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Uno studio dell’Università di Pisa, in collaborazione con Università di Padova e EPFL (Svizzera), riscrive una delle leggi fondamentali della biologia, la legge di Kleiber

Uno studio pubblicato di recente sulla rivista PNAS consente un avanzamento deciso negli studi sul metabolismo degli esseri viventi, con ricadute importantissime in campi che vanno dalla medicina personalizzata fino alla gestione delle risorse di un dato ambiente per il sostegno alimentare dei suoi abitanti, un tema che da anni sta occupando istituzioni nazionali e internazionali per l’obiettivo “fame zero” dell’Agenda 2030.

Il team di ricerca della professoressa Arti Ahluwalia, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e direttrice del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Ateneo pisano, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Padova e di EPFL (la Scuola politecnica federale di Losanna), ha dimostrato che la legge di Kleiber, una delle leggi fondamentali più note delle biologia, non è assoluta, ma varia a seconda di come è composta la popolazione di individui che prendiamo in considerazione.

“La legge di Kleiber mette in relazione la massa di un individuo con il suo metabolismo – spiega la professoressa Ahluwalia – Fino ad ora è stata considerata una legge fissa: per ogni specie, dal topo alla balena, il metabolismo è proporzionale alla massa elevata alla potenza di ¾. La legge mostra che via via che un organismo si accresce il suo metabolismo e la durata della sua vita si modificano a velocità prevedibile, per l’effetto combinato della variazione della superficie corporea e della velocità sanguigna. La formula della legge è importantissima, e serve per esempio per calcolare il fabbisogno metabolico di un individuo, oppure stimare il dosaggio corretto per gli esseri umani di un medicinale che è stato testato sui topi. Quello che abbiamo dimostrato è che, quando una specie viene rappresentata non come una media tramite un inesistente “individuo standard”, come è stato fatto fino ad ora, ma come una popolazione in cui ogni soggetto è diverso dall’altro, la legge non è più un assoluto, ma il suo esponente varia. Non è detto quindi che la quantità di un farmaco testato su un topo possa essere tradotta tramite la legge di Kleiber in una quantità idonea per tutti gli esseri umani, perché nella realtà un individuo “medio” sufficientemente rappresentativo della sua specie non esiste”.

Il team di ricerca coordinato dalla professoressa, composto da Chiara Magliaro (ricercatrice), Francesco Biagini ed Ermes Botte (studenti di dottorato), ha sviluppato un modello computazionale di una popolazione umana tramite organoidi e sferoidi, cioè colture tridimensionali in-vitro di cellule di organi con caratteristiche strutturali e biochimiche che li fanno funzionare come il corrispettivo organo umano. Come in ogni popolazione, gli individui presentavano una grande variabilità relativamente ai paramenti di massa e metabolismo. Il risultato di questo studio è che la relazione tra i due parametri (e cioè tra la grandezza dell’individuo e il consumo di risorse) non è più una singola formula uguale per tutti, ma una curva statistica. Ciascun individuo occupa un punto della curva, e cioè avrà un determinato rapporto tra massa e metabolismo, diverso da quello di un alto individuo, ma sempre messo in relazione dalla legge di Kleiber. Per “mappare” la quantità di farmaco sperimentata su organoide, per esempio, sul suo analogo umano è necessario sapere in quale punto della curva si trovano entrambi, altrimenti non è detto che l’organoide possa costituire un buon modello dell’azione del farmaco.

“Il valore predittivo dei modelli in-vitro aumenta se essi rispettano le medesime leggi di scala dei loro analoghi naturali – prosegue la professoressa Ahluwalia - e in questo caso ci sono serviti per andare più a fondo nella conoscenza delle leggi che governano tutti gli esseri viventi, dimostrando che la comprensione dei meccanismi che governano il nostro corpo richiede il considerarci non come individui isolati, ma come parte di una comunità di individui, che interagisce con il proprio ambiente”.

Le ricadute dello studio

Le ricadute di questo studio sono molte, e vanno a toccare temi molto attuali al momento: oltre al campo della medicina personalizzata, in cui si tende a modellare non più individui standard, ma i singoli pazienti, con le loro caratteristiche specifiche, una seconda implicazione estremamente importante riguarda l’uso delle risorse ambientali per il sostentamento di una popolazione.

