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Un orto in ogni scuola

Quale idea abbiamo di sostenibilità ambientale e quale idea di equità sociale? Esiste un gesto che più di altri sa esprimere la nostra consapevolezza su due idee così importanti per il futuro del nostro pianeta: è il gesto dell’alimentarsi. Per millenni la maggior parte dell’umanità ha focalizzato il proprio agire quotidiano sulla ricerca del cibo. La sua qualità era probabilmente fattore secondario rispetto la sua quantità e soprattutto rispetto la sua disponibilità distribuita nel tempo. L’uomo ha, poi, cominciato a vivere in aggregati urbani pur in stretta relazione, sia territoriale che ambientale, con un tessuto agricolo che ne costituiva la ricchezza e la principale fonte di sostentamento.

L’incapacità di conservare la maggior parte degli alimenti così come la difficoltà a trasportarli da un luogo all’altro ha portato alla definizione di molte culture e tradizioni culinarie basate sulla semplicità e soprattutto sull’utilizzo di materia prima locale che la sapiente dedizione di generazioni di agricoltori ha saputo selezionare in base al clima, al tipo di terreno, all’esposizione, all’aggressività. Gli scambi tra popoli hanno saputo rendere ancor più ricca e variegata l’offerta di alimenti e le conseguenti tradizioni e culture gastronomiche. Ma ciò che per tutta la storia dell’uomo, fatta eccezione per gli ultimi 50 anni, ha caratterizzato il rapporto con il cibo è stato un profondo rispetto. Rispetto per sé stessi e rispetto per l’alimento. Da questo profondo rispetto per il cibo, solo apparentemente legato alla sua carenza, sono nate specialità contadine, spesso povere, ma che oggi fanno parte delle riscoperte culinarie e di una cultura consolidata che con difficoltà uomini e donne appassionate cercano di conservare e tramandare.

La barbarie di valori che ha colpito il mondo occidentale negli ultimi 50 anni, ha portato in breve tempo a disperdere questo patrimonio di saperi e di sapori. La perdita costante di agrobiodiversità, l’omologazione nella proposta dei semi e nel consumo dei cibi, l’incapacità di percepire i reali sapori e profumi degli alimenti, la disponibilità di grandi quantità di cibo senza alcun legame con un preciso stile di vita, lo spreco continuo ed indiscriminato di cui più o meno consapevolmente siamo protagonisti: tutti elementi che caratterizzano il nostro vivere quotidiano e che testimoniano un rapido dissolversi di un patrimonio immenso che, principalmente attraverso la cultura agricola e contadina, ha saputo assicurare a lungo il necessario sostentamento.

Tutto questo ha forti ripercussioni sulla sostenibilità ambientale e soprattutto su un modello di equità sociale a livello planetario. La nostra incapacità di comprendere le differenze tra i cibi, di approfondirne le provenienze e la qualità, di pretenderne un consumo limitato nello spazio e nel tempo rendono sempre più radicato un modello di offerta che tende ad annullare le specificità locali ed un patrimonio autoctono che fa parte della ricchezza dei popoli e che, venendo meno, riduce ogni giorno di più la loro possibilità di sopravvivenza.

La nostra indolenza nel voler apprendere ed insegnare ai nostri figli la stagionalità del cibo, un rapporto corretto con gli alimenti e con la loro qualità e provenienza, il rispetto per il lavoro e per l’attesa rappresenta la nostra colpa certa e ci carica di responsabilità individuali e collettive che solo un immaturo senso del progresso riesce a farci ignorare. Per questo il progetto “Un orto in ogni scuola”. Perché il contatto di ciascun bambino con la terra può far germogliare una consapevolezza che nessuna riforma scolastica è capace di fornire. Perché il sudore di ciascun bambino insieme al sudore del compagno di banco farà nascere un prodotto edibile che forse vorrà condividere con tutti. Perché in un mondo in cui tutto è troppo veloce, imparare ad attendere il frutto del proprio lavoro consente di fermarsi, riflettere e ricordare. Perché il “prendersi cura” deve fare parte della sensibilità di ognuno. Perché il rispetto del lavoro, anche quello altrui, è presupposto fondamentale per vedere il frutto del proprio. Nel corso del convegno “Mai fragole a Dicembre”, organizzato dal Comune di Pisa nell’ambito di “Cibo e Conflitti”, anche Carlo Petrini, presidente di Slow food International, ha voluto sottolineare con la sua presenza e con le sue parole l’importanza di questo progetto e delle sue dimensioni. Pisa, infatti, rappresenta un esempio unico, non solo in Italia, per la capillarità con cui gli orti sono stati distribuiti nelle scuole del territorio urbano e da quest’anno farà parte della rete Orti in Condotta costruita da Slow Food.

Il progetto di quest’anno consentirà di gemellare gli orti delle nostre scuole con un orto similare realizzato nel Mato Grosso del sud al confine con la Bolivia all’interno della Missione salesiana di Corumbà con cui nel 2005 il Comune di Pisa ha sottoscritto un Patto di amicizia e solidarietà ufficiale sostenendo istruzione e sanità per oltre 2000 bambini che frequentano la scuola all’interno della missione. Esperti pisani replicheranno a Corumbà il percorso di formazione degli insegnanti e di coinvolgimento dei bambini allestendo nel giardino della missione un orto didattico. I bambini delle scuole pisane, disegnando e vendendo on line delle cartoline di auguri appositamente create per il progetto, finanzieranno l’acquisto delle attrezzature e semi necessari ai loro amici brasiliani per coltivare l’orto. Il confronto tra i diversi semi utilizzati a Pisa e a Corumbà, l’approfondimento delle specificità locali dei due paesi, il contatto diretto tra i bambini di Pisa e quelli brasiliani, costituirà un valore aggiunto al progetto per una visione globale del problema alimentare a livello planetario. Questo ulteriore passo in avanti della proposta progettuale vuole attirare l’attenzione dei bambini anche sul problema dello spreco alimentare che caratterizza le comunità del mondo ricco. È utile cominciare a trasferire ai nostri ragazzi concetti educativi volti verso la conoscenza del sapore e verso l’apprezzamento della qualità piuttosto che della quantità. In un mondo in cui si produce cibo per il doppio dei suoi abitanti ma più della metà di essi è sottoalimentato, è utile, se non indispensabile, che i bambini sappiano ritrovare il rispetto verso l’alimento e verso il suo possibile riutilizzo. L’uso di prodotti che non viaggino per l’intero pianeta per essere conservati all’infinito e poi gettati tra i rifiuti accrescendo il PIL. L’uso di prodotti di cui conoscano il ciclo di vita, la stagione di consumo, il tempo e le modalità di conservazione, l’abbinamento con altri sapori e colori che possano rendere l’alimentarsi una pratica non solo edonistica ma anche etica. Il progetto “Un orto in ogni scuola” è una piccola cosa. Già, una piccola cosa.

Paolo Ghezzi
vicesindaco di Pisa
p.ghezzi@comune.pisa.it