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Comunicati stampa
Giovedì, 11 Aprile 2024 10:13

Il lupo è ritornato sulle colline pisane

E' tornato il lupo sulle colline pisane e la sua presenza è la più alta mai attestata da oltre tre secoli. La notizia arriva da uno studio condotto dal dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa recentemente pubblicato su Human Dimensions of Wildlife. La ricerca traccia l’evoluzione della presenza del lupo nelle colline pisane tra XVII e XXI secolo in relazione ai cambiamenti socio-economici, ambientali e culturali del territorio. Il quadro che emerge segna un progressivo declino di questo animale con una fase di estinzione locale nell’immediato secondo dopoguerra, sino alla ripresa nel XXI secolo. Due le cause fondamentali del fenomeno: la riduzione del bosco (e delle prede) causato dall’aumento delle aree agricole e la persecuzione esercitata dall’uomo.

Più in dettaglio la ricerca ha evidenziato che l’andamento della popolazione di lupi nelle colline pisane è stato segnato da tre momenti storici cruciali: l’inizio della dominazione dei Lorena del Granducato di Toscana (1737), l’Unità d’Italia (1861) e la Riforma agraria del 1950. Nel XVII secolo il lupo era ampiamente diffuso nelle colline pisane e la caccia era intensamente praticata per proteggere il bestiame transumante. L’ espansione dell’attività agricola con deforestazione e bonifica iniziata dai Lorena fino all’Unità d’Italia ha determinato quindi un profondo cambiamento nel paesaggio rurale con il conseguente declino dei lupi, fino ad arrivare ad una estinzione locale durante la Seconda Guerra Mondiale. A partire dalla seconda metà del XX secolo, la Riforma agraria ha però sancito l’inizio di un graduale ripristino dell’ambiente naturale che ha portato ad una ricolonizzazione da parte del lupo di quasi tutto il territorio delle colline pisane.

“L’idea di questa ricerca è nata dalla curiosità di conoscere e capire la storia di questo predatore sulle colline pisane dopo che nell’ottobre 2018 è stata accertata inaspettatamente la presenza di un branco nell’area di Crespina-Lorenzana e Casciana Terme-Lari” ha raccontato il professore dell’Università di Pisa Antonio Felicioli.

La presenza storica e attuale del lupo sulle colline pisane è stata delineata dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Felicioli mettendo insieme metodi di rilevazione attuali, come fototrappole e analisi genetiche, accanto ad un vaglio minuzioso delle fonti storiche e archivistiche. L’analisi storica ha portato inoltre all’identificazione di 14 toponimi nelle colline pisane che richiamano la presenza di questo carnivoro, alcuni dei quali, come “Salto del Lupo”, ancora oggi usati. Sempre per ricostruire il quadro storico, sono stati fondamentali anche i resoconti di caccia nei vari giornali d’epoca, dalla settecentesca “Gazzetta Toscana”, sino a “Diana”, la principale rivista di caccia del Novecento.

“La presenza attuale del lupo nelle colline pisane è frutto di una naturale ricolonizzazione da parte di questo predatore avvenuta a seguito di un processo di rinaturalizzazione del territorio che ha permesso un ritorno della fauna selvatica ai livelli pre Ottocenteschi – sottolinea la dottoressa Francesca Coppola, prima autrice dell’articolo e attualmente assegnista di ricerca presso l’Ateneo pisano – l’auspicio è di favorire una presa di coscienza sull’importanza dei processi di “restoring” e “rewilding” ambientale e al tempo stesso di frenare “l’irrazionale onda emotiva” che spinge verso l’uccisione del lupo”.

Insieme ad Antonio Felicioli e Francesca Coppola hanno partecipato allo studio Alessia Di Rosso, Laureata in Produzioni animali con dottorato di ricerca in Scienze Veterinarie, Chiara Benedetta Boni, laureata in Conservazione ed Evoluzione e dottoranda in Scienze veterinarie, Samuele Baldanti, dottore agronomo e forestale e libero professionista in ambito faunistico, Michele Malasoma impegnato con lo sportello di Agroecologia per lo studio e conservazione della fauna selvatica nel monte pisano, e Cosimo Gabbani, appassionato di natura ed esperto ornitologo.

