30,000 Years of Sea-Level Rise Along Africa’s Atlantic Coast Revealed by New Study
A new international study has shown that sea level along Africa’s Atlantic coast has risen by over 100 meters since the peak of the last ice age, around 30,000 years ago. Led by Professor Matteo Vacchi of the University of Pisa and published in the journal Nature Communications, the research offers the most comprehensive reconstruction to date of how sea level has changed in this region over millennia.
“Studying how sea level evolved in the past helps us better understand what’s happening now and what might happen in the future,” says Vacchi. “This is especially important for Africa’s coastal areas, which are home to millions of people and key natural environments that are increasingly threatened by rising seas.”
The study identifies three main periods of change. During the coldest part of the last ice age—known as the Last Glacial Maximum—sea level was around 100 meters lower than it is today. As the Earth warmed and the ice sheets melted, the ocean rose rapidly. This period of deglaciation caused sea level to rise at rates of up to 25 millimeters per year—much faster than today’s average.
Between about 7,500 and 1,700 years ago, sea level reached a high point, in some places even higher than it is now. It then stabilized for centuries before starting to rise again over the last 100 years due to human-caused climate change.
The findings are not just of academic interest—they have real-world importance. Coastal regions in West Africa, for example, generate over half of the region’s GDP and support a large portion of its population. But they are also among the most vulnerable to sea-level rise.
“Although Africa contributes very little to global greenhouse gas emissions,” explains Vacchi, “it will be one of the regions most affected by climate change. Our work helps show how sea level has changed in the past so we can better prepare for what lies ahead.”
The research involved scientists from several institutions, including the Earth Observatory of Singapore, Aix Marseille University in France, the University of Bologna, and Italy’s National Institute of Geophysics and Volcanology.
(Translation supported by ChatGPT-4o)
Costa atlantica dell’Africa: le variazioni del livello del mare negli ultimi 30mila anni
Il livello attuale del mare lungo la costa atlantica dell’Africa è più alto di oltre 100 metri rispetto a 30.000 anni fa. Il dato emerge da uno studio coordinato dal professor Matteo Vacchi (foto) del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Nature Communications. La ricerca ha mostrato come il livello dell’Atlantico sia stato fortemente influenzato dai cambiamenti climatici e dalla fusione delle calotte glaciali.
“Studiando le fluttuazioni avvenute negli ultimi 30.000 anni – spiega Vacchi - potremmo affinare i modelli climatici e migliorare le previsioni sulle reazioni del sistema Terra rispetto ai cambiamenti attuali. Molte regioni costiere africane, comprese città densamente popolate e ambienti naturali sensibili, sono direttamente minacciate dall'innalzamento del livello del mare. Studi come questo aiutano a comprendere la vulnerabilità di queste aree e a sviluppare strategie di adattamento e mitigazione. Infatti, la fascia costiera rappresenta circa il 56% del prodotto interno lordo (PIL) dei paesi dell’Africa occidentale, rendendola una risorsa economica e sociale chiave altamente vulnerabile ai cambiamenti del livello del mare causati dal clima”.
La ricerca ha evidenziato tre fasi evolutive principali. Nell’epoca del massimo glaciale (circa 30.000 - 19.000 anni fa) il livello del mare era molto più basso rispetto ad oggi, circa 99-104 metri in meno, principalmente per la grande quantità di acqua intrappolata nelle calotte glaciali. Nella successiva fase di deglaciazione (19.000 - 7.500 anni fa), con il riscaldamento globale e la fusione delle calotte, il mare ha iniziato a risalire sempre più rapidamente sino a raggiungere il livello attuale. Il trend è continuato nel corso dell’Olocene (7.500 anni fa - oggi): il mare ha continuato a salire, ma con un ritmo più moderato, fino a raggiungere un massimo tra 5.000 e 1.700 anni fa con valori anche hanno superato il livello attuale. Dopo questa fase, c’è stata una sostanziale stabilizzazione, fino al nuovo recente innalzamento dovuto al riscaldamento globale che ha riguardato gli ultimi 100 anni.
