Un robot per simulare la rianimazione neonatale
Tutto è partito da un piccolo robot interattivo con le fattezze e le funzioni vitali primarie di un neonato vero: Nina (v. foto), ovvero la macchina SimNewB, acquistata dall’Aoup qualche anno fa. Grazie a Nina è stato allestito un centro di formazione e simulazione neonatale vero e proprio inaugurato all’interno dell’Unità operativa di Neonatologia (direttore, professor Antonio Boldrini) all’inizio del 2010.
Da allora i formatori del Centro, diretto dal dottor Armando Cuttano, hanno effettuato corsi di addestramento differenziati per tutto il personale sanitario di sala parto (neonatologi, pediatri, ginecologi, anestesisti, medici in formazione, ostetriche, infermiere pediatriche) sia dell’Aoup che degli ospedali di Area vasta di I e II livello, per insegnare a stabilizzare un neonato critico, dal momento che circa il 5-6% di tutti i nati, e fino all’80% dei neonati con peso alla nascita inferiore a 1.500 grammi, necessitano di un intervento rianimatorio a diversi livelli in sala parto. Richieste di formazione sulle procedure rianimatorie neonatali stanno arrivando anche da altri ospedali e dai medici dell’emergenza.
La formazione attraverso la simulazione avanzata ha assunto una tale importanza da stimolare anche la la SIN- Società italiana di Neonatologia, a creare una task force nazionale (coordinata dal dott. Cuttano) per la formazione in simulazione in neonatologia i cui componenti sono: Armando Cuttano, Antonio Boldrini, Emilio Sigali, Paolo Gancia, Gina Ancora, Monica Manganaro, Franco Messina, Nicola Laforgia. Un ruolo di primo piano alla scuola pisana, dunque, che sarà confermato anche al prossimo congresso della SIN di ottobre.
Ma perché scegliere la formazione in simulazione? Per una serie di vantaggi: innanzitutto si opera in assenza di rischio per il “paziente”, si possono provare nuovi dispositivi e, se si sbaglia, lo scenario può proseguire. Nei paesi anglosassoni e nord europei, ad esempio, si investe una discreta fetta degli stanziamenti per la sanità in attività di simulazione.
Il Centro che accoglie “Nina”, poi, rispetta le raccomandazioni del “just in place” e “just in time”. Nasce infatti all’interno della Neonatologia ed è contiguo alla sala parto, il che significa che un corsista può passare dal simulatore al reparto vero per osservare e collaborare con i medici e gli infermieri che agiscono nella pratica quotidiana.
Strutturalmente il Centro è formato da un’area che simula un’isola neonatale in sala parto, da un’auletta (monitorata in audio e video) e da una stanza di regia, dove c’è il cuore e la mente di “Nina”. I corsi consistono in lezioni frontali seguite da esercitazioni pratiche dei corsisti (filmate da più telecamere) e per ultimo un’attività di debriefing, che permette di valutare costruttivamente il proprio operato.
Inoltre, sempre all’interno della Neonatologia, è stato fondato il “Gruppo Nina”, composto da medici e infermieri, per addestrare il personale su argomenti specifici della assistenza neonatale. Un modo efficace per coinvolgere un intero reparto e individuare eventuali errori, correggendoli in tempo reale.
È nato anche un sito: www.simulazionenina.it su cui trovare ulteriori informazioni.
(Ufficio stampa Aoup)
Malattia di Huntington, Pisa fra i centri di eccellenza
Si comunica che il Centro per la diagnosi e cura dei disordini del movimento del Dipartimento di Neuroscienze dell'Aoup diretto dal Prof. Luigi Murri ha ricevuto l’accreditamento presso il prestigioso consorzio europeo dedicato alla malattia di Huntington (European Huntington’s Disease Network). La malattia di Huntington è una grave malattia genetica neurodegenerativa autosomica dominante, trasmessa da una generazione all’altra, caratterizzata da movimenti involontari, alterazioni della personalità, disturbi cognitivi e psichici e, sebbene sia malattia rara, colpisce circa 40.000 persone in Europa e circa 400 persone in Toscana. Si stima inoltre che, approssimativamente, altri 160.000 soggetti siano a rischio di malattia in Europa, con un coinvolgimento familiare e sociale dalle proporzioni immaginabili.
