Venerdì 26 febbraio è stato firmato fra i rappresentanti dei principali enti pubblici della città di Pisa un protocollo di intesa per “una mobilità urbana sostenibile, intelligente, accessibile, integrata e innovativa", un documento che fissa le linee guida e le attività necessarie per favorire forme di mobilità alternativa. Dell'accordo fanno parte Comune di Pisa, Prefettura, Università di Pisa, Provincia di Pisa, Scuola Normale, Scuola Sant'Anna, Cnr, Aoup, Asl, Ardsu, Camera di Commercio, Ufficio scolastico provinciale, Agenzia delle entrate, Inps.
Pisa è una città dove operano circa 20mila dipendenti pubblici, dove i servizi pubblici muovono migliaia di persone ogni giorno (studenti, utilizzatori dei servizi sanitari etc.). Avere azioni e strategie condivise è di fondamentale importanza. Il Protocollo delinea complessivamente quali saranno le azioni congiunte, quali i temi che grazie alle eccellenze scientifiche e di ricerca degli enti coinvolti (il CNR e le Università) saranno affrontate anche grazie al lavoro del Tavolo Tecnico che il protocollo istituisce tra le istituzioni.
Il tavolo ha già lavorato per realizzare, inizialmente, una approfondita analisi sulle esigenze di mobilità, sulle abitudini attuali, sui percorsi casa-lavoro.
Partirà infatti entro il mese di marzo, con un apposito questionario, una grande indagine, un importantissimo strumento di partecipazione che, a partire da tutti i dipendenti pubblici, verrà estesa progressivamente a tutti i cittadini residenti e anche a coloro che ogni giorno raggiungono e vivono la giornata nella nostra la città.
Gli enti pubblici si impegneranno a promuovere la survey, l’indagine, tra tutti i dipendenti. L’indagine servirà ad avere dati su moltissimi aspetti, tutti utili a migliorare la vita della città e dei cittadini e in particolare servirà a verificare e capire gli orari e i tempi di vita della città, verificare le disponibilità alla condivisione dei mezzi privati, l’opinione sui mezzi pubblici e l’attuale configurazione della rete. Il Comune ha deciso di lavorare al nuovo piano per la mobilità sostenibile (PUMS) e il lavoro congiunto con gli enti è un primo tassello molto importante. Il braccio tecnico operativo del lavoro tra gli Enti sarà Pisamo, che guiderà il lavoro tecnico indicato dal protocollo.
«L'Università di Pisa è già partner di molti progetti che promuovono la mobilità urbana sostenibile su Pisa (tra cui CicloPi) - afferma Rosalba Tognetti, prorettore per gli studenti - Tutta la comunità universitaria è molto sensibile sul tema, sarà facile coinvolgerla in questa indagine».
Il secondo obiettivo dopo l’indagine che gli enti dovranno affrontare in modo condiviso è la promozione della mobilità sostenibile tra i dipendenti attraverso forme di incentivo comune e strumenti efficaci per incentivare la condivisione dei mezzi privati (car pooling).
Su questo tema il Comune di Pisa intende lanciare una sfida concreta su cosa significhi per una comunità lavorare al cambio degli stili di vita, al miglioramento ambientale, ad una città più accogliente e capace di guardare ai modelli più avanzati di Smart City.
I dati che saranno recepiti e gli strumenti che saranno messi in campo saranno utilissimi per la definizione del nuovo piano della mobilità sostenibile (PUMS) che il Comune di Pisa, coinvolgendo naturalmente i comuni dell’area Pisana, ha intenzione di realizzare entro un anno. La sfida è saper progettare la città del futuro sul fronte della mobilità, guardando ai modelli più avanzati, puntando all’innovazione come da tradizione e vocazione, con un occhio attento alle esigenze di sostenibilità generale. (Comunicato Comune di Pisa).
È stata sottoscritta in Rettorato, venerdì 26 febbraio 2016, la convenzione quadro tra l'Università di Pisa e il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, che consolida i reciproci rapporti, prevedendo la possibilità di organizzare attività congiunte di studio, ricerca e formazione. L'accordo è stato firmato dal rettore Massimo Mario Augello e dal Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Gioacchino Giomi, alla presenza del prorettore per l'Edilizia, Sandro Paci, del Direttore Regionale, Gregorio Agresta, del Direttore Centrale Emergenza, Giuseppe Romano, e del Comandante Provinciale di Pisa, Ugo D’Anna.
La convenzione, della durata di cinque anni, regola lo scambio di conoscenze, esperienze e professionalità tra i due enti, con la possibilità di attivare stage, tesi di laurea e focus su materie di comune interesse e di partecipare in modo congiunto a bandi per ottenere finanziamenti a livello regionale, nazionale ed europeo. I settori prioritari di intervento riguardano il trasporto, la movimentazione e lo stoccaggio di materiali pericolosi, lo studio e il controllo di incendi ed esplosioni, la sicurezza sul lavoro e nelle operazioni di soccorso, le ricerche su nuovi materiali e tecnologie per il soccorso e la protezione degli operatori. Nel testo è infine programmata l'istituzione di un gruppo di lavoro misto, composto da specialisti in sicurezza antincendio, per l'applicazione di metodi basati sull'approccio ingegneristico-prestazionale su complessi edifici storici di elevato pregio architettonico-culturale.
L'accordo prevede anche l'utilizzo di attrezzature e laboratori per sviluppare le ricerche congiunte e la possibilità di affidare al personale dei Vigili del Fuoco funzioni didattiche per materie specialistiche o di alto contenuto tecnologico e a quello universitario corsi di aggiornamento su materie di interesse del Corpo Nazionale.
Per il coordinamento delle attività, sarà istituito un Comitato composto da cinque rappresentanti dei VVF, tra i quali ci sarà il presidente, e cinque rappresentanti dell'Ateneo.
"La convenzione quadro che abbiamo firmato oggi - ha dichiarato il rettore Massimo Augello - rafforza le collaborazioni avviate da tempo con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, mirate alla stesura delle normative tecniche di prevenzione incendi e all'organizzazione di una serie di convegni sulla valutazione e gestione del rischio negli insediamenti civili e industriali. Nel nostro Ateneo, inoltre, è già presente un corso di insegnamento a Ingegneria in Scienza e tecnica della prevenzione incendi. Ringrazio dunque l'ingegner Giomi e il Corpo Nazionale dei VVF per l'attenzione e la disponibilità dimostrate".
