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Il palio 'per Arnum'

La tradizione delle regate attraverso i secoli

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Gioco Del PonteArno, via d'acqua importantissima per galee, imbarcazioni da trasporto o diporto e, fino alla metà del secolo passato, navicelli, è stato ed è anche scena di feste e gare remiere, oggi dette comunemente regate (con voce nota già nei secc. XIII-XIV a Venezia, Genova e Messina, da regatare < recaptare 'richiappare') ma a Pisa indicate piuttosto, dal Trecento in poi, come palio, corso o corsa.

Al tempo di Dante, nel 1292, i Fiorentini attaccarono Pisa e, dato il guasto alle campagne, "per la festa di San Giovanni feciono correre il palio [di cavalli] presso alle porte di Pisa", come racconta Giovanni Villani e mostrano le illustrazioni della sua Cronaca (Bibl. Ap. Vaticana, ms. Chigiano L VIII 296, c. 152r). L'attacco fu respinto, grazie alla prodezza e all'astuzia del conte Guido da Montefeltro, e la città poté a sua volta festeggiare, il 15 di Agosto, nella ricorrenza dell'Assunzione di Maria Vergine sua patrona. Così narra, nelle sue Memorie istoriche della città di Pisa (Livorno, Bonfigli, 1682), lo storiografo e cultore di cose pisane Paolo Tronci che, appunto all'anno 1292, offre una vivida rappresentazione di quella festa con sontuosi addobbi del Duomo e della Torre, processioni, illuminazioni, palii di terra e, appunto, palii d'acqua. Tutti o almeno parte dei documenti due-trecenteschi noti al Tronci furono pubblicati da Pietro Vigo nell'opuscolo Una festa popolare a Pisa nel Medio Evo (Pisa, Mariotti, 1888); abbiamo ad es. un documento dell'Agosto 1323 relativo a pagamenti "pro pretio palii vellosi et fregiorum ibi adplicatorum [...] per homines cum equis (170 lire) [...]; pro pretio duorum paliorum de sirico et auro [...] que curri fecerunt unum per aquam et alium per terra more solito (40 lire)".

LuminaraUn altro documento dell'epoca attesta un pagamento fatto da "Feo Gualfrei tabernario pro pretio unius bovis, unius montonis et unius porci, unius papari et unius galli quos curri fecerunt [che misero in palio] die festivitatis cum vachettis per Arnum more solito sine cabella (libras viginti octo et soldos quatuordecim denariorum pisanorum)".

Questa seconda notizia indica il tipo di imbarcazione impiegato nel palio pisano per Arnum e cioè la vacchetta, termine attestato in fonti latine duecentesche e, ad es., nella Cronaca di Giovanni Villani là dove si racconta di Castruccio Castracani; il Dizionario di Marina della R. Accademia d'Italia (Roma 1937) spiega il termine come 'piccolo bastimento da guerra da 20 remi' ma riporta anche un documento latino secondo cui le vacchette potevano essere a otto remi, e dunque di dimensione non molto superiore a quella delle imbarcazioni che ancora oggi corrono in Arno: "Vaceta [...] debet habere remos octo [...], quorum remorum quatuor debent bogare ad duos bancos et de reliquis quatuor quilibet debet remare per se".

Un'altra informazione importante riguarda i premi per le imbarcazioni in gara, cioè, oltre al palio vero e proprio ossia un drappo prezioso (lat. pallium), animali di grossa taglia per le imbarcazioni migliori e di piccola taglia per quelle perdenti; in base a questi o ad analoghi documenti lo stesso Paolo Tronci conferma che "per acqua si correva in Arno con galeotte e brigantini e quello che prima arrivava alla meta guadagnava un toro covertato di scarlatto, con scudi cinquanta; il secondo drappo di seta di valuta di trenta fiorini d'oro; il terzo aveva [...] per scherzo un paio d'oche et una resta d'agli (op. cit., p. 270)".

Una processioneLa tradizione di questo beffardo premio è rimasta viva sino ad oggi: nel palio che si corre non più per l'Assunta ma per S. Ranieri con quattro barche, una per ognuno dei quartieri pisani (S. Maria, S. Francesco, S. Martino, S. Antonio), all'ultima arrivata tocca un paio di paperi, che i perdenti debbono rincorrere in acqua essendo stati evidentemente indegni di gareggiare con agguerrite imbarcazioni.

