Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi

«La svista», il nuovo libro di Elena Salibra

La docente di Letteratura italiana dell'Università ha pubblicato la sua quarta raccolta di poesie

  • Condividi l'articolo su Facebook
  • Condividi su Twitter

Salibra copertinaLa svista è la quarta raccolta di Elena Salibra, uscita dopo Il martirio di ortigia (Lecce, Manni, 2010), Sulla via di Genoard (Lecce, Manni, 2007), Vers.es (Reggio Emilia, Diabasis, 2004). Il libro è composto da tredici poemetti che presentano una loro uniformità tipologica e si configurano come i capitoli di una storia tutta orientata al presente.

La svista: l'errore 'lieve' di un medico che sbaglia diagnosi e, al tempo stesso, la fine di una felice distrazione; il ritrovarsi improvvisamente costretti a fissare lo sguardo dove non si vorrebbe; la malattia [...] è tema centrale di questo intenso libro, che costringe il lettore a smontarsi come il pellegrino di Magritte (cfr. la copertina) e a riflettere sulla disattenzione universale: la vita, nascosta dalle due consonanti (svista), è abbaglio e sbaglio che scuote l'io con inaspettati mutamenti di scena.

La raccolta si apre con Ballando Diego, un attacco sognante, passionale e malinconico: il ballerino di flamenco è un dio pagano; nel suo invito, alla sensualità profana della danza si intrecciano allusioni bibliche al Cantico dei cantici e riferimenti all'Inferno di Dante ("e tu... come sei bella. vieni con me/ nell'altra sponda. asseconda il ritmo/ d'una fantasia oppure labbra accese/ concedimi...").

'Fitta in questo limo', la poetessa riscopre il coraggio del quotidiano e medita su altri abbagli, altre sviste, come quella, apparentemente innocua, del giardiniere in altre erbe (p. 9): un'erba 'più buona' che non impiglia le radici, che non cresce tra le fessure del corpo, si avviluppa allo steccato ed impedisce la vista del mare; ma esiste qualcosa di veramente incolpevole? "c'era anche la siepe del vicino// troppo alta per vedere la mia vita/ doppiarsi nella sua.[...]": tutto ciò che è umano appare, in realtà, colpevole o comunque mai del tutto innocente; il dottore, il giardiniere, la poetessa a cui è preclusa la vista del mare sono frammenti di un mondo ambiguo e segnato dalla dismisura; riappropriarsi di quanto era familiare è possibile soltanto a prezzo di uno sforzo sovraumano, indossando una corazza, cambiando pelle (cfr. Il verdetto).

La svista è un libro di sguardi, di continui mutamenti di prospettiva: stanze, finestre, balconi, terrazze sul mare; piazze e porti; in un labirinto di interni ed esterni, l'io si perde, torna indietro, riparte dall'inizio; pallina inconsapevole sbatte contro il birillo del proprio destino (cfr. La svista, p. 29).

L'ironia non impedisce visioni di acceso lirismo; come quando la poetessa, nel giro di pochi versi, dà un'immagine folgorante della vita (e della morte): spiaggia, gelsi, meduse, pesci che boccheggiano sul fondo di una barca; sabbia, pomice, bianco sulla roccia che diviene grigio; il porto, la piazza, gli sposi, le meduse alla deriva; un tutto fragile, confuso, bellissimo, che rivela all'io la consapevolezza di "non voler morire nemmeno un poco" (Il secondo lavoro, p. 15).

La raccolta si chiude con I campi elisi: non discesa agli inferi, ma ascesa attraverso un sentiero di pietre; non più la pallina impazzita che sbatte contro un imprevedibile birillo, ma la tenace scalatrice che ride al crocevia e si volta ad aspettare il compagno che arranca dietro di lei (cfr. Explicit).

(Silvia Morotti)


Elena Salibra
La svista 
Postfazione di Marco Santagata
Catania, A§B editrice, 2011

Leggi la scheda del volume

 

  •  
  • 10 febbraio 2012

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa