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La città d’acciaio. Mosca costruttivista 1917-1937

Mostra al Museo della Grafica

data 24 Novembre 2017 - 03 Dicembre 2017  |  luogo Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi Palazzo Lanfranchi, Lungarno Galileo Galilei, 9, 56125 Pisa PI, Italia
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Locandina Dal 24 novembre al 3 dicembre il Museo della Grafica ospita la mostra "La città d’acciaio. Mosca costruttivista 1917-1937".

La mostra, curata dal professor Luca Lanini, del Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni, fa parte del programma della Biennale di Architettura di Pisa.

L'allestimento della mostra è a cura di: Luca Lanini e Fabrizio Sainati, con Anna Leddi, Giorgia Puccinelli, Alessandro Riello e Sara Tenchini.

Alla realizzazione della mostra ha lavorato un gruppo di ricerca composto da: Marco Giorgio Bevilacqua, Luca Lanini, Natalia Melikova.

L'esposizione si inaugura venerdì 24 novembre alle 11.30  con un convegno a cui intervengono:
Alessandro Tosi (direttore del Museo della Grafica, Università di Pisa)
Marco Giorgio Bevilacqua (Università di Pisa)
Luca Lanini (Università di Pisa)
Natalia Melikova (The Constructivist Project, Mosca)
Maurizio Meriggi (Politecnico di Milano)
Fabrizio Sainati (LabQ)

Costruire la città d’acciaio. Mosca 1917-37

Presentazione di Luca Lanini, curatore della mostra

Gli edifici e i programmi per Mosca dell’avanguardia sovieticacostruttivismo, suprematismo, cubofuturismo, produttivismo, disurbanismo, etc – a cavallo degli anni ’20 e ’30 del Novecento sembrano tornare di continuo, quasi in maniera subliminale, nel tessuto della nostra esperienza quotidiana. Un’avanguardia che ha dispiegato i suoi effetti su tutto il ventesimo secolo e sta prolungando la sua straordinaria fascinazione anche nel nuovo. Soprattutto dal punto di vista dell’architettura e della città.

Basterebbe riflettere su come alcuni grandi landmark urbani contemporanei abbiano introiettato alcune icone costruttiviste. A Londra, per esempio, dove lo shard di Renzo Piano è modellato su un progetto di Leonidov, mentre l’Orbit Tower di Anish Kapoor è un chiaro omaggio al Monumento alla Terza Internazionale di Tatlin. Architetture che non sono state in grado, o lo sono state solo in parte, di costruire la Mosca capitale dei Soviet e che invece ritornano per edificare altre città, come è spesso accaduto nella storia urbana per architetture di grande potenza simbolica ed evocativa.

Il senso della mostra La città d’acciaio. Mosca costruttivista 1917-1937, è proprio questo: da una parte costruire un piccolo archivio, destinato però ad ampliarsi, che restituisca alla loro dimensione reale ed oggettuale queste architetture, spesso solo conosciute e citate a partire da disegni scarsamente intellegibili, talvolta andati perduti durante quel terribile periodo della storia russa e dei quali restano poche, confuse fotografie. Una conoscenza metrica, realista e critica di questa architettura, iniziata dagli studenti del corso di Disegno dell’Architettura 2 del prof. Marco Bevilacqua nel corso di laurea in Ingegneria Edile-Architettura dell’Università di Pisa e continuata in questa mostra e nel suo catalogo.

Dall’altro verificare come Mosca sarebbe cambiata, nei suoi caratteri morfologici, nella sua dimensione urbana se, in una delle tante sliding doors della storia, fosse stata costruita dalle avanguardie e non dal classicismo realsocialista che finì per diventare lo stile unico del totalitarismo staliniano, liquidando ogni altra opzione linguistica. Un processo di costruzione alternativa della città – una Mosca “analoga” – che in realtà, sia pure in forma latente, è sempre stato in atto, perché le architetture di Lissitsky, di Mel’nikov, di Leonidov, dei fratelli Vesnin avevano chiaramente predetto assi, temi e questioni che lo sviluppo di questa grande metropoli euroasiatica avrebbe fatalmente finito per affrontare nei cento anni a venire.
Si tratta di architetture che, al di là della loro capacità di vaticinare il futuro, del loro sconvolgente carattere iconico, della loro forza visionaria, lasciano intravedere un rapporto del tutto nuovo tra figurazione architettonica e vita quotidiana, proponendosi come grandi macchine trasformative dell’individuo che organizzano all’interno del medesimo “condensatore sociale” lavoro, svago, riposo, educazione, sport.

Architetture la cui sopravvivenza continua però ad essere in pericolo. Non più a rischio per il furore iconoclasta degli “architetti proletari”, che durante la reazione antimoderna seguita all’ascesa di Stalin e poi durante lo zdanovismo, avrebbero voluto cancellarle dalla storia dell’architettura sovietica, oppure per la loro genetica fragilità, dovuta e al ritardo industriale dell’URSS e all’ideologia totalizzante che costruiva gran parte del loro programma funzionale e figurativo. Anche negli anni del soviet chic e del revanchismo imperiale, queste architetture sono ancora considerate come i simboli dell’unico periodo nel quale la cultura russa seppe essere moderna, cosmopolita e d’avanguardia. E come tali rifiutate e lasciate negligentemente deperire, nonostante la loro utilizzazione intensiva come brand della città di Mosca.
Che le promesse dell’avanguardia non si siano realizzate è quasi un fatto secondario. Certo, questa è una delle conseguenze del peccato originario delle avanguardie russe: l’avere legato il proprio destino alla rivoluzione d’ottobre. Eppure, esauritasi prima la spinta propulsiva di quell’evento, tramutatasi la sua grande forza emancipatrice in un incubo totalitario, crollate miseramente le speranze che aveva suscitato in una successione di fallimenti, di miseria, di lavoro schiavile, di stermini, di quegli anni resta, abbacinante, proprio il lavoro artistico delle avanguardie.

Cento anni non sono bastati a spegnere la meraviglia che ancora proviamo di fronte a questi progetti degli anni ’20 e ‘30, come se si trattasse ormai di immagini profondamente tatuate sul corpo dell’architettura contemporanea, parte del suo subconscio più profondo. L’avanguardia sovietica non è né un’“avanguardia perduta”, né l’ “archeologia del socialismo”, ma una tendenza che ancora oggi, per la sua radicalità e per la sua modernità senza tempo, si offre agli architetti contemporanei senza quasi bisogno di distanza storiografica e critica. Ed è, allo stesso tempo, un insieme di idee che ritroviamo in maniera pervasiva nella nostra vita: nelle architetture di Rem Koolhaas, di Zaha Hadid o di Steven Holl, nella grafica della copertina di un disco dei Franz Ferdinand, nel montaggio di un blockbuster di Hollywood. E in molto altro ancora. Perché la storia della Mosca delle avanguardie è la storia del nostro presente.
Luca Lanini

Info per la visita

Museo della Grafica
Palazzo Lanfranchi, Lungarno Galilei 9 - I-56125 Pisa
Orario di apertura:
lunedì - domenica: 9:00 - 19:00
Telefono +39 050 2216060
Fax +39 050 2216065

 

Info e Contatti:
museodellagrafica@adm.unipi.it

2017-11-24 09:00:00
2017-12-03 19:00:00

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