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Pietro PfannerÈ scomparso all’età di 86 anni il professor Pietro Pfanner, illustre neuropsichiatra, fondatore della Stella Maris, già insignito dell'Ordine del Cherubino dell'Università di Pisa nel 1998. Pfanner, originario di Lucca, si è laureato nel 1955 in Medicina e Chirurgia a Roma e nel 1956 fu trasferito a Pisa, nella clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università, dove ha svolto la sua carriera accademica.

Con il suo arrivo a Pisa, Pietro Pfanner promuove la costituzione di un istituto clinico extrauniversitario per disabili neuropsichici, la Fondazione Stella Maris, e su designazione dell'Università, ne fu subito nominato direttore. Nel 1970 questo Istituto divenne un Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico). Dal 1976, per convenzione con l'Università di Pisa, l’istituto è divenuto sede di tutte le attività universitarie nel settore, ottenendo un grande sviluppo per l'attività didattica, la ricerca e l'assistenza, con proiezione nazionale, divenendo la più grande struttura assistenziale italiana.

Specialista in malattie nervose e mentali nel 1959 e in neuropsichiatria infantile nel 1966, Pfanner diventa assistente universitario nel 1971, incaricato dell'insegnamento di Antropologia criminale nel 1972-73 e di Neuropsichiatria infantile nel 1973-74 e nel 1974-75. Nel 1975 ha vinto il Concorso nazionale per la cattedra di Neuropsichiatria infantile ed è stato chiamato dalla facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa per tale insegnamento dall’anno accademico 1975-76. Nello stesso anno ha assunto la direzione della Scuola di Specializzazione in questa disciplina, una delle prime in Italia, incarico che ha sempre mantenuto fino al momento dell'uscita dal ruolo universitario nel 2002.

Nel 1984 fu nominato direttore dell’appena costituito Istituto Universitario di Neuropsichiatria e Psicopedagogia, poi confluito in altro dipartimento di Medicina con pediatri e ostetrici. Ha svolto per molti anni, un'attività di ricerca e di didattica in Neurologia, Psichiatria, e, in modo prevalente, Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. In questa struttura ha anche svolto una costante attività didattica per la specializzazione dei medici e dei terapisti ed è stato anche direttore (per oltre 30 anni), di una scuola per insegnanti di sostegno di Scuola materna, elementare e media.

Ha pubblicato circa 450 lavori scientifici, specie sulla fisiopatologia della motricità, del linguaggio, delle funzioni cognitive, e sulla psicopatologia dello sviluppo. Ha collaborato a enciclopedie e Trattati specialistici ed è stato membro di varie società scientifiche, nonché della redazione di numerose riviste specializzate. Dal 1998 al 2002 è stato presidente del collegio dei professori ordinari italiani di neuropsichiatria infantile.

"Con la scomparsa del professor Pietro Pfanner - ha ricordato il rettore Massimo Augello - l'Università di Pisa perde uno dei suoi luminari più illustri, che ha indissolubilmente legato il suo nome alla Fondazione Stella Maris. Subito dopo la laurea a Roma, il professor Pfanner si è trasferito a Pisa, nella Clinica delle malattie nervose e mentali dell'Università, dove ha iniziato la sua carriera accademica. Ordinario di Neuropsichiatria infantile dalla metà degli anni '70, ha ricoperto prestigiosi incarichi nella Facoltà pisana di Medicina e Chirurgia, fino a essere insignito dell'ordine del Cherubino dall'Ateneo nel 1998. Docente e medico tra i più apprezzati a livello nazionale e internazionale, il professor Pietro Pfanner ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della Scuola pisana di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, che è conosciuta in tutto il mondo. Alla sua famiglia vanno le commosse condoglianze da parte dell'Università di Pisa".

I funerali si terranno mercoledì mattina, 10 febbraio, a Lucca, nella chiesa di San Frediano.

MonIQAPer conoscere la qualità dell’aria che respiriamo basta un click. E’ da poco tempo on line MonIQA, il monitoraggio dell'indice della qualità dell'aria, un servizio realizzato dal gruppo di ricerca dell’Università di Pisa coordinato da Giuseppe Anastasi, professore del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione e direttore del Laboratorio Nazionale Smart Cities del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI) utilizzando i dati delle Agenzie regionali per la protezione ambientale. Alla realizzazione del progetto hanno lavorato anche alcuni studenti e ricercatori dell’Ateneo pisano, in particolare Luca Pardini, Francesca Righetti, Elena Lucherini e Simone Brienza.