"Innumerevoli sono gli ambiti operativi e formativi che si prospettano alla collaborazione - ha concluso il Capo del Corpo Nazionale dei VVF, Gioacchino Giomi - Di rilevante interesse per il Corpo Nazionale è lo studio e la progettazione di efficaci sistemi che assicurino la sicurezza degli operatori in scenari ad alto rischio, con sviluppo e ricerca di nuovi materiali, di sistemi di rilevamento, valutazione e di analisi delle condizioni al contorno, anche attraverso l'applicazione della sensoristica avanzata per il monitoraggio dei parametri critici nell'attività di soccorso. Nelle attività di sviluppo di nuovi sistemi di analisi si inserisce sicuramente la prospettiva aperta dall'approccio ingegneristico nel contrasto del fenomeno incendio che, proprio nel settore della prevenzione, ha dato origine a un aggiornamento del tradizionale sistema di regole e prescrizioni".
Si è tenuta il 16 febbraio a Bruxelles la IV conferenza, organizzata da Science|Business, su Horizon 2020. Il Commissario europeo alla Ricerca, Carlos Moedas, il Direttore Generale della DG Ricerca della Commissione, Robert-Jan Smits, i rappresentati delle più prestigiose università europee e delle più importanti aziende internazionali hanno tracciato un bilancio dei primi due anni di Horizon 2020, il principale programma di finanziamento dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione. L’Università di Pisa, partner del network Science|Business, ha partecipato alla conferenza rappresentata dalla professoressa Ann Katherine Isaacs, delegata del rettore per i programmi europei e dal personale del Settore Ricerca. La professoressa Isaacs ha partecipato al panel dal tema “Open to the World”, che ha rappresentato un momento di confronto tra università, imprese e Commissione Europea su Horizon 2020 come strumento di relazioni internazionali, extra-europee, dai partner più prossimi del bacino del mediterraneo a quelli dell’America Latina e dell’Asia.
Il Commissario alla Ricerca, Carlos Moedas, ha presentato, in un dialogo con aziende e mondo accademico, le prospettive di un nuovo European Innovation Council, dedicato al sostegno dell’innovazione, che dovrà avere il compito di sostenere, con una struttura snella e agile, le imprese europee più innovative, le idee e le ricerche del mondo accademico più orientate all’innovazione, con una funzione di venture capitalist, di coordinamento e semplificazione del complesso panorama dei finanziamenti europei. Nella sessione pomeridiana, il dialogo con il Direttore Generale della DG Ricerca, Robert-Jan Smits, è stata l’occasione per una prima analisi dei risultati di Horizon 2020 e sulle prospettive per i prossimi anni.
Horizon è senza dubbio il programma di finanziamento più apprezzato in Europa, come dimostra una recente indagine della Commissione: più dell’80% degli intervistati (tra imprese, università ed enti di ricerca) esprime piena soddisfazione per il programma, in particolare per le misure di semplificazione adottate dalla Commissione rispetto al precedente programma quadro. Il Direttore Smits ha descritto l’enorme successo di Horizon in termini di proposte di finanziamento presentate, in due anni circa 90.000, che hanno ridotto però il tasso di successo a una media del 10-11%. La Commissione intende affrontare questa criticità prevedendo per le prossime call for proposal un processo di presentazione delle proposte strutturato su due step di valutazione. Questo consentirà di ammettere alla seconda fase un numero ridotto di proposte e allo stesso tempo di ridurre i tempi del processo di valutazione. In conclusione il Direttore Generale ha annunciato che a breve la Commissione avvierà al proprio interno le prime consultazioni per la definizione del nuovo programma quadro, il nono, per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione.
Maggiori informazioni e dettagli sulla giornata disponibili a questo link.
Unità Ricerca Europea
Settore Ricerca UNIPI
L’Università di Pisa prosegue il programma di vendita di immobili non necessari allo svolgimento della didattica e della ricerca. In particolare sono in corso le procedure per la vendita, in un unico lotto, del complesso universitario denominato “ex-G.E.A. azienda e servizi per l’ambiente”, situato in via Filiberto Duca D’Aosta 1/3, a Pisa.
Il complesso si sviluppa su una superficie di circa 5.000 mq ed è costituito da un fabbricato principale articolato in più corpi, di superficie coperta complessiva di circa 1.796 mq e superficie calpestabile lorda di circa 2.613 mq (comprensiva di vani accessori) e da un’area di pertinenza che si sviluppa su tre lati dell’edificio con spazi verdi, cortile e ampio piazzale ad uso di parcheggio per una superficie di circa 3.204 mq. Il prezzo a base d’asta è 2.065.000 euro e la scadenza per la presentazione delle offerte il 30 marzo 2016, ore 12.00.
L’avviso di vendita, con foto e planimetrie, è pubblicato sulla pagina http://patrimonio.unipi.it/. Per informazioni è possibile rivolgersi al Settore Patrimonio dell’Ateneo (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; tel. 050 2212959-2212503).
È stata firmata una convenzione di collaborazione scientifica tra l’Università di Pisa e l’Istituto Lama Tzong Khapa, uno dei principali centri del Buddismo Mahaiana in Occidente. Presso l’Istituto, che ha sede in Pomaia (Santa Luce), a circa 40 chilometri da Pisa, e che ha ospitato in diverse occasioni il Dalai Lama, da quasi 40 anni si svolgono attività di studio, formazione e approfondimento indirizzati a una migliore comprensione della natura interiore e dei processi mentali, attraverso lo studio della filosofia e della psicologia buddiste.
La convenzione ha lo scopo di promuovere un approccio multidisciplinare allo studio della coscienza e dell’interazione mente-corpo che si avvarrà, da una parte, dei metodi, degli strumenti e delle acquisizioni delle scienze occidentali (biofisica, neuroscienze, psicologia, psicofisiologia, filosofia della mente) dall’altra dell’enorme bagaglio di conoscenze accumulate, in oltre 2500 anni di storia, dalla tradizione buddista nel campo dell’analisi in prima persona dei processi mentali, introspezione, concentrazione, meditazione, mindfulness. Si tratta della prima esperienza strutturata di questo tipo in Europa, dopo quelle già in atto presso università e centri di ricerca negli Stati Uniti (Stanford University, Emory University, Columbia University e altri).
