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Al CERN si è aperta una nuova frontiera per la conoscenza dell’Universo

Il 10 settembre 2008 al CERN di Ginevra, acronimo del francese Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire, è entrato in funzione Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle più grande e più potente del mondo. LHC è stato costruito in un tunnel circolare di 27 Km di circonferenza, scavato cento metri sottoterra, sul confine tra la Svizzera e la Francia. Questo evento è stato seguito dalle televisioni e dai giornali di tutto il mondo, creando un evento mediatico che ha sollevato la curiosità e lo stupore di milioni e milioni di persone.

Quale direttore della Sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e con l’aiuto dell’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa, ho organizzato lo stesso giorno una conferenza stampa al dipartimento di Fisica dell’Università, dove ha sede la Sezione INFN di Pisa, per presentare questo grande evento scientifico. Alla mia presentazione sulle caratteristiche di LHC e sull’importanza delle ricerche scientifiche che potranno essere fatte grazie a questo acceleratore, sono seguite delle presentazioni sui tre apparati sperimentali, alla cui realizzazione i fisici di Pisa hanno dato importanti contributi e che saranno l’oggetto di tre articoli separati in questo stesso numero di Athenet. Per rendere più significativa la Conferenza Stampa abbiamo seguito in collegamento diretto col CERN di Ginevra l’accensione dell’acceleratore illustrando agli intervenuti ciò che stava avvenendo. È stata questa anche l’occasione per spiegare ai giornalisti presenti quali siano le principali risposte scientifiche che i fisici si aspettano dai complessi esperimenti che verranno realizzati con questa poderosa e complessa macchina acceleratrice.

Figura 1 – Veduta aerea della zona dove si trova LHC

Figura 1 – Veduta aerea della zona dove si trova LHC

In figura 1 la circonferenza del tunnel sotterraneo di LHC è tratteggiata su una veduta aerea della zona dove sono ben visibili a destra l’aeroporto di Ginevra e il lago Lemano e a sinistra le propaggini dei monti del Giura.

Nel tunnel di LHC due intensi fasci di particelle subatomiche vengono accelerati fino a raggiungere velocità di pochissimo inferiori alla velocità della luce, guidati su ben definite orbite da intensi campi magnetici generati dalle migliaia di grandi magneti superconduttori che costituiscono l’acceleratore. Le particelle dei due fasci, una volta raggiunta l’energia massima dell’acceleratore, vengono fatte scontrare tra loro riportando i quark di cui sono costituite nelle stesse condizioni di temperatura e di densità in cui si erano trovati pochi milionesimi di miliardesimi di secondo dopo che il Big Bang dette origine al nostro Universo quattordici miliardi di anni fa.

Per mantenere stabilmente i fasci di particelle sulle orbite circolari dell’acceleratore sono necessari ben 1232 dipoli magnetici superconduttori di 15 metri di lunghezza disposti lungo tutta la circonferenza della macchina. Uno scorcio del tunnel dell’acceleratore con alcuni di questi dipoli è mostrato in figura 2. Ciascun dipolo è in grado di generare su tutta la sua lunghezza un campo magnetico di 8 tesla, un campo cioè che è ben duecentomila volte più intenso del campo magnetico terrestre.

Figura 2. Tunnel di LHC con un “dipolo superconduttore” in primo piano

Figura 2. Tunnel di LHC con un “dipolo superconduttore” in primo piano

Altri 392 quadrupoli magnetici superconduttori sono necessari per mantenere i fasci ben focalizzati lungo tutta la traiettoria delle particelle, mentre molti altri magneti di tipo sestupolo, ottupolo, decapolo etc. per un totale di circa 9600 magneti disposti lungo l’anello sono necessari per far funzionare correttamente l’acceleratore.