MonIQA utilizza i dati che giornalmente vengono forniti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale e li traduce in un unico indice istantaneo al quale si associano 5 classi di giudizio, da buono a pessimo, caratterizzate da un colore diverso. Oltre che attraverso il sito web, MonIQA è accessibile anche mediante un'app per dispositivi mobili Android che può essere scaricata da Google Play.

“Il servizio non ha ovviamente carattere di ufficialità, ma ha lo scopo di presentare i dati sulla qualità dell'aria in maniera facilmente comprensibile ai cittadini - ha spiegato Giuseppe Anastasi - L’indice che abbiamo elaborato è una grandezza che esprime in maniera sintetica lo stato di qualità dell'aria, prendendo contemporaneamente in considerazione i dati di più inquinanti atmosferici, quali PM10, PM2.5, biossido e monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene”.

Per sapere che aria stiamo respirando basta dunque accedere al sito web, o aprire l’app sul dispositivo mobile, e visualizzare l’indice di qualità dell’aria relativo alla propria città. Le classi buona e discreta indicano che nessuno degli inquinanti ha registrato superamenti degli indicatori di legge e che quindi non vi sono criticità. Le altre tre classi - mediocre, scadente e pessima - indicano invece che gli inquinanti considerati hanno superato il relativo indicatore di legge. Attualmente le regioni monitorate da MonIQA sono tutte tranne Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania e Molise, alcune delle quali lo saranno però a breve.

Ne hanno parlato:
Repubblica.it
AdnKronos
GreenReport.it
Nazione.it
Panorama.it
AmbienteTiscali.it
Il Giornale di Milano
La Nazione Pisa

 

Per conoscere la qualità dell’aria che respiriamo basta un click. E’ da poco tempo on line MonIQA, il monitoraggio dell'indice della qualità dell'aria, un servizio realizzato dal gruppo di ricerca dell’Università di Pisa coordinato da Giuseppe Anastasi, professore del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione e direttore del Laboratorio Nazionale Smart Cities del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI). Alla realizzazione del progetto hanno lavorato anche alcuni studenti e ricercatori dell’Ateneo pisano, in particolare Luca Pardini, Francesca Righetti, Elena Lucherini e Simone Brienza.
MonIQA utilizza i dati che giornalmente vengono forniti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale e li traduce in un unico indice istantaneo al quale si associano 5 classi di giudizio, da buono a pessimo, caratterizzate da un colore diverso. Oltre che attraverso il sito web (http://anasim.iet.unipi.it/moniqa/), MonIQA è accessibile anche mediante un'app per dispositivi mobili Android che può essere scaricata da Google Play (https://play.google.com/store/apps/details?id=iqa.android&hl=it).
“Il servizio non ha ovviamente carattere di ufficialità, ma ha lo scopo di presentare i dati sulla qualità dell'aria in maniera facilmente comprensibile ai cittadini - ha spiegato Giuseppe Anastasi - L’indice che abbiamo elaborato è una grandezza che esprime in maniera sintetica lo stato di qualità dell'aria, prendendo contemporaneamente in considerazione i dati di più inquinanti atmosferici, quali PM10, PM2.5, biossido e monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene”.
Per sapere che aria stiamo respirando basta dunque accedere al sito web, o aprire l’app sul dispositivo mobile, e visualizzare l’indice di qualità dell’aria relativo alla propria città. Le classi buona e discreta indicano che nessuno degli inquinanti ha registrato superamenti degli indicatori di legge e che quindi non vi sono criticità. Le altre tre classi - mediocre, scadente e pessima - indicano invece che gli inquinanti considerati hanno superato il relativo indicatore di legge. Attualmente le regioni monitorate da MonIQA sono tutte tranne Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania e Molise, alcune delle quali lo saranno però a breve.

