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Giovedì, 21 Luglio 2022 08:50

L’Università di Pisa nel Centro Nazionale di Supercalcolo

Nasce al Tecnopolo di Bologna il Centro Nazionale di Supercalcolo, il più grande sistema italiano dedicato al calcolo ad alte prestazioni, alla gestione dei big data e al calcolo quantistico che svolgerà attività di ricerca e sviluppo a livello nazionale e internazionale a favore dell'innovazione nel campo delle simulazioni, del calcolo e dell'analisi dei dati ad alte prestazioni. Il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (questo il nome completo) è uno dei cinque Centri Nazionali previsti dal PNRR e sarà gestito dalla Fondazione ICSC, tra i cui membri fondatori – provenienti dai settori pubblico e privato, dal mondo della ricerca scientifica e dell’industria, distribuiti su tutto il territorio nazionale – c’è anche l’Università di Pisa.

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Le attività del Centro partiranno il primo settembre e l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta nell’attività scientifica di quattro linee di ricerca: Future HPC & Big Data, coordinato dal professor Marco Danelutto: Multiscale Modelling & Engineering Applications, in cui l’Ateneo pisano è co-leader nazionale, coordinato dal professor Sergio Saponara; Materials & Molecular Sciences, coordinato dalla professoressa Benedetta Mennucci; Quantum Computing, coordinato dal professor Massimo D’Elia. Inoltre, il nostro Ateneo siederà tra i membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

"Essere tra le quattro università che contribuiranno a guidare la Fondazione ICSC nella gestione del  neonato Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, oltre a far parte del board per il coordinamento scientifico delle sue attività di ricerca e sviluppo, è un fatto importantissimo per l'Ateneo pisano - ha commentato il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - È il riconoscimento della centralità del nostro Ateneo in campi oggi fondamentali per lo sviluppo scientifico, tecnologico, sociale ed economico del nostro Paese. Infatti, l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta in ben quattro dei dieci ambiti di attività del Centro. Ci occuperemo di sistemi di calcolo ad alte prestazioni (HPC) e Big Data; di modellazione computazionale multiscala e loro applicazioni ingegneristiche; di scienza molecolare e dei materiali e, infine, di quantum computing. Si tratta di ambiti che rappresentano altrettante eccellenze del nostro Ateneo e attraverso le quali porteremo un contributo sostanziale al futuro dell’Italia e delle nuove generazioni".

Per portare a compimento la sua missione, il Centro conterà su un finanziamento, su fondi Next Generation EU nell’ambito della Missione Istruzione e Ricerca del PNRR coordinata dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca, pari a circa 320 milioni di euro, di cui il 41% sarà investito al Sud. In particolare, del finanziamento complessivo, oltre 100 milioni di euro saranno dedicati al personale, un investimento che viene considerato prioritario, con una partecipazione femminile di almeno il 40%, e con quasi 16 milioni di euro riservati a borse di dottorato e quindi all’alta formazione di giovani ricercatori. Il budget finanziato all’Università di Pisa è di circa 4 milioni di euro.

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Mercoledì, 20 Luglio 2022 11:23

Sulle Ande peruviane per studiare l’evoluzione dei ghiacciai

È arrivato da pochi giorni nella regione Arequipa in Perù il professor Adriano Ribolini, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che nelle prossime settimane effettuerà una serie di indagini su due ghiacciai tropicali delle Ande centrali (Nevado Coropuna e Quelccaya Icefield) lavorando in un team internazionale di ricercatori. L’attività fa parte del progetto Motice (Modelling and monitoring tropical ice in South Peru: glaciers, rock glaciers and permafrost), guidato dalla spagnola National Distance University e finanziato del Ministero della Scienze e dell’Innovazione del governo spagnolo, e ha lo scopo di ricostruire l’evoluzione di questi ghiacciai a partire dagli anni ’60 e sviluppare modelli predittivi proiettati fino al 2100 secondo diversi scenari climatici.

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I ricercatori al lavoro per il rilevamento del Permafrost tramite Ground-Penetrating Radar.

“Questi ghiacciai sono scientificamente strategici perché si trovano ai tropici e quindi hanno una sensibilità particolare all’attuale riscaldamento planetario – spiega il professor Ribolini – ma soprattutto rappresentano dei chiari esempi di risorsa d’acqua che alimenta numerosi insediamenti anche di dimensione rilevante posti in regioni aride della terra. L'attività progettuale è variegata, il mio compito sarà quello di effettuare misure di spessore del ghiacciaio Nevado Coropuna con una strumentazione Ground-Penetrating Radar, fornendo dati cruciali per il successivo modelling. L’ambiente di lavoro sarà sicuramente affascinante, ma anche impegnativo, perché prevede di fare attività di rilevamento e misure strumentali a quote tra 4500 e 5500 metri”.

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Il Coropuna.

L’attività progettuale è costituita da misure di carattere glaciologico (topografico e nivologico), remote sensing dei ghiacciai (analisi di immagini aeree e satellitari riprese a partire dal secolo scorso), geomorfologiche (studio dei depositi abbandonanti dai ghiacciai nel processo di ritiro, e della presenza di orizzonti sotto-superficiali permanentemente congelati-Permafrost). In particolare, l’attività dei ricercatori si prefigge di descrivere le modalità e le velocità del ritiro di questi ghiacciai tropicali (situati a circa 15° di latitudine sud) a partire dagli anni ’60, osservando anche le conseguenti trasformazioni del paesaggio e iniziando un programma di monitoraggio del bilancio di massa dei ghiacciai. Tra gli obiettivi del progetto c’è anche creare un modello che possa riprodurre il pattern di ritiro dei ghiacciai esaminati nell’intervallo di tempo 1960-2020 e utilizzare il modello per predire l’evoluzione dei ghiacciai esaminati dal 2025 al 2100 secondo diversi scenari climatici, valutando la perdita di risorsa d’acqua.

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Distretto di Pampacolca con il Coropuna sullo sfondo.

Il progetto va dunque ad analizzare una situazione ambientale critica nelle regioni aride andine, me che potrebbe essere una possibile prospettiva anche per le nostre regioni alpine nei prossimi decenni: “Oltre all'importanza scientifica dei risultati ottenibili, che si collocano nel solco dello studio del climate change, la ricaduta della ricerca per la società civile è collegata al tema della risorsa d’acqua, minacciata dai cambiamenti climatici globali anche alle nostre latitudini, come evidente dalla cronaca nazionale – conclude Ribolini – Il progetto ha anche connessioni con altre iniziative nella regione andina che stanno sensibilizzando le comunità sulle strategie di adattamento ai cambiamenti in atto nella disponibilità delle risorse d'acqua”.

Oltre all’Università di Pisa, partecipano al progetto ricercatori delle università Complutense di Madrid, Santiago de Compostela, Extremadura, Bologna, University of Sheffield (UK), dell'Università Nazionale a Distanza (Spain), National Institute for Glaciers and High Mountain Research (INAIGEM, Perù), Peruvian Space Agency (CONIDA). Partecipano anche tecnici dell'Autoridad Nacional dell'Agua (Perù).

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