“Una delle scoperte che abbiamo fatto, e su cui continueremo a lavorare – conclude la professoressa- è che se una popolazione di individui di una specie è sufficientemente varia, allora l’esponente della legge di Kleiber tende a diminuire, e cioè per il sostentamento di quella popolazione servono meno risorse. La variabilità, quindi, potrebbe essere davvero la chiave per un uso ottimale delle risorse di un ambiente. Una seconda linea di ricerca molto importante e che svilupperemo riguarda poi l’interazione di una comunità di individui con il proprio ambiente: in vista dei cambiamenti che ci aspettano nei prossimi anni è infatti necessario andare a investigare cosa succede in presenza di variabilità di alcuni parametri ambientali, come per esempio un rialzo delle temperature.

Arti orizUno studio pubblicato di recente sulla rivista PNAS consente un avanzamento deciso negli studi sul metabolismo degli esseri viventi, con ricadute importantissime in campi che vanno dalla medicina personalizzata fino alla gestione delle risorse di un dato ambiente per il sostegno alimentare dei suoi abitanti, un tema che da anni sta occupando istituzioni nazionali e internazionali per l’obiettivo “fame zero” dell’Agenda 2030.

Il team di ricerca della professoressa Arti Ahluwalia, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e direttrice del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Ateneo pisano, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Padova e di EPFL (la Scuola politecnica federale di Losanna), ha dimostrato che la legge di Kleiber, una delle leggi fondamentali più note delle biologia, non è assoluta, ma varia a seconda di come è composta la popolazione di individui che prendiamo in considerazione.

“La legge di Kleiber mette in relazione la massa di un individuo con il suo metabolismo – spiega la professoressa Ahluwalia – Fino ad ora è stata considerata una legge fissa: per ogni specie, dal topo alla balena, il metabolismo è proporzionale alla massa elevata alla potenza di ¾. La legge mostra che via via che un organismo si accresce il suo metabolismo e la durata della sua vita si modificano a velocità prevedibile, per l’effetto combinato della variazione della superficie corporea e della velocità sanguigna. La formula della legge è importantissima, e serve per esempio per calcolare il fabbisogno metabolico di un individuo, oppure stimare il dosaggio corretto per gli esseri umani di un medicinale che è stato testato sui topi. Quello che abbiamo dimostrato è che, quando una specie viene rappresentata non come una media tramite un inesistente “individuo standard”, come è stato fatto fino ad ora, ma come una popolazione in cui ogni soggetto è diverso dall’altro, la legge non è più un assoluto, ma il suo esponente varia. Non è detto quindi che la quantità di un farmaco testato su un topo possa essere tradotta tramite la legge di Kleiber in una quantità idonea per tutti gli esseri umani, perché nella realtà un individuo “medio” sufficientemente rappresentativo della sua specie non esiste”.

Il team di ricerca coordinato dalla professoressa, composto da Chiara Magliaro (ricercatrice), Francesco Biagini ed Ermes Botte (studenti di dottorato), ha sviluppato un modello computazionale di una popolazione umana tramite organoidi e sferoidi, cioè colture tridimensionali in-vitro di cellule di organi con caratteristiche strutturali e biochimiche che li fanno funzionare come il corrispettivo organo umano. Come in ogni popolazione, gli individui presentavano una grande variabilità relativamente ai paramenti di massa e metabolismo. Il risultato di questo studio è che la relazione tra i due parametri (e cioè tra la grandezza dell’individuo e il consumo di risorse) non è più una singola formula uguale per tutti, ma una curva statistica. Ciascun individuo occupa un punto della curva, e cioè avrà un determinato rapporto tra massa e metabolismo, diverso da quello di un alto individuo, ma sempre messo in relazione dalla legge di Kleiber. Per “mappare” la quantità di farmaco sperimentata su organoide, per esempio, sul suo analogo umano è necessario sapere in quale punto della curva si trovano entrambi, altrimenti non è detto che l’organoide possa costituire un buon modello dell’azione del farmaco.

