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Comunicati stampa

Aprile

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Martedì, 29 Aprile 2025 09:47

Dottoranda in Fisica dell’Università di Pisa vince concorso nazionale di narrativa Sulle vie della parità

 

Il suo racconto si intitola “Penelope dei quanti”

Vittoria Stanzione, dottoranda in Fisica dell’Università di Pisa e allieva della professoressa Marilù Chiofalo, è risultata vincitrice ex aequo della Sezione C – Narrazioni del XII CONCORSO NAZIONALE Sulle vie della parità, promosso da Toponomastica Femminile in collaborazione con il Premio Italo Calvino.

Il suo racconto breve, intitolato Penelope dei quanti, pubblicato sulla rivista “Vitamine Vaganti”, rilegge il mito classico di Penelope attraverso una lente scientifica e simbolica, fondendo mito greco e fisica quantistica in una narrazione fantastica e allegorica.

"In una originalissima versione del mito – recita la motivazione della giuria - la protagonista si trova, in quanto donna, nella condizione di 'un elettrone sospeso in uno stato indefinito, in attesa che una misura la definisse', temendo che 'il mondo attorno a lei l'avrebbe costretta, comunque, su di un'unica traiettoria'. È la sua arte, il suo arazzo a salvarla svelandone le infinite possibilità. Molto apprezzati sia l'idea inedita di fondo sia lo stile del racconto".

“Penelope dei quanti” dà voce a una protagonista che non si limita ad attendere, ma si moltiplica in infinite versioni di sé: artista, guaritrice, ostetrica, navigatrice, insegnante, pensatrice. Ogni filo della sua tela rappresenta le potenzialità umane, ogni gesto un atto creativo e liberatorio. L’arazzo diventa una metafora della realtà quantistica e della libertà femminile.

Il concorso Sulle vie della parità, giunto alla XII edizione, promuove la parità di genere attraverso progetti educativi, artistici e culturali. La Sezione C, rivolta a studenti universitari, dottorandi e borsisti, valorizza la scrittura creativa come strumento di riflessione e cambiamento. Per questa edizione il tema era “Le donne e le arti” a partire da un incipit letterario che nel caso di Stanzione è la “La tela” di Simona Baldelli.

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Martedì, 29 Aprile 2025 08:42

Pubblicate indicazioni a livello europeo per rafforzare la vaccinazione in carcere: ampliamento dell’offerta e delle coperture vaccinali, equità e continuità assistenziale tra i principali benefici attesi

 

Sono il risultato del progetto RISE-Vac coordinato dall’Università di Pisa

Pubblicate le prime indicazioni a livello europeo per potenziare i servizi vaccinali negli istituti penitenziari. Il documento, intitolato “Strengthening vaccination services in prison settings: Public health guidance” è il risultato del progetto europeo RISE-Vac (Reaching the hard-to-reach: increasing access and vaccine uptake among prison populations in Europe), finanziato dal 3° Programma Salute dell’Unione Europea e coordinato dall’Università di Pisa. A guidare l’iniziativa, Lara Tavoschi, professoressa di igiene e medicina preventiva, affiancata da Erica De Vita, ricercatrice e da un gruppo di assegniste e specializzande tutte del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Il progetto ha coinvolto nove istituzioni partner in sei paesi europei (Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Cipro e Moldova).

L’annuncio arriva in occasione European Immunization Week (EIW), promossa annualmente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che per l’edizione 2025 pone proprio l’accento sull’urgenza di garantire una copertura vaccinale elevata ed equa in tutte le comunità, senza lasciare indietro nessuno.

“Queste indicazioni – spiega Tavoschi - sono un passo avanti fondamentale per la promozione della salute pubblica in contesti caratterizzati da elevata vulnerabilità. I principali benefici attesi dalla loro adozione sono l’aumento della copertura vaccinale tra le persone detenute, il miglioramento dell’equità e dell’accesso alle cure, il rafforzamento della continuità assistenziale post-detenzione, nonché un coinvolgimento attivo di personale e detenuti tramite strumenti educativi mirati”.

