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«La bufera e altro» di Eugenio Montale

È uscita per "Lo Specchio" di Mondadori l'edizione commentata da Ida Campeggiani e Niccolò Scaffai

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È uscita per "Lo Specchio” di Mondadori una nuova edizione del terzo libro di Eugenio Montale La bufera e altro (1956), con un commento curato da Ida Campeggiani, ricercatrice di Letteratura italiana all’Università di Pisa, e da Niccolò Scaffai. Allieva della Scuola Normale Superiore, Ida Campeggiani si è laureata all’Università di Pisa nel 2011 con una tesi sulla poesia di Michelangelo; successivamente, ha conseguito il perfezionamento alla Scuola Normale nel 2015, discutendo una tesi su Ariosto. I suoi interessi di ricerca riguardano la letteratura del Cinquecento e del Novecento, la poesia e la metrica.

Pubblichiamo qui di seguito una presentazione dell’edizione commentata de La bufera e altro a firma della stessa Ida Campeggiani.

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GetFileAttachment 1La bufera e altro prende forma durante la Seconda Guerra Mondiale, a partire dai componimenti riuniti nel 1943 in un libretto dal titolo apocalittico: Finisterre. Il toponimo identifica il promontorio galiziano situato alla fine delle terre abitate, a picco sull’Atlantico, ma allude soprattutto alla fine del mondo in senso storico. Nel 1956, quando verrà stampata la prima edizione di La bufera e altroFinisterre ne costituirà la sezione d’apertura, seguita da altre sei (DopoIntermezzoFlashes’ e dedicheSilvaeMadrigali privatiConclusioni provvisorie). Si tratta senza dubbio del libro più denso e articolato dell’opera di Montale. Il libro in cui la realtà – anzitutto la guerra – irrompe con forza, imponendo un andamento biografico-narrativo (il titolo provvisorio, non per caso, era Romanzo); ma anche il libro in cui si dispiega un vero e proprio «tessuto mitico» (Contini), un cosmo esistenziale e culturale straordinariamento complesso. 

Questi due ingredienti apparentemente opposti – realtà e mito – si fondono conferendo a situazioni e personaggi un immediato valore allegorico. La pioggia della poesia iniziale, La bufera, è una vera grandinata primaverile ma simboleggia anche la guerra e lo scatenarsi delle «forze del male» (Montale). Il tu femminile corrisponde sì a una donna esistente, ma soprattutto a una donna ‘perduta’, l’ebrea Irma Brandeis, tornata negli Stati Uniti dopo la promulgazione delle Leggi razziali: proprio la sua assenza nella realtà è la condizione per la sua mitizzazione nella poesia, dove riceve il nome ovidiano di Clizia e assume poteri salvifici a beneficio del poeta e di tutta l’umanità.

Montale credeva che l’arte fosse la forma di vita di chi veramente non vive, e la potenza delle sue invenzioni non lascia dubbi al riguardo (tanto più se posta a confronto con le debolezze e le ambiguità dell’uomo). Commentare La bufera e altro significa scontrarsi frontalmente con gli esiti più alti di questo meccanismo mitopoietico.

Nella serie delle edizioni commentate montaliane, La bufera e altro era l’ultima opera ancora priva di commento. Nel 2016 Niccolò Scaffai mi ha proposto di aiutarlo nell’impresa e nel 2019 l’edizione ha finalmente visto la luce, dopo alcuni anni di intenso lavoro sotto la supervisione dello stesso Scaffai, che per parte sua ha commentato le Conclusioni provvisorie e scritto l’Introduzione.

Il commento a ciascuna poesia si articola in un cappello introduttivo corredato da una scheda metrica e in un apparato di note esplicative. La sfida, specie di fronte ai passi oscuri, è stata quella di offrire spiegazioni sintetiche ma esaustive, con note improntate a un principio di chiarezza e di economia dei mezzi, ma pur sempre capaci di soddisfare anche il lettore specialista. Le difficoltà maggiori le hanno poste, prevedibilmente, i grandi testi metafisici delle Silvae, come Iride, «poesia che ho sognato e poi tradotto da una lingua inesistente» (Montale), Proda di Versilia e Voce giunta con le folaghe, con la loro apertura a motivi escatologici. Vari assestamenti interpretativi hanno riguardato, tra le altre, liriche impervie come L’ortoLa primavera hitlerianaBallata scritta in una clinica, ma anche pezzi apparentemente più lineari come Nel sonno Sul Llobregat.

La bufera è il libro di Clizia e insieme non lo è affatto. Vi si incontrano anche altre ispiratrici, come Arletta, la futura Mosca (Drusilla Tanzi), la misteriosa G.B.H. e soprattutto Volpe (Maria Luisa Spaziani). Di grande importanza è stata la possibilità di consultare le lettere a tutt’oggi inedite di Montale alla Spaziani (custodite presso il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia), talvolta decisive per la comprensione di versi caratterizzati dalla privatezza delle allusioni (Madrigali privati) o da una fuligginosa, e più o meno intenzionale, strategia di sovrapposizione delle muse (‘Flashes’ e dediche).

In un commento nulla dovrebbe restare inspiegato, in particolare sul fronte linguistico. Con il suo inedito plurilinguismo e con l’uso di voci dialettali e tecniche (proprie di àmbiti che vanno dalla musica alla botanica), la Bufera offre non pochi enigmi da risolvere. Analogamente, anche i fatti metrici richiedono una spiegazione e un’interpretazione: se non si coglie la contraddizione tra la sintassi sospesa e le forme chiuse e metricamente prestigiose di Finisterre, come sonetti elisabettiani o criptosonetti, si perde il senso disperatamente umanistico del gesto compiuto da Montale, quello di contrapporre una sorta di virtuosismo all’urto della bufera. 

Quasi superfluo notare, d’altronde, che un libro come questo impone al commentatore di individuare continue reminiscenze letterarie. C’è una tensione manieristica a filtrare l’esperienza attraverso il linguaggio: la lingua poetica dei modelli più alti (Dante e Shakespeare in testa), ma anche quella delle raccolte montaliane precedenti, di cui vengono recuperati motivi e stilemi per dare profondità autobiografica al nuovo racconto in versi.

Doveroso, infine, chiudere questo sommario resoconto ricordando che Luigi Blasucci ha generosamente letto in anteprima ogni scheda del commento. Come sanno tanti studenti dell’Università di Pisa e della Scuola Normale, il dialogo con lui è un dono scientifico e umano per il quale non esistono parole di ringraziamento adeguate.

Ida Campeggiani

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  • 29 gennaio 2019

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