Una tesi di dottorato sulle mafie negli spazi portuali riceve il Premio “Amato Lamberti” 2022
C’è anche una tesi di dottorato dell’Università di Pisa tra quelle risultate vincitrici nella nona edizione del Premio Nazionale ‘Amato Lamberti’ 2022, che assegna borse di studio ai migliori elaborati di laurea magistrale e di dottorato sui temi della criminalità organizzata, dei traffici criminali, dei reati ambientali, della corruzione e delle economie illegali, delle vittime delle mafie e delle violenze.
La tesi premiata è di Marco Antonelli, dottorato in Scienze politiche, che ha presentato un lavoro dal titolo “Le proiezioni delle mafie negli spazi portuali. Dinamiche e interazioni tra legale e illegale nei casi studio di Genova e di Gioia Tauro”, di cui sono stati supervisori il professor Rocco Sciarrone dell’Università di Torino e il professor Alberto Vannucci dell’Università di Pisa.
Marco Antonelli, 32 anni, originario di Carrara, ha recentemente vinto un assegno di ricerca presso la Scuola Normale Superiore e continua a collaborare con i Dipartimenti di Scienze Politiche e Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. Con la sua ricerca, Antonelli ha contribuito al nascente dibattito sul rapporto tra mafie e portualità offrendo una prima analisi estensiva sulla situazione del sistema portuale italiano, approfondendo, in particolare, i due porti più rilevanti sia per l’economia legale, sia per le attività mafiose.
L’Associazione ‘Amato Lamberti’, sorta nel 2012 e presieduta da Roselena Glielmo, Daniele Lamberti e Marco Lamberti, intende tramandare la voglia di ricerca e di verità che ha animato l’impegno scientifico di Amato Lamberti, di cui proprio quest’anno ricorre il decennale della scomparsa avvenuta il 28 giugno 2012. Un intellettuale che seppe tradurre i risultati della sua intensa attività di studioso nell’impegno politico antimafia.
Sensore portatile rileva il virus del morbillo nella saliva
Un biosensore portatile, veloce e di alta sensibilità in grado di rilevare il virus del morbillo nella saliva umana. È quanto sviluppato da una collaborazione fra l’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Nano) ed ARCHA srl, con il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’'Università di Pisa, la Scuola Normale Superiore e INTA srl. Il dispositivo, che utilizza una tecnologia innovativa basata su onde acustiche di superficie, si presta a essere usato per test diagnosi precoci e in situazioni di emergenza, per il morbillo e per altri tipi di virus. La ricerca è pubblicata sulla rivista Advanced Functional Materials.
Lo studio presenta un nuovo modo per rilevare una delle malattie a trasmissione aerea più infettive, responsabile di 140.000 decessi in tutto il mondo ogni anno e con una diffusività simile a quella della variante Omicron SARS-CoV-2.
Il biosensore messo a punto dai ricercatori, coordinati da Marco Cecchini di Cnr-Nano, è un lab-on-a-chip più piccolo di un centesimo di euro che usa onde acustiche di superficie per rilevare virus in un campione di fluido salivare. "Le onde acustiche di superficie sono una sorta di microterremoto che si propaga lungo la superficie del sensore", spiega Cecchini. "Quando il virus si attacca al sensore, rallenta la velocità di propagazione delle onde rendendo possibile registrare la presenza della molecola. Abbiamo sfruttato queste onde meccaniche sia per mescolare il campione di fluido che per rivelare il virus e ciò ha permesso di migliorare drasticamente la sensibilità dei nostri sensori rispetto a altri sensori acustici già presenti sul mercato". Il dispositivo è stato testato per il virus del morbillo, "ma la tecnologia può essere adattata ad altre tipologie di virus, ad esempio il Sars-Cov-2, e a batteri, proteine e acidi nucleici", afferma il ricercatore Cnr-Nano.
L’apparecchio potrà essere sviluppato per eseguire diagnosi precoci di tipo point-of-care, ovvero in prossimità del paziente. "Mentre i test convenzionali richiedono l'elaborazione del campione, laboratori dedicati e personale specializzato, questo sensore non richiede particolare elaborazione e può essere impiegato in situazioni dove i test convenzionali non sono praticabili come aeroporti, stazioni, situazioni di emergenza”, spiega Mauro Pistello, professore ordinario del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa e Direttore della Unità Operativa Virologia della Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. “Una diagnosi tempestiva è infatti cruciale per ostacolare precocemente la diffusione di malattie ad alta trasmissione aerogena come morbillo, influenza e COVID-19".
