Al dipartimento pisano di Economia e Management il workshop su "La Banca di Raffaele Mattioli"
Si terrà venerdì 12 maggio, con inizio alle ore 14,30 nell’Aula Magna del dipartimento di Economia e Management, il Workshop su “La Banca di Raffaele Mattioli”, al quale parteciperanno autorevoli esponenti del mondo accademico e bancario, tra i quali il presidente della Banca IMI, Gaetano Miccichè, e l'amministratore delegato della Cassa di Risparmio di San Miniato, Divo Gronchi.
L’iniziativa è incentrata sull'analisi della figura del banchiere ed economista Raffaele Mattioli e sulla sua visione sistemica della banca. Nato a Vasto nel 1895 e morto a Roma nel 1973, Mattioli è stato per circa quarant'anni al vertice della Banca Commerciale Italiana, dando un contributo fondamentale allo sviluppo dell'economia italiana del secondo dopoguerra. Oltre che un banchiere colto e illuminato, Mattioli è stato un umanista di alto valore che si è impegnato nella promozione di riviste e progetti culturali, e in attività di mecenatismo e sostegno alla cultura. Simbolo di questa attività è stata l'acquisizione della casa editrice Riccardo Ricciardi di Napoli, che durante la seconda guerra mondiale ha stampato varie opere di Benedetto Croce, cui Mattioli era legato da una solida amicizia.
Il pensiero di Raffaele Mattioli ha ispirato e continua a ispirare riflessioni e confronti sul ruolo svolto dalla banca nell’attuale contesto di grande cambiamento e incertezza, sottolineandone la complessità, specie nel rapporto di fiducia intrattenuto con la clientela. Al centro dell'azione di Mattioli, c'è stata la creazione di una forte cultura aziendale all'interno della banca, in grado di operare attraverso un sistema sano di finanziamento dell'impresa e una corretta valutazione di merito del credito. Soprattutto, egli ha considerato essenziale la missione sociale della banca, che deve essere al servizio dei clienti, ma che deve salvaguardare anche l'interesse generale, avendo sempre come fine ultimo lo sviluppo complessivo dell'economia e della società.
Su questi temi si concentreranno gli interventi dei relatori di grande esperienza e con profonda conoscenza della realtà bancaria italiana.
Dalle foreste algali di costa rocciosa i segnali precoci per prevedere il collasso degli ecosiste
Cambiamenti nella distribuzione degli organismi nello spazio possono rivelare quando un ecosistema è sull’orlo del collasso. È questa la principale conclusione di uno studio condotto da un’equipe di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e apparso sulla rivista Nature Ecology & Evolution. I ricercatori hanno lavorato insieme nell’ambito del MIT-Unipi Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Ateneo pisano e del MIT di Boston.
Graduali cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l’aumento della temperatura, il sovra-sfruttamento delle risorse e la perdita di habitat, possono portare gli ecosistemi sull’orlo del collasso. Quando un ecosistema si avvicina al punto di non ritorno, diventa maggiormente sensibile a perturbazioni che altrimenti avrebbero effetti trascurabili. L’avvicinarsi di una transizione può quindi essere annunciato dal grado di propagazione di una perturbazione nello spazio, come ad esempio la diffusione di una specie in un habitat dove essa non si dovrebbe trovare; maggiore è il grado di propagazione, maggiore è la vicinanza del sistema alla soglia critica che lo separa dal collasso.
I ricercatori dell’Ateneo Pisano, insieme ad alcuni colleghi del dipartimento di Fisica del MIT, hanno presentato il primo test sperimentale in natura di questa teoria, utilizzando le foreste ‘in miniatura’ di macroalghe dell’Isola di Capraia dell’Arcipelago Toscano come sistema di studio. Lo studio ha mostrato come lo sfoltimento graduale della foresta, imposto sperimentalmente dai ricercatori, aprisse la strada all’invasione da parte di ‘feltri’ algali, specie di piccole dimensioni generalmente assenti quando la foresta è intatta. Lo studio ha mostrato come degradando gradualmente le foreste di alghe esse diventassero gradualmente suscettibili alle perturbazioni (invasione da parte dei ‘feltri’) e che il grado di propagazione di una perturbazione nello spazio aumentava con l’avvicinarsi del sistema alla soglia critica di collasso della foresta. Il punto di non ritorno, stimato in un precedente esperimento, coincide con la perdita di circa il 75% dello strato arborescente della foresta.