Il primo risultato della collaborazione è la compartecipazione di studiosi di entrambe le istituzioni al master dell’Università di Pisa in “Neuroscienze, Mindfulness e Pratiche Contemplative” diretto dal professor Angelo Gemignani, che verrà inaugurato il 27 febbraio e vedrà, per la prima volta in Italia, la partecipazione, in qualità di docenti, di due tra i più autorevoli Lama Tibetani che operano presso l’Istituto, accanto a docenti dell’Università di Pisa ed esperti esterni di altre discipline.
Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Nazione Pisa
Tirreno Cecina
Pisa Today
NazionePisa.it
StampToscana.it
All’Università di Pisa c’è un luogo dove le idee innovative si sviluppano, si valorizzano e, possibilmente, si trasformano in impresa. È il PhD+, il programma formativo extracurriculare giunto ormai alla sesta edizione che consiste in una serie di seminari, tenuti da esperti nazionali e internazionali nel campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico, atti a fornire competenze e strumenti per la valorizzazione dei risultati di ricerca tra studenti e ricercatori dell’Università di Pisa di tutte le discipline. L’edizione 2016 è stata inaugurata martedì 23 febbraio con i saluti del rettore Massimo Augello e del prorettore per la ricerca applicata e l’innovazione, Paolo Ferragina, e con l’intervento di alcuni ospiti illustri moderati da Claudio Giua, del Gruppo Editoriale “L'Espresso”. Tra loro Renata Bueno, componente della Commissione Affari esteri e Comunitari della Camera dei deputati, e Massimo Russo, condirettore de La Stampa, che ha tenuto una lezione su “Storytelling in the second machine age”.
I numeri di quest’anno dicono che l’interesse per questo percorso formativo è cresciuto ancora: si sono iscritti oltre 200 studenti provenienti da tutte le aree scientifiche e umanistiche e divisi pressoché equamente tra dottorandi e laureandi magistrali. Per motivi logistici e di efficacia didattica sono stati selezionati 120 studenti (come previsto dal bando), tutti gli altri potranno comunque fruire dei seminari in streaming attraverso la piattaforma e-learning dell’Ateneo (mediateca.unipi.it) e prendere parte a tutti gli eventi collaterali al PhD+, tra cui il pitch finale e le attività di coaching e mentoring.
“La chiave di lettura del successo di questo programma si nasconde in quel segno + che incuriosisce molti - spiega Paolo Ferragina - Questo corso non è un dottorato o un master, ma un percorso formativo extra-curriculare che l’Università di Pisa offre gratuitamente ai suoi studenti e che si propone l’obiettivo di realizzare una «piattaforma dell’innovazione e della valorizzazione della ricerca» rivolta ai più alti livelli di formazione universitaria arricchendo il percorso curriculare degli studenti con tutte quelle competenze che oggi sono più che mai necessarie per affrontare il mondo del lavoro. La cultura dell’innovazione e dello spirito imprenditoriale sviluppa nei giovani (e non solo) la progettualità, lo spirito d’iniziativa, la valutazione del rischio, la capacità di valorizzare se stessi e i propri risultati, contribuendo così ad accrescere l’occupabilità dei laureati e dei dottori di ricerca. Tutte queste competenze sono imprescindibili anche per i giovani ricercatori che volessero proseguire nella carriera accademica: non a caso ben 18 corsi di dottorato su 21 con sede a Pisa hanno riconosciuto ufficialmente il percorso PhD+ tra le loro attività formative”.
I numeri parlano chiaro. Il PhD+ ha generato 32 progetti imprenditoriali, di cui 23 trasformati in imprese e tra questi 12 accreditati come spin off dell’Università di Pisa, che hanno ricevuto numerosi premi o riconoscimenti in prestigiose competizioni nazionali e internazionali (tra cui Wired Audi Innovation Award; Amazon Picking Challenge; Digital Innovation Contest for Clinical Excellence' di IC tomorrow; Intel Business Challenge Europe; ItaliaCamp; Premio Nazionale per l'Innovazione-Working Capital; Premio Unicredit Startlab; Premio Marzotto, e diversi altri). Queste start-up hanno anche sviluppato un legame con le attività di brevettazione dell'Ateneo realizzando 14 brevetti e, recentemente, 6 spin-off dell’Ateneo sono state finanziate nella Fase 1 dello SME Instrument di Horizon 2020, dimostrando così di avere un grado di innovatività di profilo internazionale.
Diverse istituzioni del territorio (Fondazioni bancarie, Camere di commercio, Poli tecnologici) hanno collaborato con l’Università di Pisa alla realizzazione delle precedenti edizioni del PhD+, fin dalla sua istituzione, partecipando attivamente a seminari su tematiche specifiche, mettendo a disposizione servizi di supporto per la creazione di impresa, offrendo sostegno finanziario e premi per i progetti più innovativi. Il PhD+ ha quindi concretamente realizzato quell’ecosistema del trasferimento tecnologico di cui spesso si sente parlare e che a Pisa trova una delle sue massime espressioni nazionali.
Le principali novità dell’edizione 2016
• Maggiore attenzione alle nuove tendenze tecnologiche dell’Internet of Things e dei Big Data, cui saranno dedicate due sessioni e divulgative per spiegarne le enormi potenzialità in tutte le aree, non necessariamente quelle tecnologiche. Proprio sul tema dei Big Data, ove l’Università di Pisa gioca un ruolo chiave in Europa mediante il progetto SoBigData, è nata quest’anno una collaborazione con il Comune di Pisa e con PISAMO, grazie al supporto dell’assessore Giuseppe Forte, del Dott. Fabrizio Cerri e del Dott. Tiziano Di Sciullo. All’inizio del corso verrà lanciata una competizione in cui gruppi misti di allievi, sia con competenze tecnologiche che umanistiche, lavoreranno insieme per analizzare la mobilità cittadina con l’obiettivo di comprendere meglio flussi e abitudini di coloro che si recano e frequentano Pisa. Con questo si spera di derivare idee interessanti che durante il PhD+ verranno sviluppate in forma prototipale, e che potranno poi essere auspicabilmente industrializzate alla fine del percorso, portando eventualmente alla creazione di una nuova start-up o di un nuovo servizio per la comunità.
• Maggiore proiezione in ambito internazionale, grazie ad alcune importanti collaborazioni. Innanzitutto quella con l'Università Positivo, al top nel trasferimento tecnologico e localizzata nella città brasiliana di Curitiba, al 4° posto tra le città più economicamente avanzate dell’America Latina. Gli studenti dell’Università Positivo seguiranno i seminari in diretta streaming e parteciperanno insieme agli studenti pisani al Pitch finale. Le migliori idee sviluppatesi a Pisa verranno ospitate a Curitiba per sperimentare una nuova forma di scambio internazionale di idee imprenditoriali e trasferimento di nuove tecnologie.