 

 

Giovedì, 11 Aprile 2024 10:07

Il lupo è ritornato sulle colline pisane

E' tornato il lupo sulle colline pisane e la sua presenza è la più alta mai attestata da oltre tre secoli. La notizia arriva da uno studio condotto dal dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa recentemente pubblicato su Human Dimensions of Wildlife. La ricerca traccia l’evoluzione della presenza del lupo nelle colline pisane tra XVII e XXI secolo in relazione ai cambiamenti socio-economici, ambientali e culturali del territorio. Il quadro che emerge segna un progressivo declino di questo animale con una fase di estinzione locale nell’immediato secondo dopoguerra, sino alla ripresa nel XXI secolo. Due le cause fondamentali del fenomeno: la riduzione del bosco (e delle prede) causato dall’aumento delle aree agricole e la persecuzione esercitata dall’uomo.

Più in dettaglio la ricerca ha evidenziato che l’andamento della popolazione di lupi nelle colline pisane è stato segnato da tre momenti storici cruciali: l’inizio della dominazione dei Lorena del Granducato di Toscana (1737), l’Unità d’Italia (1861) e la Riforma agraria del 1950. Nel XVII secolo il lupo era ampiamente diffuso nelle colline pisane e la caccia era intensamente praticata per proteggere il bestiame transumante. L’ espansione dell’attività agricola con deforestazione e bonifica iniziata dai Lorena fino all’Unità d’Italia ha determinato quindi un profondo cambiamento nel paesaggio rurale con il conseguente declino dei lupi, fino ad arrivare ad una estinzione locale durante la Seconda Guerra Mondiale. A partire dalla seconda metà del XX secolo, la Riforma agraria ha però sancito l’inizio di un graduale ripristino dell’ambiente naturale che ha portato ad una ricolonizzazione da parte del lupo di quasi tutto il territorio delle colline pisane.

“L’idea di questa ricerca è nata dalla curiosità di conoscere e capire la storia di questo predatore sulle colline pisane dopo che nell’ottobre 2018 è stata accertata inaspettatamente la presenza di un branco nell’area di Crespina-Lorenzana e Casciana Terme-Lari” ha raccontato il professore dell’Università di Pisa Antonio Felicioli.

La presenza storica e attuale del lupo sulle colline pisane è stata delineata dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Felicioli mettendo insieme metodi di rilevazione attuali, come fototrappole e analisi genetiche, accanto ad un vaglio minuzioso delle fonti storiche e archivistiche. L’analisi storica ha portato inoltre all’identificazione di 14 toponimi nelle colline pisane che richiamano la presenza di questo carnivoro, alcuni dei quali, come “Salto del Lupo”, ancora oggi usati. Sempre per ricostruire il quadro storico, sono stati fondamentali anche i resoconti di caccia nei vari giornali d’epoca, dalla settecentesca “Gazzetta Toscana”, sino a “Diana”, la principale rivista di caccia del Novecento.

“La presenza attuale del lupo nelle colline pisane è frutto di una naturale ricolonizzazione da parte di questo predatore avvenuta a seguito di un processo di rinaturalizzazione del territorio che ha permesso un ritorno della fauna selvatica ai livelli pre Ottocenteschi – sottolinea la dottoressa Francesca Coppola, prima autrice dell’articolo e attualmente assegnista di ricerca presso l’Ateneo pisano – l’auspicio è di favorire una presa di coscienza sull’importanza dei processi di “restoring” e “rewilding” ambientale e al tempo stesso di frenare “l’irrazionale onda emotiva” che spinge verso l’uccisione del lupo”.

Insieme ad Antonio Felicioli e Francesca Coppola hanno partecipato allo studio Alessia Di Rosso, Laureata in Produzioni animali con dottorato di ricerca in Scienze Veterinarie, Chiara Benedetta Boni, laureata in Conservazione ed Evoluzione e dottoranda in Scienze veterinarie, Samuele Baldanti, dottore agronomo e forestale e libero professionista in ambito faunistico, Michele Malasoma impegnato con lo sportello di Agroecologia per lo studio e conservazione della fauna selvatica nel monte pisano, e Cosimo Gabbani, appassionato di natura ed esperto ornitologo.