La realizzazione di una macchina così complessa ha richiesto lo sviluppo di tecnologie raffinatissime e la necessità di utilizzare strumenti di analisi e sistemi di controllo altamente sofisticati. Per ottenere le prestazioni necessarie i magneti superconduttori devono lavorare alla temperatura dell’elio superfluido cioè ad una temperatura di 1,9 gradi Kelvin (circa −271 gradi centigradi) che è molto vicina allo zero assoluto. Questi magneti risultano pertanto essere gli oggetti più freddi di tutto l’Universo trovandosi ad una temperatura più bassa di quasi un grado rispetto a quella che si trova negli spazi vuoti extragalattici. Inoltre a LHC i quark delle particelle, quando queste sono accelerate alla massima energia, si scontrano a temperature equivalenti a miliardi di volte le temperature che ci sono sul Sole. Pertanto, meraviglia della tecnologia, all’interno dell’acceleratore vengono create, contemporaneamente e a piccolissime distanze le une dalle altre, le temperature più fredde e quelle più calde di tutto l’Universo.

È proprio in questi scontri tra particelle di energia altissima, ben diecimila miliardi di volte superiore all’energia dei fotoni emessi da una lampadina, che si cercano delle risposte alle molte domande che ancora oggi i fisici subnucleari si pongono sulla natura del nostro Universo.

Due apparati sperimentali di enormi dimensioni (CMS e ATLAS), insieme a due apparati di dimensioni intermedie (ALICE e LHCb) e ad altri due di dimensioni più piccole, ma non per questo meno importanti (TOTEM e LHCf), frutto del lavoro di più di quindici anni da parte di migliaia di fisici e ingegneri provenienti da ogni parte del mondo, registreranno gli eventi che avverranno in questi scontri ad altissima energia tra i costituenti ultimi della materia come fossero delle enormi e sofisticate macchine fotografiche.

In ciascuno di questi scontri vengono prodotte alcune centinaia di particelle elementari di varia natura. Quando l’acceleratore funzionerà al massimo delle sue potenzialità, di questi scontri ne avverranno ben 100 milioni al secondo producendo quindi decine di miliardi di particelle ogni secondo. Gli apparati sperimentali devono essere in grado di riconoscere ogni tipo di tutte queste particelle prodotte e misurarne con grande precisione l’energia e l’impulso con cui emergono dall’interazione per poter capire la natura di tutti quegli eventi che mostrino delle caratteristiche fisiche interessanti. Per riuscire in questa non semplice operazione sono necessari degli apparati sperimentali molto complessi costituiti da vari sotto–rivelatori ciascuno specializzato per identificare e misurare i diversi tipi di particelle.

Questi giganteschi apparati, alti quanto un palazzo di cinque piani e pesanti anche più di 12000 tonnellate, hanno una struttura a strati con i sotto–rivelatori uno all’interno dell’altro, come in una matrioska e sono posizionati dove le particelle dei fasci di LHC si scontrano, cioè nei punti da dove emergono le particelle prodotte in questi scontri.

Figura 3. Metodo di rivelazione dei vari tipi di particelle

Figura 3. Metodo di rivelazione dei vari tipi di particelle

In figura 3 è raffigurato come vengono rivelati i vari tipi di particelle in un settore di una sezione trasversale di CMS. Una figura del tutto analoga si otterrebbe con un equivalente settore di ATLAS dato che i due apparati ricostruiscono con risoluzioni simili, anche se con tecnologie diverse, gli eventi di LHC.

Il primo rivelatore che le particelle prodotte incontrano emergendo dal punto di interazione è il cosiddetto “tracciatore” capace di ricostruire le traiettorie di tutte le particelle cariche prodotte nell’evento. Nello strato successivo si trova il “calorimetro elettromagnetico” necessario per la misura dell’energia degli elettroni e dei fotoni. Ancora dopo viene il “calorimetro adronico” capace di misurare l’energia dei cosiddetti “adroni” quali per esempio i protoni, i neutroni, i pioni e altri tipi di particelle che interagiscono nel calorimetro in modo simile a questi. La parte più esterna dell’apparato sperimentale è riservata al “rivelatore per muoni”, particelle simili agli elettroni ma che, avendo una massa molto più alta, sono capaci di penetrare tutto il denso materiale dell’apparato. Il tracciatore, ma talvolta come nel caso di CMS anche i calorimetri, è immerso in un forte campo magnetico che permette di misurare l’impulso delle particelle cariche misurandone con precisione le relative traiettorie.

