Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi

«L'organizzazione dei saperi all'Università di Pisa»

Nel volume della Pisa University Press la storia delle 11 facoltà dell'Ateneo raccontata dagli ex presidi

  • Condividi l'articolo su Facebook
  • Condividi su Twitter

Il 19 settembre 2012 l'Università di Pisa ha registrato un cambiamento significativo, passando da un assetto basato su undici facoltà e 48 dipartimenti a uno imperniato su 20 nuove strutture dipartimentali, che prevedono un numero minimo di cinquanta fra docenti e ricercatori e che accorpano ruoli e funzioni in precedenza suddivisi. Le facoltà hanno costituito nel tempo il cardine intorno al quale si è sviluppato l'Ateneo pisano; è proprio nelle facoltà che si è andata costruendo quell'eccellenza degli studi che contraddistingue da sempre la nostra Università, attraverso "scuole" di pensiero all'avanguardia in campo nazionale e internazionale.
È stato chiesto ai presidi uscenti di raccontare la storia delle loro facoltà con riferimento ai personaggi di spicco e alle vicende più significative. Un ricco apparato iconografico, con immagini storiche e recenti, completa il volume pubblicato dalla Pisa University Press dal titolo "L'organizzazione dei saperi all'Università di Pisa".
Vai alla scheda del volume.

Con i contributi di:
Eugenio Ripepe - La facoltà di Giurisprudenza
Mario Petrini, Gianfranco Natale - La storia della facoltà di Medicina e Chirurgia
Alessandro Poli - La facoltà di Medicina Veterinaria
Maurizio Iacono, Carlo Da Pozzo - La facoltà di Lettere e Filosofia
Manuela Giovannetti - La facoltà di Graria dell'Università di Pisa: 172 anni di eccellenza
Claudia Martini - La storia della facoltà di Farmacia a Pisa
Paolo Rossi - Le quattro stagioni degli scienziati pisani. La facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Pierangelo Terreni - La facoltà di Ingegneria
Dianora Poletti - La facoltà di Economia
Bruno Mazzoni - La facoltà di Lingue e Letterature Straniere
Claudio Palazzolo, Romano Paolo Coppini, Alessandro Breccia - Gli studi delle scienze politiche nella storia post-unitaria dell'Università di Pisa

Qui di seguito pubblichiamo l'Introduzione al volume del rettore Massimo Augello.
 

***********************

Cover Strenna 2013

Il 19 settembre 2012 l'Università di Pisa ha registrato un cambiamento significativo, passando da un assetto basato su 11 facoltà e 48 dipartimenti a uno imperniato su 20 nuove strutture dipartimentali, che prevedono un numero minimo di cinquanta tra docenti e ricercatori e che accorpano ruoli e funzioni in precedenza suddivisi. Si tratta di uno degli esiti derivati dall'applicazione della legge 240 del dicembre 2010, sulle "Norme in materia di organizzazione delle università", che riguarda sia il tema della governance universitaria, sia quello dell'articolazione interna degli atenei. In particolare su quest'ultimo aspetto, la legge si è mossa nell'ottica della semplificazione, concentrando nel nuovo dipartimento le attività di ricerca e di didattica, e quelle rivolte all'esterno. Si è venuto così a superare il modello introdotto più di trenta anni fa, con la riforma del 1980, che prevedeva un doppio binario tra la didattica, che continuava a essere coordinata dalle tradizionali facoltà, e la ricerca, affidata invece ai nascenti dipartimenti. Da allora le facoltà hanno rappresentato le strutture deputate all'organizzazione e al coordinamento delle attività didattiche, oltre che alla gestione dei posti di ruolo di professore e di ricercatore, e hanno anche rappresentato un punto di riferimento fondamentale per gli studenti, offrendo opportunità per le sempre più frequenti relazioni con il mondo esterno all'università.

Il recente passaggio dalle facoltà ai nuovi dipartimenti costituisce una tappa fondamentale nell'impegnativo percorso che l'Università di Pisa sta affrontando ormai da diversi mesi. Contestualmente all'emanazione del nuovo Statuto, alla rimodulazione della governance e alla riorganizzazione del personale e degli spazi, questa scelta va a incidere in maniera profonda sulla realtà accademica, rendendo concreta quella che ho più volte definito una stagione di "cambiamento epocale". Non si tratta infatti solo di un mero adeguamento ai dettati normativi, quanto piuttosto un impegno tenace capace di cogliere tutte le occasioni che la legge 240 offriva. Ci siamo perciò prefissi l'obiettivo di un rinnovamento non di facciata, ma un aggiornamento incisivo che rispondesse alle mutate esigenze della società contemporanea, con particolare riferimento ai temi dell'innovazione da un lato e dell'internazionalizzazione dall'altro. Occorreva inoltre che l'insieme della nostra comunità accademica avvertisse questo percorso come una straordinaria opportunità di crescita e di miglioramento. Solo puntando sulla modernizzazione, infatti, le università italiane potranno recuperare un ruolo decisivo all'interno della società, proponendosi come risorsa strategica in una fase tanto delicata e difficile per il Paese e per l'avvenire delle giovani generazioni. Potremo così affrontare con serenità le sfide di una competizione globale che si affaccia sempre più nitida sull'orizzonte degli scenari futuri. In questo processo l'Università di Pisa potrà porsi come protagonista quanto più riuscirà a coniugare la solidità della sua tradizione secolare con le spinte verso il nuovo.