 

 

Il 16 maggio nel Palazzo della Sapienza si tiene il "Paper Day", evento dedicato alle opportunità di lavoro offerte dalle aziende dell’industria cartaria. L'evento è organizzato dal Career Service dell'Università di Pisa in collaborazione con Confindustria Toscana Nord.

Programma

9.15 Accoglienza partecipanti
9.40 Saluti di benvenuto
Riccardo Zucchi, Rettore Università di Pisa
Laura Elisa Marcucci, Delegata del Rettore per le attività di orientamento

Presentazioni aziendali

Modera Marco Frosolini, Presidente del corso di laurea magistrale in Tecnologia e produzione della carta e del cartone

10.00 Toscotec
10.20 Sofidel
10.40 Essity
11.00 Fosber

Pausa caffé

11.40 Valmet
12.00 Lucart
12.20 Gambini
12.40 Cartiere Carrara
13.00 WEPA Italia

Pausa pranzo

Colloqui conoscitivi

Dalle 14.00 presso gli stand aziendali gli studenti potranno dialogare con le aziende presenti e svolgere dei colloqui conoscitivi.

Tavola rotonda

Dalle 16.30 alle 18.00
"Competenze, nuovi profili professionali e scenari di sviluppo. Confronto tra aziende, associazioni e università".

Ne discutono rappresentanti delle aziende presenti, di Confindustria Toscana Nord e dell'Università di Pisa.

Come partecipare

La partecipazione è riservata agli studenti e ai laureati dell'Università di Pisa che si iscrivano tramite il portale Career Center.
Per candidarsi ai colloqui pomeridiani è importante consultare attentamente le schede aziendali, pubblicate sullo stesso portale, e le offerte di lavoro associate, avendo cura di candidarsi per ogni singolo annuncio di proprio interesse.

Informazioni

L'evento è organizzato dal Career Service in collaborazione con Confindustria Toscana Nord. Per informazioni o richieste di chiarimento scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

 

La professoressa Michela Ori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha vinto la terza edizione del bando Telethon-Cariplo aggiudicandosi un finanziamento di 80mila euro, l’unico assegnato in Toscana.

Grazie al contributo, la professoressa Ori condurrà uno studio pilota sulla mutazione del gene ZNF865, causa di una sindrome che comporta ritardi nello sviluppo e nelle abilità cognitive, riduzione del tono muscolare e tratti cranio-facciali alterati. Per gli studi preliminari verrà utilizzato il pesciolino Zebrafish, che condivide con l'uomo la struttura genomica di questo gene e, attraverso la tecnologia di editing genetico CRISPR/Cas13, si potrà verificare se la perdita della funzione di questo gene provochi nel modello animale le anomalie di sviluppo osservate nei pazienti. Se i risultati saranno positivi, sarà possibile sviluppare modelli genetici ancora più accurati della patologia ed eventualmente testare farmaci e nuove terapie.

"Siamo felici e onorati di poter continuare a portare avanti le nostre ricerche su malattie genetiche rare al Dipartimento di Biologia grazie al supporto di Telethon – ha detto Michela Ori - Questa sarà una nuova sfida per dare un contributo allo studio di una patologia rara orfana che non ha ancora un nome ma che comporta alterazioni importanti nello sviluppo, nella crescita e nella gestione della vita adulta dei pazienti".

Giunto alla terza edizione, il bando di Fondazione Cariplo e Fondazione Telethon ha portato alla selezione di 14 nuovi progetti di ricerca, per un totale di 3,2 milioni di euro e di 22 gruppi di ricerca coinvolti. Sale così complessivamente a quasi 14 milioni di euro l’investimento congiunto da parte delle due Fondazioni, che ha portato al finanziamento di 59 progetti di ricerca che hanno coinvolto 90 centri di ricerca italiani.

