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PietriniPerdonare comporta stati emotivi positivi e mette in moto un complesso network cerebrale, che include la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia del cingolo, il precuneo e la corteccia parietale inferiore. La ricerca, condotta da un team di ricercatori dell'Università di Pisa guidato dal Professor Pietro Pietrini, è stata pubblicata dalla rivista scientifica "Frontiers in Human Neuroscience".

Emiliano Ricciardi e i suoi colleghi hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per misurare l'attività delle diverse regioni cerebrali in un gruppo di soggetti che dovevano immaginare scenari di eventi sociali dolorosi (quali essere traditi dal proprio partner) e rispondere perdonando l'aggressore oppure provando risentimento e/o immaginando di mettere in atto una vendetta. Alla fine di ciascun scenario i partecipanti davano un punteggio alle proprie capacità immaginative e al livello di sollievo esperito in seguito all'atto del perdonare.

La corteccia prefrontale dorsolaterale è coinvolta nella modulazione dei vissuti emotivi mediante processi di ristrutturazione cognitiva. Come percepiamo un evento e le sue conseguenze influenza il nostro vissuto emotivo. Un licenziamento, ad esempio, può essere vissuto come un fallimento, come un atto di ingiustizia o come un'opportunità di cambiamento. L'attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale suggerisce che la rivisitazione in termini positivi delle conseguenze associate a un evento negativo sia uno dei processi cruciali che vengono messi in atto nel perdonare un aggressore.

Le attivazioni della corteccia parietale inferiore, una regione associata all'empatia e del precuneo, un'area che viene reclutata per 'mettersi nei panni dell'altro', suggeriscono che un passo importante per perdonare sia comprendere che chi ci ha offesi è un altro essere umano, simile a noi, e che ciascuno, se posto nelle stesse circostanze, potrebbe arrivare a comportarsi in modo simile.

"Nel corso della storia il perdono è stato invocato dalla religione e da leader politici come la risposta moralmente corretta nei confronti di un'offesa. Il nostro studio ora indica che il perdono affonda le proprie radici nel cervello e che si configura come un processo cognitivo articolato che può consentire all'individuo di superare stati emotivi negativi tramite la rivalutazione in termini positivi di un evento negativo" – commenta il professor Pietro Pietrini, autore dello studio e direttore della Psicologia Clinica a Pisa.

La ricerca è stata finanziata da un Grant della Campaign for Forgiveness Research - John Templeton Foundation (USA).

(Ufficio Stampa AOUP)

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