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“Il valore predittivo dei modelli in-vitro aumenta se essi rispettano le medesime leggi di scala dei loro analoghi naturali – prosegue la professoressa Ahluwalia -  e in questo caso ci sono serviti per andare più a fondo nella conoscenza delle leggi che governano tutti gli esseri viventi, dimostrando che la comprensione dei meccanismi che governano il nostro corpo richiede il considerarci non come individui isolati, ma come parte di una comunità di individui, che interagisce con il proprio ambiente”.

Le ricadute dello studio
Le ricadute di questo studio sono molte, e vanno a toccare temi molto attuali al momento: oltre al campo della medicina personalizzata, in cui si tende a modellare non più individui standard, ma i singoli pazienti, con le loro caratteristiche specifiche, una seconda implicazione estremamente importante riguarda l’uso delle risorse ambientali per il sostentamento di una popolazione.

“Una delle scoperte che abbiamo fatto, e su cui continueremo a lavorare – conclude la professoressa- è che se una popolazione di individui di una specie è sufficientemente varia, allora l’esponente della legge di Kleiber tende a diminuire, e cioè per il sostentamento di quella popolazione servono meno risorse. La variabilità, quindi, potrebbe essere davvero la chiave per un uso ottimale delle risorse di un ambiente. Una seconda linea di ricerca molto importante e che svilupperemo riguarda poi l’interazione di una comunità di individui con il proprio ambiente: in vista dei cambiamenti che ci aspettano nei prossimi anni è infatti necessario andare a investigare cosa succede in presenza di variabilità di alcuni parametri ambientali, come per esempio un rialzo delle temperature.

Martedi 26 ottobre si è svolta la finale dell’hackathon del Contamination Lab Pisa dell'Università di Pisa intitolato quest’anno "Food&Mobility&DigitalTransf". L'iniziativa è stata promossa nell'ambito del progetto europeo EUAcceL, che vede l'Ateneo pisano collaborare con altre prestigiose università europee sui temi dell'educazione all'imprenditorialità e della business innovation. 

L’evento, che si è tenuto in presenza presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali e in streaming su Microsoft Teams, è stato la conclusione di percorso è iniziato il 18 ottobre:40 studenti hanno incontrato in una sessione online 4 imprenditori e manager: Francesca Cupelli di Terre dell'Etruria, Stefano Berti del Distretto Rurale della Val di Cecina, Giorgio Dalsasso della Piana del Cibo di Lucca e Pierpaolo Lorieri della Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori della Toscana. 

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Gli operatori del territorio hanno lanciato 4 sfide sui temi della tracciabilità e sicurezza alimentare, della mobilità e relazione tra città e campagna, dello spreco alimentare e del turismo nelle aree rurali

Gli studenti, seguendo un percorso di Design Thinking guidato dall'espertaSonia Massari (Università Roma Tre e "The Fork Organization) e lavorando inteam multidisciplinari hanno elaborato soluzioni per queste sfide che sono poi state affinate e presentate durante il giorno della finale.

La giuria, composta da Andrea Di Benedetto (Presidente Polo Tecnologico Navacchio), Matteo Demartini (Program Manager –FoodTech Accelerator), Marco Locatelli (Direttore Ente Terre Regionali) e Paolo Storchi (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia AgrariA) hanno decretato i quattro team vincitori per ogni sfida, scelti tra i dodici in gara.

Ad aggiudicarsi la competizione sono stati: Teamballo (composto da Matteo Giorgi, Emanuele Torrisi, Lorenzo Scarpelli); Dietro Casa (composto da Jacopo Bandoni, Alice Ghivizzani; Alessandro Civolani; Francesca Cozzani; Marco Russo); Sassa (composto da Samuele Anselmi e Samantha Scrivere); I Viaggiatori (composto da Hui Li, Peng Chen; Yuze Lei; Yuqing Wu; Yuncong Chen). Una nota di merito della giuria è andata al team lombriCOMPOSTiera, vincitore del Contamination Lab Pisa 2021 e composto da Ludovica Bigozzi, Donato Politanò e Irene Ventura.