Le lezioni del PhD+ potranno essere seguite in video streaming anche dal CIATEC - Polo de Alta Tecnologia de Campinas - il più antico incubatore del Brasile che festeggia quest’anno i suoi 25 anni e oltre 100 startup incubate. Il CIATEC trasmetterà il corso a Campinas, città della regione di San Paolo, per le sue aziende incubate, per le aziende dei poli tecnologici che coordina e per una delle più importante università statali brasiliane, UNICAMP, Università Statale di Campinas, che è responsabile per il 15% della ricerca accademica in Brasile ed è il leader tra le università brasiliane in materia di brevetti.
A ciò si aggiunge la la sinergia col progetto europeo ENDuRE, di cui l’Ateneo è capofila, che nell’ambito Erasmus+ sta portando avanti lo sviluppo di un nuovo modello di formazione imprenditoriale incentrato proprio sul PhD+ e che vede coinvolte sedi in Danimarca e Regno Unito. Alla fine del corso verrà lanciata una Summer School alla quale potranno partecipare gli studenti più motivati.
• I progetti più innovativi, derivanti sia dall’edizione di quest’anno che da quelle precedenti - molti dei quali si sono ormai costituiti in vere e proprie imprese - avranno ulteriori opportunità formative e di finanziamento grazie alla possibilità offerta dall’Università di Pisa e da sponsor esterni di partecipare gratuitamente alla European Innovation Academy, prestigioso evento internazionale che quest’anno si svolgerà a Torino e vedrà coinvolti blasonati Atenei (quali ad esempio Berkeley e Stanford) e aziende (quali ad esempio Google e Ferrari) sui temi del food, mobility, luxury e ICT.
Viene infine confermata la consueta collaborazione con il Master internazionale in Business Administration dell’Università di Pisa per perfezionare ulteriormente il proprio business plan in collaborazione con gli allievi del MBA.
Info: www.unipi.it/phdplus
Ne hanno parlato:
Tirreno
Tirreno Pisa
StampToscana.it
Roma Daily News
Pisanamente
gonews.it
Il dottorato in Biologia dell’Università di Pisa ha “prodotto” il suo primo dottore di ricerca. Il 12 febbraio scorso, Giovanni Astuti (foto) ha discusso, in inglese, una tesi in Botanica sistematica dal titolo “Biosystematics of European species of carnivorous genus Utricularia (Lamiales, Angiosperms)”, preparata sotto la supervisione del professor Lorenzo Peruzzi. Le ricerche sono state realizzate nei laboratori del dipartimento di Biologia e hanno richiesto anche diversi mesi di permanenza all’estero, tra Brasile e Russia, per attività di laboratorio e di ricerca sul campo.
La commissione esaminatrice, presieduta dal professor Salvatore Cozzolino (Università degli Studi di Napoli “Federico II”), ha espresso il suo apprezzamento circa l’approccio multidisciplinare, il rigore metodologico e la capacità di comunicazione scientifica del candidato. Il dottorato in Biologia, tenuto interamente in lingua inglese, è attivo dal 2012 e bandisce una media di 6-7 borse all’anno su specifici progetti di ricerca in vari campi della biologia. Coordinato dal professor Massimo Pasqualetti, ha lo scopo di preparare specialisti di livello internazionale, al fine di favorire l’alta qualificazione nell’ambito della ricerca biologica.
Nel corso della sua giornata pisana, il presidente della Regione, Enrico Rossi, ha visitato il Palazzo della Sapienza, centro storico e simbolo dell'Università di Pisa, dove dallo scorso novembre sono iniziate le opere di adeguamento, consolidamento e riorganizzazione funzionale dell'edificio, e subito dopo l'Orto Botanico, il più antico al mondo legato a un'istituzione universitaria, anch'esso interessato da importanti lavori di ristrutturazione. Accompagnato dal sindaco Marco Filippeschi, dal consigliere regionale Antonio Mazzeo e dal soprintendente Andrea Muzzi, il presidente Rossi ha fatto un sopralluogo ai cantieri, costatando di persona lo stato di avanzamento degli interventi. A fare gli onori di casa, il rettore Massimo Augello, che ha illustrato al presidente Rossi e agli altri ospiti le attività in corso alla Sapienza e all'Orto Botanico, allargando l'orizzonte all'intero programma seguito dall'Ateneo in campo edilizio negli ultimi anni. Ricordando le iniziative più recenti, il rettore ha citato l'inaugurazione del Polo didattico delle Piagge e del nuovo dipartimento di Chimica e Chimica industriale, dando l'appuntamento a tra un paio di mesi, quando saranno completati i lavori nella sede degli ex Salesiani, in un ampio spazio adiacente a Via Santa Maria, che daranno una risposta definitiva alle necessità di spazi del settore umanistico.
Alla fine della visita al Palazzo della Sapienza e all'Orto Botanico, il presidente Enrico Rossi ha fatto i complimenti al rettore e ai suoi collaboratori: "davvero grazie a tutti voi - ha detto il presidente - per questi progetti di recupero e valorizzazione di due strutture che hanno un alto valore simbolico e culturale. Siamo davanti al primo nucleo dell'Università di Pisa e al più antico giardino dei semplici d'Europa. La Regione ha fatto economicamente la sua parte e sono felice di costatare di persona che tutto procede speditamente e bene per recuperare e valorizzare due spazi davvero suggestivi con soluzioni anche innovative. Mi pare la migliore risposta alle polemiche che qualcuno aveva voluto sollevare".
"Il percorso compiuto per avviare il restauro del Palazzo della Sapienza - ha dichiarato il rettore Massimo Augello - dimostra che anche le grandi opere possono essere realizzate in tempi brevi, se vi è una piena collaborazione tra le Istituzioni e la condivisione di un progetto realistico e definito. In questo caso, come per l'Orto Botanico, è stato fondamentale il contributo della Regione Toscana, che è intervenuta con il proprio sostegno insieme alla Fondazione Pisa e ai ministeri interessati: devo quindi rivolgere un sentito ringraziamento al presidente Enrico Rossi. Contiamo entro pochi mesi di poter riaprire lo storico edificio, sanando quella che tutti i membri della comunità accademica e la città di Pisa hanno avvertito come una ferita profonda".