befana1Durante la festa della Befana, che si è svolta al Museo di Calci lo scorso 5 gennaio, organizzata dal Centro Ricreativo Dipendenti Universitari con l’aiuto dei colleghi del Museo, ai bambini intervenuti - figli di dipendenti - è stata data, oltre alla tradizionale calza, anche la possibilità di fare un dono. Per il secondo anno consecutivo, infatti, il Consiglio del CRDU, in accordo con l’amministrazione universitaria che sponsorizza l’evento, ha deciso di sostituire il giocattolo in dono che in precedenza accompagnava la calza, con la donazione a una associazione scelta tra tre Onlus operanti sul territorio pisano. Le tre associazioni scelte sono state l’Associazione Genitori per la cura e l’Assistenza ai Bambini Affetti da Leucemia e Tumore - AGBALT, che opera all’interno del Centro di Onco-Ematologia Pediatrica, la Fondazione Stella Maris e l’Associazione Italiana Persone Down di Pisa.

 

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Fatti i relativi conteggi, il CRDU ha proceduto negli scorsi giorni a effettuare tre bonifici per i seguenti importi: 900 euro per l'AGBALT940 euro per la Fondazione Stella Maris640 euro per l'AIPD onlus Pisa.

Il CRDU desidera ringraziare i bambini (e i loro genitori) per la generosità e il contributo per la riuscita di una stupenda festa; l’amministrazione universitaria per aver, ancora una volta, partecipato attivamente all'iniziativa; i colleghi del Museo, e la sua Direzione, per aver messo a disposizione una location mozzafiato, e soprattutto le tre associazioni per quanto fanno per contribuire ad alleviare tante situazioni di sofferenza.

agresto un condimento ritrovatoFamoso nella cucina romana, lo si trova anche sulla tavola di Caterina de’ Medici. Si tratta dall’agresto, un condimento tipico toscano recentemente riscoperto che si ottiene dalla spremitura dell’uva immatura dopo la concentrazione a caldo e l’eventuale aggiunta di erbe e spezie. A svelarci le origini e gli usi di questo condimento c’è adesso un libro “Agresto. Un condimento ritrovato” (C&P Adver Effigi, 2015) curato dal professore Giancarlo Scalabrelli dell’Università di Pisa e da Aurelio Visconti.

Accanto a storia e ricette, il volume illustra i risultati dell’attività sperimentale nata dalla collaborazione tra il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Ateneo pisano e la ditta Lombardi e Visconti s.a.s. di Abbadia San Salvatore, che produce commercialmente il condimento.

A partire da diversi vitigni del germoplasma dell’Amiata, oltre che dal Sangiovese, i ricercatori hanno ottenuto vari tipi di agresto da uve da "agricoltura biologica" realizzando un condimento con interessanti proprietà antiossidanti, un elevato contenuto di acidi organici e catechine, privo di conservanti e senza alcool, dato che la sua produzione non richiede alcuna fermentazione.

“Pur esistendo un’antica ricetta, il nostro obiettivo era di ottenere un agresto peculiare, da utilizzare come ingrediente per i piatti tipici del territorio – spiegano gli autori del volume - in modo da soddisfare una nicchia di consumatori che gradiscono un condimento genuino, ottenuto con metodi naturali, e di gusto facilmente riconoscibile. L’agresto viene attualmente commercializzato in piccole quantità, ma essendo particolarmente richiesto dalla ristorazione toscana, è probabile che in futuro il suo utilizzo possa espandersi”.


Nella foto, tipi sperimentali di agresto prodotti con uve di vitigni autoctoni. Le diverse colorazioni dell’agresto dipendono più dalle modalità di preparazione, che prevedono fasi di cottura e aggiunta di spezie, che dal tipo di uva bianca o nera, dato che l’uva viene raccolta immatura.