“Le foreste in miniatura di macroalghe costituiscono un sistema di studio ideale - ha spiegato il professor Lisandro Bendetti-Cecchi - in quanto sono facilmente manipolabili sul campo e hanno tempi di risposta rapidi. Questo sistema di studio è costituito da due stati contrastanti e profondamenti diversi l’uno dall’altro: lo stato dominato dall’alga bruna Cystoseira amentacea (la specie che forma lo strato arborescente, 30-40 cm in altezza) e lo stato degradato dominato dai ‘feltri’ algali, costituiti dall’intreccio di alghe di piccole dimensioni per lo più filamentose. Sotto le sue fronde Cystoseira ospita e permette la sopravvivenza di numerose altre specie, in parte alghe, ma soprattutto invertebrati. La scomparsa della Cystoseira, causata dalla persistente antropizzazione, favorisce la colonizzazione da parte del feltro algale, risultando in una perdita complessiva di produttività e di biodiversità del sistema”.
In pratica, l'esperimento dei biologi dell'Ateneo pisano ha indotto una rimozione controllata della macroalga che costituisce lo strato arborescente della foresta da aree circoscritte, adiacenti ad aree precedentemente manipolate per favorire l’insediamento dei feltri. Ciò, ha permesso di valutare l'ipotesi secondo cui la capacità nello spazio di recupero del sistema da perturbazioni (la distanza a cui la foresta riusciva a bloccare la propagazione dei feltri dalla loro area di insediamento) doveva diminuire lungo il gradiente di perturbazione della foresta stessa.
“Questo studio estende il test degli indicatori precoci spaziali dal laboratorio al campo – ha spiegato Luca Rindi dell’Ateneo pisano – Studi precedenti sugli indicatori precoci sono stati condotti in condizioni controllate non permettendone l’utilizzo per ciò per cui sono stati pensati; prevedere transizioni critiche in sistemi reali. Inoltre, il recente aumento della disponibilità di dati satellitari apre nuove possibilità per applicare gli indicatori spaziali al fine di valutare lo stato di salute degli ecosistemi naturali e ottenere importanti informazioni per la gestione e salvaguardia degli ecosistemi minacciati”.
Dalle foreste algali di costa rocciosa i segnali per prevedere il collasso degli ecosistemi
Cambiamenti nella distribuzione degli organismi nello spazio possono rivelare quando un ecosistema è sull’orlo del collasso. È questa la principale conclusione di uno studio condotto da un’equipe di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e apparso sulla rivista Nature Ecology & Evolution. I ricercatori hanno lavorato insieme nell’ambito del MIT-Unipi Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Ateneo pisano e del MIT di Boston.
Graduali cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l’aumento della temperatura, il sovra-sfruttamento delle risorse e la perdita di habitat, possono portare gli ecosistemi sull’orlo del collasso. Quando un ecosistema si avvicina al punto di non ritorno, diventa maggiormente sensibile a perturbazioni che altrimenti avrebbero effetti trascurabili. L’avvicinarsi di una transizione può quindi essere annunciato dal grado di propagazione di una perturbazione nello spazio, come ad esempio la diffusione di una specie in un habitat dove essa non si dovrebbe trovare; maggiore è il grado di propagazione, maggiore è la vicinanza del sistema alla soglia critica che lo separa dal collasso.