Le raccomandazioni sono già state presentate alle istituzioni sanitarie e penitenziarie dei paesi coinvolti, dove sono in corso le prime applicazioni pilota. Uno degli elementi distintivi del progetto RISE-Vac è stata infatti lo studio sul campo che ha coinvolto vari istituti penitenziari con un approccio fortemente partecipativo. Detenuti e personale penitenziario, ad esempio, sono stati attivamente coinvolti nella co-creazione di materiali educativi multilingue – tra cui video, opuscoli e percorsi formativi – disponibili gratuitamente sul sito del progetto.

“Con la pubblicazione di queste indicazioni - conclude Tavoschi - l’Università di Pisa consolida il proprio ruolo guida nella ricerca europea per la salute pubblica e contribuisce concretamente alla definizione di strategie vaccinali più inclusive ed efficaci, anche nei contesti più complessi”.

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Martedì, 22 Aprile 2025 09:23

I pesci sbadigliano… e si contagiano a vicenda: una scoperta che riscrive l’evoluzione del comportamento sociale

La ricerca coordinata dall’Università di Pisa pubblicata su Communications Biology

Per la prima volta, un team di ricerca delle Università di Pisa ha dimostrato che anche gli zebrafish – piccoli pesci d’acqua dolce noti per le loro capacità sociali e le somiglianze genetiche con l’uomo – sono in grado di “contagiarsi” a vicenda sbadigliando. Un comportamento che finora era stato documentato solo in mammiferi e uccelli, lasciando credere che fosse esclusivo degli animali a sangue caldo con sistemi sociali evoluti. Lo studio pubblicato su Communications Biology apre così nuovi scenari sull’origine di questa “risonanza motoria” e suggerisce che le radici del contagio dello sbadiglio potrebbero risalire a più di 200 milioni di anni fa.

I ricercatori hanno osservato che, in risposta ai video di altri zebrafish che sbadigliano, i pesci protagonisti dell’esperimento tendevano a fare altrettanto, con una frequenza quasi doppia rispetto ai video di controllo, in cui si mostravano normali comportamenti respiratori. Un effetto del tutto paragonabile a quello osservato nell’essere umano. Non solo: i pesci coinvolti sbadigliavano spesso accompagnando il gesto a una sorta di “stiracchiamento” – la pandiculazione – un comportamento noto in uccelli e mammiferi, utile per ripristinare l’attività neuromuscolare e precedere un cambiamento motorio, come un cambio di direzione nel nuoto.

Ma perché i pesci dovrebbero sbadigliare “in gruppo”? La domanda potrebbe trovare una risposta nella loro natura sociale di questi piccoli pesci. La sincronizzazione tra individui è fondamentale per i banchi di pesci - spiega la professoressa Elisabetta Palagi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa - coordinarsi significa aumentare la vigilanza, migliorare la ricerca del cibo e difendersi meglio dai predatori. In quest’ottica, il contagio dello sbadiglio si configura come un raffinato strumento di coesione sociale”.

“L’aspetto forse più sorprendente della scoperta riguarda però l’evoluzione di questo comportamento - aggiunge Massimiliano Andreazzoli del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano – e in questo caso due sono le ipotesi possibili. Il contagio dello sbadiglio è un tratto ancestrale, emeros nei primi vertebrati sociali e mantenuto da alcune linee evolutive fino a oggi. L’altra possibile interpretazione è che si tratti di un meccanismo emerso in modo indipendente in diverse specie, a testimonianza del ruolo cruciale che la coordinazione sociale ha avuto – e ha tuttora – nella sopravvivenza”.