Marco Cecchini, che guida un gruppo di ricerca presso i laboratori NEST di Cnr-Nano e Scuola Normale Superiore, ha un'esperienza ventennale nel campo della microfluidica e dell'uso di onde acustiche di superficie. "Il nostro studio dimostra la validità di una simile tecnologia, già coperta da un brevetto di proprietà di INTA, spin-off del Cnr e della Scuola Normale Superiore, che ora andrà validata con una sperimentazione clinica", conclude il ricercatore. Lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto SENSOR, co-finanziato dalla Regione Toscana, bando POR FESR 2014-2020 – azione 1.1.5.a3 - FAR FAS 2014.
Pubblicato un nuovo studio sull'eruzione del Vulcano Fuego in Guatemala
Attraverso nuove e approfondite indagini sull’eruzione del vulcano guatemalteco Fuego avvenuta il 3 giugno del 2018 si è scoperto che il devastante flusso piroclastico che distrusse il villaggio di San Miguel de Los Lotes e che provocò centinaia di vittime, fu in realtà causato dal crollo di materiale lavico e piroclastico, ovvero dall’insieme dei prodotti emessi durante l’attività del vulcano che si erano accumulati nella parte alta del vulcano stesso nelle settimane e nei mesi precedenti l’eruzione. È questo il risultato presentato nello studio “Deposit-Derived Block-and-Ash Flows: The Hazard Posed by Perched Temporary Tephra Accumulations on Volcanoes; 2018 Fuego Disaster, Guatemala” recentemente pubblicato sulla rivista ‘Journal of Geophysical Research- Solid Earth’ dell’AGU.
Fig. 1 - Creazione e distruzione di depositi piroclastici accumulati nel tempo. Immagini sequenziali di Google Earth® mostranti il graduale riempimento della parte alta del canyon di Las Lajas attorno alla zona sommitale del Fuego. L’attività fumarolica indica la messa in posto di nuovi materiali caldi nel settembre 2016. La parte più alta del canyon appare di nuovo riempita nel maggio 2018, prima dell’eruzione del 3 giugno 2018, durante la quale si è svuotata repentinamente, esumando le pareti seppellite del canyon (marzo 2019).
La ricerca, realizzata da un team internazionale di scienziati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dei Dipartimenti di Scienze della Terra delle Università degli Studi di Firenze e di Pisa e della School of Geography, Geology and the Environment dell’Università di Leicester (UK), ha permesso di approfondire la dinamica della fase più distruttiva dell’eruzione del 2018 del Volcán de Fuego in Guatemala, avvenuta a distanza di circa un’ora e mezza dall’attività esplosiva più violenta, quando il rischio vulcanico per gli abitanti della zona sembrava essere diminuito.
“I flussi piroclastici sono alcuni tra i fenomeni più pericolosi legati all’attività dei vulcani”, spiega Gilda Risica, assegnista di ricerca dell’Università di Firenze e autrice dell’articolo. “Si tratta di vere e proprie correnti composte da gas e da frammenti vulcanici di varie dimensioni, dei ‘fiumi’ che scorrono ad altissime temperature lungo i fianchi dei vulcani e che, a seconda di fattori quali la pendenza dell’edificio vulcanico e la violenza dell’eruzione, possono raggiungere anche altissime velocità distruggendo in breve tempo tutto ciò che trovano sul loro cammino, compresi interi villaggi come è accaduto nel 2018 nel caso di San Miguel de Los Lotes”.
Lo studio dei depositi del flusso piroclastico e le analisi paleomagnetiche dei materiali arrivati fino a valle, a circa 12 chilometri dal cratere, hanno permesso ai ricercatori di ricostruire le fasi più drammatiche dell'eruzione e la natura del flusso piroclastico stesso.