“Il nostro studio fornisce una ricostruzione dettagliata e senza precedenti delle variazioni del livello del mare lungo la costa atlantica dell'Africa dal massimo glaciale fino all'epoca moderna – dice Matteo Vacchi - si tratta di dati fondamentali per comprendere i trend attuali e prevedere le future variazioni del livello del mare con implicazioni molteplici che toccano diversi ambiti scientifici e applicativi. Nonostante l’intero continente Africano contribuisca solo per il 4% alle emissioni globali di gas serra, il cambiamento climatico avrà effetti molto significativi in Africa occidentale, dove il 31% della popolazione e le principali infrastrutture sono concentrate nella zona costiera”.
Insieme all’Università di Pisa hanno collaborato alla studio l’Earth Observatory di Singapore, Aix Marseille University (France), L’Università di Bologna e l’INGV.
Costa atlantica dell’Africa: le variazioni del livello del mare negli ultimi 30mila a seguito dai cambiamenti climatici e dalla fusione delle calotte glaciali
L’Università di Pisa ha coordinato lo studio pubblicato su Nature Communications
Il livello attuale del mare lungo la costa atlantica dell’Africa è più alto di oltre 100 metri rispetto a 30.000 anni fa. Il dato emerge da uno studio coordinato dal professor Matteo Vacchi del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Nature Communications. La ricerca ha mostrato come il livello dell’Atlantico sia stato fortemente influenzato dai cambiamenti climatici e dalla fusione delle calotte glaciali.
“Studiando le fluttuazioni avvenute negli ultimi 30.000 anni – spiega Vacchi - potremmo affinare i modelli climatici e migliorare le previsioni sulle reazioni del sistema Terra rispetto ai cambiamenti attuali. Molte regioni costiere africane, comprese città densamente popolate e ambienti naturali sensibili, sono direttamente minacciate dall'innalzamento del livello del mare. Studi come questo aiutano a comprendere la vulnerabilità di queste aree e a sviluppare strategie di adattamento e mitigazione. Infatti, la fascia costiera rappresenta circa il 56% del prodotto interno lordo (PIL) dei paesi dell’Africa occidentale, rendendola una risorsa economica e sociale chiave altamente vulnerabile ai cambiamenti del livello del mare causati dal clima”.
La ricerca ha evidenziato tre fasi evolutive principali. Nell’epoca del massimo glaciale (circa 30.000 - 19.000 anni fa) il livello del mare era molto più basso rispetto ad oggi, circa 99-104 metri in meno, principalmente per la grande quantità di acqua intrappolata nelle calotte glaciali. Nella successiva fase di deglaciazione (19.000 - 7.500 anni fa), con il riscaldamento globale e la fusione delle calotte, il mare ha iniziato a risalire sempre più rapidamente sino a raggiungere il livello attuale. Il trend è continuato nel corso dell’Olocene (7.500 anni fa - oggi): il mare ha continuato a salire, ma con un ritmo più moderato, fino a raggiungere un massimo tra 5.000 e 1.700 anni fa con valori anche hanno superato il livello attuale. Dopo questa fase, c’è stata una sostanziale stabilizzazione, fino al nuovo recente innalzamento dovuto al riscaldamento globale che ha riguardato gli ultimi 100 anni.
“Il nostro studio fornisce una ricostruzione dettagliata e senza precedenti delle variazioni del livello del mare lungo la costa atlantica dell'Africa dal massimo glaciale fino all'epoca moderna – dice Matteo Vacchi - si tratta di dati fondamentali per comprendere i trend attuali e prevedere le future variazioni del livello del mare con implicazioni molteplici che toccano diversi ambiti scientifici e applicativi. Nonostante l’intero continente Africano contribuisca solo per il 4% alle emissioni globali di gas serra, il cambiamento climatico avrà effetti molto significativi in Africa occidentale, dove il 31% della popolazione e le principali infrastrutture sono concentrate nella zona costiera”.