Insieme ad Elisabetta Palagi e Massimiliano Andreazzoli ha lavorato un team di giovani ricercatori e studenti, come Alice Galotti e Matteo Digregorio, dottorandi in Biologia, e Sara Ambrosini, studentessa magistrale. La parte legata all’IA è stata invece sviluppata dal professore Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e Gianluca Manduca, dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Grazie a un sofisticato modello di deep learning da loro sviluppato all’Istituto di BioRobotica è stato possibile distinguere con precisione i veri sbadigli dai semplici atti respiratori, rendendo oggettiva l’osservazione e replicabili i risultati.

 

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Mercoledì, 16 Aprile 2025 08:52

Due docenti del Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa vincono il 2025 Frontiers of Science Award


La cerimonia di premiazione si svolgerà a luglio a Pechino

Chiara Boccato e Mario Salvetti, docenti del Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa, hanno vinto il 2025 Frontiers of Science Award. Il riconoscimento è conferito ogni anno a un numero selezionato di articoli scientifici che abbiano contribuito in modo significativo all’avanzamento della ricerca di base nei settori della Matematica, della Fisica teorica, dell’Informatica e della Statistica. La cerimonia di premiazione si svolgerà nel mese di luglio a Pechino.

Il professor Mario Salvetti è stato premiato per il lavoro “Proof of the K(π,1)-conjecture for affine Artin groups”, pubblicato sulla rivista Inventiones Mathematicae, realizzato in collaborazione con Giovanni Paolini, suo ex studente, laureato in Matematica all’Università di Pisa, allievo anche della Scuola Normale Superiore, e attualmente professore all’Università di Bologna. Il lavoro risolve una congettura formulata alla fine degli anni Sessanta nell’ambito della teoria dei gruppi di Artin, che si colloca all’intersezione tra teoria delle singolarità, teoria delle rappresentazioni e fisica matematica. La dimostrazione, tecnicamente molto elaborata, si distingue per l’originalità dell’approccio, che si avvale anche di strumenti matematici ancora poco diffusi in Italia.

La dottoressa Chiara Boccato è stata invece premiata per l’articolo “Bogoliubov theory in the Gross–Pitaevskii limit”, scritto in collaborazione con Christian Brennecke, Serena Cenatiempo e Benjamin Schlein. Lo studio riguarda la teoria di Bogoliubov, un modello approssimato che descrive il comportamento macroscopico di gas di particelle quantistiche a temperature prossime allo zero assoluto.

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Martedì, 15 Aprile 2025 09:02

Le nuove frontiera del diritto spaziale al centro del progetto EUSPIL dell’Università di Pisa

Sicurezza, sostenibilità, sfruttamento commerciale e ruolo dell’Unione europea i temi in discussione per evitare che lo spazio extra-atmosferico diventi un nuovo far west

Chi è responsabile se c’è una collisione fra satelliti, come si regola lo sfruttamento commerciale dei corpi celesti, per esempio l’estrazione di terre rare e minerali dagli asteroidi o il prelievo di acqua ghiacciata dai poli lunari, e come si può evitare che lo spazio diventi una discarica di detriti o reagire alla militarizzazione dell’orbita terrestre? Questi interrogativi, che rappresentano altrettante nuove frontiere del diritto, sono al centro di EUSPIL (EU Space Policy, International Law and Sustainability), il progetto Jean Monnet sulla politica spaziale dell’Unione Europea di cui è titolare Claudia Cinelli, professoressa di Diritto internazionale del dipartimento di Scienze politiche dall’Università di Pisa.

“Con l’aumento esponenziale di satelliti e missioni spaziali, l’importanza di un solido quadro normativo per le attività oltre l’atmosfera terrestre non è mai stata così centrale – spiega Claudia Cinelli - è necessario evitare che lo spazio diventi un “far west” tecnologico altrimenti rischiamo di compromettere la cooperazione internazionale e la sostenibilità per le generazioni future: in questo scenario, l’Unione europea può giocare un ruolo di guida per garantire standard condivisi e tutelare l’uso pacifico dello spazio.”