Più di cento tra fisici, ingegneri e tecnici della Sezione INFN di Pisa e dell’Università di Pisa in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa e l’Università di Siena hanno dato dei contributi molto importanti e significativi a ben tre di questi sei apparati sperimentali. Il gruppo pisano di CMS con più di sessanta tra fisici, ingegneri e tecnici è stato protagonista del progetto, della costruzione e della messa in funzione del rivelatore di tracce di CMS. Questo rivelatore, che è un po’ il cuore di tutto l’esperimento e di cui ho avuto l’onore e il piacere di essere stato responsabile internazionale per molti anni, è costituito da più di dieci milioni di elementi di silicio e ricostruirà con precisione micrometrica le traiettorie di tutte le tracce cariche prodotte nelle collisioni, misurandone l’impulso e il vertice da cui provengono. Un altro gruppo pisano, più piccolo ma non meno agguerrito, è stato protagonista nella progettazione e nella realizzazione del calorimetro adronico di ATLAS, l’altro grande apparato insieme a CMS che registrerà tutti gli eventi interessanti che verranno prodotti a LHC. Il calorimetro adronico è una delle parti più importanti di questi grandi apparati essendo fondamentale conoscere l’energia delle particelle adroniche che vengono prodotte in queste collisioni. Il terzo gruppo pisano, in collaborazione con fisici dell’Università di Siena, è stato protagonista nella realizzazione di TOTEM, uno degli esperimenti più piccoli ma fondamentali per poter misurare le dimensioni reali del protone e quindi la probabilità che esso ha di interagire con un altro protone a queste altissime energie.

Figura 4. Rappresentazione pittorica del Modello Standard

Figura 4. Rappresentazione pittorica del Modello Standard

Negli ultimi decenni i fisici subnucleari sono stati capaci di costruire una teoria, il cosidetto Modello Standard, che è in grado di descrivere con incredibile dettaglio tutte le proprietà delle particelle elementari di cui è costituita la materia. Nonostante questi incredibili successi della teoria restano ancora aperti alcuni cruciali interrogativi che solo nuovi e più significativi dati sperimentali, accessibili solo alle energie di LHC, potranno chiarire.

Una delle questioni più dibattute è quale sia l’origine della massa delle particelle elementari e perché alcune abbiano masse molto grosse, altre invece siano leggerissime e altre ancora siano addirittura prive di massa. Non esiste a tutt’oggi una risposta certa a questa domanda fondamentale anche se in realtà esiste un’ipotesi molto convincente, proposta dal fisico Peter Higgs, secondo la quale le particelle elementari avrebbero masse così diverse solo perché così diverse sono le loro interazioni con un campo di forza, appunto il campo di Higgs, di cui è permeato tutto lo spazio fisico. Se questa ipotesi risultasse verificata dai dati di LHC e si identificasse la particella responsabile di questo campo, il cosidetto bosone di Higgs, si completerebbe finalmente la teoria del modello standard.

In figura 4 viene rappresentata pittoricamente l’essenza del Modello Standard con le tre generazioni dei fermioni (i quark e i leptoni) raffigurati come i mattoni fondamentali che costituiscono la materia e che interagiscono tra di loro con delle forze mediate dai rispettivi bosoni di scambio. La figura è completata con un punto interrogativo sul bosone di Higgs perché non siamo certi della sua esistenza ma che, se esistesse, potrebbe spiegare la grande diversità tra le masse che i quark, i leptoni e le particelle mediatrici delle forze hanno tra di loro.

Figura 5. Percentuali delle varie forme di energia che compongono l’Universo

Figura 5. Percentuali delle varie forme di energia che compongono l’Universo

Nell’Universo, così come ci appare, esistono altri fatti sconcertanti e assolutamente misteriosi a cui la fisica moderna non sa dare una risposta. Sappiamo dalle più recenti osservazioni di astrofisica che tutte le cose che vediamo, dal granello di sabbia più insignificante fino all’immensità delle galassie più lontane, costituiscono meno del 5% dell’energia di cui il nostro Universo è formato. Questo fatto è mostrato pittoricamente in figura 5 dettagliando le percentuali delle varie forme di materia esistenti nell’Universo. In particolare i dati astrofisici in nostro possesso ci dicono che tutte le galassie che vediamo sono immerse in una specie di materia misteriosa, la cosidetta materia oscura, che nonostante sia cinque volte più abbondante della materia ordinaria, finora non siamo riusciti a capire in cosa consista.