Il centro di diagnosi e cura della malattia di Huntington dell’Unità operativa di Neurologia – Neurofisiopatologia coordinato dal dr. Roberto Ceravolo è da molti anni impegnato nella diagnosi e nell’assistenza ai pazienti affetti da malattia di Huntington, con un approccio multidisciplinare qualificato ed ha fornito importanti contributi a livello scientifico con ricerche condotte sia nel campo della diagnostica che della neurofarmacologia clinica, con collaborazioni attive con i più avanzati centri specialistici come l’Hammersmith Hospital di Londra dove il personale medico impegnato nel centro si è formato con lunghe esperienze professionali.
La qualità dell’attività assistenziale e scientifica svolta ha ottenuto nel gennaio 2011 questo ambito riconoscimento europeo, con l’inserimento nella lista dei centri eccellenti in Europa per la diagnosi e cura della malattia di Huntington.
La creazione di un registro europeo rappresenta un supporto per comprendere in modo più approfondito la malattia e per proseguire la ricerca, raccogliendo dati clinici e biologici da poter analizzare a livello centralizzato. La possibilità di far parte del consorzio europeo consente al centro di Pisa di rappresentare un centro pilota per la sperimentazione di nuove terapie, in grado di rallentare la degenerazione neuronale alla base del processo patologico e di costituire un legame stabile tra pazienti, familiari e le varie associazioni di sostegno, indispensabile supporto in malattie croniche progressive ed invalidanti come la malattia di Huntington.
Per informazioni rivolgersi al Centro per la diagnosi e cura della malattia di Huntington – Università di Pisa Dott. R. Ceravolo 050-992051/993145, o al sito internet www.euro-hd.net/registry o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
(Ufficio stampa Aoup)
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A Pisa trattamento "high-tech" per controllare l'intestino
Funziona come un pacemaker ed è poco più grande di una moneta da due euro: queste le dimensioni del nuovo dispositivo per trattare l’incontinenza fecale e la stipsi da rallentato transito, adottato con successo dal dottor Gabriele Naldini, Direttore della Struttura Dipartimentale di Chirurgia Proctologica e Perineale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa.
I pazienti che soffrono di certe disfunzioni croniche intestinali devono affrontare ogni giorno una vera e propria battaglia. La loro vita risulta condizionata dall’utilizzo costante di pannolini o assorbenti, nella continua preoccupazione che un’improvvisa perdita possa metterli in una condizione di comprensibile difficoltà, fino al punto di rinunciare ad uscire di casa e a fare una normale vita sociale. Si tratta infatti di pazienti che preferiscono spesso non manifestare, per vergogna, questo problema, rinunciando di fatto alle possibili cure.
Quando le terapie conservative (farmacoterapia, riabilitazione del Pavimento Pelvico) risultano inefficaci, l’approccio più innovativo per trattare le disfunzioni del pavimento pelvico che portano all’incontinenza o alla stipsi è la neuromodulazione sacrale, tecnica che favorisce il controllo di questi disturbi mediante l’impianto di un semplice sistema che invia lievissimi impulsi elettrici, attraverso un piccolo elettrodo, ai nervi sacrali, quelli che controllano gli organi deputati alla continenza. La neuromodulazione è una pratica esistente da diversi anni, ma si è ora evoluta attraverso sistemi sempre più piccoli e confortevoli, come il nuovo dispositivo, che si inserisce a livello percutaneo con un procedimento mininvasivo in anestesia locale. Negli studi clinici l’impianto ha dimostrato di trattare efficacemente alcuni tipi di disturbi correlati al controllo dell’intestino e della vescica in molti pazienti che non avevano ottenuto risultati o non tolleravano altri trattamenti farmacologici.