Sfoglia la foto gallery: 



I vincitori avranno la possibilità di proseguire il percorso di formazione del Contamination Lab nel 2022 e fin da subito potranno condividere le loro idee con gruppi di studenti degli altri atenei europei, supervisionati da esperti dello European Institute of Innovation and Technology. Il progetto è stato recentemente finanziato dalla 
Commissione Europea grazie al lavoro dei docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, del Dipartimento di Scienze Veterinarie e del Centro di Ricerche Agro-ambientali "Enrico Avanzi"

"Si tratta di una grande opportunità per i nostri studenti: toccare con mano le problematiche delle imprese e delle comunità delle aree rurali, mentre si studiano e si propongono soluzioni per rispondere alle sfide dello sviluppo sostenibile insieme a colleghi di tutta Europa in un modo interattivo" sostiene il coordinatore del progetto per l'Università di Pisa, prof. Alessio Cavicchi.

Il prof. Gianluca Brunori, docente di Politiche Alimentari: "Si tratta di un percorso iniziato da qualche anno grazie a partenariati e progetti europei e finalizzato a comprendere le dinamiche legate all'innovazione nelle aree rurali: non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche sociale ed economico" 

L’Hackaton 2021 del Contamination Lab Pisa - ha dichiarato il prof. Leonardo Bertini, Chief del CLab Pisa - prosegue ed estende l’esperienza positiva della prima edizione tenutasi nel 2020. I risultati molto interessanti ottenuti e l’entusiasmo dei ragazzi partecipanti confermano la validità dell’iniziativa, che si intende proseguire anche il prossimo anno, possibilmente con il coinvolgimento di altri settori di interesse. 

Tutte le informazioni sull'evento sono disponibili sulla pagina: http://contaminationlab.unipi.it/conthackt-foodmobilitydigital/.

Lo spettro autistico è caratterizzato da una forte eterogeneità, con sintomi e disfunzioni a livello neurologico di diversa gravità e impatto. Ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Università di Pisa, hanno individuato una forma di autismo causata da una specifica alterazione neuronale: la presenza di un eccessivo numero di sinapsi nella corteccia cerebrale. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, potrà guidare lo sviluppo di futuri trattamenti farmacologici mirati a ripristinare queste alterazioni.

Il gruppo di ricerca vede coinvolti Alessandro Gozzi, Coordinatore del Centro di Neuroscienze e Sistemi Cognitivi (CNCS) di IIT a Rovereto, Michael Lombardo, ricercatore senior di IIT, e il Prof. Massimo Pasqualetti dell’Università di Pisa. Gozzi e Lombardo conducono le proprie ricerche sul cervello anche grazie a finanziamenti da parte dell’European Research Council (ERC).


Nello specifico i ricercatori hanno individuato una disfunzione che riguarda i neuroni di un’area cerebrale deputata alla comunicazione, i quali presentano un eccessivo numero di sinapsi, ovvero quelle microscopiche protuberanze che servono per inviare e ricevere segnali tra neuroni.

L’osservazione di modelli animali tramite risonanza magnetica ha mostrato che questa alterazione è associata a un malfunzionamento del meccanismo molecolare della proteina mTOR, responsabile della regolazione e produzione di sinapsi, e potenziale target per trattamenti farmacologici. A conferma del ruolo chiave di questa proteina, i ricercatori hanno dimostrato che quando la sua attività viene inibita farmacologicamente, il numero di sinapsi ritorna a livelli fisiologici, ristabilendo completamente la corretta funzionalità dei circuiti coinvolti


“Questo lavoro si inserisce negli studi sul cervello e le malattie del neurosviluppo che conduciamo nel nostro Centro di ricerca a Rovereto - dichiara Alessandro Gozzi - Esso rappresenta una tessera importante per decodificare il mosaico rappresentato dall’autismo, che è appunto un insieme eterogeneo di disturbi e cause. La sfida è identificare tutti i tasselli del mosaico mancanti, così da permettere la futura messa appunto di terapie di precisione mirate a specifici sottotipi di autismo”.

A partire da questi risultati i ricercatori sono riusciti a fare un ulteriore passo avanti e identificare fra chi è affetto da disturbi dello spettro autistico, coloro che hanno questa specifica forma. A questo scopo, i ricercatori hanno confrontato i loro dati con quelli provenienti da banche dati di risonanza magnetica cerebrale di persone con autismo. Attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale, il confronto ha evidenziato in un sottogruppo di pazienti disfunzioni di connettività cerebrale simili a quelle riscontrate nei modelli murini e contemporaneamente analisi genetiche hanno rivelato una anomalia della proteina mTOR.