Famoso nella cucina romana, lo si trova anche sulla tavola di Caterina de’ Medici. Si tratta dall’agresto, un condimento tipico toscano recentemente riscoperto che si ottiene dalla spremitura dell’uva immatura dopo la concentrazione a caldo e l’eventuale aggiunta di erbe e spezie. A svelarci le origini e gli usi di questo condimento c’è adesso un libro “Agresto. Un condimento ritrovato” (C&P Adver Effigi, 2015) curato dal professore Giancarlo Scalabrelli dell’Università di Pisa e da Aurelio Visconti.
Accanto a storia e ricette, il volume illustra i risultati dell’attività sperimentale nata dalla collaborazione tra il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Ateneo pisano e la ditta Lombardi e Visconti s.a.s. di Abbadia San Salvatore, che produce commercialmente il condimento.
A partire da diversi vitigni del germoplasma dell’Amiata, oltre che dal Sangiovese, i ricercatori hanno ottenuto vari tipi di agresto da uve da "agricoltura biologica" realizzando un condimento con interessanti proprietà antiossidanti, un elevato contenuto di acidi organici e catechine, privo di conservanti e senza alcool, dato che la sua produzione non richiede alcuna fermentazione.
“Pur esistendo un’antica ricetta, il nostro obiettivo era di ottenere un agresto peculiare, da utilizzare come ingrediente per i piatti tipici del territorio – spiegano gli autori del volume - in modo da soddisfare una nicchia di consumatori che gradiscono un condimento genuino, ottenuto con metodi naturali, e di gusto facilmente riconoscibile. L’agresto viene attualmente commercializzato in piccole quantità, ma essendo particolarmente richiesto dalla ristorazione toscana, è probabile che in futuro il suo utilizzo possa espandersi”.

DIDA FOTO
Tipi sperimentali di agresto prodotti con uve di vitigni autoctoni. Le diverse colorazioni dell’agresto dipendono più dalle modalità di preparazione, che prevedono fasi di cottura e aggiunta di spezie, che dal tipo di uva bianca o nera, dato che l’uva viene raccolta immatura.

Negli scorsi giorni, il professor Andrea Bonaccorsi è stato nominato dal Commissario Europeo alla Ricerca, Carlos Moedas, nel ristretto gruppo di esperti che supporterà le politiche europee per la ricerca. Il gruppo, denominato "Research, Innovation and Science Policy Experts" (RISE), lavorerà a diretto contatto con il Commissario e il suo gabinetto, occupandosi di quattro aree tematiche: Open Science, Open Innovation, Open to the World e Economics of Knowledge Markets. Oltre al professor Bonaccorsi, del gruppo fa parte solo un altro docente italiano, il professor Roberto Verganti del Politecnico di Milano.
Nel primo incontro con il gruppo di esperti, il Commissario Moedas ha chiesto loro di supportare lo sforzo che la sua Direzione sta facendo per dimostrare l'impatto del finanziamento comunitario alla ricerca per lo sviluppo della società e la crescita economica in Europa. In particolare, si punta a valorizzare il contributo che la ricerca potrà dare alla soluzione di problemi irrisolti della società, dal cambiamento climatico alla sostenibilità energetica, dalla integrazione degli immigrati alla sicurezza.
Come detto, il Gruppo RISE si occuperà di quattro tematiche specifiche. Riguardo alla scienza aperta, sarà sviluppata la riflessione su argomenti quali la scienza 2.0, l'Open Access, gli Open Data e la integrità della ricerca. Per quanto concerne l'innovazione aperta, gli esperti si concentreranno sulla riforma della regolazione dei mercati, sugli strumenti per aumentare il finanziamento privato alla ricerca e sull'idea di lanciare l'European Innovation Council. Il gruppo approfondirà, infine, l'analisi delle relazioni internazionali dell'Europa e la valutazione dell'impatto della ricerca sull'innovazione, l'economia e la società in Europa.
Il professor Andrea Bonaccorsi, ordinario di Ingegneria gestionale all'Università di Pisa, si occupa di economia della scienza e dell'innovazione, temi sui quali vanta numerose pubblicazioni sulle principali riviste internazionali. Collabora con l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e con la Commissione Europea. Nel 2014 ha pubblicato per la casa editrice Edward Elgar il primo studio quantitativo sulle università in Europa e nel 2015 per Il Mulino il volume su La valutazione possibile. Teoria e pratica nel mondo della ricerca, che viene presentato in questi mesi in varie città italiane. Tra il 2011 e il 2015 ha fatto parte del Consiglio Direttivo dell'Anvur, l'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca.

Andrea BonaccorsiNegli scorsi giorni, il professor Andrea Bonaccorsi è stato nominato dal Commissario Europeo alla Ricerca, Carlos Moedas, nel ristretto gruppo di esperti che supporterà le politiche europee per la ricerca. Il gruppo, denominato "Research, Innovation and Science Policy Experts" (RISE), lavorerà a diretto contatto con il Commissario e il suo gabinetto, occupandosi di quattro aree tematiche: Open Science, Open Innovation, Open to the World e Economics of Knowledge Markets. Oltre al professor Bonaccorsi, del gruppo fa parte solo un altro docente italiano, il professor Roberto Verganti del Politecnico di Milano.

