Elenco scorciatoie

La tecnica degli incisori
di Anita D'Orazio

Per poter apprezzare al meglio le opere esposte ad “Anatomia in mostra” è bene fare un accenno alla tecnica usata nelle riproduzioni dei disegni. Il termine stampa è decisamente generico. Indica i mezzi e i prodotti con i quali si imprimono, sulla carta con uno stampo o una matrice, segni, forme, caratteri, immagini. Nel nostro caso possiamo parlare di incisioni, cioè quel procedimento che consiste nel disegnare un oggetto su una lastra incidendone la superficie e dopo averla inchiostrata trasporre questo stesso disegno su un supporto come la carta.

Il procedimento incisorio dal quale si trae la matrice può essere a rilievo e allora si parla di xilografie (incisione su legno) e ne possiamo vedere nelle prime 4 teche del percorso espositivo della mostra mentre tutte le altre opere sono incisioni per incavo cioè acqueforti, puntesecche, incisioni a bulino, acquetinte insomma calcografie (grafia su rame), termine con il quale vengono definite quelle tecniche che consentono l’elaborazione delle matrici per la stampa ad incavo.
Zinco, argento, piombo, rame e ferro sono tutti metalli che fin dall’antichità sono stati utilizzati per l’incisione calcografica, va però detto che il rame per la sua compattezza e resistenza è il metallo più adatto a stampare un elevato numero di copie. L’artista sceglie una lastra della grandezza con la quale desidera sia rappresentato il disegno e la prepara prima di inciderla con il bulino o con gli acidi a seconda della tecnica che vuole usare.
In realtà, per l’esecuzione di una puntasecca non occorre nessuna preparazione della lastra. Basta tracciare sopra di essa uno schizzo ad inchiostro o a matita e con una punta di acciaio tagliente intaccare il metallo.
La punta d’acciaio deve essere conica e taglientissima, viene usata perpendicolarmente per facilitare la penetrazione nel metallo e sollevandosi lascerà ai margini del disegno una leggerissima sbavatura. Sarà questa che darà alla stampa quell’inconfondibile sapore di morbidezza. Quest’effetto è dovuto all’inchiostro che, penetrando nei solchi scavati dalla punta e nelle barbe lasciate da essa, dà forma a lievissime sfumature e a teneri passaggi chiaroscurali. Le barbe sollevate dal metallo hanno l’inconveniente di schiacciarsi facilmente sotto la pressione del torchio impedendo così un numero uniforme ed elevato di esemplari.
Per questo motivo l’acquaforte, procedimento incisorio per il quali si usa l’acido, è il procedimento più consono ad essere usato per tirature più grandi e perciò per un maggior numero di stampe uniformi. I mordenti più usati sono l’acido nitrico e il percloruro di ferro.
La lastra viene preparata tagliandola secondo la dimensione e la forma volute, poi smussata ai lati con il raschietto e arrotondata agli spigoli con una lima, per evitare che durante la stampa, la lastra pressata dal rullo sul torchio, tagli la carta o addirittura il feltro. Sulla lastra levigata e sgrassata, si stende una vernice liquida che poi indurendosi darà la possibilità di essere asportata dal bulino usato dall’incisore mentre disegna. L’artista in genere prepara il disegno che verrà trasportato su di essa, mediante un lucido.
Durante l’esecuzione del disegno con la punta d’acciaio è indispensabile che la mano prema sulla superficie cerata con la stessa intenzione in modo tale che la punta incida in modo uniforme la vernice, bisogna anche stare attenti ed evitare che la punta incida il metallo oltre alla vernice. Pensiamo che per incidere le lastre di grandi dimensioni bisogna poggiarle su un piano leggermente inclinato per agevolare il lavoro, bisogna proteggere la superficie con un foglio di carta per evitare lo strofinio della manica o del palmo.