Se sotto questo profilo la moderna regata di S. Ranieri continua quella medievale, in molti particolari segue le regole fissate nel secolo XVII per il palio dell'Assunta. Già "nelle Riforme della città di Pisa della seconda metà del Cinquecento, [ove] non si nomina mai il Gioco del Ponte [...], viene sancito il carattere tradizionale di un'altra ricorrenza [...], quella di Santa Maria Mezzo Agosto [...] che consisteva in palî per acqua e per terra, cortei, processioni, offerte di candele [ma doveva adattarsi] alla "povertà del Comune" cui fanno esplicito riferimento le Riforme (I. Aliverti, in Il gioco del ponte di Pisa. Memorie e ricordi di una città, Firenze, Vallecchi, 1980; cfr. Archivio di Stato di Pisa = ASPi, Comune D, 1 e 2, specie c. 172)".

Queste difficoltà economiche dovettero a un certo punto interrompere la tradizione dei palii dell'Assunta, che fu ripristinata solo grazie a un lascito privato. Il cittadino pisano Antonio Bartaloni Seppia, o Antonio Del Seppia Bortoloni, morto nel 1631, dispose infatti nel suo testamento (notaio Lionardo di Bernardino Lacca, 5 dicembre 1631 pis. ossia 1630) una dotazione finanziaria perché si potesse "correre annualmente in Pisa un palio del valore di scudi cinquanta, o nel giorno della vigilia dell'Assunta della Beata Vergine di Mezzo Agosto o nel giorno stesso dell'Assunta, per terra per la via Santa Maria o per Arno con le fregate (sottolineato nel testo: ASPi, Comune D, 90, c. 18)".

Corsa barchetteLa scelta precisa del giorno e delle modalità era delegata ai Priori di Pisa che però non poterono subito dar corso al mandato, a causa dello scoppio di una pestilenza. Finalmente, a dì 20 luglio 1634, i Priori della Magnifica comunità di Pisa, coadunati ossia riuniti insieme coi Collegi, i Sei Buoni Homini e i Proveditori e Sindici, deliberarono, su proposta del Proposto messa ai voti e approvata,

"- che il palio si deva correre il dì 15 Agosto festa della Santissima Assunta avvocata della città, et detto palio si deva correre alle ventidue ore [...]
- che la qualità del palio deva essere tanto damasco rosso crimisi che capisca la valuta di scudi cinquanta, insieme con due arme, una della Comunità, l'altra del signor Antonio Bartaloni Seppia testatore, da affigersi et attaccarsi annualmente al detto palio et damasco [...]
- che il suddetto palio si deva correre per Arno con le fregate (ibidem, c. 19)".

Sulle modalità della gara vi fu però discussione e la proposta alfine formulata e messa ai voti fu bocciata: "doppo molti discorsi, fu proposto che le fregate [...] devino pigliare il corso dal Ponte alla Fortezza et quivi stare dentro a quelli termini che dalli S.ri Priori [...] sarà ordinato, et a un tiro di maschio ['mortaretto'] di quivi partirsi et correre alla volta d'una antenna ritta da quattro o più venti ['tiranti'] dirimpetto alla statua del Serenissimo Gran Duca Ferdinando, da ponersi detta antenna in Arno o sopra una chiatta o altro, et chi de' corritori leverà il palio che sarà posto in cima della detta antenna, et haverà osservato quanto nel Corso si contiene, allhora s'intenda detto havere vinto et acquistato il detto palio, et misso il partito per deliberarsi, la suddetta proposta ottenne fave 11 nere, 9 bianche in contrario, et non fu vinto (ibidem, c. 19)".