“È una risposta concreta, un impegno che non era facile mantenere - ha sottolineato da parte sua il sindaco Marco Filippeschi - La riapertura della Sapienza, cuore storico e simbolo dell’Ateneo, è stata una priorità della città. La chiusura obbligata dal rischio sismico e alla necessità di importanti e costosi lavori di consolidamento è stata una ferita grave. Oggi possiamo dire che anche questo obiettivo sarà raggiunto con l’impegno di tutti e anche con l’apporto diretto della Regione, secondo un protocollo d’intesa condiviso con il Comune per impiegare una parte dei proventi delle vendita della quota detenuta dalla Regione nella Sat”. Il sindaco ha quindi detto che “con la Sapienza aperta, riprenderanno importanti attività universitarie e riaprirà la biblioteca, gestita dal Ministero dei beni culturali, e torneranno a respirare tante attività che hanno sofferto in questi anni: dunque c’è la riconquista di un bene storico di valore assoluto, ci sono servizi che qualificano l’Ateneo e c’è un beneficio economico. Sottolineo anche l’importanza dell’investimento sull’Orto Botanico, per la creazione del polo museale universitario. Un altro passo in avanti per arricchire l’offerta educativa per gli studenti e per offrire un’attrattiva preziosa per i turisti”.
Gli ostacoli familiari e sociali, la difficoltà di andare oltre gli schemi, le convenzioni e le proprie paure sono i temi dei film protagonisti dell’iniziativa “Il cinema va all’Università”, il secondo ciclo di proiezioni gratuite per studenti che ha l’obiettivo di stimolare e fornire spunti di riflessione sul tema della realizzazione di sé attraverso il riconoscimento e l’affermazione delle proprie potenzialità e delle proprie vocazioni. La rassegna, organizzata dal Servizio di Ascolto e Consulenza dell’Università di Pisa, avrà inizio mercoledì 24 febbraio con la proiezione di “Billy Elliot”, film di Stephen Daldry del 2000, che racconta la storia di un ragazzino di 11 anni, il cui sogno è diventare un ballerino classico. L’appuntamento è alle ore 14.30 nell’Aula Magna del Polo Fibonacci, in via Buonarroti 4.
La particolarità dell’iniziativa è che ogni proiezione sarà introdotta da uno studente del corso di laurea in Storia e forme delle arti visive, dello spettacolo e dei nuovi media e da tirocinanti psicologi del Servizio di Ascolto che illustreranno le tematiche al centro dei film e parteciperanno al dibattito alla fine della serata. “Da oltre 10 anni il Servizio di Ascolto d’Ateneo offre sostegno gli studenti in difficoltà nell’affrontare la vita universitaria e dopo l’esperienza dello scorso anno abbiamo deciso di riproporre un’iniziativa che mira a coinvolgere i ragazzi in riflessioni più ampie – ha commentato Rosalba Tognetti, prorettore per gli Studenti, in occasione della presentazione della rassegna – Per questo secondo ciclo abbiamo scelto un altro tema che li riguarda da vicino e il nostro auspicio è poter dar loro spunti e stimoli per affrontare passaggi talvolta particolarmente impegnativi nella vita di uno studente”.
“Ognuno di noi per realizzare se stesso spesso deve affrontare e superare vari ostacoli interni ed esterni – aggiunge Federica Gorrasi, psicologa del Servizio d’Ascolto d’Ateneo - L’iniziativa affronta questo tema attraverso proiezioni di film che mostrano, sotto diverse prospettive, la fatica di riuscire ad affermare, senza condizionamenti, le proprie inclinazioni e aspirazioni e al contempo la soddisfazione di raggiungere i traguardi a lungo sognati”. Visti gli argomenti trattati, quest’anno sono stati invitati anche gli studenti delle scuole superiori di Pisa, che potranno contribuire e arricchire il dibattito che seguirà ciascuna proiezione.
Alla presentazione della rassegna erano presenti anche Maria Tognini, coordinatrice di settore della Direzione Didattica e servizi agli studenti, gli altri psicologi del Servizio di Ascolto e Consulenza di Ateneo Stefano Meini, Olivia Bernini – i tirocinanti del corso di laurea Magistrale in Psicologia clinica e della salute coinvolti nell’iniziativa, lo studente del corso di laurea in Storia e forme delle arti visive, dello spettacolo e dei nuovi media Antonio Maria Zenzaro.
Il ciclo proseguirà il 22 marzo con il film “L’attimo fuggente” di Peter Weir e il 3 maggio con “Will Hunting. Genio ribelle” di Gus Van Sant. Tutte le proiezioni si terranno nell'Aula Magna del Polo Fibonacci, dalle 14.30 alle 18.30.
Nella foto: da sinistra Stefano Meini, Olivia Bernini, Rosalba Tognetti, Maria Tognini, Federica Gorrasi, Antonio Maria Zenzaro
Ne hanno parlato:
Nazione Pisa
Repubblica Firenze
Controcampus.it
PisaInformaFlash.it
Come omaggio a Umberto Eco - il grande semiologo, filosofo e scrittore, scomparso negli scorsi giorni - riproponiamo la lezione che il professore piemontese tenne all'Università di Pisa il 16 settembre del 2004, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede del dipartimento di "Ingegneria dell’informazione: elettronica, informatica, telecomunicazioni” e che fu poi publicata su "Athenet. La rivista dell'Università di Pisa".
Partendo dalla constatazione dell’enorme impatto che le nuove tecnologie hanno avuto sul nostro modo di comunicare e di vivere, il professor Umberto Eco sviluppò una riflessione dal titolo "La cultura è anche capacità di filtrare le informazioni", critica e spesso ironica sulle potenzialità e sui pericoli insiti nell’eccesso di informazioni che caratterizza la società contemporanea.
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Vorrei iniziare questo intervento partendo dal duplice significato della nozione di informazione, che a volte viene utilizzata seguendo il senso comune e a volte in senso tecnico. In quest’ultimo caso ci rifacciamo alla teoria matematica dell’informazione, secondo cui essa è una proprietà statistica della fonte e definisce (per esempio) tutto quello che potrebbe essere elaborato con la combinazione delle 26 lettere dell’alfabeto. L’informazione, quindi, deriva da una misura di probabilità all’interno di un sistema equiprobabile. Una volta che tra tutte le possibilità consentite dall’alfabeto viene elaborata una frase specifica, entriamo nell’altro significato di informazione e ci occupiamo di quello che chiamiamo messaggio, cioè un significato che può essere trasmesso e comunicato. È chiaro che oggi parleremo di informazione in quest’ultimo senso, come trasmissione di dati di qualche interesse collettivo, anche se più tardi ci tornerà utile ricordare l’altro significato.
