongiurare il rischio che si verifichi un’impennata di violenze sulle donne e di femminicidi, come è già accaduto e denunciato da alcune Ong, in Cina.