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Neolaureato pisano intervista Martin Schulz

Il racconto di Enrico Santus, vincitore di un concorso europeo, volato a Strasburgo per incontrare il presidente

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Si è laureato a giugno in Linguistica computazionale all'Università di Pisa e, grazie a un'iniziativa promossa dal Parlamento Europeo su Facebook, è volato a Strasburgo insieme a due "colleghe" – una cipriota e una spagnola – per intervistare il presidente Martin Schulz. Enrico Santus, 26 anni, originario di Iglesias, ha partecipato al concorso europeo spiegando in 200 caratteri cosa avrebbe voluto chiedere al presidente. Passato tra i dieci finalisti, grazie ai voti ricevuti, è stato selezionato per l'intervista. A settembre Enrico si trasferirà ad Hong Kong – la città dove ha vissuto e studiato sei mesi grazie al programma Erasmus Mundus MULTI – per frequentare un corso di dottorato, ma intanto ci racconta il suo incontro col presidente Schulz.

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L'intervista a Martin Schulz

Santus intervista SchulzArriva massaggiandosi la schiena, chiedendo scusa per il ritardo. Martin Schulz è finalmente lì, davanti a noi, visibilmente provato da una difficile plenaria, durata più di due ore oltre il termine stabilito. Lo aspettavamo da tempo, ascoltando il dibattito in Aula e girando su e giù per i corridoi.

Sorride e ci invita a seguirlo nel suo ufficio di presidenza, al diciottesimo piano del palazzo del Parlamento Europeo di Strasburgo: «Perdonatemi – si volta d'un tratto sorridendo – sono costretto a camminare come un anziano».

In pochi secondi ci ritroviamo seduti in tre poltroncine nere, mentre lui ci osserva dall'angolo di un divanetto dello stesso colore. Le presentazioni sono brevi e ho l'impressione che il suo staff gli abbia già detto qualcosa di noi. «Prego, cosa desiderate chiedermi?», ci domanda.

Noi ci lanciamo un'occhiata e lasciamo che sia Georgina Athanasiou, la vincitrice cipriota, a prendere immediatamente la parola. «Dopo l'invasione turca del 1974 – spiega Georgina –, i nostri genitori e i nostri nonni hanno perso tutto. Pian piano, hanno ricostruito le loro vite, finché una mattina del 2013 i loro soldi erano stati rubati dai conti bancari su ordine dell'Unione Europea. Perché avete permesso questa seconda catastrofe?».

Santus e Schulz

Schulz esita un istante, poi risponde: «Capisco lo spirito con cui mi pone questa domanda, ma voglio chiederle: è forse colpa dell'Unione Europea anche la crisi bancaria di Cipro?». Accompagna la voce con gesti misurati e ci dice bisognerebbe evitare di criticare l'UE per ogni cosa: «La soluzione adottata per Cipro è parsa ingiusta anche a me, tanto che abbiamo premuto perché i depositi inferiori ai centomila euro non venissero toccati». Poi prosegue: «Io penso che l'Unione Europea debba aiutare Cipro a riconquistare la stabilità economica e la crescita attraverso investimenti».

«Quindi – lo interrompe Georgina, mentre Schulz protende il corpo verso di lei – il Parlamento Europeo non tollera il potere dato a entità non elette, come la Troika, l'Eurogruppo e la Banca Centrale (BCE), che è risultato in così tanta disoccupazione?».

Il Presidente poggia nuovamente la schiena al divanetto: «Non concordo su quello che dice riguardo alla Banca Centrale. Penso che essa, con gli annunci di Draghi di comprare i bond degli stati, abbia effettivamente salvato l'Euro». Un sospiro. Protende il corpo nuovamente. «Per quanto invece riguarda le misure della Troika, sono d'accordo: stanno semplicemente pensando a tagli senza alcun piano di crescita, ed io sono convinto che non riacquisteremo mai la stabilità semplicemente tagliando». «Dobbiamo ripensare a un piano di investimenti, partendo in particolare dalla piccola e media impresa che, senza credito, è quella a soffrire maggiormente il peso della crisi».

Martin Schulz

Sia io che la mia collega spagnola Virginia S. Perez tentiamo di intervenire. Le lascio la parola: «Il Parlamento europeo è l'unico organo eletto democraticamente: abbiamo la sensazione che le misure di austerità siano arrivate velocemente, mentre gli aiuti hanno preso fin troppo tempo; cosa può fare il Parlamento europeo?», chiede.

Schulz allarga le braccia: «Il più grande problema dell'Unione Europea è che la gente non crede più alle promesse dei politici, perché esse non vengono mantenute: c'è una crescente sfiducia nei governi nazionali e nelle istituzioni pubbliche». Alza l'indice davanti al viso: «Vorrei ripetere la domanda che ho posto nel Consiglio Europeo dei Capi di Stato la scorsa settimana: se la gente sta perdendo fiducia nell'Unione Europea e voi siete il corpo più potente di questa Istituzione, non pensate che questa sfiducia dipenda in qualche modo anche da voi? Cosa state facendo per evitarlo?».