Questa iniziativa, ispirata a un programma dei National Institutes of Health (NIH) americani, mira proprio a “illuminare la porzione più oscura del genoma umano”, invitando i ricercatori a studiare aspetti genetici e meccanismi molecolari ancora in gran parte sconosciuti o scarsamente compresi, ma che rappresentano un potenziale per lo sviluppo di nuove terapie per le malattie rare. In particolare, i progetti dovevano focalizzarsi sullo studio dei cosiddetti bersagli T-dark, per i quali non sono note informazioni sulla struttura, sulla funzione e sulla interazione con molecole e farmaci. Nonostante il genoma umano sia stato sequenziato completamente, di molti geni e delle proteine da loro codificate sappiamo infatti ancora poco. Basti pensare che delle 4500 proteine umane ritenute dei possibili bersagli farmacologici, soltanto 700 sono attualmente nel mirino di farmaci approvati: significa cioè che tra tutte le altre, oltre l’80 per cento, potrebbero esserci proteine adatte a essere oggetto di studio per mettere a punto nuove terapie, ma per motivi diversi non vengono studiate.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei centri di ricerca coinvolti, la maggior parte – 14 su 22 – si trova in Lombardia; gli altri sono dislocati in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Piemonte e Toscana. Tra le patologie oggetto di studio ci sono alcune forme di distrofia muscolare come quella di Duchenne e la facio-scapolo omerale, malattie del sangue quali l’emocromatosi, la teleangiectasia emorragica e la talassemia, ma anche disturbi del neurosviluppo e tumori rari.

Le proposte di progetto presentate da enti di ricerca italiani non profit, pubblici o privati sono state complessivamente 77. Di queste, 69 sono state ritenute idonee e sottoposte al processo di valutazione, affidato a una commissione medico-scientifica di 15 scienziati di caratura internazionale provenienti da tutto il mondo e presieduta dal dr. Massimo Pandolfo della Mc Gill University di Montreal (Canada). Per la valutazione dei progetti è stato usato il metodo di peer-review, o revisione tra pari, che indica la valutazione critica che un lavoro o una pubblicazione riceve da parte di specialisti aventi competenze analoghe a quelle di chi li presenta, a garanzia della trasparenza e della correttezza della valutazione.

“Siamo orgogliosi di questa iniziativa in collaborazione con Fondazione Cariplo, che rappresenta un contributo concreto all’avanzamento della ricerca scientifica nel nostro Paese. Anche nella terza edizione abbiamo raccolto tante proposte in ambiti della genetica finora inesplorati che potrebbero contribuire a chiarire aspetti ancora sconosciuti di diverse malattie rare - ha dichiarato Celeste Scotti, direttore della Ricerca e Sviluppo di Fondazione Telethon. Continuare a supportare la ricerca di base è fondamentale, perché solo così si possono fornire risposte alle tante domande ancora aperte e provare a individuare nuovi approcci terapeutici. Ed è per questo che ribadiamo il nostro impegno a proseguire con questa partnership per far avanzare l’innovazione”.

Giovanni Azzone, Presidente Fondazione Cariplo: "Sostenere la ricerca scientifica è il modo per aiutare molte persone che soffrono. Sembrano mondi distanti, invece tra un ricercatore impegnato in laboratorio e un malato la distanza è molto ravvicinata. Dal successo del primo dipende spesso la vita dell'altro. Questo ha ancora più valore quando si fa ricerca sulle malattie rare che colpiscono moltissime persone. La collaborazione tra Fondazione Cariplo e Fondazione Telethon entra perfettamente nelle linee di attenzione che ci siamo dati nei confronti degli ultimi, dei più fragili; quelle persone che in diversi ambiti, sia la povertà, la disabilità o la malattia a volte perdiamo di vista".

 

La professoressa Michela Ori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha vinto la terza edizione del bando Telethon-Cariplo aggiudicandosi un finanziamento di 80mila euro, l’unico assegnato in Toscana.

Grazie al contributo, la professoressa Ori condurrà uno studio pilota sulla mutazione del gene ZNF865, causa di una sindrome che comporta ritardi nello sviluppo e nelle abilità cognitive, riduzione del tono muscolare e tratti cranio-facciali alterati. Per gli studi preliminari verrà utilizzato il pesciolino Zebrafish, che condivide con l'uomo la struttura genomica di questo gene e, attraverso la tecnologia di editing genetico CRISPR/Cas13, si potrà verificare se la perdita della funzione di questo gene provochi nel modello animale le anomalie di sviluppo osservate nei pazienti. Se i risultati saranno positivi, sarà possibile sviluppare modelli genetici ancora più accurati della patologia ed eventualmente testare farmaci e nuove terapie.