I ricercatori dell’Ateneo Pisano, insieme ad alcuni colleghi del dipartimento di Fisica del MIT, hanno presentato il primo test sperimentale in natura di questa teoria, utilizzando le foreste ‘in miniatura’ di macroalghe dell’Isola di Capraia dell’Arcipelago Toscano come sistema di studio. Lo studio ha mostrato come lo sfoltimento graduale della foresta, imposto sperimentalmente dai ricercatori, aprisse la strada all’invasione da parte di ‘feltri’ algali, specie di piccole dimensioni generalmente assenti quando la foresta è intatta. Lo studio ha mostrato come degradando gradualmente le foreste di alghe esse diventassero gradualmente suscettibili alle perturbazioni (invasione da parte dei ‘feltri’) e che il grado di propagazione di una perturbazione nello spazio aumentava con l’avvicinarsi del sistema alla soglia critica di collasso della foresta. Il punto di non ritorno, stimato in un precedente esperimento, coincide con la perdita di circa il 75% dello strato arborescente della foresta.
“Le foreste in miniatura di macroalghe costituiscono un sistema di studio ideale - ha spiegato il professor Lisandro Bendetti-Cecchi - in quanto sono facilmente manipolabili sul campo e hanno tempi di risposta rapidi. Questo sistema di studio è costituito da due stati contrastanti e profondamenti diversi l’uno dall’altro: lo stato dominato dall’alga bruna Cystoseira amentacea (la specie che forma lo strato arborescente, 30-40 cm in altezza) e lo stato degradato dominato dai ‘feltri’ algali, costituiti dall’intreccio di alghe di piccole dimensioni per lo più filamentose. Sotto le sue fronde Cystoseira ospita e permette la sopravvivenza di numerose altre specie, in parte alghe, ma soprattutto invertebrati. La scomparsa della Cystoseira, causata dalla persistente antropizzazione, favorisce la colonizzazione da parte del feltro algale, risultando in una perdita complessiva di produttività e di biodiversità del sistema”.
In pratica, l'esperimento dei biologi dell'Ateneo pisano ha indotto una rimozione controllata della macroalga che costituisce lo strato arborescente della foresta da aree circoscritte, adiacenti ad aree precedentemente manipolate per favorire l’insediamento dei feltri. Ciò, ha permesso di valutare l'ipotesi secondo cui la capacità nello spazio di recupero del sistema da perturbazioni (la distanza a cui la foresta riusciva a bloccare la propagazione dei feltri dalla loro area di insediamento) doveva diminuire lungo il gradiente di perturbazione della foresta stessa.
“Questo studio estende il test degli indicatori precoci spaziali dal laboratorio al campo – ha spiegato Luca Rindi dell’Ateneo pisano – Studi precedenti sugli indicatori precoci sono stati condotti in condizioni controllate non permettendone l’utilizzo per ciò per cui sono stati pensati; prevedere transizioni critiche in sistemi reali. Inoltre, il recente aumento della disponibilità di dati satellitari apre nuove possibilità per applicare gli indicatori spaziali al fine di valutare lo stato di salute degli ecosistemi naturali e ottenere importanti informazioni per la gestione e salvaguardia degli ecosistemi minacciati”.
Ne hanno parlato:
Science
Ansa
Greenreport
Terranuova
Centro “Promozione della Salute ed Information Technology”
Il Centro “Promozione della Salute ed Information Technology” è un centro interdipartimentale di ricerca.
Il Centro offre anche formazione e servizi.
Al Centro afferiscono i Dipartimenti di: Biologia, Civiltà e Forme del Sapere, Informatica, Ingegneria dell’Informazione, Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia.
Il Centro ha tra le sue finalità principali promuovere, coordinare e svolgere ricerche interdisciplinari su temi inerenti la promozione della salute attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche.
Gita CAI alle Dune del Calambrone e boschi di Tombolo
Il 14 maggio il Gruppo Tutela Ambiente Montano del CAI Pisa organizza una gita alle Dune del Calambrone e boschi di Tombolo.