“I risultati che abbiamo ottenuto evidenziano come la corrente piroclastica del 2018 al Volcán de Fuego sia stata generata dal crollo inaspettato di depositi piroclastici alternati a materiali lavici che nel corso dei due o tre anni precedenti, a seguito di piccole eruzioni esplosive ed effusive, si erano accumulati sulla parte alta del vulcano”, prosegue Fabio Speranza, direttore della Sezione Roma 2 dell’INGV e coautore dell’articolo. “Le analisi paleomagnetiche effettuate sui materiali, infatti, hanno mostrato come solamente il 6% del deposito di flusso piroclastico era composto da materiale riconducibile all’eruzione in corso con temperature superiori ai 590°C, mentre il 39% del materiale trascinato a valle aveva una temperatura compresa tra i 200 e i 500°C e, infine, più della metà dei prodotti era ‘fredda’ e caratterizzata da temperature inferiori ai 200°C. La rilevazione delle differenti temperature ha evidenziato che gran parte del materiale vulcanico trascinato a valle si era, in realtà, accumulato sui fianchi del vulcano in eruzioni precedenti e lentamente parzialmente raffreddato”.
“Durante i rilievi di terreno nelle valli riempite dai devastanti flussi del 2018, peraltro, è emersa la presenza di altri depositi più vecchi e del tutto simili a quelli studiati, suggerendo che nel passato il Volcán de Fuego potrebbe aver già avuto un comportamento simile”, evidenziano Mauro Rosi e Marco Pistolesi, docenti del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, co-autori e tra gli ideatori dello studio
“Le implicazioni di questo nostro studio riguardano in particolar modo la possibilità che eventi come questo possano verificarsi in vulcani che abbiano caratteristiche simili a quelle del Fuego. Mettere in atto nuove e appropriate procedure di monitoraggio e di mitigazione di questo genere di rischio diventa quindi determinante per contribuire a salvaguardare il patrimonio naturale e a salvare vite umane”, conclude Gilda Risica.
Fig. 2 - (a): Alberi in posizione di vita a monte di San Miguel de Los Lotes, rotti a 1-2 m sopra il livello del suolo, suggeriscono che il 3 giugno sono stati inizialmente seppelliti dal deposito fino a 1-2 m di altezza, e successivamente rotti all’aumentare nel tempo della velocità del flusso. Ceppo di albero mostra un blocco litico incastonato in profondità e una leggera carbonizzazione. La corrente va da sinistra verso destra. (b): Gli alberi in piedi nei depositi marginali del flusso vicino a San Miguel Los Lotes mostrano la corteccia spogliata nelle parti superiori dall’ erosione delle parti diluite della corrente piroclastica, mentre le parti inferiori sono state protette dal deposito più concentrato. (c): Parti in cemento armato delle case severamente lesionate al di sopra della parte alta del deposito del flusso piroclastico (golf resort).
L’Associazione Italiana di AgroMeteorologia premia una tesi di dottorato Unipi
È di una giovane ricercatrice dell’Università di Pisa la migliore tesi di dottorato premiata dall’Associazione Italiana di AgroMeteorologia (AIAM): Angela Puig-Sirera, 32 anni, proveniente da Beneixama, in Spagna, si è aggiudicata il premio grazie alla sua tesi dal titolo “Feed-forward and feed-back control irrigation scheduling to improve the supplemental irrigation efficiency in woody perennial crops”, in cui affronta il tema del risparmio idrico in agricoltura, approfondendo l’utilizzo della sensoristica e modellistica agro-idrologica a supporto della programmazione irrigua dei sistemi colturali sparsi.
Il premio è stato insignito nel corso del XXIV Convegno AIAM 2022 “L'Agrometeorologia a supporto dei sistemi colturali e zootecnici”, che si è tenuto a Cagliari lo scorso giugno. Scopo del premio è quello di stimolare l’approfondimento della conoscenza scientifica nel settore dell’agrometeorologia e di sostenere l’avviamento alla ricerca di giovani studiosi su tematiche agrometeorologiche.
Dopo aver discusso sui nuovi paradigmi per il risparmio idrico in agricoltura, la tesi di Angela Puig-Sirera ha approfondito le procedure di calibrazione dei modelli/sensori e i protocolli di risparmio idrico controllato. Di notevole interesse e di forte rilievo internazionale è stato l’aggiornamento delle tabelle 12 e 17 del quaderno FAO numero 56, considerato come il modello di bilancio idrico di riferimento mondiale per la quantificazione dei consumi idrici delle colture.