"Siamo felici e onorati di poter continuare a portare avanti le nostre ricerche su malattie genetiche rare al Dipartimento di Biologia grazie al supporto di Telethon – ha detto Michela Ori - Questa sarà una nuova sfida per dare un contributo allo studio di una patologia rara orfana che non ha ancora un nome ma che comporta alterazioni importanti nello sviluppo, nella crescita e nella gestione della vita adulta dei pazienti".

 

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Il gruppo di ricerca, da sinistra Sofia Marchetta, Michela Ori, Caterina Soldo, Martina Orefice e Benedetta Cimbalo

 

Giunto alla terza edizione, il bando di Fondazione Cariplo e Fondazione Telethon ha portato alla selezione di 14 nuovi progetti di ricerca, per un totale di 3,2 milioni di euro e di 22 gruppi di ricerca coinvolti. Sale così complessivamente a quasi 14 milioni di euro l’investimento congiunto da parte delle due Fondazioni, che ha portato al finanziamento di 59 progetti di ricerca che hanno coinvolto 90 centri di ricerca italiani.

Questa iniziativa, ispirata a un programma dei National Institutes of Health (NIH) americani, mira proprio a “illuminare la porzione più oscura del genoma umano”, invitando i ricercatori a studiare aspetti genetici e meccanismi molecolari ancora in gran parte sconosciuti o scarsamente compresi, ma che rappresentano un potenziale per lo sviluppo di nuove terapie per le malattie rare. In particolare, i progetti dovevano focalizzarsi sullo studio dei cosiddetti bersagli T-dark, per i quali non sono note informazioni sulla struttura, sulla funzione e sulla interazione con molecole e farmaci. Nonostante il genoma umano sia stato sequenziato completamente, di molti geni e delle proteine da loro codificate sappiamo infatti ancora poco. Basti pensare che delle 4500 proteine umane ritenute dei possibili bersagli farmacologici, soltanto 700 sono attualmente nel mirino di farmaci approvati: significa cioè che tra tutte le altre, oltre l’80 per cento, potrebbero esserci proteine adatte a essere oggetto di studio per mettere a punto nuove terapie, ma per motivi diversi non vengono studiate.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei centri di ricerca coinvolti, la maggior parte – 14 su 22 – si trova in Lombardia; gli altri sono dislocati in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Piemonte e Toscana. Tra le patologie oggetto di studio ci sono alcune forme di distrofia muscolare come quella di Duchenne e la facio-scapolo omerale, malattie del sangue quali l’emocromatosi, la teleangiectasia emorragica e la talassemia, ma anche disturbi del neurosviluppo e tumori rari.

Le proposte di progetto presentate da enti di ricerca italiani non profit, pubblici o privati sono state complessivamente 77. Di queste, 69 sono state ritenute idonee e sottoposte al processo di valutazione, affidato a una commissione medico-scientifica di 15 scienziati di caratura internazionale provenienti da tutto il mondo e presieduta dal dr. Massimo Pandolfo della Mc Gill University di Montreal (Canada). Per la valutazione dei progetti è stato usato il metodo di peer-review, o revisione tra pari, che indica la valutazione critica che un lavoro o una pubblicazione riceve da parte di specialisti aventi competenze analoghe a quelle di chi li presenta, a garanzia della trasparenza e della correttezza della valutazione.

“Siamo orgogliosi di questa iniziativa in collaborazione con Fondazione Cariplo, che rappresenta un contributo concreto all’avanzamento della ricerca scientifica nel nostro Paese. Anche nella terza edizione abbiamo raccolto tante proposte in ambiti della genetica finora inesplorati che potrebbero contribuire a chiarire aspetti ancora sconosciuti di diverse malattie rare - ha dichiarato Celeste Scotti, direttore della Ricerca e Sviluppo di Fondazione Telethon. Continuare a supportare la ricerca di base è fondamentale, perché solo così si possono fornire risposte alle tante domande ancora aperte e provare a individuare nuovi approcci terapeutici. Ed è per questo che ribadiamo il nostro impegno a proseguire con questa partnership per far avanzare l’innovazione”.

