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Antartide: il vento motore del clima nella formazione e nell’estensione del ghiaccio marino

Allo studio ha partecipato anche il dipartimento di Scienze della terra dell’Unipi

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Il ghiaccio marino o banchisa di ghiaccio è un elemento fondamentale del sistema climatico e il suo ciclo stagionale influenza la dinamica globale del clima a causa della sua interazione con l’albedo planetario, la circolazione atmosferica e oceanica oltre a essere un essenziale componente dell’ecosistema marino polare. I meccanismi che guidano la variabilità del ghiaccio marino a causa delle forzanti ambientali naturali e antropiche sono ancora poco compresi. La ricerca pubblicata sulla rivista “Nature Communications” (DOI 10.1038/s41467-017-01455-x), dal titolo “Holocene sea ice variability driven by wind and polynya efficiency in the Ross Sea”, ha spiegato per la prima volta i processi ambientali che hanno guidato la variabilità del ghiaccio marino e la presenza dei pinguini e degli elefanti marini durante gli ultimi 10 mila anni nel Mare di Ross in Antartide.

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Fotografia dall’elicottero della Baia Terra Nova (Mare di Ross, Antartide) durante un evento di vento catabatico con la neo-formazione di ghiaccio marino (Foto di Massimo Frezzotti ENEA-PNRA). 

Lo studio è stato condotto da ricercatori italiani del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide in collaborazione con colleghi francesi, nell’ambito dei progetti internazionali HOLOCLIP e TALDICE e di un dottorato di ricerca svolto in collaborazione tra le università di Trieste e Siena dalla dottoressa Karin Mezgec.

“Il nostro studio – spiega Massimo Frezzotti ricercatore dell’ENEA – ha messo in evidenza come i venti che spirano in Antartide abbiano un ruolo fondamentale, analogo (se non addirittura superiore) a quello delle temperature e delle precipitazioni, nel guidare il clima e nel condizionare gli ecosistemi polari. I modelli climatici devono essere in grado di riprodurre la forza e la persistenza dei venti negli ultimi millenni per simulare i cambiamenti climatici in Antartide indotti dall’utilizzo dei combustibili fossili”.

“Le variazioni di estensione del ghiaccio marino nel passato si possono ricostruire per mezzo di indicatori climatici, denominati proxy, presenti negli archivi naturali polari – spiega Barbara Stenni, paleoclimatologa e docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – Questi sono rappresentati sia dalle carote di ghiaccio sia da quelle di sedimento marino raccolte nelle vicinanze del Mare di Ross”.

“La variabilità dell’estensione e della persistenza del ghiaccio marino ha condizionato nel tempo l’evoluzione delle aree costiere e l’accessibilità alle spiagge, offrendo agli elefanti marini e ai pinguini di Adelia diverse opportunità di colonizzare le coste del Mare di Ross, condizionandone anche la dieta, come testimoniato dal ritrovamento di numerose colonie abbandonate che conservano la stratigrafia delle diverse fasi di occupazione”, aggiungono Carlo Baroni e Maria Cristina Salvatore, docenti del dipartimento Scienze della Terra dell’Università di Pisa e collaboratori del CNR-IGG di Pisa.

“Per la prima volta è stato creato un legame di conoscenza fra i dati atmosferici, le carote di ghiaccio e le carote dei sedimenti marini. Grazie alle diatomee, alghe silicee che dominano nei freddi mari antartici, si è potuto capire che l’ambiente marino, dalla colonna d’acqua ai sottostanti sedimenti, ha risposto alle variazioni dell’estensione dei ghiacci ed in ultima analisi alle variazioni climatiche negli ultimi 10 mila anni. La presenza di alcune specie caratteristiche ha evidenziato la grande variabilità climatica di questa finestra temporale così vicina al nostro mondo attuale”, concludono Ester Colizza, sedimentologa, e Romana Melis, micropaleontologa del dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste.

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  • 6 novembre 2017

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