“Dal 2005 abbiamo trattato circa 80 casi di incontinenza o stipsi con neuromodulatore sacrale, con una percentuale di successo pari a circa il 70%– spiega il Dottor Naldini – Le indicazioni codificate per il nuovo dispositivo includono i sintomi della vescica iperattiva, ritenzione urinaria, incontinenza fecale e dolore pelvico cronico, ma la letteratura scientifica si sta arricchendo di studi sull’efficacia della neuromodulazione sacrale per il trattamento della stipsi da rallentato transito e da dissinergia del pavimento pelvico. La risoluzione di questo problema è ancora lontana, ma i dati dei primi studi sembrano essere molto promettenti.”
“Inoltre – conclude Naldini - medici e pazienti possono valutare l’efficacia della terapia con un semplice test, ovvero una stimolazione di prova, prima di procedere all’impianto definitivo del sistema. Con l’impianto definitivo il paziente riceve poi una sorta di telecomando che permette di regolare l’intensità a seconda della necessità.”
Come funziona il pacemaker?
Il sistema InterStim II è costituito da un piccolo neurostimolatore, un elettrocatetere e un programmatore per il paziente. La Terapia InterStim funziona mediante la stimolazione elettrica dei nervi sacrali, che controllano la vescica e i muscoli circostanti, i quali presiedono alla funzione dello svuotamento intestinale. I nervi sacrali vengono stimolati attraverso un elettrocatetere che viene posizionato nelle loro vicinanze tramite un introduttore percutaneo, in anestesia locale. L’elettrocatetere è collegato direttamente al nuovo neurostimolatore (poco più grande di una moneta da 2 euro) che viene impiantato in una tasca sottocutanea nella parte superiore del gluteo. Il neurostimolatore invia lievi impulsi elettrici al nervo sacrale attraverso l’elettrocatetere. Il paziente percepisce generalmente una leggera sensazione di formicolio non fastidiosa. Con un programmatore esterno il medico regola lo stimolatore in modo da ottimizzare la terapia per ogni paziente. Attraverso il piccolo telecomando fornitogli in dotazione, il paziente può accendere, spegnere e regolare l’intensità della stimolazione.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
Tel. 02 20241357
Maria Luisa Paleari – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 331 6718518
Angela Sirago – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 349 2690403
(Ufficio stampa Aoup)
Pisa adotta il defibrillatore a pedali
Pisa sarà la prima città italiana a dotarsi di defibrillatori a pedali, sulla scia di Londra e di altre città europee in prima linea nelle politiche di prevenzione sanitaria. In pratica le biciclette della polizia municipale saranno dotate di pallone rianimatore e bombola di ossigeno in modo tale da poter soccorrere immediatamente persone colpite da arresto cardiaco nel centro città e intorno alla Torre pendente, in attesa dell’arrivo del 118. L’iniziativa verrà presentata il 24 marzo prossimo in Comune con l’inaugurazione del “DAE...a pedali”. Il corso di addestramento all’utilizzo dell’apparecchiatura, riservato ai vigili urbani, sarà tenuto una settimana prima dal Dr. Maurizio Cecchini, cardiologo dell’Aoup e docente alla Scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza, che ha fondato il sito “cecchinicuore.org” http://www.cecchinicuore.org/index.php?option=com_content&task=view&id=407&Itemid=1 e si è fatto promotore di una campagna di sensibilizzazione alla diffusione dei defibrillatori automatici in luoghi pubblici, che finora ha portato all’installazione di 21 apparecchiature sul territorio comunale di Pisa.
Grazie alla donazione della famiglia pisana Bartalini (in ricordo della signora Mirella), all’interessamento fattivo dell’Associazione “Idee per Pisa”, all’attenzione del Sindaco di Pisa e alla campagna di “cecchinicuore.org” per la diffusione dei DAE pubblici, l’iniziativa è stata resa possibile (a ruota seguirà il Comune di Bergamo).