All’interno di questo significato di senso comune, un’altra distinzione che dobbiamo fare è quella tra messaggio e canale. Per discutere della situazione attuale dell’informazione dobbiamo considerare due fattori: l’organizzazione dei canali rispetto al passato e il numero - non la qualità o il contenuto, che in questa sede non interessano - dei messaggi trasmissibili.
Per quanto riguarda i canali, da almeno due secoli e cioè dall’invenzione del telegrafo, stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione e oggi sappiamo bene che in pochi secondi possiamo trasmettere un messaggio a Sidney e ricevere risposta. Mi pare però che questa constatazione entusiastica debba indurre ogni tanto anche a qualche riflessione o ironica o pessimistica. Una volta nella rubrica “La Bustina di Minerva” su "L’espresso" ho citato la teoria (ovviamente inventata, ma non del tutto improbabile) di un certo Backwards che, come suggerisce lo stesso cognome, era interessato al fenomeno del ritorno al passato. Secondo questo signore, la comunicazione pesante era entrata in crisi verso la fine degli anni Settanta con l’invenzione del telecomando. Con questo strumento, lo spettatore poteva anche azzerare l’audio, seguire solo il video e, attraverso lo zapping, crearsi una propria sequenza visiva. L’introduzione del videoregistratore ha permesso poi di liberarsi dalla linearità dell’evento in diretta. A questo punto lo spettatore poteva guardare una videocassetta senza audio e accompagnare le immagini con il suono di una pianola: praticamente era tornato al cinema muto. Il passo successivo è stato dettato dall’eliminazione del movimento delle immagini: rispetto a uno strumento molto più arretrato come la televisione, internet, soprattutto all’inizio, dava immagini fisse, monocolore e a bassa definizione. Con la posta elettronica si è quindi arrivati alla sola comunicazione alfabetica, in pratica tornando allo stadio dei Fenici. Potremmo andare oltre e parlare di una sorta di scatola, poco ingombrante, che emette suoni con la rotazione di una manopola: voi direte che è la radio. No, è semplicemente l’iPod, uno dei più diffusi e avanzati oggetti tecnologici di oggi. Ma c’è di più: fino a poco tempo fa le trasmissioni viaggiavano via etere, con tutti i disturbi e le difficoltà che ne conseguivano. Le piattaforme digitali e Internet utilizzano invece la trasmissione via cavo telefonico e questo fatto sancisce la curiosa vittoria di Meucci su Marconi.
A parte questi scherzi, vi propongo una riflessione di natura storica: è proprio vero che nel passato la trasmissione delle informazioni era così lenta? Vi faccio un esempio: nel 1614 appaiono i libelli dei Rosacroce, promessa di una grande palingenesi del genere umano, che nella prima edizione escono in tedesco e nella seconda in latino. Ebbene, tra 1614 e 1616 si diffondono tra i maggiori dotti d’Europa centinaia di pamphlet di risposta e di discussione e nel solo 1616 escono tre opere fondamentali. Uno degli autori di questi testi, Robert Fludd, ha scritto circa 10-15 mila pagine e le ha illustrate con incisioni molto accurate che doveva necessariamente seguire di persona. Tra il 1614 e il 1624 Fludd scrive diversi volumi: lui vive in Inghilterra, i libri vengono pubblicati parte in Germania e parte in Olanda. Come poteva funzionare in tempi così rapidi il lavoro di correzione di bozze e di controllo sulle incisioni, quando oggi per realizzare un volume illustrato in modo serio, inviando le immagini via e-mail, servono almeno due anni? La verità è che nel passato, anche quando il canale era costituito dal messaggero a cavallo, le informazioni circolavano con molta maggiore rapidità di quanto noi sospettiamo.
Per quanto riguarda il numero dei messaggi è del tutto evidente che tende a crescere in forma esponenziale. Questo flusso ininterrotto ci aiuta? Voi sapete che ormai lo specialista di una disciplina non è in grado di seguire quello che viene prodotto nel suo settore e che addirittura, così mi dicono alcuni amici, un matematico spesso non è nemmeno in grado di capire quello che viene prodotto negli altri settori della sua materia. La soluzione degli abstract rinvia al problema di chi filtra l’informazione, selezionando la possibilità di ognuno di accedere all’intero materiale, mentre con Internet abbiamo l’impressione di avere tutto a portata di mouse, senza alcun filtro e con la possibilità di ricevere una risposta immediata. In questo caso, il problema è di come ci si deve comportare di fronte a un’abbondanza di informazione. L’esempio che cito in questi casi è quello delle bibliografie. Quando preparavo la tesi, formare una bibliografia voleva dire passare molti giorni in biblioteca, cercare e segnare a penna i volumi che si trovavano e alla fine di un grosso lavoro aver messo insieme cento titoli. Oggi, con Internet, io schiaccio un bottone e trovo 10.000 titoli di bibliografia. Qual è il problema? Primo, che se li faccio vedere al professore, gli viene un infarto perché tutti quei titoli non li conosceva nemmeno lui e per questo si incrina il nostro rapporto di fiducia. Secondo, che io non solo non posso leggere i 10.000 libri, ma nemmeno i 10.000 titoli della bibliografia: avere un numero tanto elevato di titoli equivale perciò a non averne alcuno. Proprio per questa abbondanza bibliografica, molti libri recenti tendono a citare solo titoli pubblicati negli ultimi anni. Passi per la fisica nucleare, ma per la storia della filosofia questo provoca effetti paradossali: ho letto un libro in cui si sviluppava un certo ragionamento e si rimandava alla nota a piè di pagina. “Pare che di questo argomento si fosse occupato a fondo Kant. Cfr. Brown 1991”. Pensate, l’autore aveva in bibliografia solo Brown, perché considerava Kant troppo antico.