A LHC anche questo mistero potrebbe essere finalmente svelato. Esistono infatti teorie abbastanza convincenti che prevedono l’esistenza nel nostro mondo di particelle molto pesanti, chiamate nel gergo dei fisici particelle supersimmetriche.

Queste particelle sarebbero altrettanto numerose e di tipo speculare alle particelle elementari che costituiscono la materia visibile (si veda la figura 6) ma, interagendo con essa molto debolmente e avendo delle masse molto più alte, non sarebbero mai state osservate in esperimenti precedenti perché non esisteva l’energia sufficiente per poterle creare.

Figura 6. La “Supersimmetria” prevede per ogni particella elementare l’esistenza di una particella–partner supersimmetrica

Figura 6. La “Supersimmetria” prevede per ogni particella elementare l’esistenza di una particella–partner supersimmetrica

A LHC invece ci dovrebbe essere l’energia necessaria per produrle in abbondanza e quindi poterne capire finalmente la natura.

Molte altre sono le domande a cui LHC potrebbe dare risposta.

Noi viviamo in un mondo fatto di sola materia, ma al momento del Big Bang materia e antimateria dovevano essere presenti in ugual misura; e allora, che fine ha fatto tutta l’antimateria?

Noi crediamo che i mattoncini ultimi e indivisibili con cui è costruito il mondo siano i leptoni e i quark; ma se avessero essi stessi una struttura interna? Pensiamo che anche questa struttura potrebbe rivelarsi alle energie di LHC.

E ancora: Einstein ha mostrato che le tre dimensioni dello spazio sono intimamente connesse col tempo e che quindi la natura evolve in un mondo quadridimensionale di spazio–tempo. Sono state proposte interessanti teorie che potrebbero gettare luce sulla incompatibilità tra la forza di gravità e le teorie quantistiche e che ipotizzano l’esistenza in natura di altre dimensioni spaziali oltre alle tre percepibili dalla nostra esperienza quotidiana. I segni di queste extra–dimensioni, se esistessero, potrebbero essere visibili alle altissime energie di LHC.

Negli ultimi anni sono emerse da parte di taluni delle infondate preoccupazioni su un eventuale pericolo di distruzione del nostro pianeta a causa di ciò che potrebbe essere creato in queste collisioni tra particelle di energia così estrema. Per rispondere a queste ingiustificate paure la comunità scientifica internazionale ha incaricato a più riprese dei comitati di scienziati per dimostrare indipendentemente e in modo inequivocabile l’inconsistenza di queste preoccupazioni.

Figura 7. Composizione dei raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera terrestre

Figura 7. Composizione dei raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera terrestre

È vero che con LHC si possono ottenere collisioni ad energie mai ottenute prima da nessun altro acceleratore di particelle, ma è anche vero che nell’Universo i raggi cosmici producono molte collisioni tra particelle ad energie ancora più elevate di quelle ottenibili con LHC. I raggi cosmici sono particelle prodotte da fenomeni cosmici di varia natura, alcuni dei quali vengono accelerati fino a raggiungere delle energie enormemente superiori a quelle di LHC. Le energie e le frequenze con cui questi raggi cosmici colpiscono l’atmosfera terrestre (si veda la figura 7) sono state misurate in grande dettaglio negli ultimi settanta anni da molti esperimenti indipendenti. È facile quindi calcolare, partendo da queste due grandezze che sono state ben misurate, quante collisioni ad energie superiori a quelle di LHC sono avvenute sulla Terra negli ultimi quattro miliardi di anni della sua esistenza; il risultato è che sono un numero cento mila volte maggiore delle collisioni che verranno prodotte a LHC durante tutto il periodo in cui l’acceleratore è previsto funzionare! E la Terra, fortunatamente, esiste ancora! Il Sole ha una superficie diecimila volte più grande della Terra per cui, sul Sole, la Natura ha già fatto un miliardo di esperimenti equivalenti a quelli che faremo a LHC; e il Sole continua ad esistere! Se poi si volge lo sguardo al numero di stelle nella nostra galassia e al numero di galassie che esistono nell’Universo e si considera che anch’esse, analogalmente alla Terra, sono giornalmente bombardate da raggi cosmici di queste energie, i numeri diventano veramente astronomici. La Natura esegue ogni secondo ben trentamila miliardi di esperimenti LHC equivalenti e durante la vita dell’Universo ne ha addirittura già completati un numero maggiore di 1031 cioè di diecimila miliardi di miliardi di miliardi; e i pianeti, le stelle e le galassie continuano ad esistere!