Nel primo incontro con il gruppo di esperti, il Commissario Moedas ha chiesto loro di supportare lo sforzo che la sua Direzione sta facendo per dimostrare l'impatto del finanziamento comunitario alla ricerca per lo sviluppo della società e la crescita economica in Europa. In particolare, si punta a valorizzare il contributo che la ricerca potrà dare alla soluzione di problemi irrisolti della società, dal cambiamento climatico alla sostenibilità energetica, dalla integrazione degli immigrati alla sicurezza.

Come detto, il Gruppo RISE si occuperà di quattro tematiche specifiche. Riguardo alla scienza aperta, sarà sviluppata la riflessione su argomenti quali la scienza 2.0, l'Open Access, gli Open Data e la integrità della ricerca. Per quanto concerne l'innovazione aperta, gli esperti si concentreranno sulla riforma della regolazione dei mercati, sugli strumenti per aumentare il finanziamento privato alla ricerca e sull'idea di lanciare l'European Innovation Council. Il gruppo approfondirà, infine, l'analisi delle relazioni internazionali dell'Europa e la valutazione dell'impatto della ricerca sull'innovazione, l'economia e la società in Europa.

Il professor Andrea Bonaccorsi, ordinario di Ingegneria gestionale all'Università di Pisa, si occupa di economia della scienza e dell'innovazione, temi sui quali vanta numerose pubblicazioni sulle principali riviste internazionali. Collabora con l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e con la Commissione Europea. Nel 2014 ha pubblicato per la casa editrice Edward Elgar il primo studio quantitativo sulle università in Europa e nel 2015 per Il Mulino il volume su La valutazione possibile. Teoria e pratica nel mondo della ricerca, che viene presentato in questi mesi in varie città italiane. Tra il 2011 e il 2015 ha fatto parte del Consiglio Direttivo dell'Anvur, l'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca.

Si è conclusa la valutazione dei progetti presentati in risposta alla quarta call del MIT-UNIPI Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Tra le 13 proposte presentate, sono stati selezionati e finanziati 8 progetti che provengono dalle aree di Ingegneria, Biologia e Fisica, per un finanziamento totale di circa 70.000 euro. Nella cifra è compreso anche il contributo di 30.000 euro della Cassa di Risparmio di San Miniato che, in base a una convenzione triennale firmata nel 2014 con l’Ateneo pisano, sostiene a fondo perduto i progetti di ricerca sviluppati con il MIT che fanno riferimento all’area tematica delle Scienze economico-aziendali, sociali e ambientali.
«Un risultato che dimostra quanto, nel corso di questi anni, si sia consolidata la collaborazione tra il nostro Ateneo e il MIT – commenta il professor Paolo Ferragina, prorettore per la ricerca applicata e l’innovazione dell’Ateneo pisano – Dall’avvio dell’accordo sono stati sottomessi 56 progetti – tutti molto interessanti – e ne sono stati finanziati 32, per un totale di circa 214.200 euro. L’aspetto interessante di questa iniziativa è che alcune collaborazioni avviate grazie ai finanziamenti delle scorse call stanno proseguendo indipendentemente, con ottimi risultati e riconoscimenti ottenuti dai nostri studenti e ricercatori che si recano al MIT».
Il presidente della Carismi, Alessandro Bandini, esprime così la sua soddisfazione per aver partecipato, con la sua banca, al progetto: «Il sostegno triennale della Cassa di Risparmio di San Miniato per la collaborazione tra l’Università di Pisa e il Massachusetts Institute of Technology è un concreto esempio di sinergia fra pubblico e privato. Siamo orgogliosi di aver potuto contribuire in qualche modo alla realizzazione di questa importante iniziativa universitaria internazionale».

