Elenco scorciatoie

Curiosità

Una riflessione di Brillat–Savarin
Il gusto non è tanto riccamente dotato quanto l’udito: quest’ultimo può sentire e paragonare più suoni ad un tempo; il gusto invece agisce in modo semplice, ossia non può essere impressionato nello stesso tempo da due sapori. Ma può essere doppio e anche multiplo per successione: vale a dire, che nello stesso atto di assaporamento si possono trovare una seconda e anche una terza sensazione che vanno via via indebolendosi e che si designano con le parole sapore, profumo, fragranza; allo stesso modo che quando un suono principale è emesso, un orecchio esercitato vi distingue una o più serie di consonanze, il numero delle quali non è ancora conosciuto del tutto. Coloro che mangiano in fretta e senza attenzione non discernono le sensazioni di secondo grado: esse sono dote di una minoranza di eletti; e solo con l’aiuto di esse si possono classificare, in ordine di eccellenza, le diverse sostanze sottoposte al loro esame. Queste fuggevoli sfumature vibrano ancora a lungo nell’organo del gusto: gl’illustri buongustai, senz’accorgersene, prendono un atteggiamento appropriato ed emettono le loro sentenze sempre col collo teso e il naso all’aria.

(Brillat–Savarin, La fisiologia del gusto, Rizzoli, Milano, 1985)

Un pensiero di Rossini
Dopo il non far nulla io non conosco occupazione per me più deliziosa del mangiare, mangiare come si deve, intendiamoci. L’appetito è per lo stomaco ciò che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il maestro di cappella che governa e aziona la grande orchestra delle passioni. Lo stomaco vuoto rappresenta il fagotto o il piccolo flauto in cui brontola il malcontento o guaisce l’invidia; al contrario lo stomaco pieno è il triangolo del piacere oppure i cembali della gioia. Quanto all’amore, lo considero la prima donna per eccellenza, la diva che canta nel cervello cavatine di cui l’orecchio s’inebria e il cuore ne viene rapito. Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama la vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo.

Rapporti terminologici fra musica e cucina
Il pasticcio è sì una succulenta vivanda (pensiamo ad uno splendido pasticcio di maccheroni!); ma è anche una forma teatrale settecentesca scritta da più compositori insieme o da un unico autore che adatta a pagine già note un testo nuovo. Tutti conoscono e apprezzano l’insalata, nelle sue infinite possibilità quando compare a tavola. In Spagna c’è anche l’ensalada musicale, un “minestrone” di melodie popolari note, eseguite insieme.

Il flûte, tipico bicchiere a calice allungato (la forma si dice favorisca la formazione della spuma e lo sviluppo delle bollicine zampillanti dal fondo) trae il suo nome dal flauto.

Nella tipologia delle arie esisteva la cosiddetta “aria del sorbetto”: si trattava di un brano affidato in genere ad un personaggio di secondo piano, durante la cui esecuzione il pubblico, evidentemente non interessato ad ascoltare, approfittava per dissetarsi, gustando, magari, un sorbetto. La funzione di questa tipologia di arie, del resto, era simile a quella del sorbetto in un pranzo. In entrambi i casi si trattava di un “elemento” di sospensione, nell’opera fra due momenti di particolare rilevanza drammaturgica, nel pranzo fra due piatti dal sapore contrastante (carne e pesce, ad esempio).

Boito su Verdi
Ama i pranzi prolissi e le opere concise. Cucina poderosa dei vecchi tempi. Gli piace anche la moderna ma quando è all’hotel ed è finissimo assaporitore. Ma a casa sua vuole le grandi fette di bue condite colla mostarda di Cremona, i funghi in aceto, la salsa verde. Quasi tutta la sua vita mangia a desinare un mezzo uovo sodo dopo l’arrosto. Il suo desinare in casa è composto di antipasti, d’una minestra per solito sostanziosa (ricotto, pasta asciutta, ravioli in brodo), d’un piatto di carne lessa, d’uno di frittura abbondante, d’un arrosto, d’un dolce, formaggio, desserts varii. Un’ora dopo il desinar, fabbrica lui stesso il caffè.