Ad oggi, la dottoressa Angela Puig-Sirera è ricercatrice junior presso il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Ateneo pisano. Sotto la guida del professor Giovanni Rallo, responsabile delle attività di didattica e di ricerca dell’AgroHydrological Sensing and Modelling Laboratory (AgrHySMo Lab), partecipa alle attività di ricerca incentrate sul monitoraggio e controllo avanzato delle risorse idriche aziendali, con particolare riferimento alla modellizzazione della risposta della coltura agli eustressors.
Selezione di personale amministrativo presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Energia (DESTEC)
Campionati universitari di podismo: "Scendi in pista per Unipi"
Scendi in pista per Unipi
Il 2 ottobre 2022 si svolgeranno a Firenze i campionati universitari di podismo (corsa su strada). Possono partecipare tutti i dipendenti universitari, sia della componente docente, sia della componente tecnico-amministrativa. L'unica richiesta è di avere un certificato medico-sportivo di idoneità all'attività agonistica (per l'atletica leggera) valido alla data della manifestazione, ed essere iscritti al CRDU (Circolo Ricreativo Dipendenti Universitari), cosa che ovviamente si può fare contestualmente.
La competizione prevede una gara maschile (su una distanza intorno ai 10k) e una gara femminile (su una distanza intorno ai 5k). Le classifiche individuali hanno il loro fascino, che riguarda però un numero limitato di partecipanti, mentre quello che conta davvero è la classifica per ateneo. Per questa, in ogni gara vengono assegnati 1 punto all'ultimo arrivato, 2 al penultimo, 3 al terzultimo e così via; alla fine si sommano i punteggi di tutti i concorrenti provenienti dalla stessa sede e si ottiene la classifica finale dei vari atenei (ci sono anche altri correttivi basati sulle classifiche per categoria, cioè per fascia di età, ma l'idea è comunque questa). E' evidente che questo meccanismo premia, giustamente, il numero dei partecipanti, più che la prestazione singola. Per questo motivo, se si vuole come università aspirare al podio, occorre partecipare davvero in tanti. Purtroppo, nelle edizioni precedenti, la partecipazione pisana è stata numericamente molto scarsa, al punto da essere inferiore al minimo sindacale per comparire in classifica (va detto che la data coincideva spesso con almeno altre 2 manifestazioni podistiche di livello nazionale in Toscana, cosa che invece quest'anno non accade). Anche quest'anno le pre-adesioni non stanno decollando.
Ora ciascuno potrebbe pensare che si tratta di "roba per atleti" o addirittura "roba per atleti giovani". Non è così. Come già detto, le prestazioni assolute non sono importanti. Analizzando i risultati degli ultimi anni sembra emergere che qualunque uomo che corre un 10k intorno ai 50 minuti e qualunque donna che corre un 5k intorno ai 30 minuti si ritrova verso la metà della classifica, quindi ha senso partecipare anche se si hanno delle prestazioni inferiori a queste. Come già detto, anche dei camminatori portano punti!
D'altra parte, una stima ad occhio sembrerebbe indicare che nel nostro ateneo ci sono almeno 100/200 runner in grado di fare tranquillamente dei tempi da metà classifica, ma probabilmente molti non sanno nemmeno della manifestazione.
La domanda è quindi la seguente: vogliamo partecipare in massa Firenze e tenere alto il nome di unipi anche in questa manifestazione? Vogliamo avere una vera "squadra unipi"? Sarebbe intanto un buono stimolo per mantenerci attivi ed allenati durante l'estate. Sarebbe poi l'occasione per fare gruppo una volta tanto, rispolverando un po' di "senso di appartenenza". Inoltre, sembra comunque una manifestazione simpatica circondata da un clima piacevole e un'occasione per fare networking con colleghi di altre università. Infine, nel nostro caso, la partecipazione è quasi a costo zero per ragioni geografiche (il CRDU offre il viaggio ed il pranzo sociale).
Chi fosse interessato, o anche solo volesse ulteriori informazioni, contatti Paola Calcinai (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), che negli ultimi anni ha sempre con entusiasmo coordinato il piccolo (ma speriamo questa volta numerosissimo) gruppo di partecipanti pisani.
Vi ringrazio per l’attenzione
Marco Gesi
Prorettore per i rapporti con il territorio con delega allo sport
Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Adriano Podestà
Il dipartimento di Scienze Veterinarie e l’Università di Pisa si uniscono al cordoglio dei familiari per la prematura scomparsa del Prof. Adriano Podestà avvenuta questo 21 luglio.