Queste sono le ovvie conclusioni a cui sono giunti entrambi questi comitati formati da scienziati di indiscussa fama internazionale. La paura che a LHC possa venir creato un piccolo ma vorace buco nero in cui la Terra venga inesorabilmente inghiottita è totalmente priva di senso!

Non sappiamo quale nuova fisica troveremo a LHC, ma siamo certi che non produrremo eventi che siano in qualche modo pericolosi né per noi né tantomeno per la Terra. Crediamo invece che riproducendo nel laboratorio di LHC quegli eventi che avvenivano quattordici miliardi di anni fa nell’Universo appena nato apriremo un nuovo e affascinante orizzonte ad una nostra sempre più profonda conoscenza della natura.

Figura 7. Composizione dei raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera terrestre

Figura 7. Composizione dei raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera terrestre

Nei giorni immediatamente successivi all’entrata in funzione di LHC, i tecnici e gli ingegneri di macchina del CERN sono riusciti a far circolare i due fasci contemporaneamente in direzione opposta nelle orbite dell’anello e sono stati in grado di eseguire svariate prove di accelerazione. Nella figura 8 su uno schermo fluorescente si vedono le immagini del fascio circolante in LHC a riprova del buon funzionamento dell’acceleratore. Purtroppo poco più di una settimana dopo, il 19 settembre 2008, durante una prova di accensione dei magneti con alta corrente, a causa di una connessione elettrica difettosa tra due magneti, si è verificata la rottura del criostato di un dipolo con conseguente fuoriuscita di elio superfluido che, a contatto con la temperatura ambiente del tunnel, ha generato una sorta di esplosione che ha danneggiato un certo numero di altri magneti limitrofi. Questo incidente implica che la macchina dovrà restare ferma per svariati mesi sia per riparare i gravi danni causati dall’esplosione sia per controllare tutte le componenti dell’acceleratore ad evitare che un simile evento distruttivo possa verificarsi ancora. Comunque, anche se LHC non entrerà di nuovo in funzione prima della primavera prossima, i fisici nel frattempo potranno continuare a calibrare i loro rivelatori analizzando i dati che possono essere ottenuti grazie ai raggi cosmici (prevalentemente muoni di alta energia) che attraversano continuamente i loro apparati. Così, quando l’acceleratore tornerà finalmente a funzionare di nuovo, i ricercatori con il lavoro fatto nei prossimi mesi con i dati di raggi cosmici potranno aver misurato meglio le risoluzioni e le effettive potenzialità dei loro rivelatori e potranno più rapidamente iniziare la sperimentazione sui tanto attesi eventi di LHC. Nonostante questo spiacevole incidente del 19 settembre, la comunità dei fisici di LHC è fiduciosa di poter presto raccogliere i frutti di tanti anni di lavoro e di poter finalmente misurare e capire con i propri apparati quei fenomeni che la natura ha tenuto finora gelosamente nascosti perché essi si potranno manifestare solo alle altissime energie di LHC.

Rino Castaldi
direttore della Sezione di Pisa dell’INFN
rino.castaldi@pi.infn.it

Per saperne di più

Informazioni di carattere divulgativo sulla fisica delle particelle sono disponibili sui seguenti siti:
http://www.cern.ch
http://www.particleadventure.org/

Informazioni generali sugli esperimenti e sul Large Hadron Collider si trovano su:
http://www.cern.ch
http://www.atlas.ch/
http://cms.cern.ch
http://cern.ch/totem