Nel pomeriggio di mercoledì 29 ottobre, i vertici delle quattro principali istituzioni accademiche e religiose della città si sono riuniti per un confronto pubblico su “Educazione, speranza di pace”. L’incontro, che ha visto dialogare l’Arcivescovo di Pisa Saverio Cannistrà, il Rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi, il Direttore della Scuola Normale Superiore Alessandro Schiesaro e il Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna Nicola Vitiello, ha lanciato proposte concrete e inedite: dal reclutamento di politologi internazionali specializzati in risoluzione dei conflitti alle collaborazioni già avviate con scienziati palestinesi per comprendere la situazione delle università nelle zone di guerra, fino al progetto di costruire un nuovo ateneo italiano a Gaza, come auspicato dalla Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini.

L’evento, promosso dal Servizio Cultura e Università della Diocesi di Pisa in occasione del Giubileo 2025, ha rappresentato un momento storico di dialogo tra chiesa e mondo accademico, con l’effetto di iniziare a pensare Pisa come un hub nazionale delle Scienze per la pace.
In un contesto storico segnato da crisi internazionali, rapidi cambiamenti tecnologici e crescente polarizzazione del dibattito pubblico, i vertici delle quattro istituzioni hanno riflettuto sul ruolo delle loro specifiche realtà nella formazione delle nuove generazioni, esplorando come educare al pensiero critico, alla cooperazione e alla responsabilità sociale siano premesse della costruzione di una vera cultura della pace.
«Nel piano 2025 ho reclutato per chiamata diretta un politologo internazionale che si occupa proprio di risoluzione dei conflitti», ha annunciato il Rettore Nicola Vitiello della Scuola Superiore Sant’Anna. «Abbiamo invitato uno scienziato palestinese a spiegarci quali università esistevano e non esistono più a Gaza: ci siamo fatti fare un quadro concreto, al di là delle divisioni. La prima cosa che si può fare è studiare, non parlare di questioni che non si conoscono. Poi aumentare la massa critica di chi si occupa di scienze per la pace. A Gaza non ci sono più atenei. La proposta della Ministra Bernini mi trova assolutamente d’accordo: perché non pensare di costruire nella Striscia un’università italiana, appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno? Le guerre nascono sempre quando ci sono disparità, sproporzioni, squilibri. Dobbiamo trasmettere ai giovani valori positivi e le università possono creare ponti, collaborando con tutte le istituzioni senza prendere la parte di una fazione in guerra. Devono creare collaborazioni a partire dalle proprie competenze, trovare i fondi necessari, in modo metodico. Se questa cosa la fa un ateneo non sposta gli equilibri, ma se c’è uno sforzo coordinato, e Pisa potrebbe essere il polo universitario delle Scienze per la pace, questo potrebbe diventare anche un asset strategico».
Il Rettore Riccardo Zucchi dell’Università di Pisa ha illustrato le scelte strategiche già adottate: «Abbiamo modificato lo statuto inserendo pace, sostenibilità e responsabilità sociale al centro delle attività istituzionali. Siamo stati la prima università in Italia a istituire un corso di laurea in scienze per la pace e siamo promotori della Rete delle università italiane per la pace. Ci siamo impegnati pubblicamente a non essere coinvolti in attività legate allo sviluppo o perfezionamento di armi. Ma servono anche competenze tecniche specifiche: la tecnica della negoziazione non è banale, bisogna essere preparati a far parlare persone con vissuti diversi. Ci sono aspetti giuridici da studiare, come l’inquadramento dell’uso legittimo della forza. Però senza volontà di base, gli strumenti tecnici sono inutili. Dobbiamo continuare la nostra opera di testimonianza, educare ai valori positivi, condannare la violenza senza sconti in tutte le sue forme, anche quella verbale».