Insieme all’Università di Pisa hanno collaborato alla studio l’Earth Observatory di Singapore, Aix Marseille University (France), L’Università di Bologna e l’INGV.
SuPerStAr: Safeguarding Street Art through Science and Sustainability
Street art has become a powerful form of contemporary cultural expression, shaping public spaces and social dialogue in cities worldwide. Yet, these works often face a precarious existence, threatened by environmental factors, vandalism, and neglect. To address this, the University of Pisa has coordinated SuPerStAr – Sustainable Preservation Strategies for Street Art, a national research project aimed at developing innovative, science-based, and environmentally sustainable conservation strategies.
Funded by the Italian Ministry of University and Research under the PRIN2020 program, SuPerStAr brings together a wide network of institutions: five universities (Pisa, Turin, Bologna, Milan, Venice), three institutes of the National Research Council (CNR), and the Centro Conservazione e Restauro "La Venaria Reale", with the collaboration of local authorities, heritage professionals, and artists.
"The conservation of street art has long lacked clear frameworks and methodologies," says Prof. Francesca Modugno, project coordinator from the University of Pisa. "SuPerStAr represents a breakthrough by providing practical guidelines grounded in multidisciplinary scientific research."
Over three years, the SuPerStAr team has conducted in situ diagnostics, laboratory analyses, and field testing on several iconic case studies across Italy. These include:Keith Haring’s “Tuttomondo” (1989), on the wall of the Convent of Sant’Antonio in Pisa – one of his few permanent public artworks; “Necesse” by SMOE (2021), a large-scale mural in Milan created after the COVID-19 pandemic, where protective coatings were tested under real environmental conditions; a mural by Alessandro Caligaris and Mauro 149 (2013) at the MAU - Urban Art Museum in Turin, where spectroscopic techniques were used to assess surface degradation.
The project integrates advanced diagnostic tools – such as high-resolution photography, multispectral imaging, satellite data, and non-invasive spectroscopic methods – to monitor the condition of murals and identify early signs of decay, such as color fading or biological growth.
SuPerStAr has also developed environmentally responsible cleaning protocols, including the use of green solvents and selective laser cleaning to remove graffiti without harming the original artwork. Protective treatments were tested for their ability to shield surfaces from moisture and pollutants while preserving the appearance and breathability of the materials.
"One of our key goals is to ensure long-term preservation without compromising the identity or message of the artwork," explains Prof. Ilaria Degano, part of the Pisa research team. "This requires not just science, but also community engagement and collaboration with local stakeholders."
Based on the results of laboratory tests and real-world applications, the project has produced evidence-based guidelines for the documentation, cleaning, protection, and monitoring of urban artworks. These guidelines are tailored to the specific materials used in street art – such as acrylics, alkyds, and spray paints – and consider the unique challenges posed by outdoor public environments.
SuPerStAr also emphasizes the importance of knowledge transfer and policy development, encouraging dialogue between researchers, conservators, artists, and city administrations.
“Street art is living heritage,” says Prof. Modugno. “Our mission is to protect it not only as an artwork, but as a form of cultural expression embedded in the urban fabric.”
The research groups led by Professors Modugno and Degano have long been active in applying chemical sciences to cultural heritage conservation. The SuPerStAr project involved the Departments of Chemistry at the Universities of Turin, Bologna, Bari, and Venice, the Politecnico di Milano, three institutes of the CNR – SCITEC, ICCOM, and ISPC – and the Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, in collaboration with the Istituto Centrale del Restauro, public institutions, restorers, and private companies.
(Translated with the assistance of ChatGPT-4o)
Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Mario Zana
Ci ha lasciati nella mattina del 2 aprile il professor Mario Zana, già Ordinario di Diritto privato del nostro Ateneo.
Nato a Stazzema nel 1944, si formava nell’eccellenza della Scuola Pisana del Diritto Civile, nel solco tracciato dal Professor Ugo Natoli e dal Professor Francesco Donato Busnelli.