La bicicletta, che sarà presentata alla stampa il 24 marzo alle 10, in Palazzo Gambacorti, sarà dotata di un DAE, di un pallone ambu, cannule di Guedel, maschera facciale ed una piccola bombola di ossigeno (quest’ultime donate dal sito “cecchinicuore.org”).
(Ufficio stampa Aoup)
Innovativo intervento di impianto di valvola mitralica
Al Dipartimento Cardiotoracico dell'Azienda ospedaliero universitaria pisana (AOUP) martedì 19 è stato eseguito il primo intervento su cuore umano di correzione di malfunzionamento di anello mitralico con impianto di una protesi biologica valvolare per via percutanea con tecnica anterograda tran settale.
Il paziente, un sessantaquattrenne della provincia di Pisa, è stato dimesso dopo una settimana di ricovero e dovrà tornare in ospedale solo per i controlli di rito.
In conseguenza di un infarto, il paziente aveva già subito due interventi cardiochirurgici negli ultimi anni: un primo intervento di bypass aorto-coronarico, un secondo intervento di reimpianto di anello mitralico per correzione di insufficienza mitralica severa. Negli ultimi mesi il paziente aveva sviluppato una nuova insufficienza mitralica severa. Un terzo intervento avrebbe avuto un rischio troppo elevato per il paziente che, tra l'altro, non era nelle condizioni di rientrare nella lista dei candidati al trapianto di cuore.
Un consulto tra il dottor Fabio Guarracino, direttore dell’Unità operativa di Anestesia e rianimazione cardiotoracica, e la professoressa Anna Sonia Petronio, responsabile del Coordinamento organizzativo dell'attività di Cardiologia interventistica, ha portato all'individuazione di una metodica che apre una nuova strada ed offre nuove opportunità a pazienti non in condizioni di sopportare interventi che necessitino di anestesia generale prolungata e di circolazione extracorporea.
L'intervento in questione è in effetti durato solo un'ora e mezzo e non ha comportato – come accadeva finora nei pochi casi riportati dalla letteratura scientifica – neppure una piccola incisione necessaria per effettuare il passaggio attraverso il cuore.
La tecnica utilizzata dalle equipe del Dipartimento Cardiotoracico dell'Aoup era stata finora utilizzata in via sperimentale su pecore (in Germania) e - seguendo però un'altra metodica - nell’uomo dal dottor Alain Cribier, dell'ospedale di Rouen, in Francia, inventore del metodo di sostituzione della valvola aortica percutanea.
L’intervento è stato effettuato dalla professoressa Petronio in team con il dottor Guarracino che ha guidato la procedura con l'ecografia transesofagea intraoperatoria, e dai loro collaboratori i cardiologi Marco De Carlo, Andrea Pieroni, Piersilvio Chella, Cristina Giannini, la cardioanestesista Rubia Baldassarri che ha eseguito la delicata anestesia generale e l’intera equipe dell’Unità operativa di Anestesia e rianimazione cardiotoracica che ha seguito il decorso postoperatorio in terapia intensiva.
Ha partecipato anche l'equipe dell’Unità operativa di Malattie cardiovascolari 1, ed in particolare la dottoressa Rita Dell’Anna che segue da tempo il paziente.
Questo intervento è l'ennesima testimonianza del grado di eccellenza delle equipe – compresi il personale tecnico e infermieristico della Cardiologia interventistica – del Dipartimento Cardiotoracico, che si sta ormai configurando come un vero e proprio centro di riferimento a livello nazionale nell'ambito dell'installazione delle valvole con tecnica percutanea.