Adriano, dopo la formazione medica, anche in ambito specialistico, si è dedicato all’insegnamento e alla ricerca nell’ambito della Biochimica prima presso la Facoltà di Medicina Veterinaria e poi presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.
Chi lo ha conosciuto non potrà non ricordare la persona colta, appassionata della libertà di colleghi e studenti ai quali proponeva proprio la conoscenza come strumento di liberazione. Lui stesso lo testimonia a prefazione di uno dei suoi libri: “Quando ero giovane mi capitava di ascoltare persone che erano parti della Storia. Ricordo l'emozione di allora. Ero sorpreso. Sorpreso di ascoltare persone che dicevano quello che io non sapevo dire ma che avrei voluto dire. Le avvertivo come maestri perché capivo che quanto dicevano veniva da quello che avevano attraversato in nome di una parola semplice e forte. Libertà. Quella vera, piena, onesta, sincera, umile. Quella uguale per tutti, anche per gli ultimi. L'unica che esista e di cui ci si possa sentire onorati.”
Bando per l'esonero dal pagamento della tassa di iscrizione a Corsi singoli di insegnamento dell'Università di Pisa a. a. 2022-2023
leggi i dettagli: https://www.unipi.it/index.php/formazione/item/23997-iscrizione-a-corsi-singoli-di-insegnamento-dell-universita-di-pisa-2022-2023
L’Università di Pisa nel Centro Nazionale di Supercalcolo
Nasce al Tecnopolo di Bologna il Centro Nazionale di Supercalcolo, il più grande sistema italiano dedicato al calcolo ad alte prestazioni, alla gestione dei big data e al calcolo quantistico che svolgerà attività di ricerca e sviluppo a livello nazionale e internazionale a favore dell'innovazione nel campo delle simulazioni, del calcolo e dell'analisi dei dati ad alte prestazioni. Il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (questo il nome completo) è uno dei cinque Centri Nazionali previsti dal PNRR e sarà gestito dalla Fondazione ICSC, tra i cui membri fondatori – provenienti dai settori pubblico e privato, dal mondo della ricerca scientifica e dell’industria, distribuiti su tutto il territorio nazionale – c’è anche l’Università di Pisa.
Le attività del Centro partiranno il primo settembre e l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta nell’attività scientifica di quattro linee di ricerca: Future HPC & Big Data, coordinato dal professor Marco Danelutto: Multiscale Modelling & Engineering Applications, in cui l’Ateneo pisano è co-leader nazionale, coordinato dal professor Sergio Saponara; Materials & Molecular Sciences, coordinato dalla professoressa Benedetta Mennucci; Quantum Computing, coordinato dal professor Massimo D’Elia. Inoltre, il nostro Ateneo siederà tra i membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.
"Essere tra le quattro università che contribuiranno a guidare la Fondazione ICSC nella gestione del neonato Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, oltre a far parte del board per il coordinamento scientifico delle sue attività di ricerca e sviluppo, è un fatto importantissimo per l'Ateneo pisano - ha commentato il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - È il riconoscimento della centralità del nostro Ateneo in campi oggi fondamentali per lo sviluppo scientifico, tecnologico, sociale ed economico del nostro Paese. Infatti, l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta in ben quattro dei dieci ambiti di attività del Centro. Ci occuperemo di sistemi di calcolo ad alte prestazioni (HPC) e Big Data; di modellazione computazionale multiscala e loro applicazioni ingegneristiche; di scienza molecolare e dei materiali e, infine, di quantum computing. Si tratta di ambiti che rappresentano altrettante eccellenze del nostro Ateneo e attraverso le quali porteremo un contributo sostanziale al futuro dell’Italia e delle nuove generazioni".
Per portare a compimento la sua missione, il Centro conterà su un finanziamento, su fondi Next Generation EU nell’ambito della Missione Istruzione e Ricerca del PNRR coordinata dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca, pari a circa 320 milioni di euro, di cui il 41% sarà investito al Sud. In particolare, del finanziamento complessivo, oltre 100 milioni di euro saranno dedicati al personale, un investimento che viene considerato prioritario, con una partecipazione femminile di almeno il 40%, e con quasi 16 milioni di euro riservati a borse di dottorato e quindi all’alta formazione di giovani ricercatori. Il budget finanziato all’Università di Pisa è di circa 4 milioni di euro.