Giovanni Azzone, Presidente Fondazione Cariplo: "Sostenere la ricerca scientifica è il modo per aiutare molte persone che soffrono. Sembrano mondi distanti, invece tra un ricercatore impegnato in laboratorio e un malato la distanza è molto ravvicinata. Dal successo del primo dipende spesso la vita dell'altro. Questo ha ancora più valore quando si fa ricerca sulle malattie rare che colpiscono moltissime persone. La collaborazione tra Fondazione Cariplo e Fondazione Telethon entra perfettamente nelle linee di attenzione che ci siamo dati nei confronti degli ultimi, dei più fragili; quelle persone che in diversi ambiti, sia la povertà, la disabilità o la malattia a volte perdiamo di vista".

 

Prestigioso riconoscimento per la professoressa Elisabetta Starnini che l'8 aprile scorso, presso il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, è stata nominata Corresponding Member della Società Ungherese di Archeologia e Storia dell'Arte. Docente di Preistoria e Protostoria presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa, Starnini è la prima archeologa italiana a ricevere questo riconoscimento che premia la sua "preziosa e versatile opera nel campo della ricerca archeologica in Ungheria” a cui è dedita fin dai tempi in cui era una giovane studentessa, con anni di studio e ricerca sostenuti da borse concesse attraverso il MAE/MAECI e la TEMPUS Foundation.

“Il riconoscimento ricevuto da Elisabetta Starnini è motivo di grande soddisfazione e non giunge inatteso: da quando ha preso servizio presso il nostro dipartimento Elisabetta ha costantemente dimostrato il suo alto livello scientifico e la capacità di fare squadra con studiosi italiani ed europei – ha commentato il professor Simone Maria Collavini, direttore del dipartimento di Civiltà e forme del sapere - Questa nomina, su un piano più generale, conferma l’alto livello dell’attività di ricerca che, in tutti i campi di competenza, si svolge all’interno del nostro dipartimento e la sua proiezione internazionale”.

La nomina della professoressa Starnini come Corresponding Member della Società Ungherese di Archeologia e Storia dell'Arte è una conferma, inoltre, delle intense relazioni che in campo archeologico legano l'Ateneo pisano e l'Ungheria. Il dipartimento di Civiltà e forme del sapere, infatti, oltre che uno scambio ERASMUS valido per studenti e docenti, ha in essere anche un accordo di collaborazione scientifica con l’Institute of Archaeological Sciences, dell’Eötvös Loránd University di Budapest siglato lo scorso anno.

Il cubesat Milani – nanosatellite che porta il nome dal matematico e astronomo italiano Andrea Milani Comparetti scomparso nel 2018 e a lungo docente al dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa - è stato consegnato ufficialmente al team di Hera, missione europea di difesa planetaria – con lancio previsto nell’ottobre 2024 – che avrà il compito di studiare il sistema binario di asteroidi Didymos e Dimorphos e compiere una valutazione dettagliata del test dell’impattore cinetico DART della Nasa.

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Il cubesat Milani (foto da sito missione Hera).

Il passaggio di consegne è avvenuto a Torino presso la sede di Tyvak International, dove il nanosatellite è stato realizzato. Prossima tappa sarà il centro ESA ESTEC, nei Paesi Bassi, dedicato alla ricerca e la tecnologia spaziale. Qui il cubesat stazionerà fino al lancio per la fase di integrazione e la successiva convalida del sistema di collegamento intersatellitare con Hera e Juventas, l’altro piccolo veicolo spaziale della missione, dedicato all’imaging radar. Milani e Juventas saranno i primi cubesat dell’ESA a operare nello spazio profondo.

Andrea Milani Comparetti è stata una figura di spicco nella comunità scientifica spaziale internazionale e pioniere dell'analisi del rischio di impatto degli asteroidi. Dopo un periodo iniziale di ricerca nel campo della matematica pura, negli anni ’70 Andrea Milani iniziò a frequentare i corsi di relatività generale alla Scuola Normale Superiore e le lezioni di Giuseppe Colombo, avvicinandosi così al campo della meccanica celeste e delle sue applicazioni.

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Il professor Andrea Milani Comparetti.