(Ufficio stampa Aoup)
Un aiuto per i bambini con problemi di udito
La disabilità uditiva in età infantile può determinare gravi difficoltà nell’apprendimento del linguaggio e di conseguenza problematiche a livello scolastico e di inserimento sociale. Alle criticità che incontrano i piccoli nel relazionarsi efficacemente con l’ambiente esterno, spesso si sommano gli svantaggi legati ad una scarsa conoscenza di questo tipo di disabilità, che determina spesso un approccio inadeguato sia da parte delle famiglie che delle istituzioni scolastiche.
Dall’entrata in vigore dello screening uditivo neonatale (che in Toscana è attivo dal 2007) ci sono sempre più casi di bambini in cui l’ipoacusia è diagnosticata precocemente ed è quindi possibile agire fin dai primi mesi di vita con un adeguato trattamento logopedico, supportato dall’applicazione di moderne protesi acustiche o dall’intervento di impianto cocleare. In questi casi le conseguenze possono essere limitate e lo sviluppo del bambino molto simile a quello dei coetanei normoudenti, sempre che si realizzino interventi adeguati e coordinati fra strutture socio-riabilitative, famiglia e scuola. Esistono però anche forme di sordità infantile diagnosticate con ritardo, di particolare gravità o associate ad altri handicap. In questi casi, se manca un adeguato supporto psico-sociale da parte delle istituzioni che accolgono il bambino, il rischio di emarginazione ed esclusione sociale diventa molto elevato.
Per aiutare le istituzioni scolastiche a comprendere la realtà attuale relativa alla disabilità uditiva, il personale dell’Unità operativa di ORL Audiologia e Foniatria universitaria dell’Aoup diretta dal Prof. Stefano Berrettini, insieme all’Asic (Associazione per la sordità e impianti cocleari), in collaborazione con le Assessore alla Pubblica istruzione di Comune e Provincia, Marilù Chiofalo e Miriam Celoni, hanno organizzato un incontro formativo, che si terrà il 25 marzo nell’Auditorium Maccarrone della Provincia di Pisa (via Silvio Pellico 6 – Ore 14).
Si tratta di un corso di aggiornamento rivolto agli operatori scolastici, dal titolo: “Il bambino con disabilità uditiva a scuola – Se lo conosci lo aiuti”, cui prenderanno parte medici e logopedisti della sudddetta Unità operativa di ORL, esperti della Fondazione “Stella Maris”, dell’Ufsmia (Unità funzionale salute mentale infanzia adolescenza) delle Aziende Usl 2 e Usl 5 e dell’Asic.
In occasione del corso verrà presentato un opuscolo sulla materia, da distribuire nelle scuole di ogni ordine e grado, realizzato da logopediste e medici, nel quale attraverso spiegazioni chiare e precise, corredate anche da vignette illustrate, vengono fornite informazioni teoriche e pratiche sul funzionamento dell’udito, sulla sordità e le relative conseguenze comunicativo-linguistiche nonché le difficoltà scolastiche e sociali del bambino ipoacusico.
Vengono inoltre affrontate le modalità attuali di approccio alla sordità, a partire dall’importanza dello screening neonatale, le tecniche di trattamento fra le quali l’intervento di impianto cocleare, gli approcci riabilitativi, il ruolo dei genitori e della scuola con consigli sulle strategie educative e comunicative più idonee a favorire lo sviluppo del bambino, nonché istruzioni pratiche per la corretta gestione delle protesi acustiche tradizionali o degli impianti cocleari.
(Ufficio stampa Aoup)
Scambio "altruistico" nel trapianto di rene
È noto a tutti che il trapianto di rene rappresenta la miglior terapia dell’insufficienza renale terminale e che il trapianto da donatore cadavere è la strada maestra del trapianto renale. Tuttavia anche nei sistemi più sviluppati (incluso il c.d. “modello spagnolo”), il numero di donatori cadavere non potrà mai essere sufficiente a coprire il fabbisogno di trapianto di rene, a causa sia dell’incidenza relativamente alta delle malattie renali che della lunga sopravvivenza dei pazienti in dialisi. Proprio per questo motivo, in tutti i sistemi sanitari moderni, il trapianto da donatore vivente è aggiunta indispensabile a quello da donatore cadavere. Con i due sistemi organizzati nel migliore dei modi si può, al massimo, evitare l’aumento della lista di attesa. È quindi chiaro che tutte le opportunità di trapianto debbano essere sviluppate nel migliore dei modi, tanto da donatore cadavere quanto da donatore vivente.
