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Essere suscettibili all’ipnosi dimezza il dolore

Lo studio realizzato da una equipe di ricercatori delle Università di Pisa e di Siena, del Cnr e del GIFT Institute di Pisa si presta a molteplici applicazioni cliniche, come ad esempio combattere il dolore sperimentato dai pazienti per piccole procedure mediche in ospedale ma anche, quotidianamente, dalle persone affette da dolore cronico

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Le persone più suscettibili all’ipnosi possono ridurre della metà l’intensità del dolore percepito. E’ questa una delle conclusioni di un complesso studio realizzato da una equipe di ricercatori delle Università di Pisa e di Siena, del Cnr e del GIFT Institute of Integrative Medicine di Pisa che è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Physiology and Behavior.

L’esperimento, che conferma e arricchisce quanto si conosce sul controllo del dolore è il primo che confronta l’effetto di tecniche fisiche (analgesia condizionata) e cognitive (suggestioni esplicite di analgesia) in soggetti con diverso grado di ipnotizzabilità.
“Lo studio ha prodotto risultati che aprono interessanti prospettiva sul possibile utilizzo generalizzato di tecniche cognitive, per ridurre ad esempio, senza impiego di farmaci, il dolore “da procedura” che i pazienti sperimentano durante la fisioterapia che segue immobilizzazioni e interventi ortopedici, varie procedure strumentali”, spiega la professoressa Enrica Santarcangelo dell’Ateneo pisano responsabile della ricerca. “All’estero- ha aggiunto - contrariamente a quanto avviene nel nostro Paese, l’uso di tecniche cognitive per il controllo del dolore acuto, cronico e ‘da procedura’ (compreso alcuni interventi chirurgici) è ampiamente diffuso”.
Lo studio dei ricercatori toscani ha coinvolto sessanta soggetti sani di entrambi i sessi con una suscettibilità all’ipnosi alta, media e bassa. Senza che fosse alterato il loro stato ordinario di coscienza, cioè in assenza di induzione ipnotica, le persone venivano sottoposte a scariche elettriche ad una mano alle quali in alcuni casi si associava una suggestione verbale di analgesia o in altri tecniche fisiche note come analgesia condizionata. I ricercatori hanno quindi rilevato che, indipendentemente dall’aver ricevuto suggestioni di analgesia o induzione di analgesia condizionata, i soggetti con alti punteggi di ipnotizzabilità (alti) riferivano una riduzione media del dolore di circa il 50%, quelli con punteggi bassi (bassi) di circa il 20% e quelli con punteggi intermedi (medi) di circa il 30%.
“In base a considerazioni cliniche, si considera rilevante una riduzione del dolore quando questa è almeno del 25-30% – ha concluso Enrica Santarcangelo – quindi gli ‘alti’ riducono benissimo il dolore, alcuni ‘medi’ possono farlo, i ‘bassi’ non ci riescono quasi per niente. Comunque, considerato che, secondo le stime più accreditate, il 15% della popolazione ha una suscettibilità all’ipnosi bassa, il 70% media e il 15% alta, questo significa che gran parte della popolazione (gli alti e parte dei medi) riesce a controllare abbastanza bene il dolore attraverso strategie cognitive senza l’uso di farmaci”.
Lo studio conferma quindi l’interesse che la valutazione della suscettibilità all’ipnosi può avere nella pratica clinica perché conoscere il grado di ipnotizzabilità può incoraggiare l’uso di metodi di controllo cognitivo del dolore alternativi ai farmaci, economici e privi di effetti collaterali. Inoltre, la consapevolezza della propria capacità di controllare autonomamente il dolore può migliorare significativamente la qualità della vita di molti pazienti.

03-05-2017

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