Avviso di fabbisogno interno per il Centro Linguistico
Incarico di lavoro autonomo: "Analisi e questionari, redazione articoli e contributi, presentazione paper a convegni e seminari, nell’ambito del progetto WISE4CHALLENGES"
Borsa di Studio e approfondimento dal titolo “Preparazione di concentratori solari luminescenti a base di dispersioni polimeriche acquose”
n. 11 collaborazioni per l’attribuzione di assegni per l’incentivazione delle attività di tutorato, didattico – integrative, propedeutiche e di recupero per il primo semestre dell’a.a. 2021/2022
n. 3 collaborazioni collaborazione part-time rivolte al sostegno e tutorato agli studenti dei corsi di studio in Informatica per il supporto alle attività di laboratorio
borsa di ricerca, sul tema: “Analisi delle Instabilità Fluidodinamiche in Induttori”
L'Università di Pisa al Maker Faire
Dopo un'edizione 2020 interamente digitale, Maker Faire Rome è tornato in presenza con la sua IX edizione che si svolge al Gazometro Ostiense, simbolo della rivoluzione industriale del Novecento, dall'8 al 10 ottobre. Al Gazometro Ostiense sono presenti circa 250 espositori distribuiti in 6 aree tematiche: Research, Fabrication, Arts, Life, Health, Education.
L'Università di Pisa è presente alla manifestazione con due progetti: "lombriCOMPOSTiera" e "Green Chemisty", rispettivamente primo e secondo classificato nell'edizione 2021 del Contamination Lab.
LombriCOMPOSTiera mira a realizzare un biocompostatore sostenibile che permetta la produzione di compost di elevata qualità; mentre Green Chemistry consiste nella ideazione e sviluppo di un prodotto cosmetico ecosostenibile, prodotto da materiali di riutilizzo e formulato con eccipienti e processi di lavorazione completamente green e vegan.
Lo stand dell'Università di Pisa con i due progetti in esposizione (lombriCOMPOSTiera e Green Chemistry)
Alla manifestazione èpresente anche una rappresentanza dell'Unità Servizi per il Trasferimento Tecnologico dell'Università di Pisa per presentare ai visitatori le principali attività e i servizi offerti dall'ufficio dell'Ateneo.
Una mattina con Marco Santagata
Il 2 ottobre è stato ricordato Marco Santagata, attraverso alcune voci di persone che lo conoscevano bene. Nel cortile della Sapienza di Pisa sono rimbalzate memorie ed echi vicini e lontani, dopo il saluto del rettore Paolo Mancarella.
C’erano alcuni suoi allievi, oggi emeriti italianisti, come Alberto Casadei e Natascia Tonelli; c’erano alcuni suoi colleghi come Gianfranco Fioravanti, Salvatore Settis e Amedeo Quondam, e poi altri importanti relatori, oltre ai due super ospiti: Massimo D’Alema e Pupi Avati. C’era anche l’ex-sindaco Paolo Fontanelli.
Che cosa avrebbe detto Marco Santagata di questa giornata che l’Università di Pisa gli ha dedicato, a un anno di distanza circa dalla sua scomparsa?
Non lo so, non lo conoscevo così bene. Sono più giovane di lui di circa venti anni e lui è stato uno dei miei professori in un’università che era ben diversa da quella di oggi, un’università cui sono, nella memoria, ancora affezionato.
Lui fumava le Marlboro. All’epoca il pacchetto delle Marlboro era di un solo tipo: rosso. Si dice che quelli di sinistra fumassero le Camel e quelli di destra le Marlboro. Ma, anche se il Sessantotto non lo aveva “rapito”, Marco Santagata era un uomo di sinistra. E ripensata oggi questa classificazione deve essere stata una suprema sciocchezza, pure se nel tempo della mia giovinezza pareva ancora una cosa serissima. Di certo era serissimo il modo di fumare di Santagata, che portava la sigaretta alla bocca con tutte le dita della mano e poi ti guardava da sotto in su attraverso le lenti dei suoi occhiali.
Ricordo una vecchia aula di Palazzo Ricci. L'edizione critica del Canzoniere di Petrarca indicata era quella economica, con una copertina decisamente brutta. Ricordo che insieme a me, spesso vicino di banco (se così si può dire), seguiva il corso sulla scuola siciliana anche Vinicio Pacca, col quale parlavamo dopo la lezione.
Fuori di lì forse c'era il sole, oppure avrebbe potuto piovere. Rammento solo alcuni vetri zigrinati che facevano la luce grigia.
In cattedra c'era lui, preciso, sornione, a volte stanco, ma sempre con una battuta per tenerci all’erta. Fu un anno intenso. in cui ci vedevamo almeno tre volte a settimana a lezione (compreso il seminario).
È incredibile come la morte in verità abbia già avocato a sé anche certi ricordi della giovinezza, come essi siano già in un altro mondo che non c'è più. Cominciare a "invecchiare" forse è anche dover assistere a tante trasformazioni che non riconosciamo nostre.