Il problema non è solo legato all’abbondanza delle informazioni, ma anche alla possibilità di selezionare la loro attendibilità. Una volta ho fatto un esperimento su un tema di cui, pur non essendo uno specialista, presumo di sapere alcune cose: ho digitato la parola “Graal” in un motore di ricerca e ho analizzato i primi 70 siti segnalati. Sessantotto di questi erano puro ciarpame, materiale neonazista o pubblicitario; uno era credibile, ma conteneva una semplice descrizione da enciclopedia del tipo Garzantina; uno conteneva un piccolo saggio preciso, ma privo di particolare interesse. Mi chiedo come possa fare un giovane studente a decidere quale tra questi siti abbia notizie utili. La stessa cosa è successa quando ho cercato notizie sull’olocausto, cercando la parola “holocaust”. Immediatamente ho individuato alcuni siti di chiara ispirazione nazista e negazionista ma, se sullo sfondo non c’è una svastica, se certe posizioni sono ben camuffate, diventa molto difficile per una persona normale capire e scegliere.
È per questi motivi che io chiedo che venga insegnata la tecnica della decimazione. Ricevo quotidianamente decine e decine di libri che non potrò mai leggere e per questo ho elaborato delle tecniche di decimazione. Alcune si basano semplicemente su criteri statistici: se un libro è banale, ritroverò le stesse idee nel decimo volume pubblicato su quel dato argomento; se un libro è geniale, ugualmente troverò le stesse idee, diventate patrimonio comune, nel decimo libro sull’argomento. Allora, ho deciso di leggere un libro ogni dieci pubblicati su un certo tema. Altri criteri sono più sofisticati e si basano sull’esame dell’indice, della bibliografia e così via. Il mio consiglio al ministro Moratti è che queste tecniche vanno insegnate fin dalle scuole elementari e che occorre aggiungere la “D” di decimazione alle tre “I” di internet, inglese e impresa. Una volta il Centro cattolico cinematografico compilava una lista dei film per tutti, di quelli solo per adulti e di quelli sconsigliati. Il buon cattolico si fidava di questa indicazione e si comportava di conseguenza. Oggi non è possibile ipotizzare un tipo di lavoro simile per tutti i siti che si occupano delle diverse discipline, perché i contenuti cambiano in continuazione e non è quindi possibile analizzarli in modo sistematico e aggiornato.
Questo problema ci introduce a un’altra questione, quella del filtro, collegata con la tecnica della decimazione. A questo proposito, ho scritto un saggio sull’Ars oblivionalis, cioè l’arte dell’oblio, in cui ho analizzato le tecniche elaborate nel corso della storia - da Simonide ad almeno tutto il XIX secolo – per memorizzare il maggior numero possibile di informazioni, una tecnica fondamentale per studiosi che, a differenza di noi, non disponevano di registratore, computer e internet. Filippo Gesualdo, un autore vissuto a cavallo tra XVI e XVII secolo, nella sua Plutosofia ci ricorda che, accanto alle tecniche per ricordare, esistono anche quelle per dimenticare. Escludendo le martellate sulla testa e il ricorso all’etilismo, questo autore insegnava una tecnica analoga a quella usata per ricordare, con cui bisognava immaginare un palazzo immenso con colonnati, statue e altri elementi a cui associare, magari per l’identica lettera alfabetica iniziale, un concetto o una regola. Gesualdo affermava quindi che per dimenticare bisogna immaginare questo palazzo e noi stessi mentre lanciamo fuori dalla finestra un oggetto dietro l’altro. La tecnica suggerita da Gesualdo mi ha fatto sempre sorridere, perché è un’altra tecnica per ricordare meglio ciò che si vuole dimenticare, come succede all’innamorato abbandonato che, per cercare di dimenticare la persona amata, la pensa di continuo e rinfocola così il proprio amore.
In realtà esiste un’Ars oblivionalis e si chiama cultura, intesa come memoria storica, come insieme di sapere condiviso su cui si regge il gruppo e la società umani. La cultura non è solo un accumulo di dati, è anche il risultato del loro filtraggio. La cultura è anche capacità di buttar via ciò che non è utile o necessario. La storia della cultura e della civiltà è fatta di tonnellate di informazioni che sono state seppellite. Talvolta abbiamo giudicato questo processo un danno e ci sono voluti secoli per riprendere il percorso interrotto: i greci non sapevano quasi più niente della matematica egiziana e ugualmente il Medioevo ha dimenticato tutta la scienza greca. In un certo senso, però, questo è servito alle diverse culture per ringiovanirsi partendo da zero, per poi recuperare gradualmente il perduto. Altre informazioni sono andate perdute. Non sappiamo più a cosa servivano le statue dell’Isola di Pasqua, e moltissime delle tragedie descritte da Aristotele nella Poetica non ci sono pervenute.
Questo discorso non vale solo per le culture, ma anche per la nostra vita. Jorge Luis Borges ha scritto una bellissima novella, intitolata Funes el memorioso, su un personaggio che ricorda tutto, ogni foglia che ha visto su ogni albero, ogni parola che ha udito nel corso della sua vita, ogni refolo di vento che ha avvertito, ogni sapore che ha assaporato, ogni lettera che ha letto. Eppure Funes è un completo idiota, un uomo bloccato dalla sua incapacità di selezionare e di buttare via. Il nostro inconscio funziona perché butta via. Poi, se c’è qualche inghippo, si spendono un sacco di soldi dallo psicanalista per recuperare quel poco che serviva e che per sbaglio abbiamo buttato via. Ma tutto il resto per fortuna è stato eliminato e la nostra anima è esattamente il prodotto della continuità di questa memoria selezionata: se avessimo l’anima di Funes saremmo persone senz’anima. Il World Wide Web è Funes el memorioso, anche se ogni tanto si rinnova e butta via qualcosa. La nuova biblioteca di Alessandria d’Egitto ha iniziato a raccogliere su cassette tutto ciò che appare su internet, comprese le informazioni che successivamente vengono eliminate. Questa raccolta al massimo della sua potenzialità sarà peggio di internet, perché avrà tutti i contenuti che ha oggi internet insieme a quelli che sono stati filtrati con il tempo.
Le questioni che ho cercato di porre, quindi, riguardano l’attendibilità dei siti, un problema fondamentale a fini educativi, e più in generale il dominio e il controllo delle informazioni che passano su internet.
Voi mi direte che internet è un grande fenomeno democratico, che permette di ricevere tutti i tipi di informazione e di scegliere in modo libero, e io ho presente l’impatto che internet ha avuto sulla società cinese, specie quella giovanile, una realtà in cui non c’è più una dittatura economica, ma certamente una politico-ideologica. Mi sembra, però, di poter fare per internet un discorso simile a quello fatto più volte a proposito della televisione: per le immense parti del mondo meno sviluppate, l’abbondanza di informazioni è certamente motore di sviluppo democratico, ma non è così per i paesi più sviluppati. Tale abbondanza, infatti, è un fattore molto democratico quando arriva in una dittatura, ma può avere risvolti dittatoriali quando è presente in un sistema democratico.
