Un semiconduttore organico è riuscito a fare ciò che finora sembrava impossibile: trasformare quasi tutta la luce che riceve in elettricità. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Materials e frutto di una collaborazione tra l’Università di Pisa, l’Università di Cambridge (UK) e l’Università di Mons (Belgio), potrebbe rivoluzionare il futuro delle celle solari e dei dispositivi elettronici alimentati dalla luce.
Il protagonista di questa ricerca è il P3TTM, una molecola appartenente alla famiglia dei radicali organici. I radicali sono specie chimiche che hanno almeno un elettrone spaiato, e questo li rende particolarmente reattivi. Finora erano conosciuti soprattutto per la loro capacità di emettere luce (vengono già usati nei moderni schermi OLED), ma non per produrre elettricità in modo efficiente.
La novità è che, illuminando sottilissimi film di P3TTM con luce blu-violetta, le molecole non solo si eccitano ma si scambiano elettroni tra loro, creando coppie di particelle cariche. Quando queste vengono separate da un semplice campo elettrico, la conversione in corrente elettrica è quasi perfetta: un’“efficienza di raccolta” vicina al 100%. In altre parole, quasi tutta l’energia della luce viene trasformata in elettricità utilizzabile.
I vantaggi sono enormi. Nelle celle solari organiche tradizionali — dispositivi elettronici che convertono l’energia della luce solare in elettricità attraverso l’effetto fotovoltaico — una parte consistente della luce va sprecata perché le cariche rimangono intrappolate. Con il P3TTM, invece, la luce diventa corrente in modo semplice e diretto, senza bisogno delle complesse architetture finora utilizzate. Questo apre la strada a celle solari più economiche, leggere e facili da produrre, ma anche a nuovi sensori ottici e magnetici, e a dispositivi elettronici innovativi che sfruttano la luce come fonte diretta di energia.
“Il nostro contributo come Università di Pisa è stato quello di comprendere, attraverso calcoli quantomeccanici, come le molecole di P3TTM interagiscono tra loro dopo essere state colpite dalla luce – spiega Giacomo Londi, ricercatore del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale – Questa analisi computazionale è stata fondamentale per confermare che la separazione di carica non dipende da eterogiunzioni o materiali ausiliari, ma è una proprietà intrinseca del radicale organico. In altre parole, abbiamo dimostrato che il meccanismo alla base di questo processo si deve alla natura stessa della molecola, aprendo la strada a una nuova generazione di celle solari più semplici e sostenibili”.