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The History and Theory of Fetishism

Tradotto in lingua inglese l'ormai classico 'Teorie del feticismo' del professore Alfonso Maurizio Iacono

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storia e teoria del feticismo copertina del libroDopo la traduzione in francese del 1992 - Le fétichisme. Histoire d’un concept (Paris, PUF, 1992) - è appena uscito anche in lingua inglese l'ormai classico Teorie del feticismo (Milano, Giuffré, 1985) di Alfonso Maurizio Iacono, professore di Storia della Filosofia del dipartimento di Civilta' e Forme del Sapere. Pubblichiamo qui in italiano, l'incipit del volume The History and Theory of Fetishism (Palgrave Macmillan, N.Y. 2016, pp. 202).

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Che cosa significa proporre una ricerca sul Feticismo? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fermarci e guardarci intorno. Siamo letteralmente circondati da feticci, cioè da oggetti ai quali attribuiamo qualità che appartengono alle relazioni umane e che, proprio in virtù di queste qualità, pur mostrandosi identici, ci appaiono diversi da ciò che sono. In questo processo, le cose inerti diventano vive e allo stesso tempo si impongono, fascinose, sulle persone.

Discutere di questi meccanismi porta anche a riflettere sui processi cognitivi e a prestare attenzione alle relazioni non solo tra sé e gli altri e tra sé e il mondo, ma anche e soprattutto tra sé e sé. Significa mantenere la propria consapevolezza critica anche quando entriamo nei luoghi senza tempo e isolati dal mondo reale, in quelle caverne di Platone dove la finzione perde la cornice e i confini fra i mondi reali e virtuali si confondono. I centri commerciali, luoghi dove ci possiamo limitare a guardare le merci-feticcio senza l’obbligo dell’acquisto, ne sono un tipico esempio.

Il tema del feticismo, religioso, economico-sociale, psicoanalitico, è quello di oggetti che stanno al posto di un dio, di cose che stanno al posto di uomini, di parti che stanno al posto del tutto, oggetti di cui si sono perduti o nascosti l'origine e il senso della sostituzione. Lo stare al posto di un altro è caratteristico delle forme rappresentative e di quelle simboliche. Averne consapevolezza critica è importante dal punto di vista dell'apprendimento perché aiutano ad acquisire la distanza cognitiva.

L’osservatore deve essere consapevole che la sua è una posizione difficile, è sempre in bilico tra il cadere dentro l’oggetto e l'allontanarsene troppo. Non si tratta di ripristinare la purezza dell'oggetto rispetto alla sua presunta distorsione rappresentativa o simbolica, né di affermare la verità della cosa contro la sua apparenza. Si tratta di cogliere criticamente lo scarto che inevitabilmente si produce nel momento in cui la rappresentazione sostituisce l'oggetto che rappresenta e di cui si perde la traccia quando tale sostituzione viene nascosta e dimenticata. Quando ciò accade, quando cioè lo scarto diventa invisibile, è proprio allora che si produce ciò che i filosofi, a partire dal XVIII secolo, interpretando successivamente il fenomeno in modi diversi, inventarono quel concetto che fu chiamato feticismo.

Si potrebbe dividere la storia del concetto di feticismo in due parti. La prima riguarda la storia della nascita e della morte di un concetto immaginato come scientifico e corrispondente ad una ben definita e autonoma forma di credenza religiosa. E’ la storia di un malinteso di origine colonialista, che durò all’incirca dal 1760 fino agli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo e che rese scientifico ciò che apparteneva fondamentalmente alla credenza carica di pregiudizi degli osservatori occidentali. La seconda rappresenta per così dire l’altra faccia dello specchio di questa storia. Feticci e feticismo furono ben presto avvertiti come concetti che potevano aiutare la riflessione critica dell’osservatore occidentale il quale non soltanto guardava dal di fuori il mondo degli altri, primitivi e selvaggi, ma, pur stando all’interno del mondo occidentale, poteva simulare uno sguardo dal di fuori, guardando come avrebbero potuto guardarci gli altri dal loro punto di osservazione.

Alfonso Maurizio Iacono

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  • 28 novembre 2016

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