Nel libro Critica della ragione bellica (Laterza, 2025), Tommaso Greco, professore di Filosofia del diritto all’Università di Pisa, mette in discussione un presupposto radicato nel pensiero occidentale: l’idea che la guerra sia una condizione naturale dell’uomo e che la pace rappresenti invece un’eccezione, un ideale fragile, quasi contrario alla natura umana.
A partire da questa critica, l’autore elabora una prospettiva alternativa, fondata sul pacifismo giuridico. Non si tratta di un’utopia, ma di una concezione della pace come condizione originaria della convivenza umana e come principio del diritto. Il pacifismo giuridico, nella lettura di Greco, non si limita a rifiutare la violenza: riconosce che la pace esiste già nei legami, nelle istituzioni e nelle norme che regolano la vita comune, e che va quindi preservata prima della guerra, non ricostruita dopo.
Il diritto, in questa visione, non è soltanto un insieme di regole per contenere la forza, ma uno spazio di relazione e di riconoscimento reciproco. È ciò che permette di mantenere la fiducia tra le persone e tra gli Stati, impedendo che la paura o la sfiducia conducano al conflitto. Custodire la pace significa allora rafforzare le istituzioni che la rendono possibile, dalla cooperazione internazionale alla cultura del dialogo e della responsabilità.
Greco richiama la tradizione che da Kant a Kelsen fino all’articolo 11 della Costituzione italiana vede nel diritto e nelle istituzioni i principali strumenti di pacificazione. Una prospettiva che oggi, sottolinea l’autore, appare tanto più urgente in un’Europa segnata dal riarmo e dalla retorica della “difesa necessaria”, come mostra il piano ReArm Europe varato dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Contro la convinzione che la guerra sia inevitabile e che la pace possa essere ottenuta solo attraverso la forza, Critica della ragione bellica propone di ribaltare lo sguardo: “La pace – scrive Greco – non è un traguardo lontano, ma la condizione che già abitiamo e che dobbiamo imparare a custodire.”