Come totalità di contenuti disponibili in modo disordinato, non filtrato e non organizzato, internet permette a ciascuno di costruirsi una propria enciclopedia, intesa come sistema attraverso il quale una cultura filtra, conserva ed elimina le informazioni. In teoria, quindi, si può arrivare all’esistenza di sei miliardi di enciclopedie differenti: è questa un’acquisizione democratica? Credo di no, perché la funzione di un’enciclopedia è proprio quella di stabilire cosa va conservato e cosa va buttato via, in modo che ogni confronto possa avvenire sulla base di un linguaggio comune. Affermando che Tolomeo aveva torto e Galileo ragione, l’enciclopedia esclude quei letterati folli che ancor oggi scrivono volumi per dimostrare che la terra è quadrata. Filtrando queste posizioni, l’enciclopedia crea una piattaforma di linguaggio comune e solo sulla base di questa piattaforma si possono contestare le teorie ancora prevalenti. Se non ci fosse stata la teoria tolemaica, Copernico non avrebbe potuto sviluppare il suo sistema, cercando di contestarla, ed essendo capito da coloro ai quali si rivolgeva. È proprio attraverso la conservazione anche delle opinioni erronee, ma diventate patrimonio comune, che l’enciclopedia può crescere e i paradigmi possono essere rovesciati. Per rovesciare un paradigma, infatti, è necessario che ci sia un paradigma da rovesciare. Quindi le nuove idee possono essere costruite solo partendo da un’enciclopedia il più possibile condivisa, mentre con sei miliardi di enciclopedie, una diversa dall’altra, ogni comunicazione sarebbe impossibile.
A questo punto riprendo la nozione tecnica di informazione cui ho fatto cenno all’inizio, cioè come proprietà statistica che definisce tutto quello che potrebbe essere elaborato con la combinazione delle 26 lettere dell’alfabeto. In questo senso le vertigini non sono date dall’abbondanza dei messaggi prodotti, cioè dal Web, ma dalle possibilità consentite dal sistema. Nel XVII secolo gli intellettuali iniziarono a chiedersi quante dictiones, cioè quante parole, potevano essere costruite con le lettere dell’alfabeto, senza utilizzare ripetizioni. Nel 1622 Pierre Gouldin aveva calcolato tutte le parole che si potevano comporre con 23 lettere, indipendentemente dal fatto che fossero dotate di senso e pronunciabili: aveva contato più di settantamila miliardi di miliardi di parole, per scrivere le quali sarebbero occorsi più di un milione di miliardi di miliardi di lettere. Immaginando di scrivere queste parole su registri di mille pagine, ne occorrevano 257 milioni di miliardi; questi registri avrebbero potuto occupare più di 8 miliardi di biblioteche, ciascuna capace di ospitare 32 milioni di volumi. Calcolando la superficie disponibile sull’intero pianeta, si potevano costruire solo 7 miliardi di queste biblioteche. Marin Mersenne aveva poi calcolato non solo le parole, ma anche i canti, cioè le melodie sull’estensione di 3 ottave con l’utilizzo di 22 suoni. Ebbene, per annotare tutti i canti che si possono generare con tutte le combinazioni sarebbero occorse più risme di carta di quante ne sarebbero servite, secondo i calcoli del tempo, per colmare la distanza tra Terra e cielo. Inoltre, volendo scrivere tutti questi canti con un ritmo di 1.000 al giorno, sarebbero serviti 22 miliardi e 600 milioni di anni. Questa notizia dovrebbe dare molta speranza ai musicisti e convincerli che non c’è bisogno di copiare le canzoni!
Le vertigini che vengono di fronte a queste cifre relative alla nozione tecnica di informazione possono fare effetto anche se consideriamo il senso comune del termine informazione. Per esempio esiste un motore di ricerca tedesco, all’indirizzo www.bahn.de, che contiene tutti i dati sulle connessioni ferroviarie europee. Mi sono appassionato a questo programma e l’ho utilizzato in modo “disinteressato”, cercando di verificare quante dictiones si potevano produrre. Ho cominciato a chiedere come andare da Francoforte a Battipaglia e la soluzione è stata piuttosto soddisfacente perché, a seconda delle coincidenze, occorrevano dalle 18 alle 20 ore. Poi ho provato a chiedere il percorso tra Londra e Grosseto via Napoli: il primo itinerario richiedeva 29 ore ed era banale; il secondo calcolava 34 ore di percorrenza perché incappavo in uno spostamento tra due stazioni parigine; il terzo impiegava 26 ore, ma mi faceva passare da Bardonecchia, Alessandria, Novi Ligure, Viareggio, transitare da Grosseto all’una di notte, senza fermarmi, arrivare a Napoli Campi Flegrei e poi risalire per Roma Ostiense e tornare a Grosseto dopo altre nove ore di tragitto. Allora ho tentato con Battipaglia-Roscoff, via Madrid: poco più di 64 ore, passando da Milano Chambery, Perpignan, Barcelona, Parigi e Morlaix. Il secondo tentativo, molto chagalliano, è stato Battipaglia-San Pietroburgo-Vitebsk, via Madrid: Battipaglia-Parigi e Parigi-Madrid sono ovvie, ma da lì si parte per Bruxelles, Mosca, San Pietroburgo e Vitebsk, impiegando in tutto 110 ore e 34 minuti. Ho quindi provato con il percorso Madrid-Roma via Varsavia, attraversando una serie di villaggi dal sapore yiddish. La verità è che per fare tutti questi spostamenti ci sono dei percorsi preferenziali, scelti o sulla base di criteri di rapidità e di economicità o secondo la decisione di visitare quanti più posti possibili. Ma se non adotto almeno uno di questi o di altri criteri, come posso scegliere il percorso? Certo non posso affidarmi al sistema, che mi elenca tutte le opzioni possibili. Per reagire alle vertigini provocate dal sistema, dunque, io ho la sola possibilità di elaborare dei criteri di selezione.
Ancora una volta la questione fondamentale riguarda il filtraggio, non nel senso di censura esterna o politica, ma come senso della responsabilità personale, come filtro del singolo per non soccombere di fronte alla sterminata mole di informazioni della nostra società. Ma su questo piano io, come moltissimi altri, navighiamo verso il futuro con tante legittime preoccupazioni e con poche soluzioni da suggerire.
Umberto Eco