Nacque così a Pisa il gruppo di ricerca in Space Mechanics formato, oltre a Milani, da Anna Nobili, Paolo Farinella e Fausto Sacerdote, che si occupava principalmente dell’applicazione della meccanica celeste alle dinamiche del sistema solare e di missioni spaziali. In particolare, Milani e il suo gruppo hanno contribuito alla missione “Rosetta”, lavorando nel team di revisione dopo la cancellazione della collaborazione americana; alla missione ESA su Mercurio “BepiColombo”, partecipando al team della nuova proposta di missione (1996) lanciata poi alla fine del 2018; alla proposta di missione “Don Quijote”, un esperimento di deviazione di asteroide senza l’utilizzo di armi nucleari, basato su due veicoli spaziali chiamati Hidalgo e Sancho. L'innovativo concetto alla base di questa missione fu ideato da Andrea Milani, ed il relativo studio di missione, pubblicato nel 2005, ha avuto una grande influenza nella comunità della difesa planetaria, portando prima allo sviluppo della missione DART della NASA, con lo spacecraft che ha effettuato l’impatto cinetico, e adesso allo sviluppo della missione Hera.

Nel 1995, insieme a Mario Carpino, Zoran Knezevic e altri collaboratori, Milani ha iniziato a sviluppare il software OrbFit, per il calcolo delle orbite degli asteroidi. Quando nel marzo del 1998 fu diffuso il falso annuncio di un possibile impatto con la Terra dell’asteroide 1997 XF11 nel 2028, la comunità scientifica si attivò per studiare sistemi di protezione della Terra. Andrea Milani e Steven Chesley dettero vita a un programma di ricerca che in un anno portò alla creazione di NEODyS (Near Earth Objects Dynamic Site), un sito web che dà accesso ad una completa banca dati sugli asteroidi vicini alla Terra; allo stesso tempo, con la collaborazione di Giovanni Valsecchi, venne sviluppato il primo sistema di monitoraggio delle possibilità di impatto con la Terra degli asteroidi. Questo sistema semi-automatico di monitoraggio asteroidale (CLOMON) diventa operativo proprio all’Università di Pisa nel Novembre 1999.  Dal 2002 sono operativi CLOMON2 all’Università di Pisa, versione migliorata di CLOMON, e SENTRY al Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, in California.

Nel 2006 il professor Milani ha iniziato una collaborazione con il progetto Pan-STARRS alla University of Hawaii come “external scientist”. Nel 2008 contribuisce alla nascita del concetto del telescopio Fly-eye. Nel 2010 vince il premio "Brouwer Award", massima onorificenza mondiale nel settore dell'astronomia dinamica. Tra le motivazioni per il premio c’è anche quella di aver formato diversi giovani ricercatori attivi nel campo della meccanica celeste.

Nel 2011 ha contribuito a fondare SpaceDyS, un’azienda spin-off dell’Università di Pisa, con sede presso il Polo Tecnologico di Navacchio, che sviluppa software per la determinazione orbitale di oggetti naturali e artificiali che orbitano nello spazio, e fornisce servizi nell’ambito della dinamica spaziale. L’azienda è leader mondiale nell’attività di Impact Monitoring; essa continua ad operare il servizio NEODyS, e ha sviluppato per conto dell'ESA (Agenzia Spaziale europea) il sistema Aegis che, sulle orme di CLOMON2, fornisce giornalmente dati sulla probabilità di impatto di asteroidi.

Nel prossimo mese di giugno, il dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa organizza una conferenza in onore di Andrea Milani e Paolo Farinella, dal titolo “Dynamics and physics in the solar system”.

Martedì, 09 Aprile 2024 14:58

Il rievocatore come Public Historian

Sede
Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Obiettivi
Il Corso di perfezionamento “Il rievocatore come Public Historian” è rivolto al mondo della rievocazione ricostruttiva, il settore della rievocazione indirizzato ad applicare il metodo filologico alle sue creazioni e allestimenti. È in particolare indirizzato a chi intende apprendere gli strumenti necessari per operare consapevolmente nella partecipazione, organizzazione, allestimento, promozione di eventi rievocativi che si richiamino alla ricerca storica e archeologica.