La gita si snoderà tra i boschi di Tombolo e le dune del Calambrone, lungo i sentieri recentemente tracciati dal CAI grazie ad una convenzione col Parco di Migliarino San Rossore e Massaciuccoli.
Sarà possibile visitare un’area molto interessante dal punto di vista floristico, per la quale è stata proposta la classificazione come Sito di Interesse Comunitario (SIC).
Il prof. Andrea Bertacchi (Dipartimento di Agraria dell’Università di Pisa) accompagnerà i partecipanti nell’identificazione della vegetazione boschiva e dunale.
Il numero dei partecipanti è limitato, è necessario iscriversi dal 9 maggio, usando il modulo pubblicato sulla pagina: http://www.caipisa.it/evento/dune-a-calambrone-e-boschi-di-tombolo-a-sudovest-di-camp-darby/
Brutte ma buone
Brutte ma buone, sono le mele di varietà antiche, che malgrado l’aspetto superano le varietà commerciali per proprietà nutritive. E’ questo quanto emerge da uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna che ha paragonato le proprietà nutraceutiche di sei varietà di mele antiche (Mantovana, Mora, Nesta, Cipolla, Ruggina, Sassola) con una varietà commerciale (Golden Delicious), sia sotto forma di prodotto fresco che essiccato. I risultati della ricerca, pubblicati in un articolo sulla rivista Food Chemistry, hanno evidenziato che, anche dopo l’essiccazione, le mele di varietà antiche sono più ricche di antiossidanti rispetto alla Golden Delicious.
“Come Università di Pisa – spiega la professoressa Valentina Domenici del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale – ci siamo occupati della caratterizzazione molecolare mediante la risonanza magnetica nucleare, una tecnica spettroscopica di cui abbiamo lunga esperienza, e grazie alla quale abbiamo identificato e quantificato alcune sostanze antiossidanti: i polifenoli”.
E così, pur essendoci delle differenze, la Golden è quella che contiene sempre meno polifenoli rispetto alle varietà antiche e fra queste il primato va alla mela ‘Cipolla’. Quest’ultima, sia fresca che essiccata, ha infatti il doppio di polifenoli rispetto alla Golden, mentre le altre varietà ne possiedono una quantità maggiore, ma in modo meno marcato, dal 10% al 20%.
“Un modo per valorizzare queste mele ‘non belle’, che dal punto di vista estetico non sono certo confrontabili con quelle commerciali, potrebbe essere quindi di venderle essiccate, magari come snack o in preparazioni come il muesli”, suggeriscono i ricercatori.
“Considerato che il procedimento di essiccazione che abbiamo utilizzato è adattabile ad uso domestico e per piccole produzioni – conclude il professore Luca Sebastiani Direttore dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – questa idea potrebbe aiutare a salvaguardare i prodotti tipici locali, infatti, le sei varietà di melo che abbiamo studiato sono diffuse in Toscane e in particolare nel Casentino”.
Al dipartimento di Scienze agrarie la proiezione del film 'L’uomo del grano'
Mercoledì 10 maggio, alle ore 15, nell'Aula Magna del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari eagro-ambientali dell’Università di Pisa, in via del Borghetto 80, verrà proiettato "L’uomo del grano", un film di Giancarlo Baudena sulla vita e l'attività di Nazareno Strampelli.
Nazzareno Strampelli (1866-1942), laureato a Pisa nel 1891, è stato uno dei più importanti agronomi e genetisti del mondo. Le nuove varietà di grano da lui selezionate, per scelta mai sottoposte a brevetto, hanno offerto una resa nettamente migliore rispetto a quelle tradizionali e sono state alla base della rivoluzione verde degli anni '60 del XX secolo.
Il professor Alessandro Masoni coordinerà la presentazione del film e il dibatto finale. Sarà presente il regista. Alcune scene del film sono state girate all’interno del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali.