Docente di grande spessore umano, si impegnò sul fronte della scienza giuridica in settori nei quali il valore della persona compenetra il freddo dato economico e tecnico; frutto della Sua riflessione sono alcuni rilevanti studi in tema di diritti individuali non patrimoniali, ed in particolare – fin dagli anni Settanta del Novecento – sul diritto alla salute, sui problemi giuridici legati agli emergenti temi, per quegli anni di riforma, dell’assistenza sanitaria e del diritto delle assicurazioni.
Animò sin dalle origini il dialogo tra giuristi nel panorama nazionale e non solo, nei ruoli svolti anche nell’associazionismo accademico. Generazioni di Suoi Allievi Lo ricorderanno sempre per la limpidezza del porgere, nelle sue esemplari lezioni, e per la signorilità del tratto ed il grande equilibrio, che sempre contraddistinse il Suo modo di rapportarsi con i Colleghi e con i Discenti.
Le Colleghe e i Colleghi del Dipartimento di Giurisprudenza
Premio Nazionale "Carla Guglielmi" - VIII edizione
E' bandita l'VIII edizione del Premio Nazionale "Carla Guglielmi" per la miglior tesi di Laurea, di Dottorato di Ricerca o di Master universitario che testimoni il valore del rapporto con il cavallo quale aiuto nella fragilità e nel disagio giovanile.
Il tema oggetto del 2025 è il seguente: “IN SELLA AL FUTURO: Terapia Assistita con i Cavalli per la prevenzione e la cura della fragilità e del disagio giovanile.”
Il termine ultimo per la presentazione delle domande è il 30 settembre 2025.
Informazioni nel bando in allegato.
Per ulteriori informazioni contattare l'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Centro “Studi di Genere” (CSG)
Il Centro “Studi di Genere” (CSG) si propone il perseguimento delle seguenti finalità:
- valorizzare e diffondere gli studi di genere secondo un approccio interdisciplinare favorendo lo scambio tra settori-scientifico disciplinari diversi e secondo una prospettiva trasversale;
- integrare e promuovere l’adozione di una prospettiva intersezionale del genere.
Dall’Atlante alla cartografia digitale
Il 4 aprile Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa, esposizione cartografica e tavola rotonda in occasione della Geonight 2025
In occasione della Notte Internazionale della Geografia - Geonight 2025, venerdì 4 aprile, presso la Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa (Piazza S. Paolo All'Orto, 20, Pisa), si svolgerà “Map talks: dall’Atlante alla cartografia digitale”, un evento che comprende un'esposizione cartografica e una tavola rotonda
In mostra ci sono alcuni atlanti della Cartoteca del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo, che vanta un’importante collezione di oltre 400 pezzi, in particolare otto-novecenteschi e numerose carte topografiche e murali, il tutto a confronto con le nuovissime cartografie digitali.
L’esposizione cartografica sarà visitabile durante la giornata del 4 aprile negli orari di apertura della Gipsoteca, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17. A seguire, dalle 17 alle 19, è in programma una tavola rotonda che coinvolgerà rappresentanti sia del mondo accademico che privato e istituzionale.
La Geonight è un’iniziativa internazionale promossa contemporaneamente in diverse sedi europei e internazionali da Eugeo (Association of European Geographical Societies) e da IGU (International Geographical Union), per diffondere la rilevanza della geografia nel rispondere alle sfide della contemporaneità ad un pubblico più ampio, al di fuori dell’ambito accademico.
L’evento è organizzato da Michela Lazzeroni, Antonello Romano, Paolo Macchia, Massimiliano Grava, Sergio Pinna, Paola Zamperlin, con il patrocinio di: Associazione dei Geografi Italiani (AGEI), Società di Studi Geografici, Società Geografica Italiana, Associazione Italiana di Cartografia (AIC), Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici (CISGE), Sistema Bibliotecario di Ateneo dell’Università di Pisa, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Provincia di Pisa.