immagine della mostra

Inoltre disegnando bisogna stare attenti a non tracciare i segni troppo vicini tra loro, se si desiderano molto incisi, per evitare che l’acido durante la morsura elimini gli spazi interposti tra segno e segno. E soprattutto bisogna tenere conto del fatto che la lastra traspone il disegno in negativo al momento del passaggio dalla lastra alla carta, perciò il disegno deve essere eseguito rovesciato perché torni nel verso scelto una volta stampato.
Effettuato il disegno e protetta la lastra la si immerge in una bacinella in cui si trova il mordente. La morsura può essere piana, cioè consistere in una unica immersione nell’acido, e a coperture, cioè eseguita in vari tempi, provvedendo a ricoprire ogni volta con vernice rapida le parti incise che si desiderano più chiare di tono rispetto a quelle altre.
La carta va ammollata prima di essere usata (la migliore per la stampa delle incisioni è quella fatta con gli stracci) poi viene posizionata sopra la lastra già inchiostrata, a sua volta collocata sul piano di metallo del torchio per la stampa.
Le immagini sono ottenute per pressione. Ruotando la manovella del torchio il piano si muove e lastra, carta e feltro, passando tra i rulli, subiscono la pressione che consente l’impressione dell’immagine. E questa è la prima riproduzione del disegno inciso, è un momento emozionante. L’esemplare che ne è derivato si chiama “prima prova di stampa”, trascritta anche “épreuve d’artiste” e serve all’incisore per osservare le eventuali imprecisioni delle morsura prima di passare alla vera e propria tiratura.
Una volta fatte le correzioni la lastra è pronta per la tiratura: l’operazione che si esegue per ottenere più esemplari di stampa. Per tiratura si intende il numero di copie che si eseguono e che vengono contraddistinte con un numero progressivo. 1/100 indicherà che è la prima stampa di 100 esemplari, 3/25 il terzo di 25 esemplari.
Durante la tirature le stampe vengono, man mano che vengono eseguite, distese tra dur fogli di carta assorbente o intercalate da un foglio di carta, una volta asciutte vengono collocate sotto peso e sotto pressa per stirarle.
La firma delle stampe è un aspetto interessante. Sotto il margine inferiore sinistro della stampa asciutta si segna il soggetto e il numero progressivo complessivo di stampa, a destra invece il nome dell’esecutore e l’anno di esecuzione.
Anticamente la dicitura era diversa. Il soggetto veniva descritto o inciso direttamente sulla lastra, così la dedica e i commenti. Il nome dell’incisore era seguito dalle parole sculpsit o incidit abbreviato di solito in s.c. o inc. Il nome dell’esecutore è seguito quasi sempre dalla parole delineavit, abbreviate in del. Inv. e pinx .
Nella saletta dove sono esposte le opere dell’800 potete ammirare anche le due incisioni che abbiamo scelto per l’invito, nell’opera Icones Anatomicae di Marcantonio Caldani (1801). Sotto le incisioni troverete la scritta Franciscus Ambrosi sculpsit. Nel caso dell’opera Sull’Aneurisma di Antonio Scarpa, in fondo a sinistra, si può vedere scritto: Faustino Anderloni sculpsit, Pietro Anderloni sculpsit et incisit 1804.
Il nome dell’editore che aveva l’incarico di tirare le copie è seguito dalla parola excudit, oppure nel nostro caso è scritto il nome della tipografica che ha eseguito la tiratura. Tipografia Bolzani Venetiis
Nell’opera del ‘700: Quatre tables anatomiques représentant une observation très rare d’une double matrice del professor Geog Eisenmann della facoltà di Medicina dell’Università di Strasburgo si può vedere la scritta: dessiné par L. M. Weiss et gravé par Loutherbourg 1752. Ma ci sono anche esempi più antichi: il ritratto del Malpighi nella sua opera Posthuma è inciso da Suor Isabella Piccinini nella seconda metà del ‘600.
Fin qui ho descritto brevemente la tecnica incisoria ma nel caso degli incisori di anatomia umana non serviva solo conoscere la tecnica serviva anche conoscere e osservare l’anatomia. A tale proposito vorrei finire il mio intervento leggendovi un brano della Anatomia Universae del Mascagni.
Ma il Mascagni è anche un esempio mirabile del connubio tra arte e scienza. La perfezione iconografica delle sue tavole anatomiche è infatti raggiunta grazie alla accurata scelta di artisti capaci di riprodurre fedelmente i preparati anatomici tramite la tecnica dell’incisione su rame e conseguente tiratura su tavola, risultandone quindi una versione in bianco-nero e, a scelta, una acquerellata.
Ciro Santi, Antonio Serantoni, Agostino Costa firmeranno le tavole anatomiche, di elevata fattura e di perfezione assoluta. Il Santi, artista bolognese, attivo a Siena dal 1780 al 1795, impiega sette anni per la preparazione dei rami del Vasorum, opera che si può ammirare in esposizione a Pisa, lavorando con una straordinaria perizia nel disegnare i particolari. Anatomico e disegnatori stanno uno accanto all’altro sul tavolo settorio, per lunghissimi tempi: un lavoro improbo che costringe l’artista a “stare sopra tante centinaia di cadaveri infradiciati”, tanto da attribuirne la causa della malattia che affliggerà Santi per la durata di un anno.
Il Vasorum, corredato di 27 tavole e 14 controtavole, scritto in latino, esce per i tipi di Carlo Pazzini nel 1787 ed è dedicato al Granduca Pietro Leopoldo, che ricompenserà l’anatomico con la somma di 200 zecchini d’oro e un aumento di stipendio da 150 a 250 scudi l’anno. Il premio in denaro contribuirà a sollevarlo dalle ingenti spese sostenute per la pubblicazione dell’opera. Anche all’incisore bolognese sarà assegnata una ricompensa, di 50 zecchini. Una copia del Vasorum è in esposizione nella mostra.
L’Historia, come ricorda il Mascagni, “fu ben ricevuta dagli anatomici, dai fisiologisti e dai Medici d’Europa per l’utilità che apportava alla medicina e quindi fu ascritto a diverse Accademie e ottenne premi; cose che tutte servirono a darli un maggior coraggio per intraprendere altri lavori”. Il disegnatore ed incisore Antonio Serantoni, che lavorerà con Mascagni nel suo periodo fiorentino fino alla morte, racconta: “appena terminato a Siena la sua opera dei vasi linfatici, si immaginò di formarne un’altra assai più estesa che dimostrasse tutto l’insieme del corpo umano senza niente trascurare”.
Il riferimento è al grande atlante per gli studenti di medicina, Anatomia Universae, al quale Mascagni lavorerà per circa trenta anni, in contemporanea ad una atlante per gli studenti d’arte, Anatomia per uso degli studiosi di pittura e scultura. Il “principe degli anatomici” lascia così ai posteri due supremi strumenti per la didattica. Una copia acquerellata dell’Anatomia Universae, stampata postuma dal Capurro nel 1823, è esposta in modo permanente sulle pareti della Galleria Mascagni.

Anita D’Orazio
responsabile Unità biblioteche, archivi e documentazione
a.dorazio@adm.unipi.it

Bibliografia