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La storia del futuro
Tre secoli di strumenti scientifici in un nuovo allestimento

Da molti anni ormai l’impegno profuso dalla Fondazione Galileo Galilei per le mostre e le iniziative incentrate sulla diffusione della cultura scientifica a più livelli è stato intenso e costante. L’attività principale è naturalmente la gestione del Museo degli strumenti per il calcolo nell’area dei Vecchi Macelli dove, tra l’altro, gli uffici della Fondazione si sono trasferiti a giugno. Dall’inizio dell’anno la Fondazione Galileo Galilei ha cominciato a ripensare l’allestimento del Museo, per operare poi un intervento radicale che ha rinnovato completamente le sale espositive in modo non solo da valorizzare le collezioni più di quanto sia stato fatto fino ad ora, ma anche per offrire ai visitatori una visione più ampia del grande patrimonio che il Museo conserva: molti pezzi della collezione, infatti, erano ancora, da troppo tempo ormai, depositati nei magazzini ad arricchire, nostro malgrado, quel giacimento culturale che spesso caratterizza il nostro paese.

Sala CEP
L’occasione delle celebrazioni organizzate per la Calcolatrice Elettronica Pisana l’11 e il 12 giugno scorsi è stata lo spunto da cui è scaturita la progettazione del nuovo allestimento, che ha interessato prima di tutto proprio la sala che ospita la CEP e successivamente le altre sale espositive. La Fondazione è riuscita ad arricchire le sale anche grazie a un contributo dell’Università, del dipartimento di Fisica “E. Fermi” e del dipartimento di Informatica.

Il nuovo allestimento della sala CEP

Il nuovo allestimento della sala CEP

Oltre alla volontà di rendere pił piacevole per il visitatore l’impatto all’ingresso nella sala della CEP, l’intento principale nell’approntare il nuovo allestimento è stato di offrire una visione più ampia e per certi versi più umana di questo capitolo di storia dell’informatica che ha visto Pisa e la sua Università protagoniste: per questo, la sala è stata arricchita da grandi poster e pannelli che illustrano la storia della Calcolatrice Elettronica Pisana attraverso immagini e documenti.

L’auspicio, in questo modo, è anche di favorire nel percorso tutti i visitatori: quelli che non sanno che cosa è la CEP, perché la conoscano; coloro che la conoscono magari solo dal punto di vista tecnico, perché possano conoscere o approfondire anche quello storico e, infine, coloro che magari non solo la conoscono, ma ci hanno anche lavorato, perché possano ripercorrere, attraverso ricordi ed emozioni, questa affascinante storia.

All’ingresso della sala sono posizionati due grandi poster: nel primo, una breve cronistoria racconta in una timeline essenziale le tappe principali, dall’idea e dall’avvio degli studi nel 1954, fino al 1960, anno in cui la CEP cominciò a funzionare.

Nel secondo, immagini e stralci di documenti raccontano il giorno dell’inaugurazione il 13 novembre 1961, alla presenza del presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi.

Accanto alla macchina, sono posizionati poi otto pannelli che accolgono altrettanti poster. Su questi sono ritratti alcuni personaggi: Enrico Avanzi, Alessandro Faedo, Marcello Conversi, Giovan Battista Gerace, Adriano Olivetti, Giuseppe Cecchini, Mario Tchou, Carlo Alberto Petraglia.

La scelta, oltre ad aver privilegiato naturalmente i protagonisti, ha risposto anche a vincoli dettati dalla disponibilità documentale presso l’Archivio di Ateneo.

Accanto all’immagine, dei brevi testi aiutano il visitatore a comprendere chi era quel personaggio, e quale ruolo ebbe nella progettazione e nella realizzazione della CEP. Il criterio adottato è stato quello di trascrivere alcuni stralci dei documenti conservati all’Archivio Generale di Ateneo, in modo da far parlare direttamente i protagonisti. È stata posta molta attenzione a tutti gli aspetti grafici, anche quelli che hanno riguardato la scelta dei caratteri tipografici che caratterizzano i documenti dell’epoca. Volutamente, quasi mai si innestano commenti esterni, se non per minime parti didascaliche.

Ancora, in un’alternanza di immagini e documenti il visitatore può respirare l’atmosfera di quei momenti, attraverso immagini storiche e copie dei documenti originali di due episodi importanti: la firma della Convenzione tra l’Università di Pisa e la Società Olivetti, nella sala dei mappamondi in Rettorato il 7 maggio 1956, e il giorno dell’inaugurazione, nel 1961.

