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La dottoressa Elisa Giovannetti al Quirinale per la cerimonia AIRC

Leggi il testo dell'intervento tenuto in rappresentanza dei 5.000 ricercatori sostenuti dall'AIRC

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Nel pomeriggio di lunedì 29 ottobre, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si è tenuta al Palazzo del Quirinale l’annuale cerimonia dedicata all'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), appuntamento che inaugura simbolicamente “I Giorni della Ricerca”, iniziativa in programma dal 4 all’11 novembre per informare l’opinione pubblica sui progressi raggiunti nell’ambito della prevenzione, della diagnosi e della cura del cancro e sostenere con le donazioni dei cittadini nuovi programmi scientifici pluriennali.

Davanti ai rappresentanti delle Istituzioni, delle autorità e a una platea di centinaia di donne e uomini di scienza e di sostenitori della ricerca, il Sottosegretario di Stato alla Salute Armando Bartolazzi, il Presidente AIRC e FIRC Pier Giuseppe Torrani, il Direttore Scientifico AIRC Federico Caligaris-Cappio e la dottoressa Elisa Giovannetti, ricercatrice del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa (nella foto con il Capo dello Stato), hanno presentato al Presidente Sergio Mattarella i risultati di un anno di impegno sul fronte della ricerca oncologica e hanno sottolineato l’importanza per la comunità scientifica di innovare e fare rete a livello nazionale e internazionale, perché se il cancro non conosce confini neppure la ricerca li deve conoscere.

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Si pubblica di seguito il testo dell'intervento tenuto dalla dottoressa Elisa Giovannetti, ricercatrice del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa.

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Signor Presidente e cari colleghi,

sono estremamente onorata di poter rappresentare, in questa giornata nazionale dedicata alla ricerca sul cancro, il mondo dei giovani ricercatori.
Grazie all’eccezionale sostegno ed alla particolare sensibilità dell’AIRC nei confronti dei giovani ricercatori, mi è stata infatti concessa oggi l’opportunità di presentare il mio lavoro, la mia storia e le mie idee, che spero possano essere condivise dai tanti colleghi qui presenti, così come da molti altri giovani che, quotidianamente, affrontando notevoli difficoltà quali il precariato, e la mancanza di riconoscimento del merito, portano avanti il loro “mestiere di ricercatori”.

Il “mestiere del ricercatore” è per me il lavoro più bello del mondo, fatto di curiosità e intuizioni, studi condotti seguendo rigorose regole sperimentali, ed essenziali confronti e collaborazioni con la comunità scientifica internazionale, allo scopo di dare un contributo alla crescita culturale, al progresso ed al benessere della collettività.

Sono cresciuta in una famiglia di insegnanti, che mi ha trasmesso la passione per lo studio e la consapevolezza del ruolo primario della scuola nella crescita del paese. La scuola è infatti fondamentale sia nel promuovere e preservare l’eguaglianza morale e sociale, base di uno stato democratico, così come nel trasmettere nozioni e competenze, essenziali per svolgere al meglio qualsiasi professione, ed infine anche per sviluppare capacità e talenti, che permetteranno ai cittadini di domani di costruire un futuro migliore.
AIRC ha compreso appieno questo aspetto promuovendo l’iniziativa che si intitola “il futuro della ricerca comincia in classe”, a cui molti di noi partecipano con entusiasmo e successo, consapevoli che è necessario investire innanzitutto nella scuola.
Come afferma Don Milani, "Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa, e così l'umanità va avanti".

Oltre ad una solida formazione culturale, un altro aspetto importante nel mestiere del ricercatore è la creatività.
Durante la mia adolescenza, è stata mia madre, a suggerirmi di leggere “L’elogio dell’imperfezione”, in cui è spiegato magistralmente che “coloro che ritengono di essere “perfetti” non potranno mai progredire”, mentre chi ha la coscienza della propria “imperfezione” è costantemente sollecitato da curiosità e tensione verso il miglioramento, che sono fondamentali per fare nuove scoperte.
Con queste parole desidero anche ricordare Rita Levi-Montalcini, come esempio di scienziata, donna, italiana, che ha dovuto affrontare un’epoca atroce, di dittatura e di odio razziale.

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Fin dalla scrittura della mia tesi in medicina ho capito che il mio interesse era cercare la causa di alcune malattie, ed in particolar modo dei tumori, per riuscire a fare un ulteriore salto di qualità nel loro trattamento.
Così, mi sono servita della mia preparazione di medico come strumento da usare in laboratorio e trascorro la maggior parte del mio tempo in compagnia di cellule, microscopi, computer e studenti. Ma con i pazienti nella mente e nel cuore.
Ero da poco laureata quando una mattina, mio padre, insegnante di fisica e matematica, che ogni sera si collegava alla mailinglist “Sagredo” per partecipare alla discussione di nuovi problemi, e si entusiasmava quando, correggendo le olimpiadi di fisica coi sui colleghi, vedeva come gli studenti riuscissero a trovare delle soluzioni sempre nuove e brillanti, mi chiamò per chiedermi la spiegazione del suo improvviso colorito itterico.
Notando la preoccupazione, che non riuscivo a celare, mi disse anche “però non ho nessun dolore”. A quel punto pensai che la probabilità di una diagnosi ed una prognosi particolarmente infausta era molto elevata… ma ci siamo comunque guardati con un sorriso e detti “vedrai che troveremo una soluzione”.
Sono passati molti anni, ed anche nel suo ricordo e nel ricordo di tanti altri malati di tumore del pancreas così come di altri tumori, io quella soluzione, insieme a tanti colleghi qui presenti, la sto ancora cercando.
Perché la soluzione ci deve essere.
E come dimostrato dai precedenti successi di tanti approcci terapeutici in varie neoplasie, la soluzione verrà dalla ricerca.

