La melatonina causa problemi cardiaci? È una bufala

Una notizia uscita dal congresso dell’American Heart Association ancora in corso riaccende il dibattito sul modo in cui la scienza viene divulgata

Negli ultimi giorni ha fatto il giro del mondo la notizia secondo cui l’assunzione di melatonina sarebbe associata a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. L’allarme, rilanciato da diversi media internazionali e ripreso anche in Italia, si basa però su una comunicazione orale presentata al congresso dell’American Heart Association (AHA 2025), tuttora in corso, e non su uno studio pubblicato o sottoposto a revisione scientifica.

Per chiarire i termini della questione e riportare il dibattito entro i confini della corretta informazione scientifica, abbiamo intervistato Ugo Faraguna (foto), professore associato del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa e medico del sonno presso la Fondazione Stella Maris IRCCS. Faraguna, insieme al dottor Alessandro Colitta (Università di Pisa) e al professor Lino Nobili (presidente dell’AIMS – Accademia Italiana di Medicina del Sonno), ha sottoscritto un appello per invitare i media alla prudenza nella divulgazione di risultati scientifici ancora preliminari.

Professor Faraguna, in questi giorni si è diffusa la notizia che la melatonina aumenterebbe il rischio di problemi cardiaci. È vero?
«No, è una bufala. La notizia nasce da una comunicazione orale presentata al congresso dell’American Heart Association, non da uno studio pubblicato su una rivista scientifica. Si tratta quindi di un dato preliminare, non sottoposto a revisione tra pari (peer review). In questi casi bisogna essere estremamente cauti: non c’è nessuna evidenza scientifica solida che la melatonina causi problemi cardiaci».

Ma allora da dove nasce questa associazione?
«Lo studio in questione è di tipo ecologico, cioè fotografa un’associazione statistica tra due fenomeni, ma non può in alcun modo stabilire un rapporto di causa-effetto. In questo caso, chi assume melatonina è spesso una persona che soffre di insonnia o di disturbi del sonno gravi. E sappiamo che l’insonnia cronica, di per sé, è associata a un maggior rischio cardiovascolare. È un classico esempio di fattore di confondimento: si rischia di attribuire alla terapia (la melatonina) un rischio che appartiene alla malattia (l’insonnia)».

Come ha reagito chi utilizza la melatonina?
«Nel giro di poche ore, dopo la diffusione della notizia dagli Stati Uniti, ho ricevuto numerose telefonate da parte di pazienti preoccupati. La notizia è rimbalzata rapidamente sui media, spesso senza la necessaria contestualizzazione. È comprensibile che una persona che assume melatonina per dormire, magari da tempo, si spaventi leggendo titoli allarmistici. Ma la melatonina, se usata correttamente e sotto controllo medico, resta un presidio sicuro e utile».

Qual è il messaggio che vuole mandare come scienziato?
«Che la divulgazione scientifica ha una grande responsabilità. Riportare dati non ancora vagliati, o estrapolati fuori contesto, può generare allarmismo e spingere le persone a sospendere terapie utili senza consultare il medico. Serve più prudenza e chiarezza nel comunicare la scienza, soprattutto quando si parla di salute».

Lei e altri colleghi avete lanciato un appello pubblico, giusto?
«Sì. Insieme al dottor Alessandro Colitta dell’Università di Pisa e al professor Lino Nobili, presidente dell’AIMS (Accademia Italiana di Medicina del Sonno), abbiamo voluto sottolineare la necessità di una corretta informazione. Il nostro appello invita i media a contestualizzare i dati scientifici e a distinguere tra risultati preliminari e verità consolidate. Dati preliminari non significano “falsi”, ma nemmeno “assoluti”: vanno interpretati con metodo e cautela».

In sintesi, cosa possiamo dire oggi sul rapporto tra melatonina e cuore?
«Che non c’è alcuna prova che la melatonina causi problemi cardiaci. Al contrario, quello che emerge da decenni di studi è che chi dorme poco o male ha un rischio più alto di malattie cardiovascolari. Il messaggio corretto è dunque questo: curare il sonno fa bene al cuore».

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