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La digitalizzazione del materiale cartaceo anticoo
di Nicola Gronchi

Storicamente la riproduzione veniva eseguita dai maestri per divulgare le opere, dagli allievi per esercizio e da persone senza tanti scrupoli per ricavarne denaro. Invece la riproduzione tecnica procede nella storia altalenando: in Grecia si praticavano la fusione e il conio per cui le sole opere d’arte che venivano riprodotte erano i bronzi, le terrecotte e le monete.

La grafica per diffondersi dovette aspettare l’invenzione della silografia alla quale si aggiunse, sempre nel corso del Medioevo, l’acquaforte, la puntasecca e la litografia all’inizio del secolo XIX. Infine la riproducibilità tecnica della scrittura, con l’invenzione della stampa, apre le porte alla divulgazione di massa delle opere letterarie relegate fino ad allora ad una circolazione intimistica. Ma pochi decenni dopo l’invenzione della litografia, il 6 gennaio 1839, “La Gazette de France” pubblica la prima notizia dell’invenzione della fotografia da parte del pittore di diorami Louis Jaques Mandé Daguerre (1787-1851) ovvero del modo di “fissare” le immagini che “si dipingono” entro la camera oscura. Il giornalista autore dell’articolo, H. Gaucherand, anticipa l’annuncio ufficiale del celebre fisico e astronomo Jean François Dominique Arago (1786 ‐ 1853) nella seduta dell’Académie des Sciences del giorno seguente, 7 gennaio 1839. L’annuncio di Arago è riportato nel “Moniteur Parisien” del 9 gennaio e in Italia viene ripreso dalla “Gazzetta privilegiata di Milano” il 15 gennaio. Immediatamente si pensò alle applicazioni del dagherrotipo nel settore della riproduzione delle opere d’arte.
Attualmente all’interno del settore dei Beni Culturali è importante dare unitarietà alle iniziative di digitalizzazione attraverso una programmazione coordinata; consentire la crescita di un patrimonio digitale di qualità e di larga accessibilità, favorendone la consultazione via web nonché sviluppare nuovi servizi per gli utenti I luoghi principi deputati alla conservazione del materiale cartaceo sono gli archivi, le biblioteche, le soprintendenze ed i gabinetti di disegni e stampe; i materiali in oggetto possono far parte di volumi rilegati oppure essere conservati come carte sciolte.
All’inizio di un lavoro di digitalizzazione si mettono in pratica le seguenti procedure:

Immagine della mostra

Un elemento fondamentale per la buona riuscita della lavorazione è rappresentato dalla scelta dell’hardware da utilizzare, opzione che va naturalmente valutata in base alla natura del soggetto da trattare. Generalmente per il materiale non di pregio la scelta cade sullo scanner tradizionale mentre per le carte antiche o i grandi formati è preferibile orientarsi su scanner planetario o sistemi di riproduzione fotografica. Nel caso specifico si è optato per una digitalizzazione con fotocamera digitale dell’ultima generazione montata su stativo. Le riprese sono state fatte con una Nikon D3x con sensore da 24 milioni di pixel il full frame a 300 dpi. Gli scatti nativi sono stati effettuati in Raw per poi essere post prodotti in Tiff non compresso, poi è stata messa a punto una versione più leggera in jpeg sia per la visione Lan che per la trasmissione su rete geografica Web. L’archiviazione prevede sia supporti ottici che memorie di massa per una maggiore sicurezza. A livello di ripresa le ottiche impiegate sono state lenti specifiche progettate appositamente per la ripresa ravvicinata, in modo da fornire la migliore qualità in base al rapporto di riproduzione. Il materiale cartaceo è stato accuratamente posizionato su uno stativo da riproduzione MANFROTTO/IFF Super Repro con colonna a cremagliera e piano professionale per l’alloggiamento del materiale da riprendere senza alcun ausilio di vetri per la pressione delle carte. Infine le carte sono state illuminate con appositi illuminatori LUPO dotati di lampade a fluorescenza speciali prive di radiazioni IR e UV che lavorano in daylight a 5400°K in modo da preservare l’integrità degli originali.

Nicola Gronchi