Il trapianto renale da donatore vivente ha peraltro specifici vantaggi, potendo essere eseguito in modo programmato (cioè nel momento migliore) ed avendo, in media, una sopravvivenza doppia rispetto a quello da donatore cadavere. Il trapianto da donatore vivente è inoltre particolarmente importante per alcuni pazienti, quali quelli giovani e quelli con difficoltà biologiche a trovare un donatore compatibile. Questi pazienti, affidandosi solo alla donazione cadavere potrebbero avere un’attesa molto lunga o perfino interminabile.
Il programma di trapianto renale “cross-over”, oggi regolato da un protocollo nazionale, è rivolto in modo specifico ad offrire una possibilità di trapianto a coloro che hanno un donatore vivente a cui risultano, però, non compatibili. Con uno “scambio” di donatori è possibile aggirare l’ostacolo biologico. Il trapianto “cross-over” è stato eseguito in Italia in tre occasioni, sempre a Pisa.
È noto che qualsiasi sistema rivolto a consentire il trapianto ai soggetti di più difficile trapiantabilità, come il sistema “cross over”, finisca con il selezionare persone di difficilissima trapiantabilità per le quali, tanto da donatore cadavere quanto da donatore vivente, è quasi impossibile trovare un donatore compatibile. La possibilità di trapiantare queste persone passa attraverso la disponibilità di donatori c.d. “chiave” che, in modo un po’ approssimativo, potremmo definire come donatori universali. Purtroppo questi donatori da un lato sono rari e dall’altro, quando disponibili, donano invariabilmente al proprio congiunto.
Il programma di donazione altruistica crociata di rene, attualmente attivo solo in alcuni centri negli USA, offre una possibile soluzione a questo grave problema biologico/organizzativo. La novità di questo sistema è quella di proporre a tutte le coppie donatore/ricevente di entrare nel programma cross-over indipendentemente dalla compatibilità o incompatibilità che verrà riscontrata. I dati degli USA dimostrano che con questo sistema è possibile trapiantare tutti i pazienti, anche quelli più difficili.
Per illustrare questo programma è stato organizzato un incontro per il giorno 21 Gennaio 2011 (ore14.30-19.00) presso l’aula magna storica della Sapienza (Pisa). L’incontro è principalmente rivolto all’opinione pubblica per conoscere come un programma di questo tipo sarebbe accolto in Italia e quali riflessioni possono venire da una discussione allargata a componenti “non mediche” della nostra società. È infatti possibile che questa nuova strategia ponga nuove problematiche etiche, legali, o medico-legali che potrebbero essere diverse da quelle già affrontate, e superate, negli USA. È quindi auspicio degli organizzatori che vi sia un’ampia partecipazione ed una vivace discussione.
L’incontro del 21 Gennaio è proprio organizzato per favorire al massimo la discussione con il pubblico. Dopo una breve introduzione medica con illustrazione del programma di donazione altruistica crociata di rene, che sarà eseguita personalmente dal Prof. Lloyd Ratner (Columbia University, New York) che ha concepito questo sistema, si passerà ad una discussione organizzata secondo il modello del talk show. Il convegno, con ingresso libero, è organizzato dalle U.O. dell’AOUP che partecipano, principalmente, ai programmi di trapianto renale:
- UO Chirurgia Generale e Trapianti nell’Uremico e nel Diabetico
- UO Nefrologia dei Trapianti e Dialisi 1
- UO Immunoematologia
- S.O.D. Endocrinologia e Metabolismo dei Trapianti d’Organo e Cellulari
Per ogni ulteriore informazioni è possibile contattare la Segreteria Scientifica (050 995610; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
(Ufficio stampa Aoup)
A Pisa primo intervento di conversione andro-ginoide
Per la prima volta a Pisa sabato 12 marzo è stato effettuato un intervento di conversione andro-ginoide, cioè da maschio a femmina. L'operazione, perfettamente riuscita, è stata effettuata su una paziente di 42 anni, toscana.
