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I leader politici italiani su Facebook? Tutti “diversamente” populisti
Nella classifica del “social populism” Matteo Salvini è il leader del “bold populism", mentre Matteo Renzi e Silvio Berlusconi del “moderate populism”. E tuttavia il populismo è 'endemico' nella facebooksfera italiana e i leader politici, anche quelli non populisti, non disdegnano l’uso di questo genere di retorica. Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni dello studio “Socially mediated populism: the communicative strategies of political leaders on Facebook” pubblicato sulla rivista “Palgrave Communications” del gruppo Nature e condotto da due ricercatori delle Università di Pisa e di Milano. Roberta Bracciale e Gianpietro Mazzoleni hanno monitorato per un anno, da ottobre 2016 a ottobre 2017, l’attività su Facebook di Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Matteo Renzi, analizzando in tutto 3.725 post.
“In Italia gli utenti di internet sono circa 43 milioni di cui 34 milioni sono attivi, anzi molto attivi, su Facebook – racconta Roberta Bracciale del dipartimento di Scienze politiche dell’Ateneo pisano – nel periodo analizzato i cinque leader hanno ricevuto in totale 53 milioni interazioni, fra mi piace, reazioni, commenti e condivisioni, con un minimo di 7.000 interazioni per post, è il caso Giorgia Meloni, a un massimo di 25mila per Matteo Salvini”.
Per definire il grado di populismo dei vari leader i ricercatori si sono quindi concentrati sui post più condivisi e quindi più visibili, 934 in tutto (Berlusconi, 66; Di Maio, 283; Meloni, 216; Renzi, 156; Salvini, 213), che hanno studiato alla ricerca di contenuti riconducibili al concetto di populismo.
“Abbiamo costruito un ‘indice di populismo’ sulla base di tre indicatori, cioè la retorica dell’appello al popolo, dell’attacco all’élite e dell’altro come nemico – spiega Roberta Bracciale – da cui abbiamo modulato una scala crescente di per definire il posizionamento dei vari leader politici”.
“In generale al di là dei singoli e specifici posizionamenti – conclude Bracciale - quello che è emerso è che la comunicazione su Facebook di Berlusconi e Renzi rientra nel populismo che abbiamo definito moderato, quella di Meloni e Di Maio è invece caratterizzata da un livello di populismo più soft, mentre la retorica di Salvini è un ottimo esempio di populismo ‘completo’, ovvero utilizza più degli altri tutte le argomentazioni populiste riconducibili ai tre indicatori che abbiamo individuato”.
On line il più grande archivio digitale di testi della Grande Guerra
E’ la parola pace piuttosto che vittoria a ricorrere di più nei diari e nelle lettere dei militari della Grande Guerra. E gli aggettivi che ricorrono maggiormente per descrivere i soldati sono povero, buono o stanco, mentre solo in secondo piano compaiono attributi come valoroso o prode. E’ dunque una retorica antieroica quella che si ritrova nelle parole dei soldati, tant’è che come grande assente c’è il verbo uccidere: i soldati muoiono, ma non uccidono.
Sono queste alcune delle considerazioni che emergono a conclusione di “Voci della Grande Guerra”, un progetto finanziato dalla Presidenza Consiglio dei Ministri nell’ambito delle celebrazioni centenario del primo conflitto mondiale e realizzato dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Istituto di Linguistica Computazionale CNR, l’Università di Siena e l’Accademia della Crusca.
Il lavoro congiunto di storici e linguisti computazionali ha portato alla creazione di un archivio digitale consultabile on line (www.vocidellagrandeguerra.it), il più grande mai realizzato, che costituisce una base unica per capire come gli italiani hanno sentito e raccontato la guerra e comprendere altresì come il conflitto abbia mutato profondamente la lingua italiana.
Le world cloud di aggettivi e verbi riferiti a soldati
“Grazie all’uso di tecniche avanzate di linguistica computazionale, web semantico e visualizzazione dell’informazione è possibile interrogare l’archivio digitale in modo semplice ed efficace in modo da far conoscere e apprezzare la polifonia delle voci dell’Italia in guerra - ha spiegato Alessandro Lenci del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa – la voce ufficiale della propaganda, ma anche quella dei soldati e degli ufficiali, degli intellettuali e del popolo, del consenso del dissenso, degli uomini e delle donne”.
L’intero corpus va dal 1914 al 1918 e comprende diari, lettere e testi provenienti dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, dal Museo storico italiano della guerra di Rovereto e dal Museo storico di Trento, Atti parlamentari pubblici e sedute dei Comitati segreti della Camera, articoli di giornalisti come Luigi Barzini, orazioni interventiste di Gabriele D’Annunzio e lettere di soldati di varie provenienze geografiche ed estrazioni sociali.
“Per la prima volta sono dunque riunite e consultabili insieme in un ambiente digitale fonti documentali molto diverse – conclude Lenci - Si tratta di un patrimonio a disposizione dei ricercatori e di una risorsa per i cittadini e gli studenti per conservare la memoria storica della Grande Guerra e di chi da diverse prospettive l’ha vissuta”.
I testi del corpus sono stati infatti usati come fonte per la sceneggiatura della pièce teatrale “Il Cannone non fa Bum. Voci della Grande Guerra” per la regia di Franco Farina, con la partecipazione di Alice Bachi, Giorgio Vierda e la compagnia teatrale studentesca di Pisa Nosòdi. Lo spettacolo è stato presentato presso l’Accademia della Crusca il 5 novembre e verrà successivamente replicato nelle scuole nell’ambito di iniziative per la diffusione della memoria storica della Grande Guerra.