Al nostro Ateneo va d'altra parte riconosciuta la mai interrotta capacità di interpretare la tradizione alla luce delle novità che andavano maturando nel corso dei tempi sia all'interno che all'esterno del mondo universitario. È questo un elemento costante nella storia di tutte le facoltà pisane, alcune delle quali furono istituite persino prima della nascita ufficiale dell'Università nel 1343, mentre l'istituzione di altre risale solo a pochi decenni fa. Questa disparità cronologica non ha tuttavia impedito una visione comune su problemi e temi fondamentali della politica universitaria. Le facoltà hanno costituito nel tempo il cardine intorno a cui si è sviluppato l'Ateneo pisano, innanzitutto per la loro funzione legata all'elaborazione e alla trasmissione del sapere ancorandolo ad una visione rigorosamente critica. È proprio nelle facoltà che si è andata costruendo quell'eccellenza degli studi che contraddistingue da sempre la nostra Università, attraverso l'affermazione di "scuole" di pensiero all'avanguardia in campo nazionale e internazionale, attraverso gli esempi e gli insegnamenti di illustri "maestri", attraverso la maturazione e la valorizzazione di giovani talenti.

Le facoltà sono state poi il terreno fertile dove si è realizzato il connubio tra scienza e fermenti ideali e civili, oltre che il luogo deputato alla formazione delle classi dirigenti, locali e nazionali. L'elenco dei parlamentari e dei ministri che si sono laureati o hanno insegnato a Pisa, molti dei quali sono citati nelle pagine di questo volume, testimonia la centralità che il nostro Ateneo ha avuto nel dibattito culturale e politico durante la storia del Paese. È sufficiente ricordare il contributo offerto nella fase di costruzione dello Stato unitario dall'eroico episodio di Curtatone e Montanara, gli altissimi rappresentanti istituzionali che si sono succeduti nel periodo repubblicano, con i presidenti della Repubblica Giovanni Gronchi e Carlo Azeglio Ciampi, o ancora i fermenti e le passioni che animarono il '68 pisano. Tutto questo a dimostrazione che nell'Università di Pisa il sapere non è mai stato solo inteso come uno strumento per comprendere il mondo circostante, ma anche per trasformarlo.

È dunque sull'eredità quanto mai viva delle facoltà che abbiamo innestato il percorso che ha portato all'istituzione dei 20 nuovi dipartimenti, caratterizzati in senso mono o pluridisciplinare. Alcuni di essi sono una sostanziale trasposizione delle precedenti facoltà: penso a Giurisprudenza, a Farmacia, a Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, a Scienze politiche, a Scienze veterinarie e per molti versi anche a Economia e management. Altri derivano invece dalla suddivisione delle aree disciplinari più ampie, come nel caso di Ingegneria (da cui sono scaturiti i tre dipartimenti di Ingegneria civile e industriale, di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni e di Ingegneria dell'informazione), di Medicina e chirurgia (che ha portato alla creazione dei tre dipartimenti di Medicina clinica e sperimentale, di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell'area critica e di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologia in medicina e chirurgia) e soprattutto di Scienze matematiche fisiche e naturali (da cui sono derivati ben sei dipartimenti: Biologia, Chimica e chimica industriale, Fisica, Informatica, Matematica, e Scienze della terra). Altri ancora si fondano su un più attuale intreccio di discipline e settori finora organizzati con modalità differenti, come nel caso delle ex facoltà di Lettere e filosofia e di Lingue e letterature straniere, da cui sono scaturiti i dipartimenti di Civiltà e forme del sapere e di Filologia, letteratura e linguistica.

Spetterà ora a noi tutti il compito di individuare una giusta formula per adeguare concretamente il modello dipartimentale alle singole realtà, trovando ad esempio forme di raccordo unitario, come potrebbe essere per i dipartimenti di area medica, e comunque mettendo in campo tutta la progettualità e la visione strategica di cui ogni ambito disciplinare è dotato. In questo senso, sarà fondamentale sia un'opera di modernizzazione rispetto a saperi che si stanno evolvendo profondamente e modificando con grande velocità, sia la capacità di valorizzare i processi di aggregazione disciplinare.

L'Ateneo e i nuovi dipartimenti hanno davanti a sé sfide cruciali, ma affascinanti; riusciremo a vincerle se saremo in grado di recuperare gli aspetti più costruttivi e innovativi espressi dalle esperienze delle facoltà. Dovremo da un lato dimostrarci capaci di mantenere e accrescere l'eccellenza della produzione scientifica e di insegnamento, coniugandola con la volontà di incidere nel più ampio contesto culturale, civile e politico del Paese. Dall'altro, dovremo promuovere un'integrazione sempre più vasta e incisiva con il mondo circostante, proponendoci come interlocutori privilegiati nei confronti delle istituzioni e delle realtà produttive operanti sul territorio pisano e toscano, soggetti attivi nel contesto internazionale e globalizzato con cui troveremo a relazionarci e a competere sempre più frequentemente.

Per questo, in un anno tanto denso di eventi significativi per l'Università di Pisa - insieme con la professoressa Lucia Tomasi Tongiorgi, che ha coordinato i diversi contributi e che ringrazio sentitamente - ho voluto dedicare questo volume alle facoltà, la cui vita affonda nella nostra storia e sulla cui eredità dobbiamo costruire una nuova e solida base per il futuro della nostra Istituzione.

Il Rettore
Massimo Mario Augello

  •  
  • 24 gennaio 2013

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa