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L'elezione del Presidente della Repubblica

A Montecitorio la presentazione del volume di Elettra Stradella edito dalla Pisa University Press

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stradella_homeGiovedì 15 maggio, alla Camera dei Deputati, sarà presentato il volume di Elettra Stradella su L'elezione del Presidente della Repubblica: spunti dall'Europa, prospettive per l'Italia, edito dalla Pisa University Press. A discutere con l'autrice - che è ricercatore di Diritto pubblico comparato all'Università di Pisa e affiliate researcher della Scuola Superiore Sant'Anna - ci saranno il ministro per le Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, e i professori Paolo Carrozza, della Scuola Sant'Anna, Andrea Giorgis, della Commissione Affari Costituzionali, e Niccolò Zanon, membro del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il volume si propone di riflettere sul rapporto tra modalità di elezione del Presidente della Repubblica e funzioni presidenziali. Osservando in chiave comparativa le diverse esperienze repubblicane europee, l'autrice individua alcuni possibili schemi interpretativi delle relazioni tra elezione e poteri presidenziali. Il libro ripercorre quindi la questione dell'elezione del Presidente della Repubblica in Italia, analizzandola sulla base dei quattro indicatori delle candidature, del procedimento, dell'insediamento e del mandato. L'obiettivo finale è quello di comprendere la ratio dei vari interventi riformatori, delineando così le possibili prospettive evolutive del sistema italiano. Di seguito proponiamo un brano tratto dall'Introduzione sciritta da Elettra Stradella.

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Elettra StradellaAccostarsi in questi mesi allo studio dell'istituzione presidenziale, possibilmente con l'obiettivo di provare a fornire qualche (ulteriore) risposta sulle possibili connessioni tra scelte relative alla forma di governo e dinamiche di stabilizzazione e consolidamento del sistema politico-istituzionale, pare un'impresa per lo meno ardita, se non temeraria.

Richiede, innanzitutto, di confrontarsi con una produzione dottrinale incessante, che giorno dopo giorno aggiunge tasselli al composito mosaico raffigurante la natura e il ruolo dell'istituzione presidenziale all'interno del nostro ordinamento.

Richiede poi di muoversi a cavallo tra piani diversi, ma spesso tangenti, quando non intersecati, e variamente presi in considerazione dalla suddetta dottrina, veri e propri approcci metodologici, talvolta, opzioni deontologiche in altri casi: essere e dover essere; regole costituzionali e regolarità; norme scritte e consuetudini o convenzioni; ordinarietà e straordinarietà; deduzione e induzione; dimensione diacronica e sincronica.

Tutto questo a partire da un interrogativo la cui risposta sembra intuitivamente scontata, ma che richiede a mio avviso un surplus di indagine, aperta come si dirà all'individuazione di possibili riferimenti negli ordinamenti giuridici di altri Paesi europei: quali sono le possibili motivazioni che stanno alla base della scelta di un'elezione diretta (o indiretta) del Capo dello Stato (in regimi, si intende, in cui comunque questi gode di una legittimazione democratica, pur con le diverse sfumature e derivazioni ipotizzabili)? Conseguentemente: esiste un nesso (univoco) tra (modalità di) elezione e poteri presidenziali?

È evidente, e pressoché tutti concordano su questo punto, che tale nesso (univoco) non sussiste, e plurime sono le motivazioni che fondano l'opzione costituzionale in favore di un'elezione diretta del Capo dello Stato: dall'obiettivo di riallineamento tra poteri assegnati ed effettivamente esercitati da un lato e modus operandi della legittimazione democratica dall'altro (è il caso della V Repubblica francese dopo la riforma del 1962), fino a necessità procedurali di semplificazione e garanzia di "migliori prestazioni" dei meccanismi preposti all'elezione stessa, difficilmente realizzabile all'interno del contesto parlamentare (è il caso della Slovacchia e della Repubblica ceca).

Proprio la pluralità delle possibili intersezioni tra elezione e poteri, tra effetti del procedimento elettorale prescelto e ruolo assegnato al Capo dello Stato all'interno dell'ordinamento, rende l'analisi particolarmente significativa nell'ambito del dibattito sulle riforme costituzionali della forma di governo in Italia, e impone, al contempo, l'utilizzo della comparazione quale strumento di verifica degli effetti delle molteplici soluzioni esistenti all'interno dei diversi tessuti politici e istituzionali coesistenti in Europa.

La riflessione non intende assumere la forma o ispirarsi al modello dell'ingegneria costituzionale intesa come pretesa meccanicistica di far derivare risultati univoci da scelte di organizzazione e funzionamento istituzionale dimostratesi efficaci in alcuni ordinamenti. L'ingegneria costituzionale, infatti, rischia sovente di dimenticare il noto insegnamento di Leopoldo Elia, che non mi pare messo in discussione dalle più recenti acquisizioni dottrinali: l'incidenza del sistema elettorale, politico e dei partiti sulla forma di governo fa di questa nozione per sua natura mutevole e poliedrica, tanto quanto la varietà delle combinazioni che possono realizzarsi tra l'affermazione formale di poteri e funzioni all'interno del sistema costituzionale di riferimento, e il materiale evolversi delle relazioni (quantitative e qualitative) tra gli attori politici.

A questo proposito, una critica alle scelte operate nel presente lavoro potrebbe certamente venire riguardo alle modalità con le quali la comparazione è realizzata, che potrebbero apparire proprie più di una rassegna di esperienze di diritto straniero che non di un vero e proprio sforzo di ricostruzione comparatistica. Alla luce delle connessioni sopra ricordate tra forma di governo e tessuto socio-politico di riferimento, infatti, accostare ordinamenti profondamente diversi tra loro, tanto da essere addirittura appartenuti a differenti famiglie giuridiche, potrebbe sembrare scientificamente poco rigoroso, o per lo meno inutile.

In verità, fermo restando che nella trattazione dei diversi ordinamenti saranno via via precisate (pur sommariamente) le condizioni di partenza e le radici storiche a partire dalle quali le relative forme di governo si sono sviluppate ed evolute, la scelta deriva dall'obiettivo generale consistente nell'individuazione delle connessioni esistenti tra metodi di elezione del Capo dello Stato (comunque sorretto da legittimazione democratica, rinviando per ora a riflessioni successive la questione della legittimazione in quanto tale), attribuzione costituzionale di poteri e loro concreta esplicitazione. Tale individuazione permetterà la definizione di alcune tipologie di rapporti che, se da un lato sembrano consentire di rispondere negativamente all'interrogativo circa l'esistenza del rapporto biunivoco menzionato nel titolo dell'Introduzione, dall'altro configurano delle regolarità classificabili e utilizzabili anche nell'attuale riflessione sulle riforme costituzionali in Italia...

Elettra Stradella
Ricercatore di Diritto pubblico comparato

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  • 13 maggio 2014

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