I progetti finanziati
Tra gli 8 progetti finanziati dell’ultima call c’è quello di Fabio Bulleri del dipartimento di Biologia “From Micro to Macro: The Role of Microbial Biofilms in Regulating the Fitness and Competitive Ability of Subtidal Habitat-Forming Macroalgae”, che investigherà come i batteri influenzano il benessere delle alghe e i relativi processi ecologici. Nello stesso dipartimento è stata premiata anche Arianna Tavanti, per lo studio "Application of CRISPR/Cas9 Technology to Dissect the Role of Multi-Gene Families in Candida Parapsilosis Virulence”, che ha l’obiettivo di utilizzare uno strumento innovativo per “riscrivere il gene” nella Candida parapsilosis, la seconda principale causa della candidemia. Un’altra vincitrice è Maria Luisa Chiofalo, del dipartimento di Fisica, per il progetto "Generation of Spin-Squeezed States for Fundamental Physics Tests by Atom Interferometry”, che vuole sviluppare le attività teoriche per l’ottimizzazione degli schemi della generazione degli stati dei quanti “più luminosi”, prima del loro decadimento.
Tutti di ingegneria gli altri progetti selezionati: del dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni ci sono il progetto di Paolo Di Marco “Development of Advanced Micro-Engineered Surfaces to Improve Heat Transfer in Space Applications”, che studierà il trasferimento e lo scambio di calore sulle superfici la cui “wettability” (bagnabilità) è stata modificata da tecniche attive o passive, e quello di Davide Aloini, “Creating Collaborative Innovation Networks in Healthcare”, che ha l’obiettivo di utilizzare badge sociometrici in un contesto ospedaliero per testare e sviluppare l’analisi di reti sociali microscopiche come strumento per innovare i processi di healthcare.
Del dipartimento di Ingegneria civile e industriale hanno ricevuto il finanziamento Walter Ambrosini con il progetto “A Novel Physical Representation for Boiling in CFD”, che ha l’obiettivo di sviluppare l’applicabilità di una tecnica (CFD) per la previsione del trasferimento del calore, con uno studio che riveste grande importanza nel progetto di reattori nucleari e nella loro sicurezza, e Marco Gabiccini con “Fast Multi-Contact Dynamic Planning”, che studierà in che misura i recenti sviluppi nell’ottimizzazione polinomiale, chiamata metodo sums-of-squares (SOS), e il controllo dei modelli non lineari possono essere applicati al controllo e alle verifiche di sistemi robotici complessi, come i robot umanoidi. Infine Giovanni Vozzi, del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, con il progetto “Design and Realization of a 3-D Multi-scale in Vitro Model of Breast Tumor Microenvironment”, che mira a sviluppare nuovi strumenti in vitro per investigare gli effetti dei segnali meccanici sull’aggressività delle cellule del cancro al seno e della sensibilità alle droghe.
Le attività dei progetti, coordinate da un Principal Investigator (PI) della nostra Università e da uno del MIT, si svolgeranno da gennaio 2016 ad agosto 2017. Il contributo dell'Ateneo finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del gruppo di ricerca pisano che si recherà a Boston. Analogamente il MIT, per i progetti sostenuti dal MIT-UNIPI Project, finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del suo gruppo di ricerca che si recherà a Pisa. I progetti presentati da Fabio Bulleri e da Giovanni Vozzi saranno finanziati con il budget che la Cassa di Risparmio di San Miniato ha stanziato per sostenere l’iniziativa.

mit logoSi è conclusa la valutazione dei progetti presentati in risposta alla quarta call del MIT-UNIPI Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Tra le 13 proposte presentate, sono stati selezionati e finanziati 8 progetti che provengono dalle aree di Ingegneria, Biologia e Fisica, per un finanziamento totale di circa 70.000 euro. Nella cifra è compreso anche il contributo di 30.000 euro della Cassa di Risparmio di San Miniato che, in base a una convenzione triennale firmata nel 2014 con l’Ateneo pisano, sostiene a fondo perduto i progetti di ricerca sviluppati con il MIT che fanno riferimento all’area tematica delle Scienze economico-aziendali, sociali e ambientali.

«Un risultato che dimostra quanto, nel corso di questi anni, si sia consolidata la collaborazione tra il nostro Ateneo e il MIT – commenta il professor Paolo Ferragina, prorettore per la ricerca applicata e l’innovazione dell’Ateneo pisano – Dall’avvio dell’accordo sono stati sottomessi 56 progetti – tutti molto interessanti – e ne sono stati finanziati 32, per un totale di circa 214.200 euro. L’aspetto interessante di questa iniziativa è che alcune collaborazioni avviate grazie ai finanziamenti delle scorse call stanno proseguendo indipendentemente, con ottimi risultati e riconoscimenti ottenuti dai nostri studenti e ricercatori che si recano al MIT».