Per tutte le immagini e i documenti è stato preziosissimo il contributo dell’Archivio Generale di Ateneo: in particolar modo, grazie all’estrema disponibilità del dottor Daniele Ronco, abbiamo potuto scegliere fra le immagini e i documenti custoditi e proporne alcuni (naturalmente in copia) ai visitatori, dando più visibilità così ad un fondo documentario tanto prezioso.

Alcuni degli strumenti scientifici del XVIII secolo

Alcuni degli strumenti scientifici del XVIII secolo

Sala delle mostre temporanee
La cattedra di Fisica sperimentale, con annesso Gabinetto per gli esperimenti, fu istituita all’Università di Pisa nel 1748 e assegnata a Carlo Alfonso Guadagni, proveniente da Firenze. Dopo il Guadagni, che tenne la cattedra fino al 1795, si successero un certo numero di professori e alcuni di essi contribuirono particolarmente ad arricchire il Gabinetto di Fisica. Nel 1840 la riforma Giorgini sdoppiò la cattedra di Fisica sperimentle assegnando a Carlo Matteucci la cattedra di Fisica e quella di Fisica Tecnologica a Luigi Pacinotti (dal 1831 al 1839 il Pacinotti aveva tenuto la cattedra di Fisica Sperimentale). L’attuale dipartimento di Fisica “Enrico Fermi” è il discendente diretto della cattedra di Fisica del 1840 mentre la cattedra di Fisica tecnologica terminò con Antonio Pacinotti – figlio di Luigi – che la tenne fino al 1912, anno della sua morte.

Il Museo degli strumenti per il calcolo, fra le sua attività, ha in gestione la collezione degli strumenti scientifici antichi del dipartimento di Fisica, costituita dagli strumenti rimasti dei Gabinetti di Fisica e Fisica tecnologica, dagli strumenti astronomici utilizzati a Pisa nel periodo di funzionamento della Specola (1734–1826) e da altri strumenti scientifici raccolti da altri dipartimenti dell’Università di Pisa in questi ultimi venti anni.

La macchina a gomitolo di Antonio Pacinotti

La macchina a gomitolo di Antonio Pacinotti

Per la prima volta al Museo, in occasione dell’Anno Galileiano, è possibile visitare la “Sala delle mostre temporanee” allestita interamente con gli strumenti scientifici. Si tratta di 66 strumenti provenienti dalla suddetta collezione e di 16 poster dedicati. Fra i pezzi più significativi ricordiamo l’Apparecchio per la composizione dei moti risalente al periodo del primo professore di fisica sperimentale Carlo Alfonso Guadagni (sul retro dello strumento – in legno – c’è un’etichetta con scritto: “Apparecchio del Guadagni, anno 1748”, probabilmente scritto da uno dei Pacinotti), la Macchina a gomitolo di Antonio Pacinotti e il Cannocchiale di Fraunhofer dei primi decenni del XIX secolo. La disposizione degli strumenti nelle quattro grandi vetrine, presenti nella Sala, segue un ordine cronologico–tematico: si parte con gli strumenti astronomici – i più antichi – per passare poi agli strumenti per esperimenti di meccanica, di ottica, di acustica, di elettricità e di spettroscopia. Non mancano poi alcuni misuratori di tempo: due cronometri da marina (indispensabili per la determinazione della longitudine sulle navi) e il cronoscopio di Hipp (misura brevi intervalli di tempo con una precisione del millesimo di secondo; della seconda metà dell’Ottocento, si suppone venisse utilizzato con la Macchina di Atwood per misure sulla caduta dei gravi). Per ragioni espositive non è stato possibile mettere in mostra gli orologi settecenteschi appartenenti alla collezione, quali i due orologi di George Graham, l’orologio di Le Roy e l’orologio di Farina. Complessivamente gli strumenti coprono un arco di tempo che va dal Settecento alla prima metà del Novecento (in mostra c’è un esemplare di elettrometro a paletta che fu inventato da Eligio Perucca nel 1930). Completa l’esposizione una sezione, costituita da cinque strumenti appartenuti a Camillo Porlezza e da una lettera autografa di Marie Curie a lui indirizzata, concessi in prestito al Museo dal dipartimento di Chimica e chimica industriale dell’Università di Pisa in occasione del nuovo allestimento. Ciascuno strumento è corredato di una didascalia che ne indica il nome, la datazione e l’uso.