SuPerStar, il progetto dell’Università di Pisa per proteggere la street art
L’arte urbana è ormai riconosciuta come parte integrante del patrimonio culturale contemporaneo e tuttavia resta una presenza fragile nelle nostre città spesso minacciata da degrado, vandalismo e agenti atmosferici. Per proteggere questa ricchezza, l’Università di Pisa ha lanciato per la prima volta una serie di linee guida con soluzioni innovative e sostenibili. Le indicazioni sono il risultato di SuPerStAr (Sustainable Preservation Strategies for Street Art), un progetto PRIN2020 coordinato dall’Ateneo pisano e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca che ha coinvolto altre quattro università italiane (Torino, Bologna, Milano e Venezia) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), con il supporto di enti e amministrazioni locali.
La sfida è partita dalla chimica e in particolare dal gruppo guidato dalla professoressa Francesca Modugno del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. Nei tre anni del progetto, ricercatori e ricercatrici hanno testato e validato tecniche e protocolli sui più importanti murales in tutta Italia: “Tuttomondo” (1989), una delle opere più iconiche di Keith Haring, situata su una parete del Convento di Sant’Antonio a Pisa; “Necesse” – SMOE (2021) realizzato a Milano dopo la pandemia su una parete di 1300 metri quadrati su cui, dopo la diagnosi in sito e le analisi spettroscopiche, sono stati applicati rivestimenti protettivi per testare la resistenza agli agenti atmosferici; Alessandro Caligaris e Mauro 149 (2013), parte del primo museo a cielo aperto dedicato alla street art in Italia, dove è stata condotta una campagna di analisi spettroscopiche per monitorare il degrado e testare nuove strategie di conservazione.
“Le strategie di conservazione e di valorizzazione della street art sono ancora oggi lacunose e lontane dall’essere chiaramente definite – spiega Francesca Modugno – il progetto rappresenta una svolta da questo punto di vista. Le linee guida sviluppate si basano su un approccio scientifico multidisciplinare e tengono conto di diversi aspetti legati alla protezione, al monitoraggio e al restauro delle opere urbane”.
Si parte dalla documentazione e dal monitoraggio attraverso fotografie ad alta risoluzione, rilievi multispettrali e analisi chimico-fisiche per identificare materiali e tecniche pittoriche. L’utilizzo di sensori, immagini satellitari e rilievi spettroscopici può quindi aiutare a individuare precocemente fenomeni di degrado come sbiadimento dei colori, distacco della pittura o contaminazioni biologiche. Il passo successivo sono i metodi di pulizia. SuPerStAr, ad esempio, ha sperimentato sistemi con laser selettivi e metodi a basso impatto ambientale basati su solventi green per rimuovere graffiti vandalici senza danneggiare la pittura originale. Una ulteriore linea di ricerca ha riguardato la protezione delle opere da umidità e inquinanti atmosferici, grazie all’applicazione di protettivi.
“Ma è fondamentale coinvolgere le amministrazioni locali, le comunità e gli artisti per sensibilizzare sul tema e stabilire interventi preventivi a più livelli – sottolinea la professoressa Ilaria Degano, membro del team di ricerca del Dipartimento di Chimica – la speranza è che grazie a SuPerStAr, la conservazione della street art entri in una nuova fase di consapevolezza scientifica, garantendo che le opere più importanti di questo patrimonio urbano possano essere preservate per le future generazioni”.
Il gruppo di ricerca delle professoresse Modugno e Degano da anni si occupa applicare la chimica ai beni culturali. In particolare, hanno collaborato al progetto Superstar i Dipartimenti di Chimica delle Università di Torino, Bologna, Bari e Venezia, il Politecnico di Milano, tre istituti del CNR - Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta”, Istituto di Chimica dei Composti Organometallici, Istituto Scienze per il Patrimonio - , e il Centro di Conservazione e restauro della venaria reale, in collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro, enti pubblici, restauratori e imprese.