Attualmente il diritto dello spazio extra-atmosferico si basa sull’Outer Space Treaty del 1967 arricchito da convenzioni come quella sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali (1972).  Tuttavia, la rapida evoluzione delle tecnologie e l’ingresso massiccio di attori privati, incluse le cosiddette “mega-costellazioni”, stanno sollevano nuovi problemi che gli strumenti normativi vigenti non affrontano in modo dettagliato.

Euspil si propone quindi di esplorare queste zone grigie con un focus sulla prospettiva europea. Gli obiettivi sono di formare una nuova generazione di professionisti specializzati negli affari spaziali, e di consolidare una rete di giuristi, policy-maker, autorità regolatorie e agenzie spaziali, per garantire che l’ultima frontiera rimanga un luogo di cooperazione pacifica, senza trasformarsi in un nuovo terreno di scontro o di sfruttamento indiscriminato.

Grazie a EUSPIL, l’Università di Pisa sarà tra le prime università italiane ad offrire un insegnamento per gli studenti magistrali interamente dedicato al diritto internazionale e dell’Ue in materia di spazio, insieme a un ciclo di seminari aperti anche agli studenti di dottorato. A partite dal prossimo anno accademico 2025-2026, il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo pisano attiverà inoltre l’insegnamento in inglese International Law, Outer Space and European Union. La referente sarà la stessa Claudia Cinelli. Dal 2022 al 2023 la professoressa è stata anche capofila del progetto internazionale "Advancing Responsible State Behavior in Outer Space", finanziato dal Massachusetts Institute of Technology - Italy Università di Pisa Seed Fund. La sua passione per il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico, si riflette inoltre nella monografia “Il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico” del 2020.

Gli altri docenti dell’Università di Pisa impegnati nel progetto sono Giovanni Federico Gronchi del dipartimento di Matematica, Simone Marinai del dipartimento di Giurisprudenza e Simone Paoli e Sara Poli, entrambi del dipartimento di Scienze politiche.

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Lunedì, 14 Aprile 2025 11:29

Banche dei semi: una nuova metodologia indica quali specie conservare per salvare le piante dall’estinzione (e ridurre i costi)

La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista New Phytologist

Circa due specie di piante su cinque nel mondo potrebbero sparire. Per questo motivo, è importante capire quali specie sono più a rischio e trovare i modi efficaci per conservarle.

E’ questa la sfida raccolta da un gruppo di ricercatori coordinato dal professore Angelino Carta del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Il risultato è stata una nuova metodologia basata sulla rilevanza evolutiva delle specie grazie alla quale sarà possibile integrare le collezioni attualmente conservate nelle banche dei semi. Lo studio pubblicato sulla rivista New Phytologist promette inoltre anche dei risparmi in termini economici. Al progetto hanno partecipato ricercatori della Stazione Biologica Doñana (Spagna), degli Orti Botanici di Ginevra (Svizzera), Meise (Belgio) e Kew (Regno Unito).

L’analisi ha riguardato un imponente set di dati provenienti da 109 banche dei semi comprendente oltre 22.000 specie relative a tutta la flora d’Europa. E’ così emerso che le banche custodiscono una ricca varietà di piante, ma ancora non coprono completamente tutta la diversità evolutiva possibile. In pratica, alcuni “rami” dell’albero genealogico delle piante europee non sono rappresentati nelle collezioni. Le specie attualmente non conservate, ma il cui campionamento e stoccaggio in banca sarebbe fondamentale, sono sopratutto quelle che rappresentano un unicum evolutivo perché mostrano delle strategie riproduttive singolari o sono confinate ad aree geografiche limitate.

“Si tratta di un metodo che può essere personalizzato per adattarlo a diversi obiettivi di conservazione, fino all'esaurimento del budget disponibile – sottolinea Carta – La nostra ricerca rappresenta quindi un passo fondamentale per future azioni di conservazione, i risultati possono servire come base di discussione per promuovere nuove politiche, incluso la salvaguardia delle specie in via di estinzione, la resilienza dei sistemi agroalimentari e l’identificazione delle specie più adatte al restauro degli habitat in uno scenario di cambiamenti climatici”.