È qui che intervengo io: «Già... Desideravo appunto chiederle cosa ne pensava della considerevole crescita dei partiti euroscettici, considerato anche che sono trasversali e non possono pertanto essere etichettati semplicemente come "nazionalisti"...».

Schulz mi ferma: «Solo una precisazione – interviene –: sono convinto che esista anche un nazionalismo di sinistra: l'illusione di poter proteggere la dimensione sociale a livello nazionale, come se non vivessimo in un villaggio globale; come se il villaggio globale esistesse solamente in internet».

«D'accordo – annuisco –, dicevo... crede che questi partiti abbiano trovato terreno fertile grazie alle impopolari misure di austerity o per la mancanza di democraticità nelle Istituzioni europee? Cosa state facendo per migliorare la situazione?».

Santus intervista Schulz

«La sua è una domanda veramente interessante», mi risponde. «Io penso che il più grande errore degli europeisti sia quello di non chiedere mai agli euroscettici di proporre un'alternativa. Nessuno gli chiede: "Per favore, spiegateci come potete gestire i mutamenti climatici, i commerci, le migrazioni, la lotta al crimine organizzato, il traffico di droghe ed esseri umani da soli?"». «Il mio suggerimento – insiste – è che i partiti favorevoli all'Unione Europea si concentrino maggiormente sui contenuti: le due maggiori tendenze europee, quella favorevole all'austerity e quella contraria, devono battersi in una campagna elettorale che porti via l'attenzione dal disfattismo degli euroscettici». «Questo – riprende – è quello che avremo alle prossime elezioni europee se le due grandi famiglie politiche sapranno proporre i giusti candidati per la successione a Mr. Barroso come presidente della Commissione Europea».

Sorrido a Schulz, consapevole che uno dei probabili due candidati sarà proprio lui. «Un'ultima domanda: breve!», interviene il suo addetto stampa. «L'Unione Europea – parto prima che mi interrompano nuovamente – è stata coinvolta nel Datagate sia come vittima che come probabile cooperatore degli USA. Cosa ne pensa e, semmai, come possiamo reagire?»

«L'Unione Europea è una vittima!», sentenzia Schulz. «È probabile che alcuni degli Stati dell'Unione Europea abbiano partecipato, ma per quanto riguarda gli Americani, siamo vittime!». «Posso capire che vogliano combattere il terrorismo – spiega – ma negli uffici dell'Unione Europea a Washington non si organizzino attentati terroristici!». Prende una breve pausa. «Lei mi chiede cosa si può fare: in primo luogo, assicurarsi che ciò sia vero; se ciò fosse vero dovranno giustificare molto bene come mai hanno trattato i loro più vicini alleati come nemici».

Santus e Schulz

L'addetto stampa si pone tra noi: «Mi spiace, il tempo è scaduto». Mi alzo e cerco gli occhi di Schulz: «Presidente... è possibile che ci siano conseguenze nei negoziati per il free trading agreement?». «Penso che sarà difficile», mi risponde sorridendo. Le mani dell'addetto stampa mi spingono delicatamente verso l'uscita. Le altre due ragazze tirano fuori alcuni doni per Schulz, che nel frattempo ha notato che ho dimenticato la giacca sulla poltrona. Me ne accorgo anche io, mi volto per prenderla, ma lui fa prima di me. La apre. «Prego!», mi aiuta ad indossarla. Rimango pietrificato.

«Questo è per lei!», dice Virginia. Stessa cosa dice Georgina. «Fuori per favore!», insiste l'addetto stampa. «E lei cosa mi ha portato?», scherza Schulz. «Io? – sgrano gli occhi – Non porto mai niente... Mi spiace», dico ancora scosso per il suo gesto precedente. «Lui ha portato le domande!», sdrammatizza.

Usciamo nel corridoio, gli vado accanto: «Vorrei chiederle un'ultima cosa...», gli dico. «Mi dica pure...». «Possiamo offrire l'asilo a Snowden?». «I fotografi stanno aspettando», ci chiama l'addetto stampa. «Credo – sostiene – che ci saranno Stati che gli offriranno l'asilo».

Non c'è tempo per posizionarci: gli scatti partono uno dietro l'altro. Sono a disagio, sento il braccio di Schulz dietro la schiena e penso che mentre camminavamo mi sono scioccamente tolto la giacca che lui mi aveva aiutato a indossare. I fotografi proseguono, io sono assente.

L'addetto stampa mi chiama: «Grazie ancora, quella è l'uscita!». Schulz mi chiede da dove venga esattamente. «Sardegna», gli rispondo. «Prego, per favore», l'addetto stampa indica nuovamente la porta.

L'avventura è finita, ma non dentro di me.

Enrico Santus
Foto © European Union 2013


Ne hanno parlato: 
Nazione Pisa
TirrenoPisa.it
PisaToday.it
OgniSette.it
PianetaUniversitario.com 

 

  •  
  • 8 luglio 2013

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