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Un database per promuovere le carriere femminili nell'Ateneo

Realizzato nell'ambito del progetto Trigger, dà risposte efficaci per sostenere la presenza delle donne nella ricerca e nei ruoli apicali

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L’Università di Pisa, grazie ai finanziamenti ottenuti nell’ambito del VII Programma Quadro attraverso il progetto europeo TRIGGER (TRansforming Institutions by Gendering contents and Gaining Equality in Research), ha avviato un percorso di monitoraggio e analisi delle proprie pratiche istituzionali e di ricerca che, come per tutte le università italiane, contribuiscono al permanere del gender-gap nelle carriere accademiche e nell’accesso ai finanziamenti e ai luoghi decisionali. Il progetto - che coinvolge cinque enti di ricerca europei in altrettanti paesi: Spagna, Francia, Gran Bretagna e Repubblica Ceca - è stato presentato lunedì 12 dicembre, in rettorato, dalla coordinatrice, la professoressa Rita Biancheri, da Fosca Giannotti, ricercatrice dell'Istituto di Scienza e Tecnologia dell'Informazione del Cnr, e dagli altri ricercatori che partecipano allo studio.

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Per la sede pisana il progetto è rivolto a due aree disciplinari: medicina e ingegneria, in quanto l’analisi delle traiettorie di carriera femminili condotta dal gruppo di ricerca all’inizio del progetto, il 1 gennaio 2014, ha evidenziato una situazione particolarmente critica in questi settori.

Pur essendo la presenza femminile nell’Università di Pisa per i diversi ruoli accademici di poco al di sotto della media nazionale, il confronto tra le dinamiche di partecipazione femminile ai diversi gradi della carriera accademica per i settori individuati evidenzia trend particolarmente preoccupanti, con percentuali significativamente più basse rispetto alla media nazionale. L'area medica è connotata da un tasso di espulsione particolarmente severo, misurato attraverso l’indice di Glass Ceiling, che rileva la probabilità relativa per le donne, in comparazione con gli uomini, di raggiungere le posizioni più alte della carriera accademica. L’area ingegneristica si caratterizza, invece, per il più alto livello di rigidità in ingresso, facendo registrare comparativamente la più bassa partecipazione femminile al primo step della carriera accademica: le ricercatrici rappresentavano, infatti, solo il 12% del totale del personale inquadrato in quel ruolo.

In entrambi i casi, poi, il confronto con le performance registrate a livello nazionale ha permesso di rilevare ulteriori peculiarità. I dati relativi ad ambedue le aree disciplinari, infatti, risultavano particolarmente scoraggianti rispetto al dato medio italiano.

Nei tre anni di vita del progetto molte sono state le azioni intraprese, di ricerca e di cambiamento strutturale, da misure rivolte a promuovere le pari opportunità alla diffusione degli studi di genere e di gruppi di ricerca multidisciplinari. Durante il convegno dedicato a "Formazione, ricerca e carriere", in programma il 12 e 13 dicembre al Polo Piagge, è stato illustrato il database "Women in Science" (http://trigger.isti.cnr.it), specifico per l’Università di Pisa, che fornirà una fotografia non solo quantitativa, consentendo, attraverso l’inserimento di maggiori informazioni, un monitoraggio costante e aggiornato, interrogabile facilmente attraverso un portale internet in grado di raccogliere e sistematizzare diverse variabili attualmente disperse in molteplici sistemi di archiviazione.

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Il database sviluppato dal progetto rappresenta un unicum nel suo genere, e nasce per permettere l’acquisizione continua di informazioni, integrando le statistiche con una lettura dinamica e a più dimensioni, che vanno dalle modalità di progressione nella carriera, al tempo medio di permanenza in ruolo, dai movimenti nel numero di pensionamenti ai dati relativi alla produttività scientifica. Tutti elementi che consentono di vedere dove e quali sono le barriere, come poterle superare attraverso azioni mirate e soprattutto di uscire da un’analisi statica e quantitativa per allargare lo sguardo ai processi che non sono mai neutri, spesso invisibili perché dati per scontati, ma che invece riproducono lo status quo, come dimostrano i dati. Una “rivoluzione incompiuta”, dunque, che ha visto aumentare le donne sia nell’accesso all’istruzione superiore che nella più alta percentuale di laureate, ma che rende il panorama ancora più desolante per la perdita costante di risorse e di intelligenze a cui si chiede di scegliere, tuttora, tra famiglia e lavoro, figli e carriera come rilevano le nostre intervistate.

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  • 12 dicembre 2016

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