Il futuro degli atenei e della ricerca
Il coordinamento di Pisa del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria (MDDU) organizza per mercoledì 10 maggio alle 10 nell'aula magna del Polo Fibonacci (Via Filippo Buonarroti, 3) un incontro pubblico per riflettere sui principali problemi che riguardano oggi l'università e la ricerca. All’appuntamento interverranno insieme a Paolo Mancarella, rettore dell'Università di Pisa, Carlo Ferraro, Alberto Baccini e Carlo Bibbiani.
L’incontro sarà un’occasione per discutere dello stato e delle prospettive dell’università in questo difficile periodo successivo alla legge-Gelmini, che ha visto l’entrata in scena di nuovi soggetti, come l'ANVUR e l'Istituto Italiano di Tecnologia, e la messa in atto di nuove procedure come l'abilitazione scientifica nazionale, pur persistendo una cronica carenza di finanziamenti al sistema universitario e alla ricerca.
Il MDDU è un movimento nato spontaneamente nel 2016 con l'obiettivo di ridare dignità all'università italiana, anche attraverso attraverso un incisivo aumento dei finanziamenti da destinare alla spesa per l’università, la programmazione di nuove assunzioni di giovani e la progressione di stipendio e carriera dei docenti in servizio.
Brutte ma buone, sono le mele di varietà antiche
Brutte ma buone, sono le mele di varietà antiche, che malgrado l’aspetto superano le varietà commerciali per proprietà nutritive. È questo quanto emerge da uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna che ha paragonato le proprietà nutraceutiche di sei varietà di mele antiche (Mantovana, Mora, Nesta, Cipolla, Ruggina, Sassola) con una varietà commerciale (Golden Delicious), sia sotto forma di prodotto fresco che essiccato. I risultati della ricerca, pubblicati in un articolo sulla rivista Food Chemistry, hanno evidenziato che, anche dopo l’essiccazione, le mele di varietà antiche sono più ricche di antiossidanti rispetto alla Golden Delicious.
“Come Università di Pisa – spiega la professoressa Valentina Domenici del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale – ci siamo occupati della caratterizzazione molecolare mediante la risonanza magnetica nucleare, una tecnica spettroscopica di cui abbiamo lunga esperienza, e grazie alla quale abbiamo identificato e quantificato alcune sostanze antiossidanti: i polifenoli”.
E così, pur essendoci delle differenze, la Golden è quella che contiene sempre meno polifenoli rispetto alle varietà antiche e fra queste il primato va alla mela ‘Cipolla’. Quest’ultima, sia fresca che essiccata, ha infatti il doppio di polifenoli rispetto alla Golden, mentre le altre varietà ne possiedono una quantità maggiore, ma in modo meno marcato, dal 10% al 20%.
“Un modo per valorizzare queste mele ‘non belle’, che dal punto di vista estetico non sono certo confrontabili con quelle commerciali, potrebbe essere quindi di venderle essiccate, magari come snack o in preparazioni come il muesli”, suggeriscono i ricercatori.
“Considerato che il procedimento di essiccazione che abbiamo utilizzato è adattabile ad uso domestico e per piccole produzioni – conclude il professore Luca Sebastiani Direttore dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – questa idea potrebbe aiutare a salvaguardare i prodotti tipici locali, infatti, le sei varietà di melo che abbiamo studiato sono diffuse in Toscane e in particolare nel Casentino”.
Premio di studio e di ricerca in ambito storico-musicale "Liszt a Pisa”
D’intesa con l’Unipol SAI Assicurazioni – Agenzia generale di Pisa – è bandito il concorso per l’assegnazione di un premio di studio e ricerca in ambito storico musicale, dedicato al compositore Franz Listz ed al suo soggiorno a Pisa, avvenuto nella prima metà del XIX secolo.
L’importo del Premio di studio e di ricerca è di 3.000 euro.
Scadenza: 30 giugno 2017
Info
Università di Pisa - Segreteria del Rettorato: tel. 050-2212131
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.