“Con questo studio – conclude Pasqualetti - si dimostra ancora una volta quanto sia fondamentale affiancare alla ricerca clinica modelli avanzati per lo studio del funzionamento del nostro cervello, sia per capire quali alterazioni molecolari e cellulari possono essere all’origine della patologia, che per testare su questi stessi modelli farmaci sperimentali o interventi terapeutici che potrebbero ridimensionare se non addirittura eliminare le alterazioni cellulari osservate nella condizione patologica”.





 

 

Lo spettro autistico è caratterizzato da una forte eterogeneità, con sintomi e disfunzioni a livello neurologico di diversa gravità e impatto. Ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Università di Pisa, hanno individuato una forma di autismo causata da una specifica alterazione neuronale: la presenza di un eccessivo numero di sinapsi nella corteccia cerebrale. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, potrà guidare lo sviluppo di futuri trattamenti farmacologici mirati a ripristinare queste alterazioni.

Il gruppo di ricerca vede coinvolti Alessandro Gozzi, Coordinatore del Centro di Neuroscienze e Sistemi Cognitivi (CNCS) di IIT a Rovereto, Michael Lombardo, ricercatore senior di IIT, e il Prof. Massimo Pasqualetti dell’Università di Pisa. Gozzi e Lombardo conducono le proprie ricerche sul cervello anche grazie a finanziamenti da parte dell’European Research Council (ERC).

 

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In questa immagine la porzione di un neurone in cui si possono osservare le sinapsi evidenziate da una fluorescenza verde e la corrispondente ricostruzione tridimensionale ha permesso ai ricercatori di quantificare il numero di sinapsi nelle aree con iperattività neuronale


Nello specifico i ricercatori hanno individuato una disfunzione che riguarda i neuroni di un’area cerebrale deputata alla comunicazione, i quali presentano un eccessivo numero di sinapsi, ovvero quelle microscopiche protuberanze che servono per inviare e ricevere segnali tra neuroni.

L’osservazione di modelli animali tramite risonanza magnetica ha mostrato che questa alterazione è associata a un malfunzionamento del meccanismo molecolare della proteina mTOR, responsabile della regolazione e produzione di sinapsi, e potenziale target per trattamenti farmacologici. A conferma del ruolo chiave di questa proteina, i ricercatori hanno dimostrato che quando la sua attività viene inibita farmacologicamente, il numero di sinapsi ritorna a livelli fisiologici, ristabilendo completamente la corretta funzionalità dei circuiti coinvolti.

 

Da sinistra: Noemi Barsotti (assegnista Unipi) e Alice Bertero (former PhD Unipi adesso Research Scientist Associate at The University of Texas at San Antonio) e Massimo Pasqualetti

“Questo lavoro si inserisce negli studi sul cervello e le malattie del neurosviluppo che conduciamo nel nostro Centro di ricerca a Rovereto - dichiara Alessandro Gozzi - Esso rappresenta una tessera importante per decodificare il mosaico rappresentato dall’autismo, che è appunto un insieme eterogeneo di disturbi e cause. La sfida è identificare tutti i tasselli del mosaico mancanti, così da permettere la futura messa appunto di terapie di precisione mirate a specifici sottotipi di autismo”.

A partire da questi risultati i ricercatori sono riusciti a fare un ulteriore passo avanti e identificare fra chi è affetto da disturbi dello spettro autistico, coloro che hanno questa specifica forma. A questo scopo, i ricercatori hanno confrontato i loro dati con quelli provenienti da banche dati di risonanza magnetica cerebrale di persone con autismo. Attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale, il confronto ha evidenziato in un sottogruppo di pazienti disfunzioni di connettività cerebrale simili a quelle riscontrate nei modelli murini e contemporaneamente analisi genetiche hanno rivelato una anomalia della proteina mTOR.

“Con questo studio – conclude Pasqualetti - si dimostra ancora una volta quanto sia fondamentale affiancare alla ricerca clinica modelli avanzati per lo studio del funzionamento del nostro cervello, sia per capire quali alterazioni molecolari e cellulari possono essere all’origine della patologia, che per testare su questi stessi modelli farmaci sperimentali o interventi terapeutici che potrebbero ridimensionare se non addirittura eliminare le alterazioni cellulari osservate nella condizione patologica”.