Uno dei progetti che sto portando avanti, grazie ai fondi di un grant AIRC Start-Up, testa nuovi farmaci contro i tumori del pancreas. Abbiamo ideato modelli preclinici per valutare se specifiche caratteristiche dei geni del tumore ci possono mostrare in anticipo se un trattamento funzionerà o meno. Un grande progresso, poiché numerosi nuovi farmaci contro i tumori - e probabilmente ancor più quelli che verranno in futuro - mostrano la maggiore efficacia nei malati che hanno determinati profili genetici.
E, grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento del genoma, la possibilità di leggere queste caratteristiche in campioni ottenuti con procedure minimamente invasive, con le cosiddette biopsie liquide, ci ha dato un ulteriore strumento per riuscire ad identificare, in tempi più rapidi, le opzioni terapeutiche ottimali.

Oggi abbiamo infatti la fortuna di assistere giornalmente allo sviluppo di tecnologie che ci permettono di ottenere una enorme mole di dati importantissimi a partire anche da campioni veramente ridotti, come una goccia di sangue. Quindi è sempre più fondamentale saper sfruttare queste tecnologie, così come nuove idee e metodologie che vengono da altri campi della ricerca.
Un ultimo aspetto nella lista di caratteristiche del mestiere del ricercatore che voglio sottolineare è la capacità di collaborare con altri scienziati in un ambito multidisciplinare e internazionale.

Grazie ad una borsa Marie Curie, anch’essa co-finanziata da AIRC, dopo il mio dottorato, ho avuto la possibilità di lavorare in un laboratorio all’estero, in Olanda, dove ho imparato moltissimo, sia dal punto di vista scientifico, che di capacità organizzativa e di abilità di “fare lavoro di squadra”, puntando sui giovani.
Ho mantenuto strettissimi contatti ed a tutt’oggi supervisiono cinque dottorandi che lavorano al Cancer Center Amsterdam, su progetti condivisi con l’Italia, in un laboratorio “senza confini”.

Per riuscire a sconfiggere il cancro dobbiamo infatti aumentare sempre più le nostre collaborazioni con vari gruppi di ricerca, che possono mettere a disposizione sia gli strumenti tecnologici più avanzati che l’esperienza per interpretare i dati, e dobbiamo anche partecipare alla creazione di infrastrutture comuni, che comprendano depositi di dati, biobanche, e coorti di pazienti per studi clinici.
A tal proposito, sto contribuendo, come segretario del gruppo dei farmacologi europei, denominato PAMM, ad un importante iniziativa dell’ EORTC, l’organizzazione europea per la ricerca ed il trattamento del cancro, che da oltre 50 anni stimola la ricerca accademica indipendente ed ha guidato studi che hanno cambiato la storia della terapia in tante tipologie tumorali, e da cui hanno tratto benefici numerosissimi pazienti.
Sono stati selezionati 40 giovani, sotto i 45 anni, con competenze accertate, a cui è stato chiesto di portare nuove idee ed anche eventualmente di rivoluzionare le strutture esistenti, per affrontare le nuove sfide riguardanti la sperimentazione clinica così come le moderne tecnologie, i farmaci più innovativi ed anche la ricerca traslazionale che deve costituire un ponte fra la ricerca di base e le applicazioni cliniche.

Proprio adesso l’Italia non può chiudersi su se stessa, ma deve invece investire in collaborazioni internazionali in cui la ricerca sia intesa come strumento di conoscenza e di sviluppo, e non come oggetto di competizione o strumento di potere.
I giovani che fanno il mestiere del ricercatore sono l'investimento più proficuo e produttivo per il futuro dell'Italia, ed il compito della politica, che ci ha accolto in questa sede, è cercare di agevolarci e di costruire possibilità perché possiamo lavorare al meglio.
L’obiettivo di questo lavoro è combattere una malattia che a tutt’oggi causa dolore nelle famiglie di tutto il mondo. La nostra passione e creatività, il metodo scientifico, l’avanzamento tecnologico e l’apertura alla globalizzazione della comunità scientifica, ci possono dare le armi necessarie per vincere questa battaglia.

La politica, che è per definizione l’amministrazione degli affari pubblici per il bene di tutti, deve anch’essa svolgere la sua parte.
Come si legge sulla targa posta alle nazioni unite che riporta un brano del poeta iraniano Saadi di Shiraz – “Gli esseri umani sono membri di un tutto, la creazione di un’essenza e un’anima. Se un membro è afflitto dal dolore, gli altri membri saranno a disagio. Se non avete compassione per il dolore umano, non potrete mantenere il nome di essere umano”.
Insieme con AIRC, oggi, sosteniamo che rendere il cancro sempre più curabile dipende dal lavoro dei ricercatori e dall'impegno di ciascuno di noi.

Elisa Giovannetti
Ricercatrice dell'Università di Pisa

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  • 30 ottobre 2018

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