Requisiti per l'ammissione
Possono presentare domanda di ammissione coloro che sono in possesso di diploma di laurea di primo livello ai sensi del DM 509/99 e/o del DM 270/2004 o titoli equipollenti o superiori ai sensi del vecchio e nuovo ordinamento. L’iscrizione al Corso di Perfezionamento è compatibile con la contemporanea iscrizione a Corsi di Laurea, Laurea Magistrale, a ciclo unico, Scuole di Specializzazione, Dottorati e Master. È altresì consentita la partecipazione a chi ha conseguito lauree triennali e/o magistrali all’estero negli ambiti disciplinari ritenuti dal Consiglio attinenti ai fini dell’ammissione al Corso. Per le discipline estranee alle materie oggetto del corso saranno ammesse previo parere favorevole del Consiglio Direttivo sul curriculum complessivo del candidato.

Durata
Il corso si svolgerà in modalità mista, con incontri in presenza e incontri da remoto, in modalità comunque sincrona, tramite la piattaforma TEAMS, nel periodo ottobre 2024–marzo 2025.

Scadenza domanda di ammissione
3 giugno 2024

Costo
150,00 €

Bando e moduli

Contatti e informazioni

Roberta Savioli Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 
https://www.cfs.unipi.it/formazione/corsi-di-perfezionamento/il-rievocatore-come-public-historian/ 

 

Prestigioso riconoscimento per la professoressa Elisabetta Starnini che l'8 aprile scorso, presso il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, è stata nominata Corresponding Member della Società Ungherese di Archeologia e Storia dell'Arte. Docente di Preistoria e Protostoria presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa, Starnini è la prima archeologa italiana a ricevere questo riconoscimento che premia la sua "preziosa e versatile opera nel campo della ricerca archeologica in Ungheria” a cui è dedita fin dai tempi in cui era una giovane studentessa, con anni di studio e ricerca sostenuti da borse concesse attraverso il MAE/MAECI e la TEMPUS Foundation.

 

Elisabetta Starnini

La professoressa Elisabetta Starnini, docente di Preistoria e Protostoria presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa

 

“Il riconoscimento ricevuto da Elisabetta Starnini è motivo di grande soddisfazione e non giunge inatteso: da quando ha preso servizio presso il nostro dipartimento Elisabetta ha costantemente dimostrato il suo alto livello scientifico e la capacità di fare squadra con studiosi italiani ed europei – ha commentato il professor Simone Maria Collavini, direttore del dipartimento di Civiltà e forme del sapere - Questa nomina, su un piano più generale, conferma l’alto livello dell’attività di ricerca che, in tutti i campi di competenza, si svolge all’interno del nostro dipartimento e la sua proiezione internazionale”.

 

Laudatio copy

Un momento della cerimonia di nomina al Museo Nazionale Ungherse di Budapest

 

La nomina della professoressa Starnini come Corresponding Member della Società Ungherese di Archeologia e Storia dell'Arte è una conferma, inoltre, delle intense relazioni che in campo archeologico legano l'Ateneo pisano e l'Ungheria. Il dipartimento di Civiltà e forme del sapere, infatti, oltre che uno scambio ERASMUS valido per studenti e docenti, ha in essere anche un accordo di collaborazione scientifica con l’Institute of Archaeological Sciences, dell’Eötvös Loránd University di Budapest siglato lo scorso anno.

Appuntamento mercoledì 10 aprile alle ore 17, presso l’aula magna storica del Palazzo della Sapienza, con il primo dei cinque incontri del ciclo “Dialoghi su digitale e società” organizzato dall’Università di Pisa. Con Domenico Talia, docente di Ingegneria informatica all’Università della Calabria e autore del libro “L’impero dell’algoritmo”, e Veronica Neri, docente di Etica della Comunicazione Pubblica dell’Università di Pisa, si parlerà di Rivoluzione digitale. Un dialogo interdisciplinare pensato per dare al pubblico tutti gli elementi necessari per comprendere il cambiamento in atto nella nostra società. L’incontro, moderato dalla giornalista Francesca Franceschi, è aperto a tutta la cittadinanza. 

Il secondo incontro si terrà il 2 maggio e vedrà Paolo Coppola, docente di Informatica dell’Università di Udine, dialogare con Alberto Vannucci, docente di Politiche per l’integrità dell’amministrazione dell’Università di Pisa, su “Digitalizzazione, Pubblica Amministrazione e Democrazia”.

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