 

 

Un esperto in grado di guidare i processi di crescita dimensionale delle imprese per favorire percorsi di innovazione. È la figura professionale dello Scalability Manager quella che mira a formare il master di I livello in “Scalability: Digital Technologies and Company Growth”, un percorso di alta formazione, di durata annuale, nato dalla collaborazione tra l’Università di Pisa, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università di Siena e la Scuola Superiore Sant’Anna che partirà il 21 gennaio 2022.

«Tra le molte diagnosi sullo stato dell’economia italiana vi è accordo sugli effetti negativi della mancata crescita dimensionale delle imprese – spiega il professor Andrea Bonaccorsi, coordinatore scientifico e organizzativo del master – Nei prossimi 3-5 anni, tuttavia, avrà luogo un processo di ristrutturazione industriale, guidato dalla esigenza di razionalizzazione delle catene del valore mondiali, dai nuovi mercati digitali e, non ultimo fattore di innesco, dall'abbondante liquidità sui mercati finanziari. In questo processo le imprese più strutturate possono giocare da protagoniste, ma a condizione di assumere la crescita dimensionale come un orizzonte strategico.Qui servono competenze e percorsi di accompagnamento, perché la crescita dimensionale rapida, la scalability, non si improvvisa. Il Master in Scalability ha un'ambizione elevata: formare protagonisti dei processi di rapida crescita dimensionale attivi dall'interno delle proprie responsabilità aziendali, siano esse di proprietà e imprenditorialità, come di direzione e management. Si tratta di figure con autorità decisionale e autonomia strategica, in persona o in supporto ad altri. Essenziale è l’orientamento alla crescita come orizzonte motivazionale e professionale».

Integrando in un unico percorso le migliori competenze messe in campo dagli Atenei coinvolti, il master si rivolge ai laureati in qualsiasi disciplina (i non laureati possono partecipare come studenti uditori). I candidati ideali sono imprenditori, manager e/o collaboratori del vertice imprenditoriale, operatori del mondo finanziario, consulenti e professionisti che intendono acquisire competenze specifiche sulla crescita dimensionale delle imprese. Il master è riservato a un massimo di 40 partecipanti e le iscrizioni sono aperte fino al 17 novembre. Le lezioni si svolgeranno con una formula part time a fine settimana alterni (il venerdì dalle 8:30 alle 18:30 e il sabato dalle 8:30 alle 13:30), in modalità online (80%) e in modalità presenza (20%) a Pisa.

Il master coniuga lezioni frontali con attività pratiche come esercitazioni in aula, lavori di gruppo e analisi di casi studio. Il Master si avvale della collaborazione di grandi imprese, PMI in crescita, startup, consulenti, fondi di investimento, operatori finanziari e professionisti di alto livello accomunati da un requisito: aver vissuto in prima persona i processi di crescita dimensionale.

Una scelta metodologica qualificante è data dalla presenza di un modulo trasversale dedicato alla presentazione, discussione in aula e verifica diretta con i vertici aziendali di casi reali di crescita dimensionale di imprese italiane. Per ciascuna tematica (Modulo) del Master sarà quindi possibile esaminare in dettaglio le esperienze vissute e confrontarsi direttamente con i portatori delle migliori storie italiane. L'esercitazione sul caso costituirà dunque un filo rosso interno alle tematiche del Modulo.

Di rilevanza, la partnership di Fondo Italiano di Investimento, la più autorevole esperienza italiana di Private equity “istituzionale di mercato”, protagonista di molti processi di crescita aziendale.

Al termine delle attività in aula, è previsto un project work in azienda di 180 ore. Sarà possibile svolgere il project work nell'azienda di provenienza oppure saranno promosse collaborazioni per progetti attraverso il network di aziende partner del master. Tutti i dettagli su lezioni, modalità e quote di iscrizione sono disponibili sul sito www.masterscalability.it. Per maggiori informazioni rivolgersi alla segreteria del master: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Il consiglio del master è formato da Andrea Bonaccorsi (direttore, Università di Pisa), Alberto Di Minin (vicedirettore, Scuola Superiore Sant’Anna), Gualtiero Fantoni (Università di Pisa), Elisa Giuliani (Università di Pisa), Mario Rapaccini (Università degli Studi di Firenze), Andrea Piccaluga (Scuola Superiore Sant’Anna), Tommaso Pucci (Università degli Studi di Siena).