 

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Venerdì, 11 Aprile 2025 08:55

Un biosensore innovativo per la rilevazione rapida dei virus

Cnr-Nano e Università di Pisa hanno sviluppato un nuovo biosensore in grado di rilevare con precisione la proteina Spike di SARS-CoV-2 nei fluidi biologici, consentendo una rilevazione virale rapida. La ricerca è pubblicata sulla rivista Nanoscale


Un team di ricerca congiunto, coordinato dall'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nano) e dall’Università di Pisa (Dipartimento di Farmacia), in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Scuola Normale Superiore, ha sviluppato un biosensore di nuova generazione in grado di rilevare con precisione le proteine dei virus, tra cui la proteina Spike di SARS-CoV-2 nei fluidi biologici.

Questo risultato, descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Nanoscale, rappresenta un nuovo approccio alla progettazione di biosensori che ricorda il principio dei mattoncini Lego; utilizza una struttura modulare e flessibile, pensata per essere facilmente adattabile a diversi target molecolari.

Il cuore del sensore è una proteina ingegnerizzata che unisce tre funzioni in una sola sequenza. Una parte della proteina rappresenta il bersaglio da riconoscere, ed è stata costruita basandosi su frammenti della proteina Spike; una parte centrale, ispirata al recettore umano ACE2, è progettata per legarsi alla proteina Spike del virus, se presente. La terza parte, contenente la proteina fluorescente verde (GFP), agisce come una "lampadina" e produce un segnale fluorescente quando il virus è presente. Al contatto con la proteina virale, il biosensore emette quindi un segnale fluorescente facilmente rilevabile, consentendo un'identificazione rapida e precisa.

“Il biosensore è stato realizzato applicando sia le metodologie classiche di produzione di proteine ricombinanti, ma anche l’applicazione di tecnologie di nuova concezione, come per esempio la click-chemistry; grazie a queste conoscenze, derivate da ambiti diversi, abbiamo potuto realizzare un biosensore capace di rilevare quantità minime di proteina virale con una sensibilità fino a livelli sub-nanomolari" spiega Eleonora Da Pozzo dell’Università di Pisa.

"Il vero punto di forza di questo prototipo è la modularità", spiega Giorgia Brancolini di Cnr Nano, "grazie all’integrazione tra ricerca sperimentale, modellizzazione molecolare e simulazioni al computer, è stato possibile selezionare con precisione i componenti e progettare un’architettura modulare, flessibile e facilmente adattabile. Cambiando alcune sequenze, lo stesso sensore potrà essere riprogrammato per riconoscere altri virus o molecole di interesse, aprendo la strada a nuovi strumenti diagnostici rapidi, precisi e personalizzabili".

A tutela dell’innovatività e delle potenziali applicazioni di questo strumento, è in corso una Domanda di Brevetto per invenzione industriale Nazionale: Sviluppo di un sensore FRET per la rilevazione del coronavirus (Rif. 102022000025416) Data di presentazione: 13/12/2022

La ricerca è stata finanziata grazie a Spark Global con il progetto Proof-of-Concept SPARK PISA 2020-2022, "Fret sensor for the Assessment of Coronavirus Titre (FACT)" (EDP) e dal progetto PRIN2020 "Early Phase Preclinical Development of PACECOR, a Mutation-Independent Anti-SARS-CoV-2 Therapeutic Strategy" (GB).

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Giovedì, 10 Aprile 2025 07:52

In Sicilia 3700 anni fa, le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia

L’Università di Pisa partner dello studio pubblicato su Quaternary Science Reviews

Le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia da parte dell’uomo provengono dalla Sicilia e risalgono a 3700 anni fa, in piena età del Bronzo. La testimonianza è la più antica di tutto il mediterraneo dopo quella di Malta che risale a 5000 anni fa. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Quaternary Science Reviews e condotto dalle università di Pisa, della Tuscia e Sapienza di Roma.  

