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Altezza: in città non si cresce più come una volta
Per i bambini il vantaggio di crescere nelle città sta diminuendo a livello globale. Negli ultimi vent’anni, infatti, la differenza di altezza tra bambini e adolescenti che vivono in città e i loro coetanei delle aree rurali si è ridotta notevolmente e anche gli indici di massa corporea (BMI) si sono ormai allineati.
Il dato emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Nature e basato sull’analisi dei parametri di altezza e indice di massa corporea (BMI) di 71 milioni di bambini e adolescenti dai 5 ai 19 anni (cioè in età scolare) nelle aree urbane e rurali di 200 paesi, dal 1990 al 2020. Allo studio hanno collaborato anche l’Università di Pisa e l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, con dati raccolti nelle indagini epidemiologiche longitudinali realizzate nell’area rurale del Delta del Po e nell’area urbana-suburbana di Pisa dall’Unità di Ricerca di Epidemiologia Ambientale Polmonare.
Condotta da un consorzio globale di oltre 1500 ricercatori e medici, coordinata dall’Imperial College di Londra, la ricerca mondiale mostra che, mentre nel ventesimo secolo i bambini e gli adolescenti che vivevano nelle città risultavano mediamente più alti dei loro coetanei rurali, negli ultimi venti anni questo “vantaggio” in altezza delle zone urbane si è ridotto nella maggior parte dei Paesi, a causa dell'accelerazione dei miglioramenti in altezza per bambini e adolescenti nelle aree rurali.
Allo stesso modo anche l’indice di massa corporea (BMI, indicatore del fatto che i soggetti analizzati abbiano un peso sano per la loro altezza) si è, nel tempo, equilibrato: nel 1990, in media, i bambini che vivevano nelle città avevano un BMI leggermente più alto rispetto ai bambini delle zone rurali; mentre entro il 2020, le medie del BMI sono aumentate nella maggior parte dei Paesi, mostrando un “recupero” da parte delle aree rurali.
“I risultati ottenuti dallo studio - spiegano il dottor Francesco Pistelli (membro del gruppo di autori dello studio NCD Risk Factor Collaboration) e la professoressa Laura Carrozzi del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica dell'Università di Pisa che hanno collaborato all’indagine - evidenziano come nel tempo (almeno fino ad ora) la maggior parte delle regioni e aree rurali a livello globale hanno raggiunto i livelli delle condizioni di vita delle città, in conseguenza dello sviluppo di più moderni servizi igienico-sanitari e dei miglioramenti nella nutrizione e nell'assistenza sanitaria. Fanno eccezione solo l'Africa subsahariana, dove le differenze si sono invece amplificate, e alcuni Paesi dell’America Latina”.
Il rapporto tra imprese e diritti umani nella visione della professoressa Andrea Shemberg
Il rapporto tra imprese e diritti umani, come viene esplicitato nei Principi Guida delle Nazioni Unite su Impresa e Diritti Umani, sarà il tema al centro dell’incontro che si terrà giovedì 13 aprile, alle ore 14, al Polo didattico delle Piagge. Relatrice è la professoressa Andrea Shemberg (nella foto in basso), presidente del Global Business Initiative on Human Rights (GBI) ed esperta di rilievo internazionale su questi argomenti, da anni impegnata a seguire i percorsi delle imprese nell’implementazione dei Principi Guida delle Nazioni Unite.
Il suo seminario, dal titolo “Facilitating firms to implement the UN Guiding Principles on Business and Human Rights: Views from practice”, fa parte della serie “Talks on rebalancing democracy and capitalism” (“Colloqui sul riequilibrio tra democrazia e capitalismo”), organizzata dalla professoressa Elisa Giuliani, direttrice del Responsible Management Research Center (REMARC) e docente del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, in qualità di coordinatrice del progetto Horizon Europe REBALANCE.
I Principi Guida delle Nazioni Unite, adottati nel 2011 e diventati lo standard di riferimento globale in relazione al rapporto tra imprese e diritti umani, sanciscono la responsabilità delle imprese nel rispetto dei diritti umani. Per adempiere a questo dovere, le imprese sono chiamate a dotarsi tanto di politiche quanto di processi adeguati, tra cui fare uso di due diligence per identificare, prevenire e mitigare i propri impatti negativi e per rendere conto di come tali impatti vengono affrontati.
Ma cosa significa esattamente due diligence sui diritti umani? Sebbene il principio operativo di due diligence sia familiare alle imprese come strumento di gestione del rischio, soprattutto di natura finanziaria, un recente studio della Commissione Europea ha rilevato che all’interno dell’Unione Europea solo un’impresa su tre attualmente effettua una due diligence che tiene conto degli impatti sociali e sull’ambiente causati dalle operazioni aziendali.
Nel 2022 la Commissione Europea ha presentato la proposta di una direttiva sulla due diligence d'impresa in materia di sostenibilità, la Corporate Sustainability Due Diligence, che mira a promuovere un comportamento aziendale sostenibile e responsabile lungo le catene del valore globali, e sulla base della quale le imprese saranno tenute a identificare e, ove necessario, prevenire, porre fine o mitigare gli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori, e sull'ambiente. Per le imprese queste nuove norme porteranno certezza del diritto e parità di condizioni. Per i consumatori e gli investitori forniranno maggiore trasparenza.
Durante il seminario, Andrea Shemberg illustrerà l’approccio peer-learning tra imprese portato avanti da GBI. Questo approccio cattura bene l’ambizione del professor John Ruggie, il principale artefice dei Principi Guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, di fare della due diligence uno strumento di apprendimento continuo e continuativo per le imprese e, per questo, dai contenuti in continua evoluzione. Nell’ambito del lavoro della professoressa Shemberg, per esempio, l’attenzione tanto ai processi normativi in corso, quanto all’attualità e ai cambiamenti nelle operazioni delle imprese ha condotto recentemente a focalizzarsi su un’area nuova: i processi di due diligence lungo l’intera catena del valore, piuttosto che esclusivamente nella catena di approvvigionamento.
“Concretamente – dice la professoressa Elisa Giuliani - ciò significa interessarsi al rischio in materia di diritti umani legato alla vendita di servizi e prodotti: basti pensare, per esempio, alla vendita di tecnologie digitali usate per fini lesivi delle libertà individuali. Su questi temi, l’approccio di peer learning consente di oltrepassare il problema della opacità delle pratiche delle imprese, nonché della competizione tra esse rispetto alla divulgazione di processi interni e rischi con potenziali impatti in termini reputazionali”.
Andrea Shemberg condividerà la sua esperienza concreta in questo ambito, accennando anche alle difficoltà poste dalle molteplici crisi degli ultimi anni – dalla pandemia alla guerra in Ucraina, alla emergenza climatica. Il seminario offrirà l’occasione di riflettere su come investire in due diligence sui diritti umani e ambientali risponda non soltanto a un dovere etico e giuridico delle imprese, ma anche ad una scelta strategica volta a garantire competitività e sostenibilità nel lungo termine.
Il seminario sarà in lingua inglese e sarà possibile seguirlo anche online. Maggiori informazioni sono disponibili a questo link.