Ha guidato l'equipe chirurgica - che ha operato nella UO Chirurgia generale 2 dell'Aoup – il dott. Girolamo Morelli, della UO Urologia 1, che dal 1995 si occupa di chirurgia urogenitale ricostruttiva all'interno del programma di chirurgia urogenitale diretto dal prof. Riccardo Minervini, della UO Urologia 1, ordinario di urologia. Hanno fornito un fondamentale supporto nella fase preparatoria dell'intervento anche il prof. Paolo Miccoli (direttore del dipartimento Chirurgico e della UO Chirurgia Generale 2) e il prof. Paolo Vitti (direttore del dipartimento Endocrinologia e rene e della UO Endocrinologia 1). Ha assistito all'intervento il prof. Carlo Trombetta, dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Trieste. Pisa si unisce quindi al ristretto gruppo di centri italiani (Bari, Bologna, Napoli, Roma, Torino, Trieste) dove viene effettuato questo tipo di intervento.
Chi decide di cambiare sesso deve intraprendere un lungo percorso prima di arrivare in sala operatoria: come minimo sono necessari due anni perché possa raggiungere il proprio obiettivo. Il percorso si sviluppa infatti attraverso il dipartimento di Endocrinologia e rene, dove viene attuata un'adeguata terapia ormonale, una terapia psicologica che esclude psicopatologie in atto, e un percorso giuridico-legale che permette alla paziente di ottenere la certificazione del tribunale che la autorizza al cambiamento di sesso.
Da un punto di vista legislativo il cambiamento di sesso è infatti garantito e regolamentato dalla legge nazionale n. 164 del 14 aprile 1982 (“Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”) e, a livello regionale, dalla legge n. 63 del 15 novembre 2004 (“Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”). La Regione Toscana inoltre assicura (con la delibera n° 396 del 29 maggio 2006: “Trattamento ormonale dei soggetti affetti da disturbo dell'identità di genere”) il trattamento ormonale gratuito “ai pazienti residenti nella Regione Toscana, affetti da disturbo dell’identità di genere, sulla base di un programma terapeutico rilasciato da una struttura pubblica di Endocrinologia andrologica e ginecologica”.
Questa attività chirurgica (al momento l'Aoup ha quattro persone in lista di attesa provenienti da Firenze, Roma e Trieste) è accompagnata da un percorso formativo (curato dalla UO Politiche e gestione delle risorse umane, diretta dalla dott.ssa Grazia Valori) articolato in una serie di incontri (il primo si è tenuto il 4 marzo) cui partecipano gli infermieri e i medici che si occupano dell'accoglienza e dell'assistenza alle pazienti. Gli incontri sono organizzati in modo che tutto il personale sia adeguatamente preparato ad accogliere queste pazienti sia sotto l'aspetto psicologico e legale sia, naturalmente, sotto gli aspetti più propriamente sanitari.
(Ufficio stampa Aoup)
Prestigioso riconoscimento internazionale alla Breast Unit
Riconoscimento internazionale alla Breast Unit di Pisa (Unità multidisciplinare di Senologia, il cui direttore clinico è la dottoressa Manuela Roncella), cui afferiscono in modo integrato le Unità operative e Sezioni di Senologia, Diagnostica senologica, Riabilitazione oncologica, Oncologia, Radioterapia, Anatomia patologica, Genetica oncologica, Chirurgia plastica, Medicina nucleare e dove giungono ogni giorno decine di persone con malattia mammaria sospetta o accertata, per effettuare il loro iter diagnostico-terapeutico e riabilitativo (riferimento CORD senologico 050.993576).