Le indagini hanno riguardato in particolare il sito di Pantano Grande, un’area paludosa vicino Messina. I carotaggi eseguiti in questa zona hanno restituito una sequenza continua di sedimenti di circa 3700 anni. L’analisi al microscopio ha rivelato quantità eccezionalmente elevate di polline di olivo già nella Media età del Bronzo, il che suggerisce una massiccia presenza di questi alberi e la loro possibile gestione attiva da parte delle popolazioni. 

Secondo la ricerca, l’olivo selvatico era sfruttato in modo sistematico non solo per la produzione di olio. Il legno era utilizzato come combustibile o materiale da costruzione, e le foglie servivano come foraggio per gli animali. Anche se non si trattava ancora di una vera e propria coltivazione, la sua presenza intensiva nel paesaggio suggerisce un intervento umano consapevole e mirato. 

Dopo l’Età del Bronzo, lo studio identifica altre due fasi di propagazione dell’olivo collegate a momenti chiave della storia culturale e politica della Sicilia. In epoca romana (dal II secolo a.C. al III secolo d.C.) le evidenze archeologiche e paleobotaniche convergono: il polline di olivo è associato a reperti come anfore o presse per l’olio e tutto fa pensare ad una vera e propria coltivazione. In epoca moderna (Regno di Sicilia, XIII–XIX secolo) si assiste a una nuova espansione dell’olivo. Come testimonia la documentazione storica siamo di fronte ad una olivicoltura in senso moderno, non più una gestione del selvatico.

“Il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano ha contribuito al recupero e alla datazione delle carote sedimentarie, alla validazione dei dati geochimici e all’interpretazione dei risultati alla luce dell’analisi paleoambientale e climatica del sito”, racconta la professoressa Monica Bini, coautrice dell’articolo insieme al collega Giovanni Zanchetta.

“Abbiamo adottato un approccio fortemente interdisciplinare per indagare l’evoluzione storica, ecologica e culturale degli olivi in Sicilia orientale – conclude Zanchetta - questa sinergia tra scienze naturali e discipline umanistiche ci ha consentito di ricostruire le dinamiche a lungo termine dell’interazione tra uomo e ambiente, evidenziando come fattori culturali, climatici e commerciali abbiano modellato il paesaggio olivicolo. L’espansione degli olivi non è spiegabile solo con condizioni ambientali favorevoli, ma è piuttosto il risultato di scelte antropiche, pratiche agricole, e reti di scambio che hanno attraversato i millenni”.

Didascalia foto: i carotaggi nella zona Pantano Grande, un’area paludosa vicino Messina.

Link articolo scientifico:

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Mercoledì, 09 Aprile 2025 10:46

Alla riscoperta fico, coltura strategica per aumentare sostenibilità e produttività del bacino Mediterraneo

L’Università di Pisa capofila del progetto europeo AGROFIG con il gruppo di ricerca in genomica vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

E’ una risorsa preziosa per la sua capacità di adattarsi a condizioni difficili, le sue radici vanno in profondità riducendo l’erosione, attira impollinatori e fauna selvatica, contribuendo alla biodiversità, i suoi frutti creano opportunità economiche per i piccoli agricoltori, il suo forte valore culturale è una leva per il turismo rurale. Tutte queste caratteristiche rendono il fico una pianta strategica per il futuro del bacino mediterraneo. Per valorizzarlo al meglio in termini di sostenibilità e produttività è appena partito AGROFIG -Fostering agroforestry benefits through fig tree cultivation in the Mediterranean un nuovo progetto europeo promosso da PRIMA (Partnership for research and innovation in the Mediterranean area) e guidato dall’Università di Pisa con il gruppo di ricerca in genomica vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali in prima fila.