Il presidente della Carismi, Alessandro Bandini, esprime così la sua soddisfazione per aver partecipato, con la sua banca, al progetto: «Il sostegno triennale della Cassa di Risparmio di San Miniato per la collaborazione tra l’Università di Pisa e il Massachusetts Institute of Technology è un concreto esempio di sinergia fra pubblico e privato. Siamo orgogliosi di aver potuto contribuire in qualche modo alla realizzazione di questa importante iniziativa universitaria internazionale».

I progetti finanziati

MIT Building webTra gli 8 progetti finanziati nell’ultima call c’è quello di Fabio Bulleri del dipartimento di Biologia “From Micro to Macro: The Role of Microbial Biofilms in Regulating the Fitness and Competitive Ability of Subtidal Habitat-Forming Macroalgae”, che investigherà come i batteri influenzano il benessere delle alghe e i relativi processi ecologici. Nello stesso dipartimento è stata premiata anche Arianna Tavanti, per lo studio "Application of CRISPR/Cas9 Technology to Dissect the Role of Multi-Gene Families in Candida Parapsilosis Virulence”, che ha l’obiettivo di utilizzare uno strumento innovativo per “riscrivere il gene” nella Candida parapsilosis, la seconda principale causa della candidemia. Un’altra vincitrice è Maria Luisa Chiofalo, del dipartimento di Fisica, per il progetto "Generation of Spin-Squeezed States for Fundamental Physics Tests by Atom Interferometry”, che vuole sviluppare le attività teoriche per l’ottimizzazione degli schemi della generazione degli stati dei quanti “più luminosi”, prima del loro decadimento.

Tutti di ingegneria gli altri progetti selezionati: del dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni ci sono il progetto di Paolo Di Marco “Development of Advanced Micro-Engineered Surfaces to Improve Heat Transfer in Space Applications”, che studierà il trasferimento e lo scambio di calore sulle superfici la cui “wettability” (bagnabilità) è stata modificata da tecniche attive o passive, e quello di Davide Aloini, “Creating Collaborative Innovation Networks in Healthcare”, che ha l’obiettivo di utilizzare badge sociometrici in un contesto ospedaliero per testare e sviluppare l’analisi di reti sociali microscopiche come strumento per innovare i processi di healthcare.

ricerca internoDel dipartimento di Ingegneria civile e industriale hanno ricevuto il finanziamento Walter Ambrosini con il progetto “A Novel Physical Representation for Boiling in CFD”, che ha l’obiettivo di sviluppare l’applicabilità di una tecnica (CFD) per la previsione del trasferimento del calore, con uno studio che riveste grande importanza nel progetto di reattori nucleari e nella loro sicurezza, e Marco Gabiccini con “Fast Multi-Contact Dynamic Planning”, che studierà in che misura i recenti sviluppi nell’ottimizzazione polinomiale, chiamata metodo sums-of-squares (SOS), e il controllo dei modelli non lineari possono essere applicati al controllo e alle verifiche di sistemi robotici complessi, come i robot umanoidi. Infine Giovanni Vozzi, del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, con il progetto “Design and Realization of a 3-D Multi-scale in Vitro Model of Breast Tumor Microenvironment”, che mira a sviluppare nuovi strumenti in vitro per investigare gli effetti dei segnali meccanici sull’aggressività delle cellule del cancro al seno e della sensibilità alle droghe.

Le attività dei progetti, coordinate da un Principal Investigator (PI) della nostra Università e da uno del MIT, si svolgeranno da gennaio 2016 ad agosto 2017. Il contributo dell'Ateneo finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del gruppo di ricerca pisano che si recherà a Boston. Analogamente il MIT, per i progetti sostenuti dal MIT-UNIPI Project, finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del suo gruppo di ricerca che si recherà a Pisa. I progetti presentati da Fabio Bulleri e da Giovanni Vozzi saranno finanziati con il budget che la Cassa di Risparmio di San Miniato ha stanziato per sostenere l’iniziativa.

Ne hanno parlato:
Nazione Pisa 
Pianeta Universitario 
NazionePisa.it

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