Proteggere la Street Art: dall’Università di Pisa le prime linee guida a livello nazionale
L’arte urbana è ormai riconosciuta come parte integrante del patrimonio culturale contemporaneo e tuttavia resta una presenza fragile nelle nostre città spesso minacciata da degrado, vandalismo e agenti atmosferici. Per proteggere questa ricchezza, l’Università di Pisa ha lanciato per la prima volta una serie di linee guida con soluzioni innovative e sostenibili. Le indicazioni sono il risultato di SuPerStAr (Sustainable Preservation Strategies for Street Art), un progetto PRIN2020 coordinato dall’Ateneo pisano e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca che ha coinvolto altre quattro università italiane (Torino, Bologna, Milano e Venezia) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), con il supporto di enti e amministrazioni locali.
La sfida è partita dalla chimica e in particolare dal gruppo guidato dalla professoressa Francesca Modugno del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. Nei tre anni del progetto, ricercatori e ricercatrici hanno testato e validato tecniche e protocolli sui più importanti murales in tutta Italia: “Tuttomondo” (1989), una delle opere più iconiche di Keith Haring, situata su una parete del Convento di Sant’Antonio a Pisa; “Necesse” – SMOE (2021) realizzato a Milano dopo la pandemia su una parete di 1300 metri quadrati su cui, dopo la diagnosi in sito e le analisi spettroscopiche, sono stati applicati rivestimenti protettivi per testare la resistenza agli agenti atmosferici; Alessandro Caligaris e Mauro 149 (2013), parte del primo museo a cielo aperto dedicato alla street art in Italia, dove è stata condotta una campagna di analisi spettroscopiche per monitorare il degrado e testare nuove strategie di conservazione.
“Le strategie di conservazione e di valorizzazione della street art sono ancora oggi lacunose e lontane dall’essere chiaramente definite – spiega Francesca Modugno – il progetto rappresenta una svolta da questo punto di vista. Le linee guida sviluppate si basano su un approccio scientifico multidisciplinare e tengono conto di diversi aspetti legati alla protezione, al monitoraggio e al restauro delle opere urbane”.
Si parte dalla documentazione e dal monitoraggio attraverso fotografie ad alta risoluzione, rilievi multispettrali e analisi chimico-fisiche per identificare materiali e tecniche pittoriche. L’utilizzo di sensori, immagini satellitari e rilievi spettroscopici può quindi aiutare a individuare precocemente fenomeni di degrado come sbiadimento dei colori, distacco della pittura o contaminazioni biologiche. Il passo successivo sono i metodi di pulizia. SuPerStAr, ad esempio, ha sperimentato sistemi con laser selettivi e metodi a basso impatto ambientale basati su solventi green per rimuovere graffiti vandalici senza danneggiare la pittura originale. Una ulteriore linea di ricerca ha riguardato la protezione delle opere da umidità e inquinanti atmosferici, grazie all’applicazione di protettivi.
“Ma è fondamentale coinvolgere le amministrazioni locali, le comunità e gli artisti per sensibilizzare sul tema e stabilire interventi preventivi a più livelli – sottolinea la professoressa Ilaria Degano, membro del team di ricerca del Dipartimento di Chimica – la speranza è che grazie a SuPerStAr, la conservazione della street art entri in una nuova fase di consapevolezza scientifica, garantendo che le opere più importanti di questo patrimonio urbano possano essere preservate per le future generazioni”.
Il gruppo di ricerca delle professoresse Modugno e Degano da anni si occupa applicare la chimica ai beni culturali. In particolare, hanno collaborato al progetto Superstar i Dipartimenti di Chimica delle Università di Torino, Bologna, Bari e Venezia, il Politecnico di Milano, tre istituti del CNR - Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta”, Istituto di Chimica dei Composti Organometallici, Istituto Scienze per il Patrimonio - , e il Centro di Conservazione e restauro della venaria reale, in collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro, enti pubblici, restauratori e imprese.