ArnoLa seduta fu aggiornata e i Priori, nella riunione del 24 luglio successivo, accolsero quanto "dal Signor Proposto, sentito il parere delli suddetti coadunati, esposto et proposto", cioè "che tutte le fregate, et di qualsivoglia loco o stato, venissero per correre al detto palio, devino comparire adornate nel miglior modo possibile et rappresentarsi almeno il giorno innanti al detto corso avanti li SS.ri Priori acciò, da loro Signorie conosciuto le fregate che vorranno correre e loro qualità, possino essere ammesse al detto corso e palio o ributtate, et consequentemente rimborsate le ammesse et per mano de' SS.ri Priori estratte, acciocché nel luogo della levata al Ponte a Mare non nasca confusione, ma ciascheduna delle fregate habbia et pigli il luogo ordinatamente secundo la sua estrazione; et si deva piantare una antenna in Arno, o sopra una chiatta in Arno o altro, ritta da quattro o sei venti ['tiranti'] dirimpetto alla casa dell'habitazione del quondam signor Antonio Bartoloni Seppia, sopra la quale antenna et nella sommità di essa si ci ponga una banderola o fiamma; et che il palio si deva esponere il giorno del corso in sul Ponte Vecchio, sopra l'antenna o sbarra solita servirsi al Gioco del Ponte, et quivi starvi fine alla fine del palio; et venuto l'hora di correre il palio devino le fregate che saranno state ammesse al detto palio (ricevuto prima l'ordine da' SS.ri Priori o da chi per lor Signorie fussi deputato) partirsi dal loco dell'antenna dirimpetto alla casa del suddetto quondam signor Bartaloni et andare alla volta del Ponte a Mare, et questo non per vincersi o perdersi il palio da esse, ma per bel vedere et gusto della Città; et arrivate al Ponte a Mare, ciascheduna delle fregate si fermi et pigli il loco che gli sarà tocco nell'estrazione, nel qual luogo devino le dette fregate stare dentro a quelli termini, che da' SS.ri Priori di quelli tempi [...] sarà ordinato et da quivi non si partino fine a che non sentiranno il cenno della partenza ad un tiro di maschio ['mortaretto'], che sarà ordinato da' SS.ri Priori o da chi per lor Signorie fussino deputati; al qual cenno, et non prima, devino et possino le fregate pigliare il corso contro all'acqua alla volta dell'antenna piantata dirimpetto alla casa del detto signor Antonio Bartaloni come sopra, et il primo che salendo piglierà dalla sommità della detta antenna l'apposta banderola o fiamma, s'intenda habbia acquistato et vinto il suddetto palio, et deva rappresentarsi avanti li SS.ri Priori, et in mano del Proposto consegnerà la banderola in segno della vittoria, ad effetto che di poi dalli SS.ri Priori gli sia consegnato il palio, mentre ['purché'] da esso e sua fregata sarà stato osservato quanto sopra et ogni altra cosa che da' Ss.ri Priori fussi deliberata (ibidem, c. 21)".

Arno e barcheL'imbarcazione impiegata in questo palio è la fregata (con sottolineatura nel testo a indicare il carattere tradizionale del termine) ossia, secondo il signficato comune fino al sec. XVI, una lancia o 'palischermo più piccolo della feluca, senza coperta [...] guidato da otto o dieci uomini, velocissimo' (Dizionario di Marina cit., s. v.). Da altri documenti, studiati da Alfredo Segrè nell'opuscolo Una festa tradizionale in Pisa nei secoli XVII-XVIII (Pisa, Mariotti, 1902), sappiamo che le fregate, in numero variabile di quattro, cinque o sei (come suggerisce anche il numero dei venti), "avevano quattordici remi ed anche dieci ed appartenevano a quelli stessi che correvano il palio" (op. cit., p. 8). Le barche erano identificate con nomi indicanti il colore (gialla, verde, rossa ecc., come ancora oggi), lo stemma a esse associato (delfina, dragona) o l'appartenenza territoriale (fregata di San Michele, s'intende degli Scalzi, o anche di Calcinaia, di Pontedera, di Livorno, data la possibile presenza anche di equipaggi di tali aree). L'inizio della corsa era segnato da un tiro di maschio ossia dal lancio di un mortaretto; bocciata la proposta di correre con corrente a favore, dal Ponte alla Fortezza all'attuale piazza Carrara, la gara si disputava contro corrente dal Ponte a Mare fino, almeno nelle prime edizioni, alla casa del fu Bartoloni Seppia grazie al quale la tradizione era ripresa. La mèta era costituita da una chiatta con un'antenna tenuta ritta da quattro o sei tiranti detti venti, che servivano anche per la seconda fase della gara; come infatti si fa tuttoggi, quando le barche giungono alla chiatta, uno dei membri dell'equipaggio, a tal fine allenato, deve salire lungo il canapo per pigliare la banderuola o fiamma ('lunga banderuola a forma di triangolo isoscele') alla sommità dell'antenna; l'ordine di arrivo della gara remiera può così essere sovvertito dall'abilità dei montatori, e si capisce che, oltre alle irregolarità possibili nella regata, capitasse pure che "quando il montatore era sull'antenna, gli altri di sotto lo tiravano per i piedi, tentando di precipitarlo in Arno" (Segrè, op. cit., p. 13).

Dopo la ripresa seicentesca la gara, nelle forme allora definite, è dunque continuata fino a oggi, conoscendo edizioni particolarmente significative, come documenta Segrè. Ad esempio nel 1790, quando Pietro Leopoldo fu nominato imperatore, fu corso un palio col premio di 60 braccia di damasco offerto dalla Nazione Ebrea di Pisa; un grande palio si corse anche il 12 agosto 1808, giorno di S. Napoleone e dunque onomastico "di Sua Maestà il Re, imperatore dei Francesi, re d'Italia, protettore della Confederazione del Reno". Durante i palii per Arnum dunque si è talora respirata quell'aria internazionale che sentiamo in questi giorni, grazie alla presenza degli equipaggi universitari non solo di Pisa e Pavia ma anche di Cambridge e Aachen.

Fabrizio Franceschini
docente di Linguistica italiana

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  • 16 maggio 2012

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