Martedì 10 giugno è mancato Stefano Brugnolo. Nato a Padova nel 1956, era professore ordinario di Critica Letteraria e Letterature Comparate presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica.
Pubblichiamo il ricordo degli amici, le amiche, le colleghe e i colleghi che ne piangono l’improvvisa scomparsa.
Stefano Brugnolo è stato uno studioso acuto e brillante: allievo di Francesco Orlando, con il quale si è laureato nel 1980 con una tesi Il surrealismo e la psicoanalisi freudiana, ne ha sviluppato il pensiero verso una teoria della letteratura – suo campo d’indagine di elezione – che insisteva sulle molteplici valenze e significati del testo letterario, intrecciando riflessioni di ordine sociale, culturale e politico.
Secondo Brugnolo nei testi si incrociavano, scontravano, punti di vista differenti e contradditori, e i suoi libri e saggi – più di cento, tra cui ricordiamo qui solo alcune monografie: La tradizione dell’umorismo nero (1994), La letterarietà dei discorsi scientifici (2000), Strane coppie (2013), La tentazione dell’Altro (2017), Dalla parte di Proust (2022), Rivoluzioni e popolo (2023) – si sono mossi in questa direzione.
Stefano Brugnolo è stato un maestro nel farci vedere come in ogni opera, nella più famosa e studiata come nella meno conosciuta, si nascondeva sempre un qualcosa di inaspettato, d’inatteso, rendendo semplice, rendendo comprensibile, anche il testo più difficile.
E questo valorizzare nel testo le differenze, le posizioni contrastanti e spesso inconciliabili, ha caratterizzato non solo la postura dello studioso, ma anche quella dell’uomo, dell’amico, del maestro: gentile, comprensivo, capace di mettersi in dubbio e di riconosce le ragioni dell’altro, anche quelle a lui meno congeniali.
Con Gianni Iotti, Sergio Zatti e Luciano Pellegrini ha fondato il Seminario d’interpretazione testuale che, da dodici anni, arricchisce la comunità intellettuale pisana.
Brugnolo sapeva guidare i più giovani alla scoperta delle esperienze umane custodite negli scritti dei grandi pensatori della cultura occidentale. Le sue lezioni – sempre frequentatissime – si distinguevano per libertà di pensiero, accoglienza verso tutti i punti di vista, e passione intellettuale.
Non possiamo non ricordare qui la sua gentilezza, generosità e disponibilità: verso i colleghi, certo, ma soprattutto verso gli studenti e dottorandi, che considerava sin da subito interlocutori e amici e per i quali era disponibile ben più di quanto fosse richiesto a un docente universitario, sempre con il sorriso dolce, il tono tranquillizzante, i modi calmi. Spronava tutti a condividere le proprie idee, a confrontarsi, e lui per primo era pronto a cambiare opinione, a mettersi in discussione, a imparare, anche in questo incurante dei ruoli e degli accademismi. È forse questa combinazione di acume intellettuale e umanità, così difficile da trovare, il ricordo che più di tutti gli altri ci è caro lasciare in questo momento.