Utilizzare colture arboree resistenti alle condizioni ambientali avverse causate dai cambiamenti climatici è fondamentale – dice il responsabile di AGROFIG, Tommaso Giordani, professore associato di genetica agraria dell’Ateneo pisano - Il fico ha una grande capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, il che rende questa specie estremamente utile nella regione del Mediterraneo”.

“Malgrado la coltura del fico sia antichissima e raccontata anche nella Bibbia e che l’Italia sia stato fino alla fine degli anni '60 il maggior produttore mondiale, negli ultimi decenni la produzione si è ridotta notevolmente – continua Giordani – il nostro obiettivo è di usare tecniche genomiche per caratterizzare e selezionare le varietà migliori e rilanciare questa coltura arborea particolarmente resiliente e ricca dal punto di vista nutrizionale”.

A livello scientifico, il gruppo dell’Ateneo pisano analizzerà la variabilità genetica delle varietà italiane di fico, oltre a valutare l’impatto di questa coltivazione a livello agronomico, economico e di microbiologia del terreno in associazione con altre specie erbacee come leguminose e altre foraggere.

AGROFIG finanziato per tre anni con oltre 850mila euro prosegue il lavoro avviato con FIGGEN, un altro progetto sul fico sempre coordinato da Giordani. Il gruppo di genomica vegetale di cui fa parte in questi anni ha approfondito lo studio di questa specie con varie pubblicazioni scientifiche. L’ultima nel febbraio 2025 sulla rivista The Plant Journal, una delle più prestigiose nel campo della biologia vegetale, ha esteso le conoscenze sul genoma del fico, già affrontata in un precedente lavoro del 2020 sulla stessa rivista.

Sono inoltre coinvolti in AGROFIG anche altri docenti del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: Daniele Antichi della sezione di Agronomia, Monica Agnolucci della sezione di Microbiologia agraria, Gianluca Brunori della sezione di Economia Agraria. Gli altri partner del progetto sono sono il Centro di ricerca scientifica e tecnologica dell'Estremadura (CICYTEX) in Spagna, l'Univerità di Tunisi El Manar (UTM) in Tunisia, l'Università Aydın Adnan Menderes, (ADU) in Turchia, l'Azienda Agricola dimostrativa "I giardini di Pomona", (AAP) Brindisi, Italia.

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Mercoledì, 09 Aprile 2025 10:35

La danza quantistica dei qubit, flash mob e videomapping in Piazza dei Miracoli a Pisa nell’Anno Internazionale della Scienza e Tecnologie Quantistiche

L’11 aprile dalle 19,30 lo spettacolo aperto alla cittadinanza che unisce arte e scienza curato dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa e INFN

Prima iniziano le braccia poi il resto del corpo, ogni ballerino e ballerina rappresenta un qubit di un computer quantistico; quindi, tutto si trasforma in luce proiettate sulle mura del Camposanto monumentale dietro la Torre pendente di Pisa. È la "danza dei qubit", uno spettacolo aperto al pubblico che mette insieme arte e scienza e che andrà in scena venerdì 11 aprile dalle 19,30, in Piazza dei Miracoli. Lo spettacolo apre a Pisa l’anno internazionale della scienza e tecnologie quantistiche (IYQ25) dopo l’inaugurazione nel febbraio scorso in una cerimonia ufficiale a Parigi https://quantum2025.org/. L’anno del quantum è stato stabilito dall’UNESCO per celebrare i 100 anni dall’inizio dello sviluppo della meccanica quantistica, la teoria fisica fondamentale che in questi 100 anni non è mai stata smentita da alcun esperimento, eppure, continua a incuriosire con i suoi misteri: le persone non esperte per il suo funzionamento controintuitivo e lontano dall’esperienza quotidiana, e le persone esperte per il tanto ancora non compreso a partire dal perché funzioni così bene. 