Infatti non pare possibile che Santagata non ci sia più. E in fondo non è vero che non c’è più, perché egli continua a vivere nei libri che ha scritto come narratore di un certo successo e sicuramente continuerà a vivere a lungo come critico massimo di Petrarca e poi riscopritore di Dante e infine – ma non ha fatto in tempo ad andare a fondo – cominciando a sedurre Boccaccio. Come ha detto nella mattinata di commiato, in cui la Sapienza sembrava come frizzata in una cartolina, la professoressa Tonelli: “Negli studi petrarcheschi c’è una netta linea di demarcazione: prima e dopo Santagata”. Un po’ come Cristo per i fedeli – e il paragone non appaia blasfemo.
Anche Pupi Avati ha dato un suo metro dell’umanità del grande critico letterario che gli fece capire Dante attraverso le dosi di dolore che il regista si è autoinflitto soltanto annunciando di volerci fare un film sopra. Ha detto: “Non sapevo che l’accesso di Dante alla poesia gli arrivò attraverso il dolore. Me l’ha fatto capire Marco. Ma in tutti avviene quasi sempre così”.
E divertentissima è stata la gaffe del regista quando ha chiesto di alzare la mano a tutti gli italianisti e i professori universitari, chiedendo loro (alcuni dantisti emeriti) se conoscessero i docenti Mazzoni e Raimondi di Bologna, cioè due colleghi. Come chiedere seriamente ad Avati se conosce Marco Bellocchio e Francesco Maselli.
Tramite Massimo D’Alema abbiamo capito che l’occupazione delle case alla fine dei Sessanta e al principio dei Settanta non era soltanto affare politico, ma anche privato, poiché il futuro Presidente del Consiglio, studente della Normale come Santagata, prese domicilio a casa sua che, al tempo aveva già con sé una compagna con il figlio. Ha detto D’Alema che “Marco aveva messo tra sé e il Sessantotto una distanza fatta di disciplina e di amore per gli studi, pure se la sua coscienza politica aveva radici profonde”.
È stato Paolo Fontanelli a ricordare un episodio buffo della storia pisana di Santagata, quando accettò di candidarsi come consigliere comunale, prendendo pochissimi voti e non raggiungendo il numero sufficiente a entrare in Consiglio.
In quella fine anni Novanta, un decennio dopo la frequentazione del suo corso universitario, ebbi modo di passare qualche tempo con Santagata. Lo feci insieme al comune amico, il “principe” Piero Floriani. Lo definisco così per il suo profilo morale, per i suoi studi di cinquecentista e per come seppe impostare una serie di progetti futuri per il Comune di Pisa, nonostante alcuni “amici” di partito vollero fargli le scarpe.
Marco Santagata, dopo l’estate del 1998, capitò spesso nell’ufficio del Sindaco, quando si sapeva ormai ufficialmente che Floriani non sarebbe stato ricandidato (a causa dell’azione protratta nel tempo dal suo partito contro di lui), per parlare della situazione intricata e infine della sua candidatura futura come consigliere, chiedendo a Piero il permesso di farlo. Un principe che chiedeva a un altro principe il permesso di abbassarsi a guardare il campo delle schermaglie minute. Queste lezioni a Palazzo Gambacorti sono equivalse a quelle di Palazzo Ricci. Anzi, forse di più.
Ma è stato Salvatore Settis a ricordare con più determinazione non soltanto lo studioso, il narratore, l’uomo, ma se vogliamo l’aspetto che più di tutti lo caratterizzava agli occhi di tanti come me che lo avevano soltanto incrociato: l’ironia e l’umanità. Settis ha preso a esempio alcuni articoli che Santagata scrisse su L’Unità a metà anni Novanta, dove si può cogliere ancora oggi l’intelligenza sottile, il sarcasmo addolcito. Come quando in un pezzo del 9 agosto 1996 prendeva in giro le mode culturali, con una specie di lettera ai figli sul tema “tormentone”. Scriveva che ancora loro, quando lui non ci fosse stato più, avrebbero continuato a sentire il tormentone letterario del gruppo ’63, almeno come eco del potere in letteratura; il tormento politico di Lotta Continua, anche solo se citata per giornalisti di gran carriera e chef sopraffini; il tormento pseudo-intellettuale de “IlmondodiPannunzio”, scritto tutto attaccato –diceva.
Marco Santagata aveva il guizzo genialoide dell’improvvisatore, come quei jazzisti che inventano da tema libero, sul palcoscenico, in una serata migliore delle altre, e rendono facile ciò che è difficilissimo e soprattutto sembra che l’abbiamo inventato proprio lì, in quel momento. Ma pochi sanno che quei jazzisti studiano giorno e notte. Così faceva Marco Santagata. Solo per permettersi di improvvisare alla grande.