Il professor Alessandro Schiesaro, Direttore della Scuola Normale Superiore, ha ricordato scelte educative controcorrente: «Ho appena detto ai nuovi studenti del dottorato [alla Scuola Normale Superiore] che la competizione serve a poco. Alla Normale cerchiamo di dare il meno possibile voti e di non darli pubblicamente, proprio per evitare una cultura eccessiva della competitività. Io non uso mai la parola ‘eccellenza’ perché rischia di alimentare il senso di competitività invece che di collaborazione. Le grandi iniziative scientifiche sono ormai collettive. Lo spirito critico è il fondamento della democrazia. Dobbiamo demitologizzare le letture ideologiche: è impressionante come l’Impero Romano stia tornando come modello di riferimento in certi ambienti politici, una rimitologizzazione completamente astorica. E poi empatizzare: riconoscere chi è diverso. Oggi i giovani hanno più strumenti e più possibilità di noi per capire che c’è dignità e cultura in persone molto diverse per provenienza e formazione. Il rispetto della diversità è anche una forma di creatività: significa avere quel quantum di fantasia, creatività, originalità che potrebbe essere un altro cardine dell’azione universitaria».
L’arcivescovo di Pisa p. Saverio Cannistrà ha posto l’accento sulla dimensione umana ed emotiva: «Il Vangelo, prima di essere un contenuto dottrinale, un insieme di verità teologiche, dogmatiche e morali è un modo di essere umani, è un modo di stare con l’altro. Papa Leone nella lettera apostolica di ieri (Lettera Apostolica del 28 ottobre 2025) ‘Disegnare nuove mappe di speranza’ dice: “Non basta conservare: occorre rilanciare”. Più che di mantenere, di possedere spazi, si tratta di iniziare processi che facciano realmente crescere le persone. Incontro molti giovani e spesso ho l’impressione che il loro battito cardiaco sia accelerato, come quello di una persona che ha paura, che vive in ansia. Vivono in un presente globale, planetario, iperconnesso, che richiede un impegno arduo di riorganizzazione della mente e del cuore. Hanno bisogno di aiuto per riconoscere il senso della vita e difenderlo da pericolose derive. Dobbiamo dedicare tempo che è diventato una merce preziosissima, ma è essenziale. L’urgente prevale troppo spesso sull’importante: l’urgente è ciò che l’istituzione esige, l’importante è però il futuro. Altrimenti rischiamo di essere schiacciati dalla manutenzione dello status quo».
Dal pubblico, il noto teologo don Severino Dianich ha lanciato una sfida culturale: «Nel promuovere una politica di pace sarebbe importante studiare la guerra. Se non studiamo la guerra siamo disarmati nel lavorare per la pace. La guerra è un meccanismo diabolico che va smontato, denudato, svergognato, mettendo in luce i motivi ignobili che ci sono sempre, anche sotto gli ideali più alti come l’indipendenza o la libertà. Dobbiamo decostruire la guerra per promuovere la pace”.
Un altro intervento dal pubblico ha evidenziato l’urgenza della collaborazione tra le istituzioni: «Di fronte all’ansia comunicativa, alla tecno-ansia e all’eco-ansia del nostro tempo, le divisioni tra mondo scientifico, Chiesa e politica sono un limite. Serve la collaborazione di tutti». A cui l’Arcivescovo Cannistrà ha risposto: «Siamo in un cambiamento d’epoca. Il fatto che siamo qui seduti insieme in questo tempio della scienza, dove quando fu costruita quest’aula (L’Aula Magna risale all’inizio del Novecento) non era pensabile che l’Arcivescovo sedesse accanto ai Rettori, è estremamente significativo. Dobbiamo mettere insieme le nostre competenze e studiare insieme la situazione in cui ci troviamo».
L’evento si è inserito nel contesto del Giubileo 2025. Pisa, con le sue quattro eccellenze unite per la prima volta nella città della Torre, si pone come laboratorio nazionale per una nuova cultura della pace fondata su competenze scientifiche, collaborazione internazionale e formazione.