La serata prevede un flash mob iniziale alle 19,30: a partire da un’idea nata alla Sherbrooke University in Canada, i movimenti dei danzatori e delle danzatrici riprodurranno un formalismo matematico utilizzato per rappresentare visivamente lo stato quantistico, infine coinvolgendo il pubblico. Nella seconda parte del programma una coreografia di luci sarà proiettata sulle mura sud del Camposanto monumentale, con la collaborazione dell’Opera Primaziale. Si tratta dell’evoluzione temporale della “funzione d'onda” per uno tra i più semplici processi quantistici chiamato quantum walk: il videomapping rappresenta la probabilità di trovare una particella quantistica in una regione di spazio, una volta che venga fatta una misura. I pattern luminosi saranno tanto più intensi quanto più grande è la probabilità: questa viene calcolata mediante la celebre equazione di Schroedinger; curiosamente, in uno dei bizzarri ossimori della meccanica quantistica, è anche tutto ciò che possiamo predire deterministicamente per gli esperimenti. Attraverso questa suggestiva visualizzazione verrà illustrato il significato fisico della danza e i concetti essenziali coinvolti.  

Chiude l'evento la proiezione delle Quantum Pills "La strada per le tecnologie quantistiche", videoanimazioni di 4 minuti finanziate dal progetto europeo DIGIQ che raccontano concetti di base della fisica e tecnologie quantistiche. Nate da un'idea di QPlayLearn, un team che unisce scienza e comunicazione al quale contribuisce il Dipartimento di Fisica Unipi, le quantum pills sono realizzata grazie a fondi di Algorithmiq da VIS Virtual Immersion in Science, startup innovativa prima spinoff in assoluto della Scuola Normale Superiore specializzata nella produzione di materiale multimediale per la divulgazione di scienza e conoscenza. 

“La danza dei qubit visualizza in maniera intuitiva la matematica della fisica quantistica attraverso la danza, per coinvolgere in prima persona il pubblico, e le immagini, per formare un ricordo vivido nella memoria di chi assisterà - racconta la professoressa Marilù Chiofalo dell’Università di Pisa. Da anni con il mio gruppo di ricerca esploriamo in collaborazioni internazionali metodi per raccontare la scienza anche attraverso i linguaggi dell’arte che, come la matematica, sono estremamente densi e compatti. Un esempio è l’installazione interattiva Quantum Jungle di Robin Baumgarten liberamente visitabile prima a Palazzo Blu e adesso al Polo Fibonacci dell’Ateneo: tra l’altro una sua copia ha appena fatto comparsa all’inaugurazione dell’Year of Quantum a Parigi! Questa volta utilizzeremo il linguaggio della danza, che si rivela così efficace e coinvolgente nella narrazione scientifica, e infatti la coreografia nasce in un team di scienziate e scienziati, ballerine e ballerini”.

La "danza dei qubit" è stata realizzata con una collaborazione internazionale coordinata dall’Università di Pisa e dall’Institut Quantique de Université de Sherbrooke in Quebec, che coinvolge il consorzio europeo CircleU, sostenitore e cofinanziatore grazie al supporto del professor Alessio Cavicchi, delegato dell’Ateneo pisano per la promozione della Cultura imprenditoriale. Il progetto coreografico è di Giulia Sandroni e Rachele Bellina della Scuola di danza Elsa Ghezzi di Pisa, l’interpretazione danzante è delle allieve e allievi della Scuola Première Progetto Danza di Valentina Bardelli, il videomaking a cura MUMU srl di Lorenzo Garzella. Il team scientifico coordinato da Marilù Chiofalo è composto da Jorge Yago Malo, Antonio Romano, Chiara Coviello, Vittoria Stanzione e Sebastiano Bresolin del Dipartimento di fisica, con la collaborazione di Ghislain Lefebvre e Dominique Wolfshagen di Sherbrooke, e di Simon Goorney della Aarhus University di CircleU.  L’evento ha il supporto dell’Associazione Frontiers Detectors for Frontiers Physics e la collaborazione tecnica della ditta Bufalini Francesco srl.

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