Alessandro Agostinelli
La genomica in difesa della pernice rossa: all’Isola d’Elba la popolazione geneticamente più integra d’Italia
Perdita di habitat, uso di pesticidi in agricoltura, forte pressione venatoria ed ibridizzazione con specie aliene sono le principali minacce contro la pernice rossa (Alectoris rufa), un galliforme di maggior interesse socioeconomico nell’Europa sud-occidentale tra quelle che ricadono nella piccola selvaggina. Per pianificare le strategie di conservazione di questa specie arrivano due studi pubblicati sulle riviste “Proceedings of the Royal Society B: Biological Series” e “Genomics”. Le ricerche iniziate nel 2018 sono state condotte dal professore Filippo Barbanera (foto) e dalla dottoressa Monica Guerrini del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e dal dottor Giovanni Forcina dell’Università di Porto in collaborazione con l’Università di Singapore e il Museo di Storia Naturale di Stoccolma (Svezia).
Il primo lavoro pubblicato nei “Proceedings of the Royal Society” fornisce un modello per gli studi di conservazione incentrati sulla minaccia rappresentata dall’ibridizzazione tra specie native ed alloctone. Nello studio si sottolinea l’importanza di rivedere le strategie di gestione alla luce di dati genomici onde evitare il rischio di conclusioni sbagliate (o quanto meno affrettate) in quanto basate su un numero di marcatori genetici relativamente ristretto. È questo il caso della pernice rossa dopo che l’analisi condotta ad oltre 168.000 loci ha accertato un livello di ibridizzazione con l’esotica coturnice orientale (Alectoris chukar) inaspettatamente ridotto attraverso l’intero areale. In particolare, la popolazione dell’Isola d’Elba si è rivelata quella dotata del maggior grado di integrità genetica nel nostro Paese.
Pernici rosse (Credits J.J. Negro - Estación Biológica de Doñana, Siviglia, Spagna)
Nel secondo lavoro pubblicato su “Genomics” i ricercatori hanno sequenziato il primo genoma di riferimento dell’intero genere Alectoris investigando proprio un soggetto dell’Isola d’Elba. In aggiunta alle implicazioni per la gestione e la conservazione della pernice rossa, la conoscenza del genoma fornisce anche informazioni chiave sulla fisiologia dei galliformi per il miglioramento delle pratiche di allevamento di questa ed altre risorse cinegetiche affini di notevole interesse economico.
“Nel complesso, i primi dati genomici prodotti per la pernice rossa – conclude il professore Barbanera – dicono che, da un lato, le precedenti affermazioni sull’inquinamento genetico della specie erano probabilmente troppo allarmistiche, dall’altro, che siamo ancora in tempo per preservare l’identità genomica e la struttura intraspecifica di questa risorsa, e che le attuali pratiche di gestione non dovrebbero ignorare le raccomandazioni emerse in questi studi, in modo particolare in Italia per la popolazione elbana”.
Quando il premio Nobel Giorgio Parisi venne all’Università di Pisa a ritirare il premio Galilei
Nei giorni in cui tutta la comunità scientifica e la cittadinanza italiana celebrano l’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica 2021 a Giorgio Parisi, l’Università di Pisa ricorda con piacere la cerimonia dell’8 ottobre 2006, quando lo scienziato fu accolto nell’Aula Magna Nuova del Palazzo La Sapienza per ricevere il Premio Internazionale Galileo Galilei promosso dai Rotary club italiani. A consegnarglielo c’era l’allora rettore Marco Pasquali, che lo festeggiò insieme al sindaco di Pisa Paolo Fontanelli, al presidente della Fondazione Premio internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club Italiani, Angelo Maria Petroni, e al governatore del Distretto 2050, Gianni Jandolo.
Giorgio Parisi fu di fatto il primo vincitore della categoria “Premio Galilei per la Scienza”, istituita proprio nel 2006 accanto a quella tradizionale riservata a studiosi stranieri che, nel corso della loro carriera, si siano occupati in modo eminente di argomenti riguardanti la civiltà italiana. Quell’anno, insieme a Giorgio Parisi fu infatti premiato John L. Heilbron, professore di Storia della scienza all’Università di Berkeley. La nuova categoria “per la Scienza” era stata invece istituita per premiare illustri studiosi italiani che si fossero distinti a livello internazionale in una delle branche delle scienze della natura.
La giuria del Premio, nominata dal rettore dell’Università di Pisa, Marco Pasquali, e composta da eminenti specialisti italiani, per la prima categoria, e stranieri, per la seconda, aveva ritenuto di assegnare il riconoscimento a Giorgio Parisi perché il docente di Teorie quantistiche alla Sapienza di Roma era molto apprezzato nel mondo culturale anglosassone, tanto da essere divenuto il quarto italiano chiamato a far parte dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti. Nel suo caso, la giuria aveva riconosciuto la capacità di spaziare tra i diversi settori della fisica e di offrire un contributo altamente originale e innovativo nel campo dell’esplorazione di modelli fisico-matematici che descrivono il caos e la complessità. Le sue intuizioni hanno generato nuovi filoni di ricerca che si estendono su una gamma straordinariamente ampia di argomenti e di campi disciplinari.
Sul sito del Premio Internazionale Galileo Galilei si possono leggere per intero le motivazioni della giuria e il testo del discorso che il neo-Premio Nobel tenne nell’Aula Magna della Sapienza: https://www.premiogalilei.it/portfolio-articoli/prof-giorgio-parisi/.