La Breast Unit di Pisa entra a far parte a tutti gli effetti del gruppo di strutture senologiche di riferimento in Europa, ottenendo tra l’altro la Full Membership, poiché in essa vengono soddisfatti tutti i criteri selettivi richiesti (volume di pazienti trattati, completezza del percorso, soddisfazione dell’utenza, adeguatezza delle strutture e delle attrezzature).
Questo riconoscimento giunge a un anno dall’inaugurazione della nuova sede presso la ex-Oculistica dell’ospedale S.Chiara, a coronamento del lungo lavoro di equipe svolto dai professionisti e degli investimenti che la Direzione aziendale ha effettuato nel campo dei percorsi oncologici.
(Ufficio stampa Aoup)
Impiantate due protesi valvolari aortiche senza punti di sutura
Un nuovo tipo di protesi valvolare aortica che non richiede l’utilizzo di punti di sutura (“sutureless”) – recentemente introdotta nella pratica clinica e utilizzata solo in pochi centri italiani - è stata impiantata con successo per la prima volta a Pisa su due pazienti di 79 e 82 anni d’età, che attualmente stanno bene ed hanno decorso post-operatorio regolare.
In Toscana Pisa è il secondo ospedale, dopo Massa, ad aver effettuato questo tipo di intervento, che è stato eseguito dall’èquipe della Sezione di Cardiochirurgia Universitaria diretta dal Prof. Uberto Bortolotti, con la supervisione del Dott. Vincenzo Lucchetti, responsabile della Cardiochirurgia della Casa di cura di Montevergine di Mercogliano (AV), in virtù dell’esperienza da lui maturata in questo tipo di impianto.
La malattia della valvola aortica, che si manifesta sotto forma di stenosi valvolare degenerativa calcifica, colpisce prevalentemente pazienti anziani spesso affetti anche da patologie di molti altri organi e talora con funzione cardiaca compromessa. In questi casi l’intervento tradizionale può essere ad alto rischio: la tecnologia ha messo a disposizione per questi pazienti la possibilità di un impianto di protesi valvolari per via percutanea, tecnica da tempo effettuata a Pisa e per la quale il Dipartimento Cardio-Toracico e Vascolare è un centro di riferimento. Qualora questa non sia praticabile per ragioni anatomiche, l’impianto di una protesi “sutureless” offre un’ulteriore opzione terapeutica. Infatti – rispetto alla chirurgia tradizionale – l’impianto delle nuove protesi presenta l’evidente vantaggio della minore durata del clampaggio aortico e dell’ischemia miocardica (intervallo di tempo in cui – durante l’intervento – il sangue non affluisce più al cuore) con conseguente riduzione dello stress chirurgico. Un ulteriore potenziale vantaggio è la possibilità dell’impianto di tali protesi mediante accessi chirurgici limitati (mini-sternotomie e mini-toracotomie).
Le protesi sutureless impiantate a Pisa sono protesi biologiche in pericardio equino, auto espandibili in quanto montate dentro un supporto in nitinolo, lega di nickel e titanio, che alla temperatura di 0 gradi è molto malleabile e - una volta riportata alla temperatura corporea - tende ad espandersi, consentendo un perfetto ancoraggio della protesi nella sua sede definitiva. Tali dispositivi garantiscono un’ottima performance emodinamica anche nelle protesi di più piccolo calibro e non richiedono l’uso di anticoagulanti. L’unico svantaggio è attualmente rappresentato dal maggior costo rispetto alle protesi tradizionali – anche se inferiore a quello delle protesi percutanee - per cui, se dovessero entrare nello standard clinico quotidiano, questo consentirebbe un abbattimento dei costi, potendone quindi prevedere un impiego su più ampia scala con evidenti benefici per i pazienti.
(Ufficio stampa Aoup)