Ad una migliore illustrazione della collezione contribuiscono anche sedici grandi poster, alcuni dei quali dedicati ai professori che maggiormente hanno contribuito ad aumentare la dotazione dei loro Gabinetti con l’acquisto di strumenti – o direttamente con loro invenzioni – che oggi ritroviamo nella nostra collezione: Carlo Alfonso Guadagni, Luigi Pacinotti, Carlo Matteucci, Riccardo Felici e Antonio Pacinotti. Altri quattro poster fanno riferimento agli Archivi e alla Biblioteca, ulteriore patrimonio del Museo.

Infine, al centro della Sala, è situato un totem sul quale due grandi poster e due computer presentano alcune attività della Fondazione Galileo Galilei.

Galleria della storia del calcolo
Senza ombra di dubbio l’ambiente del Museo che è stato sottoposto all’intervento più radicale è l’edificio denominato “Galleria della storia del calcolo”. Fino allo scorso anno, le otto sale (di circa 60 metri quadri ciascuna) di questo edificio accoglievano i grandi calcolatori, il Laboratorio di Galileo Galilei e una piccola esposizione di personal computer portatili; successivamente al trasferimento del Laboratorio di Galileo Galilei, l’intero ambiente è stato ripensato per creare un percorso espositivo sui sistemi di calcolo automatico con in più uno spazio dedicato alla didattica, novità assoluta rispetto all’esperienza precedente. La scelta di creare un percorso imperniato più sulla tipologia dello strumento di calcolo piuttosto che sulla sua posizione temporale, è dettata dalla volontà di accompagnare l’attenzione del visitatore sulla tecnologia della macchina calcolatrice.

Uno dei sei grandi registratori di cassa

Uno dei sei grandi registratori di cassa

L’itinerario inizia con due sale nelle quali sono esposte circa 100 macchine meccaniche (a comando manuale) e sei grandi registratori di cassa (elettrici), particolarmente apprezzabili dal punto di vista estetico. Complessivamente sono presenti un po’ tutte le soluzioni tecnologiche implementate nel tempo dalle varie case costruttrici: abaci, regoli, aritmometri, addizionatrici a gremagliere, addizionatrici a tastiera estesa e a tastiera ridotta, calcolatori tipo Odhner e calcolatrici meccaniche scriventi. Moltissime meriterebbero di essere ricordate ma, in questo frangente, preferiamo non dilungarci troppo e quindi ne citiamo una per tutte: la calcolatrice Curta, inventata dall’austriaco Curt Herzstark che, durante il suo periodo di prigionia nel campo tedesco di Buchenwald, ci lavorò fino alla liberazione del campo nell’aprile 1945. La produzione della macchina cominciò nel 1947 e finì nel 1970: furono costruiti oltre 140.000 apparecchi. Prendendo spunto dal tamburo differenziato di Leibniz, Herzstark aveva ridotto le dimensioni e la complessità dei meccanismi, fino a fare della Curta il primo calcolatore tascabile. La Curta era in grado di eseguire le quattro operazioni silenziosamente e velocemente. Nelle ultime versioni era stata perfezionata: era in grado di calcolare logaritmi e radici quadrate.

Continuando la visita, nella terza e quarta sala, sono esposti alcuni grandi calcolatori facenti parte della collezione: la Gamma 3 della Bull, la CINAC, l’ELEA 6001, il TAU2, il calcolatore parallelo nCube 2, la Connection Machine e 2 supercomputer Cray: l’X–MP e l’Y–MP2E. Di questa sezione fa parte anche la Calcolatrice Elettronica Pisana che però, data la sua grande importanza per l’Università di Pisa e per la città stessa, ha un salone dedicato in un altro edificio. Per motivi legati alla scelta espositiva – in primo luogo per un’ottimizzazione dello spazio a disposizione – questi grandi calcolatori non sono stati esposti con tutti gli elementi componenti (che il Museo possiede e che in precedenza erano presenti in mostra) bensì solamente con alcuni loro elementi rappresentativi.

Vale la pena soffermarsi sul grande calcolatore CINAC e il TAU2.