Sulle Ande peruviane per studiare l’evoluzione dei ghiacciai
È arrivato da pochi giorni nella regione Arequipa in Perù il professor Adriano Ribolini, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che nelle prossime settimane effettuerà una serie di indagini su due ghiacciai tropicali delle Ande centrali (Nevado Coropuna e Quelccaya Icefield) lavorando in un team internazionale di ricercatori. L’attività fa parte del progetto Motice (Modelling and monitoring tropical ice in South Peru: glaciers, rock glaciers and permafrost), guidato dalla spagnola National Distance University e finanziato del Ministero della Scienze e dell’Innovazione del governo spagnolo, e ha lo scopo di ricostruire l’evoluzione di questi ghiacciai a partire dagli anni ’60 e sviluppare modelli predittivi proiettati fino al 2100 secondo diversi scenari climatici.
I ricercatori al lavoro per il rilevamento del Permafrost tramite Ground-Penetrating Radar.
“Questi ghiacciai sono scientificamente strategici perché si trovano ai tropici e quindi hanno una sensibilità particolare all’attuale riscaldamento planetario – spiega il professor Ribolini – ma soprattutto rappresentano dei chiari esempi di risorsa d’acqua che alimenta numerosi insediamenti anche di dimensione rilevante posti in regioni aride della terra. L'attività progettuale è variegata, il mio compito sarà quello di effettuare misure di spessore del ghiacciaio Nevado Coropuna con una strumentazione Ground-Penetrating Radar, fornendo dati cruciali per il successivo modelling. L’ambiente di lavoro sarà sicuramente affascinante, ma anche impegnativo, perché prevede di fare attività di rilevamento e misure strumentali a quote tra 4500 e 5500 metri”.
Il Coropuna.
L’attività progettuale è costituita da misure di carattere glaciologico (topografico e nivologico), remote sensing dei ghiacciai (analisi di immagini aeree e satellitari riprese a partire dal secolo scorso), geomorfologiche (studio dei depositi abbandonanti dai ghiacciai nel processo di ritiro, e della presenza di orizzonti sotto-superficiali permanentemente congelati-Permafrost). In particolare, l’attività dei ricercatori si prefigge di descrivere le modalità e le velocità del ritiro di questi ghiacciai tropicali (situati a circa 15° di latitudine sud) a partire dagli anni ’60, osservando anche le conseguenti trasformazioni del paesaggio e iniziando un programma di monitoraggio del bilancio di massa dei ghiacciai. Tra gli obiettivi del progetto c’è anche creare un modello che possa riprodurre il pattern di ritiro dei ghiacciai esaminati nell’intervallo di tempo 1960-2020 e utilizzare il modello per predire l’evoluzione dei ghiacciai esaminati dal 2025 al 2100 secondo diversi scenari climatici, valutando la perdita di risorsa d’acqua.
Distretto di Pampacolca con il Coropuna sullo sfondo.
Il progetto va dunque ad analizzare una situazione ambientale critica nelle regioni aride andine, me che potrebbe essere una possibile prospettiva anche per le nostre regioni alpine nei prossimi decenni: “Oltre all'importanza scientifica dei risultati ottenibili, che si collocano nel solco dello studio del climate change, la ricaduta della ricerca per la società civile è collegata al tema della risorsa d’acqua, minacciata dai cambiamenti climatici globali anche alle nostre latitudini, come evidente dalla cronaca nazionale – conclude Ribolini – Il progetto ha anche connessioni con altre iniziative nella regione andina che stanno sensibilizzando le comunità sulle strategie di adattamento ai cambiamenti in atto nella disponibilità delle risorse d'acqua”.
Oltre all’Università di Pisa, partecipano al progetto ricercatori delle università Complutense di Madrid, Santiago de Compostela, Extremadura, Bologna, University of Sheffield (UK), dell'Università Nazionale a Distanza (Spain), National Institute for Glaciers and High Mountain Research (INAIGEM, Perù), Peruvian Space Agency (CONIDA). Partecipano anche tecnici dell'Autoridad Nacional dell'Agua (Perù).