 

Quarta laurea in meno di tre mesi per Samuele Cannas, il giovanissimo talento dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna che ieri ha conseguito, con il massimo dei voti, il titolo di Dottore in Biotecnologie Molecolari, portando a termine, anche questa volta, un percorso accademico impeccabile con una media eccezionale e costante del 30 e Lode.

Con questo nuovo titolo, che segue le lauree in Pianoforte al Conservatorio di Cagliari e quelle in Medicina e Chirurgia (luglio 2021), in Biotecnologie (settembre 2021) e in Ingegneria (ottobre 2021),  conseguite tutte all’Università di Pisa, Cannas è oramai prossimo al raggiungimento del suo obiettivo: a dicembre, dopo il prestigioso titolo della Scuola Sant’Anna di Pisa, sarà infatti il primo studente in tutta Italia a possedere 6 titoli universitari all’età di soli 25 anni, tutti con Lode.

Un percorso senza precedenti che Samuele ha costruito con cura nel corso degli anni per raggiungere il suo nobile scopo nella lotta contro i tumori gastrointestinali e che, dal 2022, lo vedrà proseguire i suoi studi specialistici in Chirurgia addominale negli USA.

«Non posso esprimere a parole quanto sia grato all’Università di Pisa e alla Scuola Superiore Sant’Anna  che mi hanno consentito di crescere in un ambiente straordinariamente stimolante, fondato sulla meritocrazia, sul confronto reciproco con gli altri e sulla ricerca e la valorizzazione delle eccellenze – ha dichiarato Samuele Cannas - Le lauree sono essenzialmente il mezzo che ho scelto per affrontare un tema complesso, come quello delle patologie chirurgiche intestinali, con un approccio olistico, che ingloba le competenze del chirurgo, del biotecnologo e dell’ingegnere e le amalgama insieme, potenziandole vicendevolmente. Mi auguro che tantissimi giovani possano trovare nel mio esempio l’ispirazione per portare avanti studi multidisciplinari. Non per superare dei record o per vana gloria, ma perché questo è il nuovo paradigma con il quale approcciarsi alla medicina del futuro».

Ad assistere alla discussione di ieri presso il Centro Congressi Le Benedettine, tra gli altri, il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella; il Professor Pierdomenico Perata, Delegato della Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna Sabina Nuti; il Professor Fabio Anastasio Recchia, tutor e docente di Samuele presso la Scuola Superiore Sant’Anna; il chirurgo Carlo Maria Rosati e il neuroscienziato dell’Università di Cambridge Giulio Deangeli, migliore amico di Samuele e suo compagno di viaggio a Pisa.

«Quello di Samuele è certamente un talento raro – ha commentato il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella – Ma è anche la dimostrazione che con dedizione e passione si possono raggiungere anche gli obiettivi più ambiziosi. In un momento in cui il nostro Paese ha quanto mai bisogno di storie esemplari a cui ispirarsi, la sua, come già quella di Giulio Deangeli, è certamente una di queste».

«Complimenti a Samuele per questo nuovo obiettivo raggiunto, merito del suo impegno e della sua determinazione, ma anche delle istituzioni pubbliche che hanno saputo valorizzare il suo talento con un adeguato percorso formativo – ha dichiarato Sabina Nuti, Rettrice della Scuola Superiore Sant'Anna - La sua esperienza può incoraggiare altre studentesse e altri studenti nel continuare i loro studi, invitandoli a mettere le proprie competenze interdisciplinari a servizio della collettività. Il nostro Paese ha bisogno di talenti in grado di fare la differenza per migliorare la vita delle persone e Samuele può essere un punto di riferimento».

Già membro dell’Aspen Institute Italia e insignito del titolo di Alfiere del Lavoro dal Capo dello Stato, Samuele Cannas ha recentemente ricevuto il Premio Socrate 2021 presso il celebre Palazzo Altieri in Roma ed è stato anche insignito della Benemerenza del Premio Eccellenza Italiana 2021, nato con l’obiettivo di premiare l’Italia del merito e del talento.

 

 

 

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