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L'invenzione dell'isteria. Dal mito antico all'immaginario

Incontro con Maria Antonella Galanti

data 22 Marzo 2017 17:30  |  luogo Gipsoteca di Arte Antica Piazza S. Paolo All'Orto, 20, 56127 Pisa PI, Italia
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ANDRÉ BOUILLET, UNE LEÇON CLINIQUE À LA SALPÊTRIÈRE, 1887Il 22 marzo alle 17.30, alla Gipsoteca dell’Università di Pisa, si tiene la conferenza "L'invenzione dell'isteria. Dal mito antico all'immaginario", di Maria Antonella Galanti, professoressa di Pedagogia al Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere.

L'incontro è organizzato dall'Associazione culturale italo-greca "Labirinti", in collaborazione con il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere.

Introduzione

Alle soglie del terzo millennio l’isteria sembra definitivamente scomparsa dalla nosografia psichiatrica, dopo aver occupato trionfante da sempre la scena e raggiunto il proprio apice nella Vienna della fine del XIX secolo, con il rendere possibile la nascita stessa della psicoanalisi e dell’originale percorso freudiano.

Perché, allora, riparlarne oggi? Perché questa esperienza, della quale si hanno tracce scritte in testimonianze antichissime, precedenti anche alle riflessioni di Ippocrate e a quelle, successive di quasi sette secoli, di Galeno, ha posto fin da subito una questione femminile; perché è scomparsa, ma aleggia su ogni riflessione che coniughi insieme l’universo femminile e quello della pazzia; se ne sente il respiro, la corposità ingombrante, il peso storico. La scomparsa dell’isteria dalla nosografia psichiatrica, si accompagna al progressivo decremento dell’interesse nei confronti di questa patologia che prende l’avvio nella seconda metà del XX secolo. E’ solo con i manuali psichiatrici degli anni’80 del XX secolo che in ambito psichiatrico il termine scompare definitivamente.

La patologia isterica, caleidoscopica e inafferrabile con i nudi strumenti della comprensione clinica, si mostra, attraverso il trascorrere dei secoli, tanto più inquietante in quanto genera sentimenti di diffidenza e di antipatia, ma contemporaneamente anche un’intensa attrazione. La scomparsa del termine “isteria” dai manuali diagnostici, del resto, non ha reso meno significativa la problematica di una malattia da sempre capace di mettere in scacco la scienza medica. Smembrata in patologie diverse, mascherata o drammaticamente evidente, l’isteria in realtà sopravvive ancora oggi nell’immaginario di noi tutti, nell’ambito medico come in quello del senso comune.

Le vicissitudini di questa sindrome sono strane e inquietanti: si tratta, infatti, di una delle patologie più antiche e la descrizione semeiotica della quale, pur con accentuazioni e coloriture diverse, si ripresenta sostanzialmente la stessa attraverso le diverse epoche. Certo, ci possono essere alcune trasformazioni evidenti (quella, per esempio, relativa all’appartenenza di classe dei soggetti definiti come isterici nelle diverse epoche), ma sostanzialmente due aspetti si ripresentano in maniera prepotente: da una parte i segni, (cioè la straordinaria capacità di mimesi rispetto a ogni possibile patologia organica) e, dall’altra, l’identificazione con la dimensione del femminile; un’identificazione pervicace e insensata al di là dell’evidenza innegabile di una parallela incarnazione di tale patologia anche tra gli uomini, come ci ha mostrato Charcot e, sulla scia del suo insegnamento diretto, lo stesso Freud.
L’isteria è scomparsa dalla nosografia ufficiale, ma non dall’immaginario collettivo né dal vocabolario delle emozioni e della quotidianità, poiché trasversalmente alle coloriture culturali il termine ricompare di continuo a definire una natura femminile stereotipata improntata a facile suggestionabilità, a inaffidabilità, ma, soprattutto, all’utilizzazione della condizione di minorità rovesciata nel suo opposto, cioè tradotta in strumento di ricatto e di potere.
Maria Antonella Galanti

Immagine: André Bouillet, Une leçon clinique à la Salpêtrière, 1887

 

Info e Contatti:
Maria Antonella Galanti galanti@unipi.it

Allegati:

2017-03-22 17:30:00
2017-03-22 19:30:00

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