Il calcolatore CINAC funzionò dal 1966 al 1970 presso l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo del CNR di Roma. L’Istituto lavorava già dal 1955 con un calcolatore Mark I, ribattezzato FINAC, e nel 1966 acquistò un ELEA 9104. Per non disperdere la notevole esperienza acquisita dai tecnici e la mole di programmi realizzati durante il periodo di funzionamento del FINAC, si decise di realizzare un simulatore hardware–software del FINAC e di interconnetterlo con l’ELEA 9104 in modo da far lavorare quest’ultimo con il codice del vecchio Mark I, e non con il suo codice nativo Olivetti. Perfino i suoni che venivano emessi dal FINAC, e che indicavano lo stato di funzionamento della macchina, furono riprodotti attraverso un circuito opportuno connesso ad un altoparlante per permettere ai tecnici di capire se la nuova macchina stava funzionando nel modo giusto.

Il TAU2 fa parte del complesso hardware–software TAU2–TAUMUS che consentiva la memorizzazione, composizione, rielaborazione ed esecuzione in tempo reale di brani musicali. Questo sistema fu costruito al CNR – Istituto di Elaborazione della Informazione di Pisa dal 1973 al 1975 e funzionò fino al 1987. Gli apparati erano divisi in due edifici di via Santa Maria a Pisa. Al numero 36, sede del Centro di Calcolo del CNUCE (CNR), c’era il sistema di elaborazione IBM 370⁄168 con il programma TAUMUS per l’editing di testi musicali e la gestione dell’archivio di questi, mentre al numero 46, sede dell’IEI (CNR), era dislocato il terminale audio TAU2. Un cavo parallelo connetteva direttamente l’IBM 370⁄168 con il TAU2 che, ricevuti i segnali, li rielaborava, adattandoli per la trasmissione sonora attraverso altoparlanti direttamente connessi ad esso. Il sistema poteva essere gestito in due modi: da una consolle – che si trovava vicino al TAU 2 – ed era connessa all’IBM attraverso un cavo seriale, oppure in remoto attraverso la rete SIP, sfruttando la linea dati per connettersi all’IBM e la linea fonica per ascoltare il suono prodotto dal TAU2.

Oltre alle didascalie, vicine a ciascuna macchina meccanica per illustrarne la tipologia e la datazione, queste sale e i grandi calcolatori sono illustrati attraverso stampe che scendono dal soffitto, con una grafica veramente originale e accattivante per il visitatore.

Il percorso dedicato al calcolo si conclude con tre sale nelle quali sono esposti altri 110 pezzi circa fra calcolatrici elettriche, personal computer e computer portatili, di cui ricordiamo pochi esemplari:

Sala didattica e Apparato Gravità
Infine c’è una sezione costituita dalla Sala didattica e dall’Apparato Gravità. Quest’ultima apparecchiatura (realizzata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – Sezione di Pisa) permette la caduta simultanea di corpi di massa diversa nell’aria e nel vuoto per mostrare ciò che Galileo aveva intuito prima dell’enunciazione della Legge di gravitazione universale di Newton, e cioè che nel vuoto (in assenza di attrito dovuto all’aria) oggetti di diversa massa lasciati cadere da una stessa altezza arrivano a terra nello stesso tempo. Per ragioni logistiche l’Apparato Gravità è situato nella sala insieme alla CEP. Nella Sala didattica, collocata invece nella Galleria, dal 25 settembre 2009 saranno funzionanti 4 apparati sperimentali: due riguardanti l’attività di Antonio Pacinotti, l’esperimento del suo anello che lo portò alla realizzazione della famosa macchinetta e il Viale elettromagnetico (primo esempio di movimento a trazione elettromagnetica) – già presenti in mostre precedenti – e gli altri due di ispirazione galileiana: il pulsilogium e un grande compasso (scala 6:1): il primo aiuterà il visitatore a comprendere l’importanza della scoperta dell’isocronismo del pendolo nella misurazione del tempo e il secondo gli illustrerà il potente strumento di calcolo realizzato dal grande scienziato pisano. Ogni tipo di intervento che la Fondazione Galileo Galilei ha operato in questi anni è sempre stato mirato a potenziare il Museo e, naturalmente, anche a farlo conoscere in maniera più diffusa. Così, dopo avere realizzato il nuovo allestimento, che ha richiesto notevoli sforzi finanziari e organizzativi, la Fondazione, dagli inizi di luglio 2009, cerca di garantire un’apertura di una parte del Museo in orario mattutino, nella speranza che quanto prima si creino le condizioni necessarie perché il Museo possa essere aperto con orario più esteso.

Claudio Luperini e Tiziana Paladini
Fondazione “Galileo Galilei”
claudio.luperini@df.unipi.it
tiziana.paladini@df.unipi.it